Panorama geopolitico, Quinta Puntata. Israele e Medio Oriente. Vincenzo Fedele.

22 Gennaio 2024 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla situazione in Medio Oriente. Le precedenti puntate le trovate qui, qui, qui, e qui. Buona lettura e condivisione.

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Panorama geopolitico, Quinta Puntata – Israele e Medio Oriente –

Proseguiamo l’analisi dello scenario geopolitico mondiale guardando alla situazione mediorientale.

Se in Ucraina l’arroganza e la miopia americana ed inglese hanno provocato il disastro,con l’Ucraina nelle vesti del servo sciocco e totalmente succube dell’Impero, in Medio Oriente si può dire che stia accadendo l’esatto opposto, con gli USA costretti a correre dietro alle “intemperanze” israeliane. L’arroganza ed il delirio di onnipotenza israeliano coinvolgono Washington in un genocidio di proporzioni immani e rischiano di trascinare gli USA e il mondo intero in un ampliamento del conflitto indesiderato ma, forse, ineluttabile.

Sono trascorsi oltre  100 giorni da quando, il 7 ottobre scorso, miliziani di Hamas attraversano il confine più monitorato e sorvegliato al mondo e, dalla striscia di Gaza, attaccano Israele con l’esercito israeliano totalmente impreparato. In molti si domandano ancora se l’attacco non sia stato programmato per innescare la ritorsione di Israele ed eliminare totalmente gli insediamenti palestinesi nella striscia.

Da questi presupposti inizia il massacro continuo e sistematico di Israele nella striscia.

Il 27 gennaio ci saranno le “celebrazioni” per l’olocausto della seconda guerra mondiale, ma non basta chiudere gli occhi per non vedere quello attuale e fa ancora più male vedere i nipoti delle vittime di allora trasformati in carnefici di migliaia di altre vittime innocenti trattati alla stregua di animali, compresi bambini, donne, anziani e fragili di ogni tipo. Non solo “trattati” da animali, ma anche etichettati come tali in discorsi e dichiarazioni a Tel Aviv senza che si alzi una parola di dissenso, di richiesta di dimissioni o di censura per un atteggiamento che dovrebbe essere unanimemente condannato ed invece è tollerato come uno sproloquio un po’ sopra le righe.

Ad oggi le vittime palestinesi “ufficiali” sono oltre 25 mila, i feriti oltre 60 mila. Sotto le macerie ci sono ancora decine di migliaia di cadaveri in putrefazione. Le immagini di Gaza City, quelle che la censura israeliana permette di divulgare, mostrano la distruzione totale di ogni casa, condominio, ospedale. Eppure i valorosi inviati ci illustrano giornalmente solo come soffrano i reduci del rave party o i parenti dei rapiti da Hamas senza neanche chiarire che protestano contro il proprio governo, prima ancora che contro Hamas. Non sono neanche più citati gli israeliani, fuggiti o liberati da Hamas, che si sono presentati semi nudi e con la bandiera bianca, ma ammazzati ugualmente dai soldati di Tsahal, senza motivo, come si fa per tutti i palestinesi. La colpa, sempre e comunque, è solo di Hamas.

Oltre 120 giornalisti morti nella striscia non fanno notizia e non provocano allarmi o denunce in nessuno degli inviati. Ricordo la cara Stefania Battistini, inviata RAI in Ucraina e promossa sul campo a disinformatrice ufficiale da Israele, che per tre giorni ci aveva deliziato con le repliche di ben due fori di proiettili che avevano perforato vetro e sportello dell’auto di servizio al seguito delle milizie ucraine. Era una notizia tremenda. La prova provata della cattiveria di Putin contro i giornalisti. Nessuno le aveva spiegato che a volte, in guerra, si spara anche qualche colpo di mitra. 120 Giornalisti morti, invece, non meritano però neanche una menzione, un ricordo, un nome, una lacrima. Idem per i bambini, che oltre a morire sotto le bombe, muoiono di fame, sete, malattie, dissenteria ed altro.

Chiarito di cosa stiamo parlando torniamo all’aspetto geopolitico e del resto, ad oltre 100 giorni dall’inizio dei massacri, la cronaca si sta trasformando in Storia e sui fatti che si verificano ci ragioneranno i posteri.

Tra gli aspetti importanti scegliamone alcuni su cui riflettere: l’accusa di genocidio avanzata dal Sudafrica; gli attacchi degli Houthi alle navi in transito verso Suez; la solitudine di Blinken.

Si è perso il conto dei viaggi di Blinken in Medio Oriente, ma si ha un conteggio esatto delle soluzioni trovate per risolvere il problema: zero.

