Don Bosco e il Papato. Don Marco Begato, sdb. Capitolo IV.

7 Settembre 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, don Marco Begato, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione il quarto capitolo del suo saggio su Don Bosco e il papato. Buona lettura e condivisione.

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QUARTA PUNTATA

 

Torniamo al resoconto. In quel periodo infuriò una feroce persecuzione, caratterizzata dal fenomeno dei lapsi o caduti. La ricostruzione fatta da don Bosco è molto ricca e curiosa. Per cui la riportiamo in tutta la sua lunghezza.

 

Gli inauditi tormenti di questa persecuzione fecero prevaricare dalla fede molti fedeli, e san Cipriano dà la ragione delle deplorabili loro cadute. Molti fedeli, egli dice, erano troppo attaccati ai beni della terra; e le ricchezze legarono loro i piedi per modo, che quando sarebbe stato tempo di correre coraggiosi al martirio, si trovarono allacciati e caddero miseramente rinnegando Gesù Cristo.

            Caduti. – I prevaricatori erano chiamati con vari nomi. Dicevansi in generale caduti quelli che in qualche maniera avessero rinnegata la fede, perchè dallo stato sublime di figliuoli di Dio, a cui erano stati elevati col battesimo, cadevano miseramente schiavi di satanasso, perdendo ogni diritto alla felicità del cielo.

            Sacrificati. – I caduti solevansi appellare sacrificati, se avevano fatto sacrifizi agli idoli oppure mangiate cose offerte ai medesimi. Perciocchè in que’calamitosi tempi di prevaricazione il solo cibarsi di quelle cose era dai gentili reputato indizio di aver negata la fede.

            Turificati dicevansi quelli che per ischivare i tormenti abbruciavano incenso agli idoli, senza dire parola o fare altro atto di idolatria. {103 [103]}

            Idolatri poi erano appellali coloro i quali coi sacrifizi o colle parole dichiaravano di avere rinnegato la fede cattolica e di essere divenuti adoratori degli dei.

            Libellatici. – Sotto a questo nome comprendevansi coloro, che si provvedevano dai magistrati una carta, mostrando la quale, essi erano lasciati in libertà. I libellatici erano distinti in due classi; gli uni sborsando danaro ottenevano una carta, la quale dichiarava che essi avevano sacrificato agli idoli, benchè ciò non fosse vero. Altri poi pagavano danaro per ottenere un libretto ossia un certificato in cui non si diceva nulla di quanto essi avessero fatto o non fatto, detto o non detto: ma solamente si ingiugneva ai soldati e a tutti i giudici di non molestarli.

            Ora la condotta dei libellatici della prima classe fu altamente disapprovata dalla Chiesa, perchè sebbene essi non avessero fatto nè detto cosa alcuna contro alla fede, tuttavia in faccia ai pagani davano a credere di averla rinnegata, e in quella carta avevano fatto scrivere una menzogna ingiuriosa a Gesù Cristo il quale ha detto: «Chi si vergogna di confessare me in faccia agli uomini, io avrò vergogna di confessare lui in faccia al mio celeste Padre (Luc. 9-26).

            Ma i libellatici della seconda classe non furono condannati dalla Chiesa, perchè essi non avevano fatto altro che comperarsi a prezzo di danaro la grazia di non essere molestati.

            Martiri. – Siccome a quelli che abbandonavano la fede si diedero vari nomi atti a indicare la loro debolezza e colpa; così quelli che con animo forte pativano per Gesù Cristo ottennero {104 [104]} varii nomi di gloria, secondo il modo e il tempo, che confessavano la fede, e sopportavano le molestie della persecuzione. Dicevansi martiri coloro che costantemente tolleravano i supplizi per la fede, quando anche non fossero morti nei tormenti. Così s. Giovanni evangelista si suole appellare martire, perchè per la fede fu in Roma gettato in una caldaia d’olio bollente, da cui venne prodigiosamente liberato: terminando poscia molti anni dopo i suoi giorni in pace. Così pure s. Tecla fu della martire pei molti ed atroci supplizi patiti per Gesù, benchè non ne morisse, ma terminasse poscia pacificamente la sua vita. Merita poi il nome di martire chi patisce per la fede, benchè non muoia nei patimenti, perchè la parola martire non significa altro che testimonio, conciossiachè i martiri confessando la fede fra i patimenti del carcere, delle catene e dei supplizi danno pubblica testimonianza della verità della cattolica religione.

            Confessori  – furono detti quelli che in faccia ai giudici avevano confessato di essere cristiani od erano stati posti in prigione per la fede, senza essere soggettati ai tormenti.

            Estorri. – Con questo nome indicavansi quelli che per timore di non poter reggere ai tormenti abbandonavano ricchezze, patria, parenti, amici, e andavano a stabilirsi in paesi esteri ovvero stranieri. Essi confessavano la fede piuttosto coi fatti che colle parole, secondo il consiglio del Salvatore che disse: «Quando siete perseguitati in una città, fuggite in un’altra.» Così fece s. Paolo primo eremita, s. Atanasio vescovo di Alessandria ed altri.

