Il Papato “Scomposto”. Emeritus, Munus, Ministerium. Mons. Carlo Maria Viganò.

30 Novembre 2024 Pubblicato da 26 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo testo dell’arcivecscovo Carlo Maria Viganò. Buona lettura e diffusione.

§§§

Il Papato “Scomposto”

Emeritus, Munus, Minusterium

 

 

 

La saga infinita sulla Rinunzia di Benedetto XVI continua ad alimentare una narrazione delle vicende cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio sempre più ardita e surreale. Teorie inconsistenti e non suffragate da alcuna prova hanno fatto presa su tantissimi fedeli ed anche su sacerdoti, aumentando la confusione e il disorientamento. Ma se ciò è stato possibile, è in buona parte anche dovuto a chi, conoscendo la verità, nondimeno la teme per le conseguenze che essa, una volta svelata, potrebbe avere. Vi è infatti chi ritiene preferibile tenere insieme un castello di menzogne e inganni, piuttosto di dover mettere in discussione un passato di connivenze, silenzi e complicità.

 

Lo scambio epistolare

 

Nel corso di un incontro all’Hotel Renaissance Mediterraneo di Napoli con i Cattolici del locale Cœtus fidelium tenutosi lo scorso 22 Novembre, mons. Nicola Bux ha accennato ad uno scambio epistolare con il “Papa emerito Benedetto XVI”, risalente all’estate del 2014, che costituirebbe la smentita delle teorie sulla invalidità della Rinunzia. Il contenuto di queste lettere – la prima, di mons. Bux, del 19 Luglio 2014 (tre pagine) e la seconda, di Benedetto XVI, del 21 Agosto successivo (due pagine) – non è stato diffuso dieci anni fa, come sarebbe stato più che auspicabile, ma solo oggi se ne è appena accennata l’esistenza. Si dà il caso che io sia al corrente tanto di questo scambio epistolare quanto del suo contenuto.

 

Per quale motivo mons. Bux decise di non divulgare tempestivamente la risposta di Benedetto XVI quand’era ancora vivo e in grado di confermarla e circostanziarla, e invece di rivelarne soltanto l’esistenza, senza svelarne il contenuto, a quasi due anni dalla sua morte? Perché nascondere alla Chiesa e al mondo questa autorevole e importantissima dichiarazione?

 

La rivoluzione permanente

 

Per rispondere a questi legittimi interrogativi occorre mettere da parte la finzione mediatica. Occorre anzitutto comprendere che la visione antitetica di un Ratzinger “santo subito” e di un Bergoglio “brutto e cattivo” fa comodo a tanti. Questa impostazione semplicistica, artefatta e falsa, evita di affrontare il cuore del problema, ossia la perfetta coerenza di azione dei “papi conciliari” da Giovanni XXIII e Paolo VI al sedicente Francesco, ivi compresi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. I fini sono gli stessi, anche se perseguiti con modalità e linguaggio differenti. L’immagine di un anziano, elegante e fine teologo, in pianeta romana e calzari rossi, che riconosce cittadinanza al Rito tridentino e di un intemperante eresiarca globalista che non celebra la Messa e vanifica Summorum Pontificum, mentre promulga la liturgia maya con femmine turificanti, rientra in quell’operazione di polarizzazione forzata che abbiamo visto adottata anche nella sfera civile, dove un analogo progetto eversivo è stato condotto a termine favorendo da una parte le forze ultra-progressiste e dall’altro tenendo buone le voci del dissenso.

 

In realtà, Ratzinger e Bergoglio – ed è proprio questo che i conservatori non vogliono riconoscere – costituiscono due momenti di un processo rivoluzionario che contempla fasi alterne e solo apparentemente contrapposte, seguendo la dialettica hegeliana di tesi, antitesi e sintesi. Un processo che non inizia con Ratzinger e non finirà con Bergoglio, ma che rimonta a Roncalli e sembra destinato a protrarsi finché la deep church continuerà a sostituirsi alla Gerarchia Cattolica usurpandone l’autorità.

 

Nella visione ratzingeriana, la tesi del Vetus Ordo e l’antitesi del Novus Ordo si compongono nella sintesi di Summorum Pontificum, grazie all’escamotage di un unico rito in due forme. Ma questa “coesistenza pacifica” è il prodotto dell’idealismo tedesco; ed è falsa perché si fonda sulla negazione dell’incompatibilità tra due modi di concepire la Chiesa, uno sancito da duemila anni di Cattolicità, l’altro impostosi con il Concilio Vaticano II grazie all’operato di eretici fino ad allora condannati dai Romani Pontefici.

