Gaza, Tregua Annunciata, Israele Bombarda. Per Bibi finché c’è Guerra c’è Speranza…Vincenzo Fedele.

16 Gennaio 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla tregua annunciata nella Striscia di Gaza, che personalmente ritengo di grande lucidità, chiarezza e superiori a tutto quello che ho letto e ascoltato finora sui giornali di regime e le TV altrettanto omologate. Buona lettura e condivisione.

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Tregua tra Israele e Hamas

Sembra che la notizia più importante di questi giorni sia l’ipotesi di tregua tra Israele e Hamas che oggi è stata finalmente confermata da Trump, dal Qatar e infine anche da Biden.

L’ordine, questo con cui è stata annunciata e poi confermata, è importante.

Molto importante.

E’ da oltre un anno, cioè dall’ultima e finora unica tregua di novembre 2023 che si susseguono notizie su possibilità di tregua sempre abortite.

Dicevo pochi giorni fa che ero rimasto stupito, a novembre, dell’ipotesi di tregua, poi attuata, tra Israele e Hezbollah. I retroscena inconfessati erano che Hezbollah sapeva in anticipo, come lo sapevano Assad e Putin tramite i servizi segreti iraniani, della preparazione della caduta della Siria.

Adesso, se la annunciata tregua Israele Hamas andrà in porto, è perché i retroscena nascondono altro che, essendo platealmente palese, risulta invisibile a chi non voglia vederlo.

Hamas non ha avuto finora alcun interesse ad una semplice tregua. Una tregua, qualsiasi tregua, sarebbe solo la continuazione dei patimenti in tutta la Striscia e l’illusione del possibile ritorno dei sopravvissuti. Non nelle loro case, che non ci sono più, ma tra le macerie e gli scheletri disossati di edifici sotto cui sono sotterrati migliaia di morti mai seppelliti.

Finora Hamas ha sempre cercato la fine delle ostilità, ma il governo israeliano ha sempre trovato cavilli per non fare accordi. Se non c’erano più cavilli li ha ricercati, costruiti, inventati o provocati. Dagli assassinii eccellenti di dirigenti di Hezbollah e di Hamas, anche a Teheran, ai cercapersone esplosivi in modo casuale, che avrebbe dovuto indignare il mondo intero, fino all’uso strumentale, un boomerang a rovescio, della condanna dello stesso Netanyahu per genocidio o della stessa convocazione del leader in uno dei tre processi che lo vede imputato nel proprio paese.

La presunta impossibilità della pace, quindi neanche di una tregua, è sempre stata imputata ad Hamas, mentre è sempre stato evidente che è stato Netanyahu a non volere la pace.

Anche quando, inizio settimana scorsa, sono trapelate le prime informazioni che la trattativa era finalmente avviata seriamente e che Hamas aveva presentato anche l’elenco dei primi 34 ostaggi che sarebbero stati liberati, Israele aveva smentito categoricamente la presentazione dell’elenco, quindi la serietà stessa delle trattative. Quando poi Hamas ha minacciato di rendere pubblico l’elenco, a riprova delle falsità israeliane, Tel Aviv ha ripiegato sul plausibile dettaglio che l’elenco non conteneva indicazione sulla permanenza in vita degli ostaggi proposti nello scambio iniziale.

Vedremo nei prossimi giorni i termini dell’accordo finora molto vago visto che l’accordo stesso prevede che le trattative concrete inizieranno dopo il primo scambio di prigionieri.

Il governo Netanyahu si regge sulla guerra, se può chiamarsi guerra uno scontro che vede solo attacchi contro un popolo decimato e stremato da 15 mesi di distruzioni, deportazioni, fame, sete, malattie, freddo, mancanza di medici e di medicine.

Il giorno che realmente una tregua sia l’inizio di un percorso di pace, qualunque esso sia, il governo Netanyahu sarebbe morto e con lui anche Netanyahu stesso, almeno politicamente parlando.

Netanyahu è assediato, in primis, dai famigliari degli ostaggi, poi dalla stessa società civile israeliana non estremista. Solo gli estremisti continuano a sostenerlo, sbandierando la guerra, anche dall’interno del suo stesso governo che ha continuato a perdere pezzi ma non può cadere finché Israele continuerà ad essere dipinto come sotto attacco.

Finché c’è guerra c’è speranza.

Le considerazioni da fare sono tante e non tutte evidenti o immediate.

La battaglia per liberare gli ostaggi ancora in mano ad Hamas è sacrosanta e mi chiedo come abbia fatto finora Hamas, dopo oltre un anno di distruzioni e la decapitazione di tutti i suoi vertici politici, logistici e militari, a mantenerli ancora nelle proprie mani ed a riuscire a gestirli e nasconderli.

