L’ex-Ilva di Taranto, L’Ucraina e il Futuro. Vincenzo Fedele.

17 Maggio 2024 Pubblicato da 1 Commento

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore offre alla vostra attenzione queste documentate riflessioni su un grosso nodo della politica industriale italiana, e i suoi possibili sbocchi. Buona lettura e condivisione.

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UCRAINA E EX-ILVA DI TARANTO

 

Ogni tanto è bene fare qualche aggiornamento sulla situazione in Ucraina, e mi sembra sia più di un giorno che io non lo faccio, quindi è bene parlare dell’ex ILVA di Taranto. Che io sia un pò folle è ormai risaputo, ma prima di eliminare anche il “po’” e chiamare la neuro lasciatemi qualche minuto.
La scorsa settimana c’è stato un incontro tra Governo e sindacati per fare il punto sulla situazione del rilancio dello stabilimento siderurgico di Taranto impantanato negli errori tecnico-gestionali, che datano da decenni, aggravati dalle scelte politiche fatte dai due governi Conte ed aggravate da quello Draghi.
Da una trentina d’anni frequentavo lo stabilimento tarantino e vedevo i problemi già allora, ma all’epoca l’Italsider era statale, quindi la polvere veniva coperta dal tappeto e nessuno si meravigliava. Tutti speravano che nessuno sollevasse la spessa coltre di copertura. L’inquinamento era palese, ma nessuno ne parlava, tanto meno i sindacati, che pure regnavano all’interno dello stabilimento, né gli ecologisti. Le discussioni laceranti erano trasversali, ma solo a casa propria, a livello famigliare, per la tragica scelta tra avere un posto di lavoro per mettere qualcosa a tavola o privilegiare la salute dei figli. Quando i giudici, colpevolmente in ritardo, iniziarono a fare il loro mestiere istruendo procedimenti penali, i problemi vennero a galla. Corriamo veloci per ricordare che i Riva, rilevato lo stabilimento, avevano iniziato il risanamento per ridurre le emissioni nocive. Si parlava già in Euro, e non più in Lire, ma si trattava comunque di miliardi da spalmare in più anni per non distruggere il conto economico e garantire la continuità del funzionamento dell’impianto. Lo scudo penale, richiesto a gran voce, arrivò in ritardo e i Riva, sotto la ghigliottina dei giudici, furono costretti a mollare.
Arriviamo ai giorni nostri con la folle decisione di cedere il comando al colosso mondiale Arcelor-Mittal.
La miopia di pensare che un leader globale, con stabilimenti in tutto il mondo, possa essere interessato a sviluppare uno stabilimento italiano, con il costo del lavoro da paragonare a quello indiano o cinese, era, appunto, pura follia. Arcelor-Mittal non era interessata alla produzione ma a togliere dal mercato un pericoloso concorrente. Valorizzare e migliorare con loro gli asset e la tecnologia di Taranto era utopia.
Gli inizi, però, sembrarono promettenti. Gli accordi prevedevano investimenti iniziali di 5 miliardi per il rilancio produttivo e per il risanamento ambientale. Per un anno le cose andarono abbastanza bene. Già al secondo anno i franco-indiani si resero conto che l’opera era più complicata di quanto ipotizzato e dal 2018 iniziarono un contenzioso con il Governo, a guida Conte. Invece di chiedere il rispetto degli impegni sottoscritti, (gli accordi sono quelli, sono chiari e sono da rispettare), Conte accetta la trattativa mentre, nel contempo, revoca l’indispensabile scudo penale dando il destro al management per chiedere la revisione del tutto. Neanche il Governo Draghi riesce a trovare una soluzione al contenzioso e l’abbandono dei franco-indiani è sul tavolo. All’inizio di quest’anno la situazione è alla frutta ed è ineluttabile la decisione del Governo Meloni di commissariare la struttura per guardare oltre. La situazione finanziaria è disastrosa (oltre 2 miliardi di debiti di cui 500 milioni già scaduti) e occorre trovare uno sbocco per i 5.000 lavoratori in cassa integrazione. Tutto il sito sta cadendo a pezzi. Lo scorso anno sono stati prodotti 3 milioni di tonnellate d’acciaio, quasi il minimo per non fermare gli impianti a ciclo continuo, a fronte del doppio previsto e del quadruplo e oltre che l’impianto potrebbe produrre.