            Professori poi erano quelli, che trasportati dall’amore di Dio e spinti dal desiderio di morire per la fede, si offrivano spontanei ai carnefici, pronti a patire qualunque atroce tormento. Di questi meritarono lode ed ammirazione solo quelli, che vennero a questo eccesso di eroismo spinti da una grazia particolare dello Spirito Santo. Ma quelli che vi si mossero solo per un cotale entusiasmo o per un certo impeto di natura, si fecero colpevoli; e la Chiesa li ha piuttosto riprovati come audaci, che lodati come zelanti.

 

Sarebbe curioso provare a utilizzare queste categorie per interpretare le reazioni dei fedeli di fronte alle piccole grandi crisi dei secoli a venire, fino al nostro tempo.  In ogni caso l’ampio ventaglio di possibili ruoli dice della delicatezza della situazione. Un momento altamente complesso durante il quale sono state elaborate strategie di difesa molto differenti. Dice anche di una nuova fase della Chiesa, in cui l’estensione del numero di fedeli inevitabilmente si accompagna a un’inflessione nella forza di resistenza alle persecuzioni. Non muta invece la durezza di tali persecuzioni e il loro carattere anticristiano. Tutti elementi che avrebbero molto da dire di noi oggi e della frastagliata reazione dei credenti davanti alle diverse persecuzioni del Mondo. Chissà, peraltro il fatto stesso di conoscere e studiare queste possibili categorie di risposta alla persecuzione potrebbe aiutare ciascuno a predisporsi per cercare di rientrare, a suo tempo, in quelle nobili e non nelle restanti.

 

Capo XVII. Scisma di Nooaziano. – Primo antipapa. – Interrogatorio. – Carcere. – Martirio di s. Cornelio e de’suoi compagni.

 

Anche Papa Cornelio sarà accusato dagli Imperatori, nel suo caso l’accusa è quella di attività politica, quando invece il suo ministero era tutto un inno alla fede. Ricordo solo che le stesse accuse continueranno a venire attraverso i secoli, le ritroveremo nella Lettera sulla Tolleranza di John Locke e nelle strategie di governo anticlericale che accompagnarono il processo di unificazione dell’Italia ai tempi di don Bosco.

 

Sia per la persecuzione che tuttora infieriva, sia per le turbolenze suscitate da Novaziano, il pontefice Cornelio dovette allontanarsi da Roma e recarsi a Civitavecchia ove le molte lettere che egli scriveva ogni dì, ed il concorso che da tutte le parti a lui si faceva, dimostrava che Roma per quello che riguardava i cristiani erasi come là traslocata. Per questo l’imperatore richiamò Cornelio nella capitale a farsi rendere conto dei disordini, come egli diceva, che per cagion sua ogni giorno avvenivano. Fattolo condurre alla sua presenza di notte tempo cominciò ad interrogarlo così: «Ti pare, o Cornelio, di fare quanto dovresti? Perchè non porti rispetto ai nostri Dei, non ubbidisci ai precetti imperiali, e non temi le mie minacce? anzi vai scrivendo lettere ai nemici della repubblica a danno della medesima?»

Cornelio prese con calma a rispondere così: «Le lettere che ho scritto e le risposte che ho ricevuto non riguardano per nulla gli affari della repubblica. Questi scritti trattano soltanto della lode e della gloria di G. Cristo mio Dio. Posso assicurarti che quanto feci e dissi non ha altro scopo che di procurare la salute delle anime.» L’imperatore comandò che il papa fosse allontanato dalla sua presenza e battuto nella faccia con un mazzo di funicelle, alla cui estremità erano legate altrettante palline di piombo. (Acta mart. s. Corn.

 

Capo XVIII. S. Sisto II e i Sabelliani. – Ottava persecuzione. – S. Lorenzo. – Martirio di san Cipriano. – Il giovanetto Cirillo. – Morte di Valeriano. – Aureliano e la nona persecuzione. – Eresia di Manete.

 

Al papa s. Cornelio succedette san Lucio, che tenne la Sede solo sedici mesi, e poi, caduto sotto la spada della persecuzione, venne eletto santo Stefano. {111 [111]} Martirizzato anch’esso dopo tre anni e tre mesi di pontificato, montò sul trono di san Pietro Sisto II. Era esso ateniese, e tenne il pontificato appena un anno. La cosa che occupò assai il suo zelo fu l’eresia de’Sabelliani

 

Ormai è attestato l’uso di scrivere al Pontefice per chiedere di sciogliere questioni spinose. Col che si ritiene evidente che il primato petrino non sia un’invenzione moderna.

 

Fu a me deferito, dice s. Dionigi, un caso intorno a cui non oso pronunziare definitivo giudizio, perchè temo di sbagliarmi. Chiedo il tuo consiglio, e con viva istanza dimando che su questa materia tu proferisca la tua sentenza.