Altrettanto sacrosante sarebbero, per un paese civile, veder liberate le centinaia di ostaggi in mano all’altra parte, cioè agli israeliani, perché se si parla di tregua e di pace occorre parlare anche di quelli.

Le carceri israeliane sono strapiene di detenuti palestinesi incarcerati senza processo, torturati e molte volte lasciati morire nel totale anonimato, oltre quelli che hanno già subito condanne in processi che nessun consesso civile qualificherebbe equi o degni di tale nome.

Anche ipotizzando che i condannati siano colpevoli, lo stato in cui vengono detenuti i palestinesi nelle prigioni di Tel Aviv farebbero inorridire le anime belle che volessero prestarvi attenzione.

Qualcuno ha protestato, giustamente, contro le carceri iraniane quando la nostra Cecilia Sala doveva dormire per terra.

Le testimonianze sulle miserrime condizioni delle carceri israeliane arrivano dagli stessi israeliani. Israele sta cercando di porre un limite ed una censura agli stessi militari che postano video e commenti sui social gloriandosi di azioni indegne e degradanti cui sono sottoposti i detenuti. Del resto nessun altro è abilitato a fornire notizie o immagini sulle condizioni reali. Nessun giornalista è ammesso, neanche le organizzazioni internazionali, compresa la Croce Rossa.

Israele ha, nelle proprie mani, oltre 100 volte il numero di ostaggi palestinesi di quanti israeliani siano tuttora nei tunnel di Hamas, vivi o morti che siano. Di molti non si conosce neanche il nome e non si sa se siano detenuti e perché. Nessuno ne parla, eppure le differenze sono tante.

Israele è una democrazia che dovrebbe rispettare le Leggi internazionali, oltre quelle che si è dato da se stesso ed a quelle dettate dal buon senso e dal vivere civile. Comportandosi al pari, se non peggio, dei carcerieri terroristi ha valicato da tempo tutti i limiti dell’umana convivenza.

Purtroppo commenti simili li ho letti solo su qualche giornale israeliano, iniziando da Haaretz, già citato in passato, soprattutto con articoli a firma di Gideon Levy che si è sempre distinto per coraggio, indipendenza e chiarezza dando sempre voce pubblica alla coscienza critica israeliana.

Nessun giornale italiano e occidentale in genere ha mai voluto avvicinarsi neanche lontanamente alla verità pur evidente, limitandosi a tacerla, negarla o travisarla.

Nei prossimi giorni sapremo, oltre ai termini dell’accordo, anche quanto è buono e magnanimo Israele a liberare centinaia di prigionieri, tutti ovviamente presunti terroristi, in cambio dei 98 ostaggi in mano ad Hamas, molti dei quali probabilmente defunti.

Di ogni ostaggio israeliano verremo a sapere dei patimenti subiti, oltre a genealogia, carriera, sogni e speranze future.

Dei palestinesi liberati non si saprà neanche il nome e nessuno andrà ad intervistarli, neanche se detenuti in modo arbitrario e senza processo. La loro vita, il loro passato e soprattutto il loro futuro non verrà approfondito da nessuno.

Del dottor Hussam Abu Safya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan, sparito da settimane, Israele aveva inizialmente negato di avere notizie, finché non ha dovuto ammettere di tenerlo prigioniero senza alcuna chiara accusa, una persona stimata e che si è sempre prodigata per gli altri.

Di 68 prigionieri palestinesi in mano a Israele si sa per certo che sono morti in prigione a seguito di torture, violenze e assenza di cure. Di migliaia di altri non si sa assolutamente nulla, ma già questi bastano ad ipotizzare un bilancio, macabro ma realistico. Sono più gli ostaggi palestinesi morti in mano e nelle prigioni israeliane che ostaggi israeliani uccisi da Hamas, soprattutto tenendo conto dei molti ostaggi israeliani morti a causa dei bombardamenti e delle distruzioni di Tsahal, compresi i tre israeliani che erano riusciti a liberarsi e, presentandosi seminudi e con una bandiera bianca, erano stati assassinati dai soldati israeliani perché scambiati per palestinesi affamati.

Altra differenza, del resto, è che Israele, avvenuto lo scambio, potrà ricominciare a riempire i posti vuoti nelle proprie prigioni con nuovi detenuti da tenere come ostaggi e dei quali, di nuovo, non si saprà nulla. Nuovi ostaggi che riempiranno le prigioni israeliane senza che nessuno potrà chiedere loro notizie o trattare per la loro liberazione.

Però ritengo però che qualcosa possa cambiare e gli indizi sono molti:

Il primo riguarda proprio Trump.

Nella famosa intervista di pochi giorni fa Trump aveva minacciato che si sarebbe scatenato l’inferno se gli ostaggi israeliani non fossero stati rilasciati prima del suo insediamento.