 

La “ridefinizione” del Papato

 

Ritroviamo lo stesso modus operandi nella volontà espressa prima da Paolo VI, poi da Giovanni Paolo II e infine da Benedetto XVI di “ridefinire” il Papato in chiave collegiale ed ecumenica, ad mentem Concilii, laddove la divina istituzione della Chiesa e del Papato (tesi) e le istanze ereticali dei neomodernisti e delle sette acattoliche (antitesi) si compongono nella sintesi di una ridefinizione del Papato in chiave ecumenica, prospettata dall’enciclica Ut unum sint promulgata da Giovanni Paolo II nel 1995 e più recentemente formulata nel Documento di Studio del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani dello scorso 13 Giugno: Il Vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’enciclica ‘Ut unum sint’. Non stupirà apprendere – come mi confidò il Card. Walter Brandmüller nel gennaio del 2020 rispondendo ad una mia precisa domanda – che il Prof. Joseph Ratzinger elaborava la teoria del Papato emerito e collegiale con il collega Karl Rahner, negli anni Settanta quando entrambi erano “giovani teologi”.

 

Nel corso di una conversazione telefonica che ebbi nel 2020, una fidatissima assistente di Benedetto XVI mi confermò l’intenzione del Papa – più volte reiterata alla stessa – di ritirarsi a vita privata nella sua dimora bavarese, senza mantenere né il nome apostolico né le vesti papali. Ma questa eventualità era considerata come inopportuna per coloro che avrebbero perso il proprio potere in Vaticano, specialmente nei confronti di quei conservatori che avevano in Benedetto XVI il proprio riferimento e ne avevano mitizzata la figura.

 

Non sappiamo con certezza se la soluzione teorizzata con Rahner dal giovane Ratzinger fosse ancora contemplata dall’anziano Pontefice, né se il Papato emerito sia stato “riesumato” da chi voleva tenere Benedetto in Vaticano, anche avvalendosi delle pressioni esterne sulla Santa Sede che si erano concretizzate con la sospensione del Vaticano dal sistema SWIFT, ripristinato significativamente subito dopo l’annuncio della Rinunzia. Di fatto la Rinunzia ha creato un’immensa confusione nel corpo ecclesiale e ha consegnato la Sede di Pietro al suo demolitore, il che vede comunque coinvolto Joseph Ratzinger.

 

Benedetto ricorse quindi all’invenzione del “Papato emerito”, cercando, in violazione della prassi canonica, di tenere in vita l’immagine del “fine teologo” e del defensor Traditionis che il suo entourage aveva costruito. Peraltro, un’analisi delle vicende che riguardano l’epilogo del suo Pontificato è estremamente complessa sia in ragione delle peculiarità intellettuali e caratteriali di Ratzinger, sia per l’opacità dell’azione dei suoi collaboratori e della Curia, sia infine per l’assoluto ἅπαξ della Rinunzia, così come effettuata da Benedetto XVI, una modalità del tutto inedita mai prima verificatasi nella storia del Papato.

 

D’altra parte, questa parentesi di mozzette e camauri doveva eclissarsi con il passaggio delle consegne al già designato Arcivescovo di Buenos Aires, candidato dalla Mafia di San Gallo a prendere il suo posto sin dal Conclave del 2005. Il ruolo di Benedetto XVI come Emerito ha avuto la funzione di affiancare una sorta di Papato conservatore (munus) che vigilasse sul Papato progressista di Bergoglio (ministerium), in modo da tenere insieme la componente moderatamente conservatrice ratzingeriana e quella violentemente progressista bergogliana, favorendo la percezione di una continuità tra il “papa emerito” e il “papa regnante”.

In sostanza, si è trovato il modo di mantenere Benedetto in Vaticano, per far sì che la sua presenza entro le Mura Leonine apparisse come una forma di approvazione di Bergoglio e delle aberrazioni del suo “pontificato”. Dal canto suo, l’Argentino ha visto in questo monstrum canonico – perché tale è il “Papato emerito” – uno strumento di destrutturazione del Papato in chiave conciliare, sinodale ed ecumenica; la qual cosa, come sappiamo, era condivisa dallo stesso Benedetto XVI.