 

Ottava persecuzione. – S. Sisto e s. Lorenzo. – L’ottava persecuzione ebbe origine dalla stolta promessa de’sacerdoti idolatri, i quali facevano sperare grande vittoria all’imperatore Valeriano se avesse annientato il cristianesimo.

Fra i più illustri martiri di questa persecuzione si annoverano il papa s. Sisto II e s. Lorenzo. Quel coraggioso pontefice dopo aver sostenuto carcere, insulti, fame e sete, dopo aver mostrata eroica fermezza davanti ai giudici ed allo stesso imperatore, finalmente fu condannato alla morte.

 

Saltiamo i paragrafi che intercorrono, tutti dedicati a commemorare martiri di ogni professione ed età. Non si hanno più dubbi circa il modello di vita cristiana che don Bosco ritiene di inculcare nei giovani e nei ceti popolari (cui erano diretti i suoi scritti). E questa nota sia di qualche utilità agli educatori che stanno leggendo queste pagine.

 

Capo XIX. S. Cajo, e la decima persecuzione. – S. Marcellino e la Legion tebea. – Martirio della medesima. Era dei Martiri. – Decreto di Diocleziano. – Sua fine infelice.

 

A san Sisto II successe s. Dionisio che governò la Chiesa per undici anni e tre mesi. Ad esso succedette s. Felice, che sedette sulla cattedra di s. Pietro due anni e cinque mesi; dopo s. Felice fu promosso al pontificato s. Eutichiano, che tenne per anni otto e mesi dieci, e si l’uno che l’altro furono martiri. Dopo il martirio di s. Eutichiano fu eletto a succedergli s. Cajo nipote dell’imperatore Diocleziano, di Salona, città sulla costa dell’Adriatico. S. Cajo subì il martirio l’anno 206, dopo dodici anni e più di pontificato.

 

Dopo di lui, durante l’ultima grande persecuzione, perì anche papa Marcellino nel 304. E con ciò si va progressivamente a chiudere il periodo delle persecuzioni romane.

 

Capo XX. S. Marcello. – Morte di Galerio. – Primizie di pace in Oriente.

 

Papa Marcello, eletto nel 304, non morì martire, ma dovette subire la profanazione dei luoghi santi a causa di Massenzio.

 

Dopo nove mesi di prigione vennero di notte i suoi cherici, lo trassero da quel luogo e lo condussero ad una casa appartenente ai cristiani, ove era un oratorio segreto. Questo oratorio era nel luogo ove ora sorge la bella chiesa di s. Marcello in Roma in via del Corso. Ciò risaputo, Massenzio ridusse la chiesa in istalla, e fattevi condurre varie bestie, condannò il pontefice a servirle in essa.

 

Di lì a breve salirà al potere Costantino il Grande.

 

Esso è il primo degli imperatori romani che siasi dichiarato pubblicamente cristiano, ed abbia con leggi civili promosso lo stabilimento e l’autorità della nostra santa religione.

Questo glorioso avvenimento apre la seconda epoca della storia ecclesiastica.

 

A conclusione di questa prima lunga narrazione, don Bosco riporta l’elenco schematico delle principali indicazioni disciplinari e norme universali introdotte nei primi tre secoli di storia della Chiesa. Lo stesso schema si ripete a conclusione di ogni Epoca della sua Storia. I lettori interessati possono risalire al testo, sempre tramite il link offerto nei primi paragrafi di questo nostro scritto.

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1 commento

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    Si vis pacem para culum.
    Pensieri dallo sgabuzzino delle scope: “Sarebbe curioso provare a utilizzare queste categorie per interpretare le reazioni dei fedeli di fronte alle piccole grandi crisi dei secoli a venire”.

    Turificati, libellatici, martiri… paraculi.
    La sottoscritta con coloro, che come me, hanno fatto scelte di vita radicali ripudiando un papa che NON E’ PAPA, risponderemo davanti a Dio della nostra coerenza cristiana, e forse anche prima personalmente davanti agli uomini. Ma lasciamo che sia don Begato ad inserirci fra le categorie dei “lapsi o caduti”, ce lo dirà alla prossima puntata… nel frattempo ci spieghi in quale di queste si posizioni egli stesso, giusto per sapere la sua categoria, che però non sembra di rinvenirsi nell’elenco: quella del gergo militare degli “Imboscati”, o comunque quella dei “Paraculi”. È verosimile questa mia estensione delle classi dei fedeli?
    Da un posto nascosto, defilato, fornitogli dal sistema scolastico, forse nello sgabuzzino della Scuola vicino ai bagni dei ragazzi, a me sembra che don Begato scriva scopiazzando da un santo, don Bosco: a voi vi sembra che gli somigli per dottrina e per coraggio? Proprio lui vuole forse insegnarci come d. Bosco, difese le verità di fede dalle eresie?
    Mentre il papato di un falso Papa impazza facendo scempio di anime, il nostro combattente, se fosse militare, non sarebbe un perpetuo “chiedente visita medica”? E da dirigente scolastico oggi che fa dietro al mocio della bidella?