Che Arcelor Mittal abbia fatto, e continui a fare, i propri interessi è ovvio. L’anomalia è che né i due governi Conte né quello a guida Draghi abbiano fatto gli interessi italiani. Analoghi accordi di Arcelor-Mittal per impianti in Francia sono rispettati in pieno, come produzione e come riduzione di inquinamento. Ma Arcelor-Mittal è, appunto, un gruppo franco-indiano. Gli accordi tra i governi italiani e Arcelor-Mittal, che hanno portato alla nascita di Acciaierie d’Italia, oltre che inapplicati e oggetto di contenzioso, sono tuttora secretati e misteriosi.

Il commissariamento è solo il primo passo per indire una gara per individuare un nuovo investitore che prenda in mano le redini, attui il risanamento tecnico, finanziario e ambientale e rilanci la produzione e l’occupazione.

L’identikit ideale per tutte e tre gli aspetti c’è già. Aveva presentato offerta a suo tempo, accantonata a favore di  Arcelor-Mittel, e risponde al Gruppo Arvedi di Cremona che è un gruppo sano, dinamico e innovativo.

Per ammodernare gli altiforni e contrastare l’inquinamento ambientale occorre abbandonare il carbone. Il piano di rilancio industriale prevede che già dal 2025 si realizzino due nuovi forni elettrici, ma questa è solo la base di partenza per nuovi programmi di sviluppo, abbandonando quelli di pura sopravvivenza. Il Gruppo Arvedi è all’avanguardia nel settore dei forni elettrici e, oltre ad essere totalmente italiano,  ha già dato buona prova di sé in tutte le situazioni e i mercati in cui è presente.

Anche il Gruppo Arvedi lo conosco da oltre trent’anni e potrei raccontare gustosi aneddoti sul management, serio e competente, compreso, per strappare un sorriso, quando è stato ordinato di disinstallare i condizionatori dagli uffici del settore siderurgico per trasferirli in un caseificio, collegato con il Gruppo, che correva il rischio di perdere annate di formaggi in stagionatura a causa del caldo eccessivo. All’epoca non era di moda parlare di riscaldamento climatico e la notizia non finì sulle prime pagine e neanche sulla cronaca locale, ma se si chiede alle maestranze cremonesi sono certo che molti la ricordano ancora.

Ritengo, però, che per risollevare le sorti dell’agonizzante impianto tarantino sarà coinvolta una ben nota azienda ucraina: la Metinvest il cui proprietario è un certo Rinat Akhmetov. La Società Metinvest è proprietaria, fra le altre, dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, distrutta dai russi, e già opera in Italia e  collabora con il Gruppo italiano Danieli, insieme a cui hanno in gestione lo stabilimento di Piombino, di fronte all’isola d’Elba.

Akhmetov è quasi sconosciuto dalle nostre parti. Vediamo di conoscerlo anche noi, almeno per sommi capi.

Per tutta questa parte di rimembranze mi travesto da copista, trascrivendo, per sommi capi, l’ampia biografia presente su Wikipedia visitabile pubblicamente. Una biografia molto più ampia si potrebbe scrivere, ma un istinto di conservazione mi consiglia di limitarmi a riportare notizie già pubblicate e NON ANCORA RITRATTATE.

Akhmetov è un magnate ucraino. Presidente della System Capital Management, una delle più importanti finanziarie ucraine è anche dirigente sportivo e proprietario della società di calcio Shakhtar Donetsk che gioca anche in Champions League. In lingua ucraina “Shakhtar” significa “minatore”, mentre Donetsk è una città capoluogo del Donbass, cioè il distretto carbonifero martirizzato da Kiev dal 2014 e per cui è stata avviata dal 2022 l’operazione speciale putiniana in Ucraina.

