Il caso Viganò, e il Cripto-Cristianesimo. Una Riflessione dell’avvocato Teodor Nasi.
24 Giugno 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’articolo pubblicato qualche giorno fa dal maestro Aurelio Porfiri, che commentava la vicenda dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha suscitato questo commento dell’avvocato Teodor Nasi, che, ringraziandolo, offriamo alla vostra attenzione. Tocca il tema del criptocristianesimo, fenomeno ben presente nella storia della fede. Buona lettura e diffusione.
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Caro Tosatti,
non ho titoli per esprimere un parere giuridicamente qualificato sulla vicenda di S.E., sono solo un penalista di provincia.
Tuttavia credo di essere probabilmente l’unico ad aver trattato in un ambito accademico italiano, per la tesi di laurea in diritto canonico, la questione del c.d. “criptocristianesimo”, come fenomeno che imperversava nei Balcani nel XVII sec., soprattutto tra gli albanesi (dove peraltro si ripresenta durante il comunismo).
Ecco perché mi ha colpito la chiusura dell’articolo di Aurelio Porfiri sull’articolo pubblicato sul Suo sito sui molti mons. Viganò che si nascondono.
Il fenomeno di cui parlo si presentò nelle terre sotto il dominio ottomano (che mai mi consta essere stato un impero “tollerante” secondo la storiografia dominante).
I cattolici dovevano pagare l’haraç, la tassa, del sangue: vale a dire dare un figlio maschio affinché crescesse nelle caserme della Sublime Porta per diventare giannizzero.
Per secoli i più colpiti furono gli albanesi.
Venivano esentati se si convertivano all’islam.
Ora, molte famiglie decisero di far convertire il capofamiglia che “parlava” ufficialmente per gli altri membri, lasciando di nascosto alle donne – ma non solo – la possibilità di praticare la fede cattolica.
I vescovi erano divisi su come affrontare questo fenomeno.
I più liberi, come l’Arcivescovo di Durazzo, si scagliarono contro questa pratica.
Clemente XI, di origini albanesi, si fece sentire duramente, ma mai formalmente.
Fu Benedetto XIV con la enciclica INTER OMNIGENAS a pronunciarsi definitivamente sul punto, richiamando anche al martirio se necessario.
L’effetto fu che molti cattolici divennero scismatici aderendo alle chiese ortodosse (i cui fedeli non erano esentati dalle tasse per i non musulmani, ma per quella “del sangue” sì) e altri all’islam.
Fu allora che i musulmani superarono per numero i cristiani tra gli albanesi.
Quali furono le conseguenze? Tra gli albanesi i cattolici rimasero una minoranza sovente davvero esigua, ma fu una minoranza che ebbe sempre un primato morale indiscusso. Con l’esplosione dei nazionalismi nel XIX secolo, nessuno mise in dubbio la supremazia, non solo morale, ma anche culturale e patriottica dei cattolici.
Tanto che, ed è un unicum, pur tra i popoli più fedeli all’impero, non esitarono a scegliere nel congresso di Manastir nel 1909 i caratteri latini per scrivere l’albanese.
E oggi, ma le fonti non sono concordi, pare che i cristiani, ortodossi e cattolici insieme, abbiano superato di nuovo la metà della popolazione residente. A tacere della diaspora nei paesi occidentali, che si è largamente convertita, ma su cui manca ogni dato certo.
Io ho probabilmente divagato. Ma credo il nesso con quanto sta avvenendo sia evidente.
Il quarto tentatore di Tommaso Becket, nell’opera di Eliot, gli dice che i troni cadono, ma la santità rimane in eterno.
I papi cambiano, ma la santità rimane, nel nostro caso.
Becket tuttavia rifiutò questa tentazione e fu lo stesso proclamato santo con Enrico II ancora in vita e, più tardi, Tommaso Moro morì pregando per il suo re.
Morto un papa se ne fa un altro e, come tanti hanno detto, alcuni Dio li infligge al Suo popolo.
In questo caso, San Tommaso afferma che “il cattivo prelato può essere corretto dall’inferiore che ricorre al superiore denunciandolo, e se non ha un superiore ricorra a Dio affinché lo corregga o lo tolga dalla faccia della terra…”.
Credo Ella sia più bravo di me nel trovare la fonte cognitiva.
Per salvare i propri figli dai turchi, molti rinnegarono Cristo.
Mi chiedo se maledissero il papa che li aveva di fatto spinti a quella scelta.
Il punto rimane: è moralmente lecito condannare pubblicamente il papa? In che prova è Sua Eccellenza!
Cordialità,
Teodor Nasi
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Tag: criptocristianesimo, nasi, vigano
Categoria: Generale
Argomento che mette a nudo la nostra pochezza di fronte a un tempo dalle sfide gigantesche.
La religione di per sé è un insieme di credenze e di riti che legano degli esseri umani (alcuni dei quali con incarichi speciali e riconosciuti) a ciò che è ritenuto sacro (separato): ruoli, ambienti, precetti e dogmi.
Per il cristianesimo l’essere detto una religione non è una brutta parola o una bestemmia, ma non deve far dimenticare che questo aspetto è solo quello storico, sedimentatosi in una ricchissima e dottissima cultura conseguente alla vicenda storica di Cristo.
Tuttavia il cristianesimo-religione si protende in un oltrepassamento che deve rendere umili tanto l’esercizio delle cariche quanto il vissuto storico di questa esperienza, che altrimenti può scivolare in aspetti deprecabili.