Non era mai accaduto che un emissario USA non trovasse credito in Israele e, contemporaneamente, risultasse screditato a Ryad come in Turchia, in Egitto come in Qatar, Iraq, Giordania, Libano oltre che in Iran, Siria e in tutto il medio oriente e dintorni. Il discredito USA, oltre all’isolamento israeliano, si somma alla constatazione che l’intero mondo islamico, compresa l’Arabia Saudita, consideri la Russia un partner affidabile e non un avversario o un nemico da combattere. Solo da noi viene raccontato che Blinken sia una persona seria che gira cercando la pace. E ci crediamo pure.

Anche a Davos, in Svizzera, l’isolamento è pesante, anche quando Blinken dice cose ovvie. Soprattutto quando dice cose ovvie come : “Si parla di una governance. Di un governo e di una struttura di governo  che massimizzi la capacità dell’Autorità Palestinese di fornire effettivamente ciò che il popolo palestinese vuole e di cui ha bisogno. Ma deve essere in grado di operare in un ambiente che potremmo definire permissivo, in altre parole, con il sostegno, l’aiuto di Israele e non con la sua opposizione attiva. Perchè anche l’Autorità più efficace avrà molti problemi se avrà l’opposizione attiva di un governo israeliano.”

Qualcuno avrebbe anche potuto chiedere, ma nessuno ha osato farlo, dov’era l’amministrazione USA finora ? Cosa ha fatto, nel tempo, per garantire questa governance, per far rispettare a Israele gli accordi di Oslo e Oslo 2, pur sottoscritti anche dal Presidente degli Stati Uniti? Cosa ha fatto tutte le volte che Netanyahu non perdeva occasione di affossare l’ANP sottolineando quanto poco gli importasse di rispettare quegli accordi ?

Anche ufficialmente, continuando il picconamento della credibilità USA, Netanyahu ha dichiarato in conferenza stampa di aver espresso agli Stati Uniti la netta opposizione alla creazione di uno Stato Palestinese anche dopo la fine della guerra nella Striscia di Gaza precisando anche che “mancano ancora pochi mesi alla vittoria ed al raggiungimento di tutti gli obiettivi”. Notevole che parlino di vittoria, invece che di pulizia etnica.

Israele non ha mai perso occasione di screditare l’ANP a vantaggio di Hamas e adesso utilizza Hamas per giustificare il genocidio di un popolo. Netanyahu si è sempre vantato, non solo oggi, di lavorare per far  fallire lo Stato palestinese, favorendo la colonizzazione di Gaza e Cisgiordania. Sembra assurdo constatare che il Ministro più importante del suo Governo, già prima del 7 ottobre, fosse il Ministro dell’edilizia a cui si dovevano piegare anche ministeri ben più importanti come quello della Difesa o dell’economia. Non era, come da noi, il ministero che gestisce i timbri delle belle arti o impone le tegole o le lose sui tetti di montagna o le altezze massime delle abitazioni in città. Era il ministero che decideva le demolizione delle abitazioni palestinesi in Cisgiordania e i nuovi insediamenti coloniali ebraici. Furti legalizzati, contro la Legge, attuati terrorizzando famiglie svegliate di notte dai mitra di Tsahal e su cui l’ANP non ha mai alzato la voce per protestare. Su cui gli USA hanno sempre taciuto.  Su cui le proteste di Hamas sono state utilizzate per appioppargli etichette terroristiche ben prima del 7 ottobre.

L’edilizia come arma di governo di un popolo. Dio mio come siamo caduti in basso.

In fondo le distruzioni di Gaza sono solo una accelerazione delle procedure. Con le bombe si fa molto prima che con i buldozzer e si guadagna tempo. Non si devono neanche organizzare traslochi. Non sono necessarie firme e compravendite. I caterpilar arrivano dopo, per spianare. Eppure qualcuno chiede ancora perché la pace non è raggiungibile con questo governo. Anzi, scusate: con questi governi – A Tel Aviv e a Washington.

Sembra che la sola pulizia etnica non sia sufficiente, visto anche che il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha dichiarato che Israele deve prepararsi al peggioramento della situazione nel nord del Paese, al confine con il Libano, cioè prepararsi ad attaccare Hezbollah e il Libano stesso.

E Blinken non ha vergogna a farsi ridere dietro nei suoi pellegrinaggi inutili per proporre piani inesistenti.

Il genocidio che continua giornalmente e  palesemente non impone alcun limite a Tel Aviv, ma riesce a tacitare anche l’ONU.