Il “monstrum” canonico del Papato emerito

Va detto che anche l’istituto dell’Episcopato emerito è un monstrum canonico, perché con esso il Vescovo diocesano si vede “congelare” la giurisdizione su base anagrafica (al raggiungimento del 75° anno di età), contro la prassi plurisecolare della Chiesa. L’emeritato, facendo venir meno nei Vescovi la coscienza di essere Successori degli Apostoli, ha avuto come immediata conseguenza anche una totale deresponsabilizzazione, relegandoli al ruolo di meri funzionari e burocrati. Anche l’istituzionalizzazione delle Conferenze Episcopali come organismi di governo che interferiscono ed ostacolano l’esercizio della potestas dei singoli Vescovi, ha certamente costituito un attentato alla divina costituzione della Chiesa Cattolica e alla sua Apostolicità.

 

L’Episcopato emerito, introdotto subito dopo il Concilio nel 1966 con il Motu Proprio Ecclesiæ Sanctæ e poi acquisito dal Codice di Diritto Canonico del 1983 (can. 402, § 1), rivela una significativa coerenza con Ingravescentem ætatem del 1970, che priva i Cardinali settantacinquenni delle loro funzioni di Curia e quelli ottantenni del diritto di eleggere il Papa in Conclave. Al di là della formulazione giuridica di queste leggi ecclesiastiche, se ne comprende la mens solo in un’ottica di deliberata esclusione dei Vescovi e dei Cardinali anziani dalla vita della Chiesa, volta a favorire il “ricambio generazionale” – un vero e proprio reset della Gerarchia Cattolica – con Prelati ideologicamente più vicini alle nuove istanze promosse dal Vaticano II. Questa epurazione artificiale della compagine più anziana dell’Episcopato e del Collegio Cardinalizio – e dunque presumibilmente meno incline alle innovazioni –ha finito per falsare gli equilibri interni alla Gerarchia, secondo un’impostazione mondana e secolare già ampiamente adottata in ambito civile. E quando, sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, le cosiddette “vedove Montini” – ossia i Cardinali che negli anni Ottanta avevano raggiunto i limiti di età – chiesero la revoca di Ingravescentem ætatem per non essere escluse dal Conclave, divenne evidente che anche i progressisti degli anni Settanta erano ormai destinati a loro volta a finire vittime della norma che avevano invocato per altri: Et incidit in foveam quam fecit (Ps 7, 16).

 

Non sfuggirà che, in un’ottica di “ridefinizione” del Papato in chiave sinodale, laddove il Vescovo di Roma sia considerato primus inter pares, l’istituzione dell’Episcopato emerito e le norme che limitano l’esercizio dell’Episcopato e del Cardinalato al raggiungimento di una certa età, costituiscono la premessa all’istituzionalizzazione del Papato emerito e alla giubilazione del Papa anziano.

Il falso problema di munus e ministerium

Dalla tesi del Papato (sono Papa) in conflitto con l’antitesi della Rinunzia (non sono più Papa) risulta un concetto in continuo divenire – come il divenire è l’assoluto per Hegel – ovverosia la sintesi del Papato emerito (sono ancora Papa ma non faccio più il Papa). Non si trascuri questo aspetto filosofico del pensiero di Joseph Ratzinger, che gli è precipuo e ricorrente: la sintesi è di per sé provvisoria, in vista di una sua mutazione in tesi a cui si contrapporrà una nuova antitesi che darà luogo ad un’ulteriore sintesi, a sua volta provvisoria. Questo incessante divenire è la base ideologica, filosofica e dottrinale della rivoluzione permanente inaugurata dal Concilio Vaticano II sul fronte ecclesiale e dalla Sinistra globale sul fronte politico.

Abbiamo dunque assistito a una sorta di separazione artificiale del Papato: da una parte il Papa rinunciava al Papato e dall’altra la persona Papæ, Joseph Ratzinger, cercava di mantenerne alcuni aspetti che gli garantissero protezione e prestigio. Siccome l’allontanamento fisico dalla Sede Apostolica poteva apparire come una forma di disapprovazione della linea di governo della Chiesa imposta dalla deep church bergogliana, tanto il Segretario personale quanto il Segretario di Stato fecero forti pressioni perché Ratzinger rimanesse “a mezzo servizio”, per così dire, giocando sulla fittizia separazione tra munus e ministerium – peraltro vigorosamente smentita nella risposta dell’Emerito a mons. Bux.

