La crisi della transizione rivoluzionaria globale. Guido Vignelli.

24 Ottobre 2024 Pubblicato da 3 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo commento pubblicato dall’Osservatorio Internazionale Cardinale Van THuan. Buona lettura e condivisione.

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Una emergenza per ogni transizione

Il prefisso trans è stato propagandato dai poteri culturali e mass-mediatici a tutti i livelli, da quello sessuale a quello scientifico e politico, al fine di realizzare un trans-bordo ideologico dalla normalità all’anormalità, dal naturale all’innaturale, dal biologico all’artificiale, insomma dall’ordine al disordine.

In particolare, il prefisso trans viene oggi usato per elaborare parole, slogan e massime che mirano a favorire una transizione globale, di carattere culturale, la quale dovrebbe compiersi mediante una serie di transizioni parziali, da realizzare gradualmente in vari settori cruciali, tutte ritenute non solo come positive, ma anche come necessarie perché inevitabili.

Per fare in modo che l’opinione pubblica accetti in fretta di subire queste transizioni prima che ne capisca la pericolosità, i loro propagandisti le presentano correlate alla sempre efficace scusa di dover risolvere un grave problema dalla cui soluzione dipenderebbe la sopravvivenza del benessere o della pace.

Difatti, ogni transizione è stata giustificata come urgente e necessario intervento per rimediare a una corrispondente emergenza. Così, da anni si succedono, e talvolta anche si accavallano, emergenze ambientali, sanitarie, economiche, energetiche, sociali, politiche, pedagogiche e religiose, per culminare oggi con quella bellica.

Le transizioni parziali in crisi

In una prima fase, l’opinione pubblica ha creduto a queste emergenze e ha accettato di subire le rispettive transizioni, anche compiendo gravi sacrifici, il più grave dei quali è stato non l’aver perso alcune libertà per pretesi motivi di sicurezza, ma l’aver sospeso l’uso del buon senso per obbedire a imposizioni tanto assurde quanto inutili o dannose.

Tuttavia, nonostante le precauzioni prese da intellettuali, mass-media, politici e magistrati, negli ultimi tempi stanno sempre più manifestandosi le contraddizioni e i danni causati dalle transizioni già avviate, anche perché esse non stanno risolvendo le supposte emergenze, ma anzi ne stanno suscitando di nuove, questa volta vere. Tutto ciò sta cambiando notevolmente il panorama occidentale.

Infatti, un’ampia parte dell’opinione pubblica sta passando dalla fiducia alla diffidenza e alla ostilità verso molte di quelle transizioni in corso; anzi, molti ambienti sociali stanno manifestando verso di esse non solo rifiuto ma anche opposizione, tanto che alcuni poteri pubblici hanno già dovuto ricorrere a interventi repressivi per assicurarne l’applicazione.

Le transizioni parziali e le loro crisi

Vediamo ora brevemente, uno alla volta, i molti aspetti concreti di transizione parziale necessari per comporre quella globale.

Transizione culturale. Essa mira a cancellare, ad esempio mediante la censura woke, quelle identità culturali e quelle conquiste di civiltà che presuppongono differenze, diseguaglianze e discriminazioni di ogni tipo.

Transizione pedagogica. Essa mira a realizzare quella culturale, mediante una educazione scolastica e mass-mediatica che indottrini le nuove generazioni.

Transizione politica. Essa mira a ridurre le concrete libertà civili col pretesto di realizzare la massima sicurezza sociale, dirigendo e controllando ogni aspetto della vita quotidiana del cittadino.

Transizione sanitaria. Essa mira a medicalizzare l’intera vita quotidiana del cittadino, ponendolo alla continua dipendenza del sistema sanitario.

Transizione sessuale. Essa mira a imporre una sessualità e una famiglia polimorfa, policentrica e anticoncezionale, favorendo l’omosessualità e la transessualità.

Transizione demografica. Essa mira a ridurre al massimo la natalità delle nazioni occidentali per farle occupare da masse prolifiche immigrate dal Sud o dall’Est, al fine di realizzare un unico popolo neutro e inclusivo mescolando comunità, etnie e razze.

Transizione ecologica. Essa mira a favorire al massimo l’esigenze della “biosfera” sottomettendole quelle della società umana.

Transizione economica. Essa mira a ridurre al massimo la proprietà privata per favorire una “economia circolare” che non lavora ma gioca col virtuale e consuma i beni rimasti, per poi costruire una “società povera per i poveri”.

Transizione produttiva. Essa mira a ridurre al massimo il lavoro reale per ridurre industria, agricoltura e commercio al livello minimo di sopravvivenza.

Transizione energetica. Essa mira a ridurre al massimo i prodotti e i combustibili inquinanti favorendo così una società “a chilometro zero”, ossia senza inutili spostamenti.

Transizione tecnologica. Essa mira a trasformare l’uomo reale in virtuale, ponendolo alle dipendenze del sistema tecnico, nella prospettiva del transumanesimo.