E’ fra le persone più ricche in Ucraina, con un patrimonio personale che, nel 2023, sfiorava i 6 miliardi di dollari. Viene dalla classe operaia. Suo padre era un minatore e la madre una semplice commessa. Nato nel 1966 inizia anche lui a lavorare come minatore, ma nel 2001 si laurea in economia presso l’Università statale di Donetsk.

Non è molto chiaro da dove arrivi la sua ricchezza e sono poco chiare anche le sue attività a cavallo della caduta del muro di Berlino, diciamo fra il 1985 e il 1995 mentre il comunismo crolla anche in Ucraina. Lui dichiara che ha fatto investimenti rischiosi negli anni del crollo dell’Unione Sovietica. Poi, con i proventi di altre attività commerciali, fra cui carbone e coke metallurgico, fonda una banca, la Dorgorbank, che utilizza come trampolino per acquisire attività commerciali svendute a prezzi stracciati e che nessuno voleva. La Società System Capital Management (SCM) la fonda nell’anno 2000, a 34 anni , prima della laurea in economia.

Diverse pubblicazioni, sia in Ucraina che in altri paesi europei, hanno prospettato un presunto “passato criminale” di Akhmetov, ma molte, in seguito, hanno ritrattato queste affermazioni.  Il quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung ad esempio, nel 2007, pubblicò un ampio resoconto sui primi anni della carriera di Akhmetov ma in seguito ha smentito totalmente quanto pubblicato dichiarando: “non esiste alcun legame tra Akhmetov e la criminalità organizzata in Ucraina”, e “il successo economico di Akhmetov non deriva in nessun modo da un capitale iniziale ottenuto da attività illecite”.

Analoga inversione di marcia ha fatto il quotidiano ucraino in lingua inglese, Kyiv Post, che nel 2007 ha pubblicato un articolo su opache operazioni commerciali di Akhmetov e nel  2008 ha reso pubbliche scuse: “dopo aver attentamente esaminato le informazioni, siamo giunti alla conclusione che le accuse contro Akhmetov si sono rivelate false e infondate”. La nota del portavoce di Akhmetov indirizzata al Kyiv Post precisava che: “qualsiasi accusa del coinvolgimento di Akhmetov in strutture criminali è calunnia”.

Stesso percorso ha seguito anche il prestigioso  “Le Figaro” che il 18 gennaio 2010 pubblica un articolo dal titolo «Donetsk, bastion russe en Ukraine» (Donetsk, la roccaforte russa in Ucraina) attaccando Akhmetov e solo dieci giorni dopo pubblica la smentita ammettendo che non ci sono prove di queste accuse, si rammarica che le accuse siano state fatte e si scusa con il signor Akhmetov per qualsiasi danno a lui arrecato.

In un libro intitolato “Donetsk Mafia: Antology”, l’autore ucraino Kuzin qualifica Akhmetov come “teppista mafioso”. Kuzin individua anche Volodymyr Malishev, all’epoca tenente generale del ministero degli interni dell’oblast di Donetsk,  come fiancheggiatore di Akhmetov quando questi nel 1990, dopo la caduta del muro, iniziò ad acquisire proprietà a Donetsk, probabilmente a mezzo di estorsioni. Adesso Malyshev è membro del Parlamento ucraino nel comitato di controllo delle forze dell’ordine e capo della sicurezza per le società di Akhmetov. Fra le accuse che Kuzin muoveva a Malishev c’è anche quella di aver usato la sua posizione per eliminare i precedenti documenti di polizia riguardanti Akhmetov poco prima di diventare capo della sicurezza per la società di Akhmetov. “Nel [1990], Akhmetov era molto diverso: era un soggetto privato senza personalità pubblica e stava cercando di trovare modi per affrontare il suo ‘difficile passato'”, ha osservato l’ambasciatore degli Stati Uniti William Taylor.

Un professore di studi sull’Europa centrale e orientale presso l’Università di Sunderland, Hans von Zon, afferma che sia Rinat Akhmetov che suo fratello Igor erano coinvolti in attività criminali già nel 1986.