Il Prof. Enrico Maria Radaelli ha evidenziato nei suoi approfonditi studi che questa arbitraria bipartizione del mandato petrino tra munus e ministerium rende invalida la Rinunzia. Dal momento che il Primato petrino non può essere scomposto in munus e ministerium, essendo esso una potestas che Cristo Re e Pontefice conferisce a colui che è stato eletto per essere Vescovo di Roma e Successore di Pietro, la negazione di Ratzinger (nella citata lettera) di non aver voluto scindere munus e ministerium è in contraddizione con l’ammissione dello stesso Benedetto di aver impostato il Papato emerito sul modello dell’Episcopato emerito, che appunto si basa su questa artificiosa e impossibile scissione tra essere e fare il Papa, tra essere e fare il Vescovo. L’absurdum di questa divisione è evidente: se fosse possibile possedere il munus senza esercitare il ministerium, dovrebbe essere parimenti possibile esercitare il ministerium senza possedere il munus, ossia svolgere le funzioni di Papa senza esserlo: la qual cosa è un’aberrazione tale da inficiare radicalmente il consenso all’assunzione del Papato stesso. E in un certo senso questa dicotomia surreale tra munus e ministerium l’abbiamo vista concretizzata, quando l’Emerito era Papa ma non esercitava il Papato, mentre Bergoglio faceva il Papa senza esserlo.

La desacralizzazione del Papato

D’altronde, il processo di desacralizzazione del Papato iniziato con Paolo VI (pensiamo alla scenografica deposizione del triregno) è proseguito senza soluzione di continuità anche sotto il Pontificato di Benedetto XVI (che ha rimosso la tiara anche dallo stemma papale). Ciò è da attribuirsi precipuamente alla nuova ecclesiologia ereticale del Vaticano II, che ha fatto proprie le istanze della società secolarizzata e “democratica” accogliendo in seno alla Chiesa concetti quali la collegialità e la sinodalità che le sono ontologicamente estranei, stravolgendo così la natura monarchica della Chiesa voluta dal suo divino Fondatore. Lascia certamente interdetti e immensamente addolorati vedere con quanto zelo la Gerarchia conciliare e sinodale si sia fatta promotrice della sovversione in seno alla Chiesa Cattolica. Una sequenza di riforme, norme e pratiche pastorali da oltre sessant’anni demoliscono sistematicamente ciò che sino a prima del Vaticano II era considerato intangibile e irriformabile.

 

Va anche ricordato che la Rinunzia di Benedetto XVI non è stata seguita da un normale Conclave, nel quale gli Elettori hanno scelto serenamente il candidato alla successione sul Soglio di Pietro; ma da un vero e proprio colpo di stato compiuto ex professo dalla Mafia di San Gallo – ossia dalla componente eversiva infiltratasi nella Chiesa nel corso dei decenni precedenti – mediante la manomissione e violazione del regolare processo elettivo e il ricorso a ricatti e pressioni sul Collegio Cardinalizio. Non dimentichiamo che un eminente Prelato ha confidato a conoscenti che ciò a cui aveva personalmente assistito in Conclave poteva pregiudicare la validità dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio. Anche in questo caso, incomprensibilmente, il bene della Chiesa e la salvezza delle anime sono stati messi da parte, in nome di una farisaica osservanza del segreto pontificio, forse non del tutto scevra da ricatti e minacce.

 

Vi è un’evidente contraddizione tra lo scopo che Benedetto si prefiggeva (cioè: rinunciare al Papato) e il mezzo che egli ha scelto per farlo (basato sull’invenzione del Papato emerito). Questa contraddizione, in cui soggettivamente Benedetto si è dimesso ma oggettivamente ha prodotto un monstrum canonico, costituisce un atto così sovversivo da rendere nulla e invalida la Rinunzia. A suo tempo questa contraddizione dovrà essere sanata da un pronunciamento autoritativo, ma rimane il fatto ineludibile che la forma in cui è stata posta la Rinunzia non toglie le successive irregolarità che hanno portato Bergoglio ad usurpare il Soglio di Pietro con la complicità della deep church e del deep state. Né è possibile pensare che la Rinunzia non debba essere letta alla luce del piano eversivo che mirava ad estromettere Benedetto XVI per sostituirlo con un emissario dell’élite globalista.