L’essere servi inutili, tralci della vite, il sapere che “senza di me non potete far nulla” (detto da Gesù) e anche il “vade retro” che riguarda le propensioni troppo terrene di Pietro, già designato capo della Chiesa, fa comprendere perchè il cristianesimo non è una religione.
La Chiesa amministra sacramenti, che sono segni efficaci della Grazia, presenza divina REALE e non simbolica.
Limitando il ruolo ad esempio del papato al suo potere terreno non si fa che smarrire l’essenza costitutiva del suo essere Pontefice, Papa (il munus, di cui il ministerium dovrebbe essere coerente conseguenza).
La pietas, la confidenza, fa sì che con Dio si sia non dei servi, ma degli amici; addirittura figli adottivi. La creazione tutta ne attende la manifestazione, a guisa di figli e non di mestieranti del sacro. La comunione dei santi con le anime dei defunti, la devozione ai santi e agli angeli, l’assistenza di Maria Santissima etc etc sono le tante occasioni di Grazia per rendersi recipienti di Grazia.
Allora la religione, il sacro, non sono solo un rapporto di Dio con l’uomo, ma soprattutto la Provvidenza con la quale Dio agisce nella storia dell’uomo, destinata ad un incontro che illuminerà ogni ombra, un fuoco che purificherà da ogni macchia, una pienezza di Grazia già nota all’Immacolata, assunta in Cielo e ivi Regina.
Il cristianesimo allora è ANCHE UN FENOMENO RELIGIOSO, storicamente inteso, ma si protende nell’eternità da cui deriva. Il cristianesimo vive anche la potenza attiva con la quale i cristiani si adoperano quotidianamente, ma regge la prova (necessaria) e porta la croce (immancabile) per la potenza passiva che rende gli umili e chi prega un recipiente della Grazia.
Perciò certi papi possono essere religiosamente autorizzati a interpretare una politica, possono determinare svolte storiche riguardanti milioni di persone, possono anche confondersi sui dogmi, ma non possono ostacolare la Grazia, né accreditarsi con Essa nel momento stesso in cui se ne fanno i negatori.
“È moralmente lecito condannare pubblicamente il papa?:”
…la domanda fatta (da un penalista non cattolico) in materia di morale è destituita di significato.
Volendo rispondere, – solo se di tratta di un Papa Vero- :
– in materia di fede, il fedele (a chi e a che?) non può permettersi di dire nulla pena la scomunica.
in materia di morale, il fedele non può permettersi di dire nulla, pena non la scomunica ma di gravi sanzioni.
Quanto a perdere un figlio o perdere l’anima, che sicuramente sembra non aver alcun valore immediato, rispondano le coscienze. Dagli ultimi studi si sa che in Paradiso i posti liberi siano rimasti pochini.
Se fossi stata la sua relatrice le avrei consigliato di cambiare argomento per la tesi: non me ne vanterei al posto suo.
Il parallelo è molto interessante e calza quasi a pennello. Quasi.
Nel III-IV secolo c’erano state dispute asprissime fino allo scisma fra i puritani del pochi-ma-buoni, senza remissione di colpa nemmeno in punto di morte per chi magari teneva famiglia, e gli accoglienti che volevano misericordia a prescindere magari compiacendosi della propria generosità e altezza spirituale. Come sappiamo, la vinse la posizione romana e papale: perdono per lapsi e libellatici dopo adeguata e pubblica penitenza. Non a caso da 2000 anni la Chiesa pone i martiri sopra e sotto gli altari, ma si guarda bene dal proporre il martirio come qualcosa di diverso dalla extrema-extrema ratio.
L’ultima domanda («è moralmente lecito condannare pubblicamente il papa?») in ecclesialese pratico 2024 si può tradurre: è veramente opportuno imporre una scelta così netta, indurre i chierici ancora cattolici, per salvare la comunque necessaria pagnotta quotidiana, in tentazione di farsi assimilare dalla religione dei Tucho e rinnegare quella dei padri?
Tutto soppesato e considerato, non sarebbe più intelligente, e coerente con la bimillenaria prudenza di Santa Madre Chiesa, restare sulla linea del crepuscolo aspettando che natura e Provvidenza facciano il loro corso?
La risposta che sorgerebbe ovviamente spontanea è “sì”. Se -commentator non porta pena- non ci fosse quella differenza.
Al tempo di Decio e Diocleziano in gioco c’erano la vita dei fedeli e la sopravvivenza fisica della Chiesa.
Nell’Albania della tassa del sangue l’alternativa era tra la pelle dei figli e il principio predicato stando sulla Sedia gestatoria (dedicato a quelli che “ma Pio XII avrebbe dovuto lanciare anatemi e fulmini fregandosene delle conseguenze”).
“Chi” è il Gran Turco oggi? “Dove” è? E, soprattutto, “Cosa” è in gioco per questa e per tutte le generazioni?
Fuori da questo articolo. C’è un tempo per ogni cosa. Per litigare col vicino di casa e per difendere le porte della città.
Per affrontarci sul campo dell’onore e per tenere lontana mille miglia l’ombra di Maramaldo. Monsignor Viganò è il solo prelato italiano che nella prova ha avuto il fegato di schierarsi con i ribelli. Il solo che ci ha messo e continua a metterci l’anima e la faccia.
Nell’896 papa Stefano VI condannò Papa Formoso nel “Sinodo del cadavere”. Pare che anche lui abbia avuto le sue ragioni…