Anche Andrew Wilson, altro studioso specializzato in politica ucraina, ha classificato Akhmetov come un presunto ex ‘esecutore’ e ‘leader’ del “clan tataro’ di Akhat Bragin”, responsabile dell’uso di “metodi mafiosi per mettere da parte i ‘direttori rossi’ dell’Unione industriale del Donbass “.

Anche Bragin è un personaggio interessante. Akhat Bragin era il Presidente dello Shakhtar Donetsk prima di Akhmatov, ma viene ucciso nell’ottobre del 1995. Muore in un misterioso attentato nella tribuna dello stadio durante una partita. Alcune fonti dicono che Akhametov abbia “ereditato un vasto impero finanziario da Bragin” e lo associano alla sua morte. Akhmetov invece lo piange da caro amico «la sua morte per me è stata una grande tragedia a livello personale». Racconta che erano arrivati quasi in contemporanea  allo stadio e la bomba è esplosa nel tunnel d’ingresso e non in tribuna. La sua auto era dietro a quella di Bragin. Erano in ritardo, quindi Bragin scende veloce e corre verso il tunnel delle tribune dove avviene lo scoppio. Akhmetov stava appena aprendo la portiera dell’auto. Secondo la narrazione di Akhmetov questi cinque secondi gli salvano la vita altrimenti sarebbe morto anche lui.

Un rapporto ufficiale del Ministero degli interni ucraino del 1999 intitolato “Panoramica delle strutture del crimine organizzato più pericolose in Ucraina” identifica Akhmetov come leader di un sindacato del crimine organizzato collegandolo a frodi finanziarie e riciclaggio di denaro tramite un controllo a  cascata su numerose società grandi e fittizie imputabili di tali frodi. Il rapporto afferma che le attività del gruppo “sono state fermate” ma che la loro natura criminale “non è stata confermata”. Akhmetov, di contro, dichiara che il rapporto del Ministero degli Interni è «un imbroglio e una falsità», e che né Akhmetov né la sua società sono mai stati accusati di attività criminali o condannati per le stesse.”.

Fra i documenti riservati pubblicati da WikiLeaks c’è  un cablogramma diplomatico in cui Volodymyr Horbulin, all’epoca uno degli strateghi politici più rispettati dell’Ucraina ed ex consigliere presidenziale, dice all’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina nel 2006 che il Partito delle Regioni  (partito di Akhmetov),”godeva di tasche profonde, essendo in gran parte finanziato dal capo miliardario di Donetsk Rinat Akhmetov”. In un altro cablogramma diplomatico USA del  3 febbraio 2006, l’allora ambasciatore degli Stati Uniti John Herbst si riferiva al Partito delle Regioni di Akhmetov come “un rifugio per mafiosi e oligarchi di Donetsk” e definiva Akhmetov il “padrino” del clan Donetsk.

Qualche cambiamento potrebbe essere iniziato già in precedenza, visto che nel 2004, subito dopo la rivolta arancione in Ucraina, diversi uomini d’affari di spicco che erano anche membri del Partito delle Regioni erano finiti sotto indagine penale. Nel 2005 Akhmetov è sotto controllo per il suo presunto ruolo nel crimine organizzato. Vengono indagati tutti gli “incidenti” in cui risultano scomparse persone che avevano ancora proprietà per collegarli agli attuali proprietari. Non risultano collegamenti ufficiali con Akhametov. Nel 2011 il vice ministro degli affari interni ucraino, che all’epoca aveva indagato secondo gli ordini presidenziali ricevuti, afferma in una intervista che “non avevamo nulla su Akhmetov nel 2005”.

Nel giugno 2005, Serhiy Kornich, allora capo del dipartimento per i crimini economici del Ministero dell’interno, dichiarò pubblicamente che Akhmetov era “il capo di [un] gruppo criminale organizzato”. Quell’anno, Borys Kolesnikov, un amico e socio legato ad Akhmetov dal 1980, fu arrestato per  estorsione e cospirazione per assassinare un uomo d’affari rivale di Donetsk. Le accuse contro Akhmetov e Kolesnikov sono state ritirate nel 2006 a fronte di un forte aumento del potere politico da parte del primo, e la cooperazione al governo Juščenko, ponendo fine all’esilio di Akhmetov che, nel dubbio, si era reso irreperibile.