Il castello di menzogne cui cooperano laici, sacerdoti e prelati, anche in buona fede, rimane una gabbia nella quale essi si sono imprigionati. Nella drammatizzazione mediatica, gli attori Ratzinger e Bergoglio ci sono stati presentati come portatori di teologie antitetiche, quando in realtà essi rappresentano due stadi successivi del medesimo processo rivoluzionario. Ma l’apparenza, il simulacro su cui si basa la comunicazione di massa non può sostituire la sostanza di Verità cui è indefettibilmente tenuta la Chiesa Cattolica per mandato divino.

Conclusione

 

Ai tantissimi fedeli scandalizzati, ai molti sacerdoti e religiosi confusi e indignati, ai pochi – almeno per ora – che levano la voce per denunciare il golpe perpetrato ai danni della Santa Chiesa dai suoi stessi Ministri, rivolgo il mio incoraggiamento a perseverare nella fedeltà a Nostro Signore, Sommo ed Eterno Sacerdote, Capo del Corpo Mistico. Resistete forti nella fede, ci ammonisce il Principe degli Apostoli (1 Pt 5, 9), sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le vostre stesse sofferenze. Il sonno nel quale il Salvatore sembra ignorarci mentre la Barca di Pietro è sconquassata dalla tempesta, deve essere per noi uno sprone ad invocare il Suo aiuto, perché solo nel momento in cui ci rivolgeremo a Lui, lasciando da parte rispetti umani, teorie inconsistenti e calcoli politici, Lo vedremo destarSi e comandare ai venti e al mare di placarsi. Resistere nella fede richiama il combattimento per rimanere fedeli a ciò che il Signore ha insegnato e comandato, proprio nel momento in cui molti, soprattutto ai vertici della Gerarchia, Lo abbandonano, Lo rinnegano e Lo tradiscono. Resistere nella fede implica il non venir meno nel momento della prova, sapendo attingere in Lui la forza per superarla vittoriosi. Resistere nella fede significa infine saper guardare in faccia la realtà della passio Ecclesiæ e del mysterium iniquitatis, senza cercare di dissimulare l’inganno dietro il quale si nascondono i nemici di Cristo. Questo è il senso delle parole del Salvatore: Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Gv 8, 32).

 

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

 

30 Novembre 2024

Andreæ Apostoli

§§§

Aiutate Stilum Curiae

IBAN: IT79N0200805319000400690898

BIC/SWIFT: UNCRITM1E35

ATTENZIONE:

L’IBAN INDICATO NELLA FOTO A DESTRA E’ OBSOLETO.

QUELLO GIUSTO E’:

IBAN: IT79N0200805319000400690898

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , , ,

Categoria:

26 commenti

  • Mario ha detto:

    Grazie a Dio Mons Viganò ha abbandonato la tesi indimostrabile del “vizio di consenso” di Bergoglio nell’assumere l’ufficio di pontefice e propone ora argomenti più fattuali. Ben fatto!

    • andreottiano ha detto:

      Fattuali?

      Solo voci senza fatti…
      E silenzi sul misfatto!

      Hegelianamente, nel suo iperuranio.
      O, meno idealistico,tira la volata a un tuttora sotterraneo?

      Autogol clamoroso sulla lettera a don Bux.
      Benedetto XVI intenderebbe proprio il contrario!

  • Adriana 1 ha detto:

    Bene,
    a questo punto Mons. Viganò farà piangere tutte le desolate “vedove” di Benedetto ( chiamato familiarmente talvolta anche “Benny” ). Se è per motivi estetici, se è per le sue belle maniere, per la morigeratezza ideologica apparente, capisco l’affezione. Ma, in buona sostanza era anche egli un hegeliano al punto da osare il botto finale della diarchia. La domanda è: “Come mai Monsignor Viganò non se ne era accorto prima?” Forse il rimanere tanto a lungo immerso a bagno tra le rane bollite gli aveva tolto la capacità di “intelligere”? Può darsi…può darsi…
    Riconosco che chiamare “femmine turiferarie” le stregonesse esotiche è preziosamente azzeccato. Però in tempi di antipatriarcato rischia di esacerbare l’antipatia delle molte femministe pro-esotismo ecumenico, comprese quelle che si agitano tra le tonache delle Gerarchie.

    • andreottiano ha detto:

      Non sono una vedova e rido di gusto…
      Benedetto XVI è più vivo che mai.
      Tra un po’ però di “vedove” di certi figuri ce ne saranno.

