Incontri Sfortunati per Benedetta De Vito a Roma…Toccar Legno Ferro e Cornetti Rossi…:-)))

8 Novembre 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Benedetta De Vito, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione questo piccolo reportage sui suoi incontri occasionali. Fossi in lei, toccherei ferro legno e cornetti…buona lettura e diffusione.

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Dal Rione Monti ai Prati di Castello conto una buona oretta di cammino, ma la passeggiata è bella, nel dolce novembre romano, e anche il traffico caotico  non la guasta. Così decido di andar pedibus calcantibus dalla mia amica Rosa, che m’attende in visita nel suo bell’appartamento che, in una finestra segreta e riposta, ha per quadro il Cupolone di San Pietro. Scendo dunque, salutando la Madonnella vestita della chiesola carmelitana che è a mezza via tra il Largo di Magnanapoli  e la piazza Venezia e mi fermo in un negozio bianco e di vetro pieno di cosine e cosette con l’artiglio della Tigre. Ci sono in bella fila tante di quelle borse tote (vendute a 3 euro e 50) che mi fan capire, in schiaffo definitivo, che devo smetterla di cucire  per gli altri le mie bennibags. Avanti, proseguo e la prima lezione di vita l’ho messa in tasca. Ma ne arriveranno altre e abbiate la compiacenza di non sbadigliare se vi chiedo di venir con me.

Eccomi sulla via del Corso, l’unica via larga (Via Lata) dell’antica Roma papalina e svolto sulla sinistra per raggiungere la piazza del Parlamento, dove abitava, ma nel segreto di Via in Lucina, una cara amica ormai volata in cielo da anni. Mentre penso a Monica mia, oh chi mi trovo a dieci centimetri di distanza: Roberto Speranza.

Magro, pallido, vestito di nero.

Mormoro automaticamente il suo nome e aggiungo un disperato: “nooooooooooo”.

Mi viene naturale. Lui si gira di scatto e via in una porticina vetrata che s’apre sulla destra della gran mole candida della Camera dei deputati. Mi ha visto, penso, e mi ha anche sentito.

Ed è fuggito via. Che faccia aveva, mi dico, una quaresima laica. E aggiungo che il pallore era quello di Nosferatu.

Via avanti, Benedetta, è proprio il tuo giorno sfortunato come commenta via wap il mio amico Marco, da Firenze, che è ancora toscano da cima a piedi nel gusto per la polemica e per lo sfottò.

Già, avanti. E arrivata quasi a via dei Prefetti chi mi viene incontro, alto come un palo della luce? “Nooooooooo – dico di nuovo ad alta voce – Piero Fassino noooooo”. Anche lui, ne sono certa, mi vede e mi ode. Tira via, tutto rugoso come una vecchia tartaruga e gli occhi quasi supplichevoli da bove triste.

Sì, ridacchia via wapp, il solito Marco al quale ho mandato un vocale della mia seconda (o terza) disavventura. E altre, per fortuna, non ce ne sono. Da Rosa, il solito incanto cucito per noi due nel silenzio interrotto da tante telefonate e lei compera, e volentieri, anche una copia del mio Romaamor perché la mia scrittura le piace. Evviva!

E’ già buio quando esco e fa anche freddo. Per fortuna ho con me una giacchetta. Procedo a passi svelti verso la Metro perché di camminar nel nero ho punto voglia. E mentre cammino, diretta alla stazione Lepanto, mi viene su un pensiero che qui vi giro. Non è stata affatto, penso, la mia giornata sfortunata, ma fortunatissima perché i due ceffi che ho incontrato (che ci hanno chiuso in caso, obbligato alla vaccinazione e alle mascherine e altri orrori consimili) avevano, ieri, il volto tristo, tristogno e terreo della bruciante sconfitta (Bob Hope era andato persino in America per la Kamala e si era fatto fotografare con un cartellone inneggiante alla sconfitta).

E io ho avuto, almeno questo, il privilegio di veder quei loro visi che da arroganti sono diventati dei belati di pecora.

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1 commento

  • Grog ha detto:

    Cara Benedetta, spero che tu non sia uscita con qualche profumo nella tua borsetta. Incontrando fassino é estremamente probabile non ritrovarseli più una volta a casa.