Anche in questo ambito vi è una strana inversione a 180 gradi e nel 2010 l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, che nel frattempo è divenuto William Taylor, dichiara che non stati riscontrati problemi con gli affari di Akhmetov.

Nel 2014 scoppiano le violenze nel Donbass. A Odessa sono arse vive almeno 38 persone asserragliate nella casa dei sindacati (il numero preciso non si saprà mai). Sono i giorni del “Si fotta l’Europa” di Victoria Nuland.

Rinat Akhmetov si dà molto da fare per favorire la “pacificazione” dando il proprio aiuto ai civili nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Per chi non lo ricordi inizia da qui la guerra civile ucraina, con l’esercito che attacca e bombarda la propria popolazione del Donbass, dopo aver destituito il Presidente democraticamente eletto e attuato il colpo di Stato con l’aiuto dei sorosiani e degli USA. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, Jeffrey R. Payett, dichiara di apprezzare molto gli sforzi di Rinat Akhmetov, che “probabilmente ha fatto più di chiunque altro in questo paese, per consegnare cibo e vestiti alle vittime della violenza nel Donbass”.

Possiamo dire che da qui hanno inizio le attività benefiche di Akhmetov che, nell’agosto di quell’anno, crea la fondazione «Sviluppo dell’Ucraina» (che dal 2018 si chiamerà – Fondazione Rinat Akhmetov) e il centro umanitario  «Aiuto», per assistenza umanitaria ai civili sotto forma di raccolte alimentari, di medicinali, evacuazioni e assistenza psicologica. Sembra che ogni mese più di 800.000 persone abbiano ricevuto consegne da 12 Kg. In tre anni risulta che lo staff umanitario abbia salvato nell’Ucraina orientale più di 1.139.000 persone da morte, carestia e malattie, ed abbia evacuato più di 39.000 persone dalla zona di guerra.

A partire dal 2014, i civili che si trovavano nella zona del conflitto hanno ricevuto attrezzature per la sopravvivenza e più di 134.000 tonnellate di generi alimentari. Attualmente la Fondazione Rinat Akhmetov è il più grande ente di beneficenza privato dell’Ucraina.

Nel 2019 gli ospedali ucraini hanno ricevuto 200 ambulanze su iniziativa di Akhmetov e dal marzo 2020, Rinat Akhmetov ha contribuito economicamente nella lotta contro il COVID-19 stanziando 500 milioni UAH per facilitare la lotta contro la pandemia.

Anche la squadra dello Shaktar Donetsk è utilizzata per reperire fondi nello sforzo bellico contro la Russia. A gennaio 2023 lo Shaktar ha venduto il grande talento, classe 2001, Mychajlo Mudryk al Chelsea per 100 milioni di euro di cui  24 milioni sono stati devoluti ai soldati ucraini impegnati nel Conflitto russo-ucraino. Tale invio è stato l’inizio del progetto umanitario “Serdce ‘Azovstali’” (Cuore dell’Azovstal’). La squadra dello Shaktar è anche coinvolta in partite amichevoli svolte in tutt’Europa per raccogliere fondi a favore dell’Ucraina.

I rapporti con l’attuale Presidente ucraino,  Volodymyr Zelenskyj sono controversi. Nonostante gli stretti rapporti in passato, nel novembre 2021 Zelenskyj ha accusato Akhmetov di essere coinvolto nel pianificare un colpo di Stato russo contro di lui. Akhmetov ha negato queste affermazioni definendo le accuse “una bugia assoluta”. La vicenda è stata il culmine di una lunga disputa tra Zelenskyj e Akhmetov.