Transizione religiosa. Essa mira a cancellare quelle verità dogmatiche, leggi morali e gerarchie ecclesiali che impediscono la costituzione di un’unica Chiesa “ecumenica”, ossia relativista e neutrale.

Lascio al lettore il compito di fare un facile esercizio: alla luce delle cronache di questi ultimi anni, egli può verificare quanto ciascuna di queste transizioni parziali oggi non sia più accettata come prima, ma anzi sia contestata dalla opinione pubblica più consapevole; questo utile esercizio gli permette di spiegare l’odierna instabilità globale e di suscitare qualche speranza sul futuro.

Un ipotetico “conflitto di classi”

 Per spiegare questo interessante fenomeno di crisi, l’arguto Boni Castellane ha proposto (su La Verità del 13-10-2024) un curioso paragone che ricorre ai rapporti tra i tre “stati”, ossia alle tre classi istituzionali (clero, nobiltà a popolo) che anticamente composero la tradizionale società dell’Ancien Régime.

Ossia oggi, per importanza e influenza, il “primo stato” è il clero ideologico, tecnologico, politico e soprattutto mass-mediatico; esso pretende di realizzare ad ogni costo la transizione globale rivoluzionaria, rinnovando così il passato “tradimento dei chierici”. Il “secondo stato” è la nobiltà amministrativa e produttiva; essa tenta di resistere alle transizioni economiche, o almeno di rinviarle più possibile, perché le considera affrettate e anzi dannose alla società. Il “terzo stato” è il popolo lavoratore e consumatore; esso tenta di opporsi a quelle transizioni, perché ha cominciato a pagarne le pesanti conseguenze nella vita quotidiana.

Ovviamente, oggi non può realizzarsi quella storica alleanza tra il clero e la borghesia che, ai tempi della Rivoluzione Francese, prevalse mettendo in minoranza la nobiltà e isolando il Re dal popolo. Tuttavia, secondo Boni Castellane, oggi potrebbe nascere un’alleanza tra la nuova nobiltà produttiva e il nuovo popolo lavoratore, al fine d’isolare e combattere la presuntuosa e parassitaria casta dominante del clero post-moderno.

L’attuale dibattito sui mass-media ci fa capire che la classe dominante teme quest’alleanza tra le due classi insorgenti, anche perché essa potrebbe vincere le due ben note cricche che da tempo manovrano istituzioni e governi occidentali – quella globale operante nell’ONU e quella continentale operante nell’Unione Europea – e metterebbe in pericolo il sopra descritto progetto di transizione globale.

Mossa da questo timore, la classe dominante sta affrettando i tempi per portare a compimento la sua opera, anche a costo di commettere gravi errori. A questo fine, essa sembra disposta a usare ogni mezzo, perfino a imporre alla intera società un nuovo potere, tendenzialmente totalitario, capace non solo di sospendere ma anche abolire le libertà e garanzie politiche, perfino quelle costituzionali.

Si tratta di una nuova transizione: quella dalla democrazia alla cosiddetta democratura (ossia “dittatura democratica”), che la Sinistra falsamente attribuisce alle intenzioni della Destra proprio perché, in realtà, intende realizzarla contro di questa. Si può supporre che anche questa transizione verrà giustificata con una relativa emergenza, che potrebbe assumere le dimensioni e la gravità di una guerra nazionale o internazionale.

Stando così le cose, la questione da porsi rimane la seguente: o la setta rivoluzionaria riuscirà a imporsi prima che la società possa salvarsi dalla rovina; o questa società civile riuscirà a organizzarsi e a impedire al nuovo potere settario d’imporsi con la forza e l’astuzia. Il fausto risultato dipenderà sia dallo spirito di preghiera, di azione e di sacrificio che animerà la pars valentior della popolazione, sia soprattutto dall’aiuto della divina Provvidenza.

Guido Vignelli

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3 commenti

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    Un eccellente articolo, un eccellente Vignelli che ha, al suo attivo, diversi libri che val la pena leggere (magari partendo da “Gnosi contro cristianesimo”…).

  • AMB ha detto:

    Caro Tosatti ,mi rivolgo a lei.
    Gli intellettuali ( come Vignelli) spesso dimenticano che il loro “sapere” è dovuto allo “sudiare” il pensiero altrui , facendolo proprio e trasfigurandolo in libri o articoli , come fossero idee originali. Per questa ragione non si identifica mai una soluzione. La soluzione può trovarla solo chi il problema lo conosce .Non chi ne ha letto. Come questo articolo manifesta. Grazie

    • Grillo Parlante ha detto:

      Lei mi ha incuriosito, perciò Le chiedo: “chi conosce il problema?”
      1) Un giornalista?
      2) Un filosofo?
      3) Un politico?
      3) “Chi lavora”?
      4) Altro…
      Aspetto sue notizie…

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