Il testo “J’Accuse” di Mons. Viganò è un Manifesto Teologico per Tutta l’Orbe Cattolica. Matteo Castagna.
13 Dicembre 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Matteo Castagna, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione queste consdierazioni sul libro scritto dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Buona lettura e diffusione.
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di Matteo Castagna
Jerome R. Corsi, Ph.D. del Post Hill Press ha pubblicato e redatto la prefazione del libro, scritto da Mons. Carlo Maria Viganò, dal titolo “J’accuse – per fare luce sulla mia “scomunica” “.
Si tratta di un breve pamphlet di sole 94 pagine, in cui il prelato, prendendo spunto dalla sua vicenda personale, espone un trattato di teologia fondamentale, come scrive lo stesso Corsi. Mons. Viganò chiarisce che la sua non è “una difesa personale, ma piuttosto una difesa della Santa Chiesa di Cristo”. Egli si dichiara innocente ovvero colpevole di difendere due millenni di teologia e liturgia cattolica contro la progressiva apostasia del Vaticano II e di papa Francesco. Ha chiesto da quale “chiesa” egli dovrebbe essere in stato di scisma “se quella che si dichiara cattolica differisce dalla vera Chiesa proprio nella predicazione di ciò che ha condannato e nella condanna di ciò che ha predicato?”
Il vescovo ha, poi, spiegato: “gli adepti della “chiesa conciliare” risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un “necessario rinnovamento”; mentre il Magistero cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certo: ognuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi Santi; ma mentre per il credente cattolico la Chiesa è Unam Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile e gay-friendly”.
Mons. Viganò conclude che “l’unica risposta teologica possibile è che la Gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella costantemente insegnata per duemila anni dalla Chiesa cattolica, appartiene a un’altra entità e quindi non rappresenta la vera Chiesa di Cristo”. Viganò parla di “contraffazione”, di “contro-chiesa”, di “anti-chiesa” e prosegue: prendendo spunto dal Vaticano II, lo scopo di questa chiesa profonda “è far accettare non tanto questo o quel cambiamento, ma il cambiamento in sé, cioè l’idea di una rivoluzione permanente secondo la quale l’insegnamento della Chiesa deve cambiare e persino contraddirsi a seconda delle epoche e dei contesti culturali”.
Evidentemente, come spesso ha dichiarato, la Città dell’uomo, ovvero la società temporale come figlia del Great Reset, mettendo in luce gli aspetti satanici dell’élite globale per un Governo Unico Mondiale, tra cui l’immoralità woke e le assurdità distopiche, oltre allo scopo finale di far dannare le anime. Al deep State politico-sociale si affianca una deep Church spirituale e liturgica “serva dell’élite”, che “corre anch’essa verso il baratro”.
A pag. 33 c’è una frase del vescovo Viganò, molto importante: “E’ oggi quantomai necessario che noi Pastori ci svegliamo dal nostro torpore: Hora est jam nos de sommo surgere (Rm 13,11). La nostra responsabilità dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime ci impone di denunciare senza equivoci tutti gli errori e le deviazioni che troppo a lungo abbiamo tollerato, perché non saremo giudicati né da Bergoglio né dal mondo, ma da Nostro Signore Gesù Cristo. A Lui renderemo conto di ogni anima perduta per nostra negligenza, di ogni peccato da essa commesso per causa nostra, di ogni scandalo dinanzi al quale abbiamo taciuto per falsa prudenza, per quieto vivere, per complicità”.
“In J’Accuse, Mons. Viganò presenta un esame mozzafiato della caduta in disgrazia della Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II”, sostiene l’editore a ragione, raggiungendo una posizione radicale, maturata progressivamente e, come sostiene egli stesso, probabilmente e provvidenzialmente dovuta proprio alla “scomunica” da parte di Bergoglio, che egli non solo considera invalida ma addirittura “un onore”.
Il libro termina con questa frase: “gli strali degli eretici sono il vanto di chi rimane fedele all’unica Chiesa di Cristo e al Papato Romano, oggi usurpato. Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi” (Ef 5, 15-16).
Non è intento di chi scrive quello di commentare, ma di invitare alla lettura di questo libro, per riflettere e prendere le risoluzioni che attraverso la preghiera al Bambin Gesù di Praga, lo Spirito Santo non mancherà di donare agli umili di cuore. Ci saranno, certamente, altri vescovi o sacerdoti, che daranno un giudizio esaustivo e, mi auguro, strettamente conforme alla dottrina cattolica, non adulterata dal modernismo.
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Tag: castagna, j'accuse, vigano
Categoria: Generale
Munus e Ministeroum non hanno attinenza con la crisi nella Chiesa, come non ce l’hanno nel Papato cattolico romano perché non si possono scindere.
Il Ministeroum deriva dal Munus. Munus divino non può produrre Ministerium eretico.
Mentre è la mancanza del Munus dovuto a posizioni eretiche che produce un Ministerium conseguente.