Akhmeton è anche proprietario di una catena televisiva e editoriale che ha tenuto, in passato, una posizione fortemente critica contro Zelenskyj, ma in un’intervista alla nostra RAI 3, Akhmetov ha respinto qualsiasi conflitto col governo e il presidente: “Il presidente è il governo d’Ucraina, ogni ucraino e personalmente io… tutti noi siamo uniti da un solo scopo: difendere il paese, riprenderci i nostri territori e ricostituire l’Ucraina come uno stato forte, democratico ed europeo. Siamo tutti uniti come non mai. In questa unione è la condizione irrinunciabile della nostra vittoria”.

Il tempismo della riconversione è sempre eccezionale. Visto che in Ucraina, ma solo a causa della guerra in corso, sono sciolti i partiti politici d’opposizione e non sono consentiti giornali e notiziari che dissentano dal Governo, nel  luglio dello scorso anno Akhmetov ha annunciato che Media Group Ukraine (il suo gruppo di stampa e TV), “rinuncerà a tutte le licenze tv, satellitari e della carta stampata in Ucraina a favore dello stato. Spegneremo anche i media online dell’Università statale di Mosca”, lamentando una decisione “forzata”: ma “non ero, non sono e non sarò un oligarca”. Gli ha fatto eco il Ministro della Giustizia ucraino dichiarando che l’uomo d’affari Rinat Akhmetov non rientra più nei criteri previsti per la definizione di “oligarca”.

Dalla possibile accusa di “intelligenza col nemico” alla difesa sperticata del Governo il passo è breve e Il 22 febbraio 2022, due giorni prima dell’invasione russa,  Rinat Akhmetov ha annunciato che le società del gruppo SCM avrebbero pagato le tasse in anticipo per 1 miliardo di grivnie (34 milioni di dollari). Nella prima metà del 2022, SCM ha versato realmente nelle casse dello Stato ucraino circa 1,2 miliardi di grivnie in tasse, divenendo così il contribuente privato più importante del paese in tempo di guerra. Subito dopo l’inizio dell’aggressione militare russa, Akhmetov ha dichiarato la sua posizione: “La Russia è un paese aggressore e Putin è un criminale di guerra, poiché l’Ucraina è sempre stato un paese pacifico e non ha mai attaccato nessuno”.

Nel marzo 2022, in un commento sul The Wall Street Journal, Akhmetov, proprietario di due grandi aziende metallurgiche di Mariupol’, ha detto che entrambe le aziende erano sotto il controllo dell’Ucraina, ma sono state temporaneamente fermate. «Le truppe russe stanno riducendo Mariupol in rovina, uccidendo i cittadini di Mariupol e bombardando le fabbriche», ha detto. «In nessuna circostanza questi impianti funzioneranno sotto l’occupazione russa». Secondo Akhmetov, «il cessate il fuoco totale, il ritiro completo delle truppe russe dall’Ucraina e il ripristino totale dei confini riconosciuti a livello internazionale dell’Ucraina, tra cui la Crimea e il Donbass», sarà una «vittoria» per l’Ucraina. Le società SCM aiutano l’esercito e le forze di difesa territoriale a proteggere la nostra sovranità, la nostra libertà e indipendenza, e vincere la guerra. Lavoro con la mia società e la mia gente. Faccio quello che posso. Sono sicuro che anche altre persone fanno lo stesso.»

Dall’inizio della guerra Akhmetov ha perso due terzi della propria fortuna: si tratta di attivi metallurgici, energetici ed agrari persi per sempre. Sembra che le truppe Russe abbiano distrutto circa 70 aziende di Akhmetov. Azovstal e il Complesso Metallurgico “Ilich” nella città di Mariupol costituivano la base delle attività metallurgiche di Akhmetov. DTEK di Akhmetov, il suo settore energetico, ha perso il 70% di generazioni energetiche verdi e il 30% di quelle termoelettriche.

«Il Fronte d’Acciaio di Rinat Akhmetov» è un’iniziativa di Akhmetov volta al rafforzamento delle capacità difensive dell’Ucraina e all’assistenza materiale delle Forze Armate ucraine dall’invasione russa del 2022.