  • H7-25 ha detto:

    B16 = Benedetto XVI ; “l’umiltà DI riconoscere”

  • H7-25 ha detto:

    Se costoro che si affannano, per opposti motivi, a dire che è tutto a posto facessero qualcosa di utile… Che cosa? Ne suggerisco una, per esempio. Tra le tante cosette interessanti di cui Gänswein ha disseminato il suo libro “Nient’altro che la Verità”, vi si legge che Benedetto nel 2006 scrisse personalmente una dichiarazione di rinuncia mutuata da quelle di Giovanni Paolo II e Paolo VI. Ora, nel libro di mons. Leonardo Sapienza “La barca di Paolo”, sul pontificato di Paolo VI, viene riportato il testo integrale della rinuncia di Montini, nella quale egli specifica di rinunciare sia all’ufficio di Vescovo di Roma che all’ufficio di Vicario di Cristo. Sapienza precisa che Giovanni Paolo II la lesse (e infatti ricordo che anche lui firmò una rinuncia preventiva in cui si specificava proprio questo), ma non la lesse Benedetto. Come faccia Sapienza a esserne così sicuro non si sa: non è che gliel’avrà suggerito Francesco, visto che proprio con lui, vice prefetto della casa pontificia, il regnante aveva un legame particolare, in quanto con il medesimo soleva trattare le questioni di competenza del prefetto Gänswein, almeno a quanto dice quest’ultimo? In ogni caso, a differenza di quanto afferma nel libro riguardo alla rinuncia del 2013, solo a proposito di questa del 2006 l’arcivescovo tedesco dice che avrebbe avuto come effetto quello di liberare LA SEDE APOSTOLICA. Perché loro eccellenze ed eminenze non vanno a vedere quel documento? Ganswein dice che il card. Herranz, cui era stata affidata la revisione giuridica del testo, ne aveva una copia che è stata riconsegnata a B16 nel 2013 e poi è stata archiviata. O in alternativa perché non domandano a Herranz che cosa c’era scritto? Perché se nel 2006 Benedetto ha scritto di rinunciare ai due uffici, come pare doversi dedurre, e poi nel 2013 scrive di rinunciare solo a uno, abbiamo un bel problema. Ma tanto non farà niente nessuno, perché o pensano che è meglio non sapere oppure non hanno l’umiltà riconoscere che possono aver sbagliato.

  • FRANZ ha detto:

    Paolo VI al II congresso internazionale di diritto canonico diceva: “Di conseguenza, i diritti e i doveri nella Chiesa hanno un’indole soprannaturale: se la Chiesa è un
    3
    disegno divino –
    Ecclesia de Trinitate – le sue istituzioni, pur perfettibili, devono essere stabilite al
    fine di comunicare la grazia divina e favorire, secondo i doni e la missione di ciascuno, il bene dei
    fedeli, scopo essenziale della Chiesa. Tale scopo sociale, la salvezza delle anime, la «salus
    animarum», resta lo scopo supremo delle istituzioni, del diritto, delle leggi. Il bene comune della
    Chiesa raggiunge perciò un mistero divino, quello della vita della grazia, che tutti i cristiani,
    chiamati ad essere figli di Dio, vivono nella partecipazione alla vita trinitaria:
    Ecclesia in Trinitate.
    In questo senso il Concilio Vaticano II ha parlato della Chiesa anche come «comunione» (Cfr.
    Lumen Gentium, 4, 9, 13, etc.), ponendo così in luce il fondamento spirituale del Diritto nella
    Chiesa e la sua ordinazione alla salvezza dell’uomo: sicché il Diritto diventa Diritto di carità in
    questa struttura di comunione e di grazia per tutto intero il Corpo ecclesiale.”
    Quindi iniziando dal mons. Viganò fino al direttore di Stilum , siate onesti intellettualmente perchè lleggi della Chiesa non sono leggi “umane”…
    Sarebbe ore che iniziaste a servire la Verità.
    Francesco

  • Federico ha detto:

    In realtà la Messa celebrata con il nuovo rito è talmente diversa da quella celebrata per centinaia d’anni in latino da sembrare davvero cosa diversissima. Non è un caso che Bergoglio e altri abbiano fatto di tutto per farla sparire; la ragione è proprio nella diversità sostanziale tra i due riti. Quindi ciò che afferma a riguardo Viganò è assolutamente logico ed evidente. Parimenti logico è ciò che dice sul ridicolo presunto codice Ratzinger che a volte direbbe cose conformi al testo, a volte intenderebbe cose contrarie al testo, a seconda di quello che interessa fargli dire. Insomma, roba da personaggi che andrebbero curati più che rimproverati. Se Ratzinger, quando sorrideva e abbracciava pubblicamente Bergoglio, avesse voluto fare intendere che quello era l’usurpatore ed invece lui era in sede impedita, be’ non so chi dei due sarebbe stato meglio: un papa attore consumato o un papa ipocrita. Ciò che mi lascia basito è che simili stramberie trovino in giro gente che se le beve; anche alla faccia della evidenza.

  • nicola ha detto:

    hegeliano e supremo viganò. Tesi, antitesi e sintesi. Le contraddizioni consapevoli e inconsapevoli di santa romana chiesa mostrate senza veli. un grande. tra nani.

  • H-7-25 ha detto:

    Sai che scoop quello di Benedetto che dice che la sua rinuncia è valida. C’era scritto anche sui giornali, qualche anno fa. La sua rinuncia è valida. Ma che cosa c’è scritto nella sua rinuncia? Che cosa vuol dire? È questo che ci interessa. Mons. Viganò ha il dente avvelenato, e questo veleno ormai ammorba tutte le sue parole. Un veleno differente da quello che scorre a fiumi dal Vaticano, ma sempre veleno e sempre mortale.

  • IM ha detto:

    Si parla tanto di questa lettera rivelatrice delle vere intenzioni di Benedetto XVI a monsignor Bux però né quest’ ultimo né Viganò, che dichiara di conoscerne il contenuto, la rendono pubblica. A che gioco giochiamo? Giochiamo a nascondino con le cose di Dio? Collaboriamo al non trionfo della verità? Se ci sono le prove tiriamole fuori se davvero amiamo la Chiesa e Chi l’ ha voluta quale strumento di salvezza.

  • giovanni ha detto:

    L’esegesi storica di Mons. Vigano’ e’ confortata da un gran numero di documenti incesellati nel percorso post conciliare della Chiesa. La considerazione finale d’un processo rivoluzionario cominciato col Vaticano II, proseguito con vari stop and go e finalizzato alla creazione d’ una nuova Chiesa e’ nei fatti. Tutti i Papi vi hanno partecipato da Giovanni XXIII in poi, certo secondo le loro personalita’ e tempo storico in cui hanno operato. Il filo conduttore sopra citato rimane il medesimo ed e’ comune fra loro.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1, 14-20) Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
    Dio, anima, eternità, tutto il resto è VANITA’. Questo vale anche per i papi.

  • daouda ha detto:

    a) Pio X è stato l’apripista della sovversione suo malgrado

    b) come può esistere il concetto dipatriarcato emerito così può esistere senza alcun difetto quello di papato emerito

    c) non esiste alcun deep state ed alcuna deep church. Da sempre e dovunque lo statuale in sé è prono al diavolo mentre asserie un’equipollenza fra il mondano statale e la Chiesa in tale accumunanza implica l’incomprensione della natura spirituale della Chiesa che è Regime carismatico-solidale e dirne che abbia al suo interno infiltrati, o peccatori mortali, od indifferenti, od ipocriti, è dire la stessa cosa: lo stesso concetto di deep church è ersia ecclesiologica.

    d) la rinuncia di Benedetto XVI è stata annunciata ad un concistoro e sottoscritta ed ogni atto giuridico può essere posposto come permette il diritto.
    Il papato impedito è insoddisfatto e lo si può ritenere tale solo se si riducesse la spiritualità alla gestione mondana del vaticano, cosa a cui Viganò è prono anch’egli.

    e) gli artifici per trovare nella lettera di Ratzinger la scissione fra munus e ministereium ( all’uopo però utile quando si deturpa il diritto canonico romano secondo uso germanico nell’83 ) è fallace. E’ proprio il contrario.