Non possedendo il Munus perché modernista, la Chiesa Conciliare è una falsa chiesa, una Deep Church diversa da quella Cattolica il cui Munus può essere ricevuto solo da chi aderisce al cattolicesimo senza se e senza ma. Da Roncalli a Bergoglio si sono fatti i loro dogmi, la loro fede, i loro riti, le loro ordinazioni, falsificando formule bimillenarie e mutando in senso protestante ed ecumenico la missione della loro setta.
La Chiesa Cattolica subisce una riduzione progressiva della Sua dimensione visibile ma, per i dogmi dell’indefettibilita’ e del non prevalebunt rimarrà almeno un cattolico alla fine del mondo.
L’operazione intellettualista che vorrebbe scindere il Munus dal Ministerium non viene accettata dai teologi e li fa sorridere perché mina il dogma dell’infallibilità così come solennemente definito da Pio IX e dimostra di non avere sensus Ecclesiae che non può scindere l’Autorita dal suo esercizio. Chi deraglia dalla Verità perde ogni Autorità nella Chiesa e, quindi, anche ogni esercizio della stessa. Questo insegna il can 188.4 del Codex 1917. Questo insegna la mail abrogata Bolla Cum ex Apostolatus Officio di Papa Paolo IV. Questo insegna San Roberto Bellarmino, Dottore della Chiesa, nel de Romano Pontifice.
Veramente la Bolla di Paolo IV riguarda l’eretico che viene eletto papa e non il papa che deraglia dalla fede.
E il can. 188.4 del Codex 1917 riguardavs la rinuncia tacita e non la decadenza (rinuncia revocabile). Per quanto riguarda il Papa, la Pator Aeternus esclude DOGMATICAMENTE che possa abbandonare la fede, che è proprio il caso descritto dal can. 188.4.
Il sig. Castagna non sembra molto informato delle questioni che tratta …
La Chiesa, Sposa e Corpo Mistico di Cristo, è voluta dal Signore ed è immacolata.
Quello che possiamo difenderne è l’istituzione, la realtà umana, non certo il suo affaccio divino: altrimenti noi saremmo non dei “servi inutili”, ma “necessari a Dio”.
La Chiesa secondo la visione di Dio è al sicuro: le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. E’ al sicuro nell’Eterno Presente divino, che non ha passato e futuro. Nel tempo invece il popolo di Dio vive l’esilio dal Regno provocato dal peccato e dall’assenza della Grazia.
Il commettere peccati da parte di uomini e donne dentro la Chiesa non toglie immacolatezza alla Chiesa!
Quindi chi “difende la Chiesa” semplicemente abbandona il proprio io e si converte al Regno di Dio.
“Eccomi, sono la serva del Signore!”: questa è la risposta dell’Immacolata piena di Grazia, che si fa Madre del Verbo incarnato e della Chiesa, generandoci come figli.
Criticando le malefatte storiche che accadono nell’istituzione ecclesiale, soprattutto nel suo agire il potere al modo umano e dei regni di questo mondo, si può discutere il ministerium ,ma non il munus.
Ogni tentazione di eresia e persino l’apostasia derivano da un esercizio improprio del ministerium, ma l’importante è la Grazia del munus che non è umana.
Perciò è una strana difesa della Chiesa quella di chi vorrebbe accusare in un colpo sessant’anni di storia e tanti papi legittimi per non doversi misurare sull’illegittimità del pontificato attuale, voluto da quanti agirono astutamente corrompendo il ministerium pensando di appropriarsi anche del munus.
Non è la “chiesa conciliare” il problema, dato che quella preconciliare impedì i sacramenti a San Padre Pio. Non è un problema degli anni sessanta la denuncia del modernismo della Pascendi del 1907 etc.
Di sicuro il post concilio ha infiltrato e infestato come non mai la Chiesa di modernismo gnostico, ma la battaglia infuria da tempo, perchè Lutero fu eresiarca, ma il Concilio di Trento corresse evidenti schifezze interne alla chiesa cattolica perpetrate da cattolici.
Carissimo Mons. Viganò, per “difendere la Chiesa”, che è di Dio, bisogna amare la Chiesa, starci dentro, frequentare i sacramenti e adorare il Signore, sapendolo l’unico che ha nelle mani la storia.
L’indimenticabile Mons. Livi ci lasciò parole meravigliose sul dogma: perchè fondate sul munus petrino. E chi quel munus non ce l’ha, non ce l’ha… Ma chi ce l’ha può dire dogma nel 1854 o nel 1950 quel che lo è da sempre! Così sarà per la Corredentrice. Non è la Chiesa “in ritardo”, o la “dottrina che muta”, è l’Eternità di Dio che si addensa nel munus, nell’Essenza della Chiesa come Sposa di Cristo.
L’attuale realtà ecclesiale, usurpata, va smascherata, ma certe accuse rischiano di aiutare il trasformismo, fornendo ai Fregoli o ai Brachetti ulteriori costumi con cui ripresentarsi sembrando altro, contraffatta.
E’ tutto vero quel che dice del gran reset. Ma se non ammette di aver fatto un po’ di confusione ritenendo resettabile anche la Sposa di Cristo, beh, ci ripensi!
Un po’ di torpore dopo tutte queste sbornie ci sta.
Ma al risveglio diamoci una mossa.
L’unica risposta è canonica.
Ci aiuti.