Le imprese SCM aiutano attivamente le forze armate ucraine, la difesa, la guardia nazionale, la polizia nazionale, la direzione principale dell’intelligence e altre forze dell’ordine. Metinvest si occupa anche della protezione dei dipendenti mobilitati per il servizio militare, dei dipendenti dei servizi comunali, dei soccorritori, dei medici militari, dei rappresentanti dei media nazionali che operano in zona di guerra, fornendo trasporti, droni, strutture di ingegneria protettiva, equipaggiamenti, dispositivi di protezione e assistenza medica.

A gennaio 2024, “Fronte d’Acciaio” dice di aver inviato oltre 5.000 droni, 1.200 auto e veicoli speciali, quasi 1,2 milione di litri di carburante per i bisogni delle Forze Armate di Ucraina.

DTEK è il ramo energetico delle società di Akhmetov e nei primi sei mesi di guerra  dice di aver restituito elettricità a 3,8 milioni di famiglie a Kiev e in 4 regioni Ucraine, anche nelle regioni in cui non ci sono reti DTEK.

Dall’inizio della guerra, il gruppo DTEK di Akhmetov ha fornito alle istituzioni militari e mediche nelle regioni di Kiev, Dnepropetrovsk e Donetsk elettricità gratuita per oltre 178 milioni di UAH (€ 4,5 milioni).

Metinvest ha sviluppato e produce un acciaio speciale utilizzato per piastre protettive per giubbotti antiproiettile. I militari, difesa territoriale, soccorritori e forze di sicurezza hanno già ricevuto 170.000 articoli.

L’ultima opera “d’autore” degli specialisti Metinvest, apprezzata anche da Bloomberg, consiste in rifugi modulari speciali per rafforzare le trincee. A tutti gli effetti alloggi da campo, la cui produzione costa 200.000 grivnie (€ 5.000). Come tutte le altre attrezzature, Metinvest dona gratuitamente ai militari tali rifugi modulari.

Lo Shakhtar calcio ha attrezzato lo stadio Lviv Arena per uno spazio per rifugiati: lo Shelter Centre presso l’Arena di Lviv è stato inaugurato il 9 aprile 2022 e ha ospitato più di 2.000 sfollati interni da diverse regioni dell’Ucraina.

Akhmetov ha sporto querela contro la Federazione Russa presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) nel giugno 2022 richiedendo il risarcimento dei danni ai suoi beni causati dall’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina. Ad aprile 2023, Akhmetov ha dichiarato che chiederà alla Russia anche un risarcimento per tutte le perdite subite a causa dell’interferenza nelle sue attività da parte delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk nel periodo 2014-2017. Il denaro ricevuto sarà destinato alla ricostruzione dell’Ucraina.

Questo è, per grosse linee, l’uomo con cui il nostro Governo prova a fidanzarsi per risolvere il problema della ex-ILVA di Taranto. Abbiamo riportato anche le notizie sulle ultime attività di Akhmetov, quelle benefiche, per quanto non verificabili, ma anche queste (vere o presunte che siano) fanno parte del personaggio.

Diceva un saggio che il vero potere risiede in coloro di cui non si può parlare male. Anche LE FIGARO si è dovuto scusare per illazioni pubblicate su un uomo illibato e mai condannato.

Il nostro Governo sta intervenendo presso l’Ue per un prestito ponte da 320 milioni per far sopravvivere l’ex-ILVA e  il lavoro dei commissari è indirizzato a creare le condizioni per una nuova joint venture pubblico-privato e scegliere quali aziende possono essere coinvolte nel rilancio dell’ex Ilva.

Da un punto di vista industriale la grande acciaieria di Taranto dovrà sicuramente abbandonare il carbone e, come detto, i due forni elettrici previsti sono un segnale chiaro. In questo contesto il Gruppo Arvedi, all’avanguardia nel mondo per la produzione di acciaio da forni elettrici, sarebbe il partner ideale, sponsorizzato anche dal Presidente di Federacciai, Antonio Gozzi.

Le ragioni per cui Metinvest, la società di Akhmetov sarà il soggetto probabilmente scelto, sono diverse e vanno molto oltre al fatto che Metinvest sia già presente in Italia e collabori con la Danieli a Piombino.