Anche io avevo commentato negativamente questo passo ma, seguendo il succedersi degli avvenimenti, adesso ritengo che l’avviso fosse indirizzato più a Netanyahu che ai terroristi.

Come detto all’inizio è sempre stato Netanyahu ad opporsi con tutte le forze ad ogni ipotesi di trattativa e gli incontri servivano solo a prolungare la bonifica etnica. Trump, ben a conoscenza dello stato di fatto, ha posto il suo ultimatum a Netanyahu, non ad Hamas che da tempo cercava di arrivare ad una tregua.

Lo ha fatto perché voleva chiaramente che al momento del suo insediamento il discorso fosse chiuso, o almeno ci fosse il campo sgombero per poter guidare la fine del genocidio.

In questo credo abbia influito anche il gioco sporco che ha provocato la caduta del regime siriano a cui si sono dovuti inchinare anche Putin e Teheran e che doveva avvenire, inderogabilmente, prima che, il 20 di gennaio, ci sia l’insediamento del nuovo inquilino alla Casa Bianca.

Credo, come accennavo, che anche l’annuncio della tregua sia avvenuto in un ordine non casuale:

Ad un primo post di Trump, in verità non trionfalistico, è seguito il comunicato ufficiale e la dichiarazione pubblica del Qatar a cui è seguito un secondo post trumpiano che, a questo punto, è stato anche trionfalistico.

Biden è arrivato molto dopo a suggello della nullità di cui è espressione.

Penso di andare vicino alla verità ritenendo che gli accordi erano già pronti ma qualcuno (Netanyahu?) non si decideva a dare il benestare finale. E’ stato allora necessario l’esposizione mediatica di Trump per far cadere l’ultima parete divisoria. L’alternativa sarebbe stata una clamorosa smentita di Trump che dallo studio ovale, dopo il 20 gennaio, avrebbe scatenato quell’inferno che aveva promesso minacciando appunto Netanyahu, prima ancora che Hamas ed il popolo palestinese che non potrebbe cadere in un inferno peggiore di quello in cui si trova già.

A questo si aggiunga che con la fine della guerra è certa anche la caduta del Governo di Tel Aviv e la fine politica di Netanyahu con tutte le conseguenza che questo comporterà.

La fine della guerra permetterà anche l’ingresso dei giornalisti nella striscia di Gaza e spero che non tutti siano della caratura dei media italiani. Le testimonianze, tacitate da 15 mesi, potranno essere ascoltate. Non solo quelle dei superstiti palestinesi, ma anche quelle dei volontari internazionali che hanno sacrificato la loro vita in questo inferno che Trump ha evocato per farlo terminare. Gli stessi funzionari di ONU, UNICEF, Croce Rossa, medici ed infermieri degli ospedali. Non potranno dire nulla gli oltre 200 giornalisti morti nel frattempo nel totale silenzio dei loro colleghi che si stracciano le vesti solo a comando.

Ci sono ancora da aggiungere altri due nomi: una ragazza, Ahlam Al Nafed che ancora, nonostante tutto, continuava a documentare con le sue parole e le immagini che riusciva a far trapelare il genocidio nella parte nord della striscia e Ahmed Abu Al-Rous, ucciso dagli israeliani poche ore prima dell’annuncio.

Certo l’annuncio della tregua non è ancora la fine di nulla.

Si ha notizia che anche alcune ore dopo l’annuncio della tregua altri edifici sono stati colpiti nella striscia di Gaza dall’aviazione israeliana con altre distruzioni, altri morti ed altri feriti. L’ipotesi di tregua deve essere ancora approvata anche dal Governo Israeliano, ma almeno speriamo che sia l’inizio di qualcosa di nuovo e di buono.

Vincenzo Fedele

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3 commenti

  • Paoletta ha detto:

    e naturalemnte per Israele non c’e’ nessuna sanzinoe da parte del cosiddetto “mondo libero”…

  • ESR ha detto:

    PERCHÈ NON SI REALIZZA UN MUSEO DELL’OLOCAUSTO DEI PALESTINESI?

  • unaopinione ha detto:

    “Però ritengo però che qualcosa possa cambiare e gli indizi sono molti: …”
    Interessante secondo me questo articolo dove si parla di “reverse migration”:
    https://www.middleeastmonitor.com/20250114-data-on-the-rise-in-reverse-jewish-immigration-shocks-israelis/
    L´articolo mi fa capire che molti israeliani qualificati e soprattutto giovani (finora 82.000 secondo l´articolo, ma non riesco a capire in quanto tempo) hanno lasciando Israele perché avrebbero perso fiducia nello Stato (“given the assertions of the Israelis who are migrating outside the state that they have lost hope in it.”). Altre considerazioni seguono.