    f) un papa che è papa prima della consacrazione a vescovo di Roma come accaduto nella storia è Papa. Ugualmente un papa impedito è papa. Logica fattuale del tutto fallace in Viganò

    g) E’ molto più congruo ritenere che Francesco e BenedettoXVI poi Ratinger fossero compari per crear confusione.
    La qual cosa però è additabile a ritroso allo stesso Pio XII, Benedetto XV, Pio X, Leone XIII e molti papi precedenti che son stati papi poco adeguati.
    Non c’è da stupirsi che il nepotismo e la fornicazione di molti papi rinascimentali, che dovevano comportare la riduzione allo stato laicale, non importino molto a nessuno.
    Perché bisogna continuare l’artefatta contrapposizione moderenismo vs tradizionalismo.
    Viganò d’altronde a livello ecclesiologico non è vescovo stanti a Nicea e Calcedonia.

    h) il sinodalismo per natura deve essere gerarchico ed il primus inter pares ha una giurisdizione effettiva sui sottoposti.
    Ma che la Chiesa non sia sinodale ( fra i gerarchi ) è praticamente rinnegare i primi concili ecumenici infallibili

    i) il rito apostolico romano è morto dopo la riforma del breviario e del calendario occorse negli anni 20 del 900.
    Il rito del 62 ( che guardacaso Econe ha spinto per fa rsi fosse il solo da usarsi ) è appena più giovane di 7 anni del rito completamente inventato del 69. Il rito apostolico è stato consegnato agli altri eretici guénoniani ossia i sedevacantisti.

    mi limito a questo giacché la psy-op Viganò è realmente troppo regalata.

  • andreottiano ha detto:

    Lo scambio epistolare con don Nicola Bux costituirebbe (condizionale) la sconfessione etc.

    Il problema è di non aver capito o voluto capire che cosa c’è scritto per intestardirsi a salvare capra e cavoli. I cavoli sono amaro, per la capra fate voi.

  • andreottiano ha detto:

    La saga…
    Teorie inconsistenti…
    Narrazione ardita e surreale…

    Ma affrontare semplici domande e rispondere è così indigesto?
    O fa paura?

    Si scoprono gli altarini che devono restar coperti?

    Mons. Viganò è uomo di curia.
    Nella curia ci sono i lupi.
    Non solo c’erano. Ci sono ancora.

    Io sono solo una pecora del gregge.
    Chi non sopporta nemmeno il mio belato è un pastore o un lupo temporaneamente a dieta ma reso nervoso dal belare?

  • PRUDENTIA ha detto:

    e poi cosa vuol dire deep state e mafia di S.Gallo. Faccia dei nomi precisi se li conosce altrimenti è come dire 《qualcuno ha rubato. Serve sapere chi è stato e denunciarlo. Per ora son tutti morti i nomi che ha fatto.

  • PRUDENTIA ha detto:

    E soprattutto quando ne usciamo? Ci sono persone, religiosi, comunità e Istituti extra ecclesia non solo sedevacantisti che sono quasi 40 anni che denunciano e profetizzano tutto questo. Aspettiamo ancora che siamo morti noi? Immagino…così poi non resta più nessuno o forse 6 /7 pretini giovani che saranno dei Vintage che rimembrano vecchie glorie del passato?

  • PRUDENTIA ha detto:

    Grandi passi avanti nel coming out, peccato che manchi sempre la soluzione al problema. COME NE USCIAMO?

  • R.S. ha detto:

    Mons. Viganò ha esagerato.
    Ridata al 2014 la missiva di cui ha parlato Mons. Bux ma senza darne evidenza.

    Inoltre elude la circostanza della difformità delle parole pronunciate da Benedetto XVI la mattina del 11 febbraio 2013 rispetto a quelle comparse nel testo scritto rilanciato dalla sala stampa vaticana.

    Elude di scagionare Benedetto XVI dallo sberleffo di ritenerlo ignorante in latino in un testo destinato a fare storia, scritto e riletto per giorni.

    Elude di spiegare il sospetto scambio di munus e ministerium nella traduzione in lingua tedesca.

    Elude l’interrogativo sulla comparsa di un titolo della declaratio che afferma una rinuncia al munus nel documento pubblicato su AAS.

    La prossima volta consiglio mons. Viganò offrire un articolo un po’ più lungo, perché questo è stato sintetico… così asciutto da non aver niente da dire sulle domande correttamente poste da chi la fede cristiana la difende e anche il papato e anche la Chiesa, senza scorciatoie.

    A che gioco giocate?

    • andreottiano ha detto:

      E’ il gioco più in voga nei sacri palazzi: ludus eludens.

      Prodotto da Lupo de Lupis, il lupo tanto buonino…

Lascia un commento