L’Ucraina sarà, nei prossimi 10 anni, il più grande cantiere al mondo: la Banca mondiale e la Banca europea per gli investimenti (Bei) hanno stimato il valore della ricostruzione in almeno 500 miliardi di dollari. Le opportunità per le imprese italiane saranno importanti e la domanda di acciaio sarà potente.

Segnaliamo infine che  la moglie del ministro Adolfo Urso, Olga Sokhnenko, è ucraina di Kiev. Forse anche questo può aiutare l’azione che il ministro del made in Italy sta conducendo a vantaggio delle imprese italiane.

Una volta, quando in qualche famiglia c’era ancora un patriarca, si cercava di capire chi fosse il giovin signore che chiedeva in sposa la figlia e si indagava anche sulla famiglia di provenienza, oltre che sulla reputazione del diretto interessato, sul lavoro che faceva, sulle sue frequentazioni, la sua “nomea”.

Adesso mi dicono che i tempi sono cambiati ed è già tanto se i genitori vengono informati delle prossime nozze prima che le carte vengano firmate, probabilmente in Municipio, visto che in Chiesa ci siva quasi più. In genere le nozze non sono neanche celebrate e ci si limita alla convivenza, finché dura.

Mutatis mutandis, prima che l’ex-ILVA scelga il fidanzato, sperando in un matrimonio serio e duraturo, sarebbe bene approfondire un tantino sia il potenziale sposo che lo scenario dove si svolgerà il matrimonio e la casa che dovrà essere costruita per sfamare i figli, cioè lo scenario futuro.

Certo che in un mondo di lupi famelici avere qualcuno che abbia dimostrato di sapersi muovere in quel mondo può essere importante. Bisognerebbe capire la differenza che passa tra un fra Cristoforo che, anche disarmato, sa opporsi agli scagnozzi di don Rodrigo, e lo stesso don Rodrigo che vuole solo arrivare ai propri obiettivi e soddisfare i propri capricci.

Sicuramente la fedina penale del don Rodrigo di turno risulta pulita, qualcuno direbbe “ripulita”. Anche la posizione economica sembra invidiabile ed il lavoro sembra avere un futuro. La “filantropia” ultimamente dimostrata depone magnificamente.

Don Akhmetov, nel proprio patrimonio personale, possiede anche  l’attico più costoso di Londra a One Hyde Park, originariamente acquistato da una sua società per 213 milioni di sterline  e su cui ne ha speso altri 120 milioni (sterline) per sistemarlo.

Le ferite di Taranto sono molto diverse di quelle subìte da Mariupol ed anche le relative speranze di rinascita dovrebbero poggiare su basi diverse. Quale sarà lo scenario ucraino fra sei mesi? Come sarà la stessa Ucraina fra sei mesi? Chi ricostruirà l’Ucraina? Un lupo spregiudicato che ha saputo finora adattarsi agli avvenimenti sconvolgenti che sono avvenuti, e li ha adattati a sua volta ai propri interessi,  è certamente da valutare positivamente se si vuole giocare a quel tavolo, visto che la spregiudicatezza è fra le doti richieste per potersi sedere e partecipare al gioco. Ma occorre anche valutare come e dove si svolgerà la partita. Chi condurrà il gioco. Come saranno valutati in futuro i voltafaccia e le stesse “spregiudicatezze” del potenziale fidanzato.

E’ sicuro che gli oligarchi non esistono più al mondo. Non esistono più in Russia, visto che Putin li ha affrontati e ridimensionati ed oggi, in Russia, comanda lui. Non esistono più in occidente, visto che oggi li chiamiamo filantropi. Esistono, invece, in Ucraina dove, stranamente, Akhmetov è un “filantropo” e non più un oligarca.

Machiavelli, in compenso, era italiano ed il suo compromesso tra fini e mezzi pesa tuttora e condiziona non solo il confronto fra prìncipi, ma soprattutto fra coscienze.

Bisogna pensare certamente a domani, ma anche a dopodomani e vendere l’anima è sempre un cattivo affare.

Vincenzo Fedele

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