Solo l’aumento dei costi di trasporto e l’allungamento della catena logistica, con aumento dei tempi di percorrenza, ha mosso una risposta militare occidentale, contro gli Houthi e non per fermare Israele. Le vite umane no. Toccare il portafoglio delle multinazionali si. Mai la civiltà occidentale era caduta tanto in basso.

USA e UK hanno reagito agli attacchi Houthi sulle navi in transito con le tecniche usate anni fa contro i pirati somali, senza comprendere le differenze estreme dei due casi che non hanno nulla a che fare.

Chi si intende, anche superficialmente, di strategie militari sa benissimo che, in questi casi, una azione passiva, come il dispiegamento navale inizialmente previsto, non serve a nulla. Contro i pirati è vincente una presenza, a bordo delle navi, di uomini armati e addestrati affiancati da un pattugliamento in mare di unità idonee a tagliare le vie di fuga. Nel caso degli Houthi, con le tipologie di attacco usate, con le basi a terra e con la struttura militare di cui dispongono, questo tipo di opposizione, oltre che inutile, è deleteria. Le stesse unità navali di soccorso possono essere oggetto di attacco favorendo l’allargamento del conflitto invece di evitarlo.

Dopo l’iniziale sbandamento lo hanno capito anche gli USA che, infatti, hanno iniziato a bombardare postazioni Houthi in terra ferma yemenita, sbandierando trionfalmente la distruzione di non meglio precisati obiettivi.

Sanno tutti, ma non si dice, che trattasi di fuffa allo stato puro. Gli Houthi non si lasciano certo irretire da qualche missile, dopo che per oltre 9 anni hanno tenuto testa all’Arabia Saudita, foraggiata da tutto l’occidente e supportata dalle forze aeree USA. Le stesse dichiarazioni degli Houthi che “Usa e UK sono nostri obiettivi legittimi, dopo che ci hanno bombardato”, garantiscono che ribatteranno colpo su colpo. La copertura elettronica può proteggere le navi militari americane dai missili di crociera nella disponibilità Houthi, ma può fare molto poco contro droni di poche migliaia di euro che arrivano silenziosamente per distruggere unità navali da centinaia di milioni di euro.

Gli Houthi hanno anche il vantaggio della geografia. Conoscono la loro terra. Sanno dove nascondersi e come sparire. Americani e inglesi, in mare, non possono nascondersi. Proprio gli USA, negli anni scorsi, hanno subìto l’affondamento di una loro nave. Da allora si erano tenuti alla larga da brutti incontri. Le azioni sconsiderate di Netanyahu li ha trascinati a tornare ad esporsi incautamente e per proteggere il portafoglio, non per salvare vite umane e fermare un genocidio e l’allargamento del conflitto.

Gli USA devono anche stare attenti a non assimilare gli Houthi agli iraniani. Gli Houthi hanno dimostrato, nel tempo, che pur essendo vicini a Teheran non prendono ordini da loro. Lo stesso Iran, inoltre, ha posto dei paletti che non sono niente male, sia per chiarezza che per risolutezza.

In risposta all’attentato che ha causato oltre 100 morti alla commemorazione funebre, l’Iran ha attaccato basi americane ed israeliane in Iraq. La notizia in sé è molto chiara: l’Iran è determinata a reagire attaccando direttamente il nemico.

E’ da valutare bene anche tipologia e modalità dell’attacco. Erbil, il sito attaccato in Iraq, si trova a 1.200 Km dal punto di lancio. I missili utilizzati hanno una portata massima di 1.450 Km. Hanno centrato sia l’insediamento americano che la sede del Mossad con precisione estrema. Tradotto il messaggio è: possiamo arrivare tranquillamente in Israele, se fosse necessario, e possiamo farlo in modo chirurgico. I missili utilizzati erano missili da crociera, non quelli supersonici o ipersonici utilizzati dai russi. Non si sa se Putin li abbia già messi a loro disposizione, ma intanto è bene prestare attenzione. L’escalation è alle porte.

Notevole è anche il messaggio che arriva dall’attacco iraniano al Pakistan. Anche questo è stato un attacco chirurgico, così come chirurgica è stata la risposta pakistana. Non si è lontani dal vero se si presume che i due attacchi siano stati concordati fra i due Stati e senza indesiderati effetti collaterali.

Traduciamo anche qui in linguaggio comprensibile: il problema non è l’Iran o il Pakistan. Il problema sono i gruppi terroristici armati e finanziati dall’occidente mentre Iran e Pakistan operano, in accordo tra loro, per sradicarli con convinzione.

Tutti percepiscono che Israele è sempre più isolato nel mondo e solo lo strapotere dei media occidentali ci impedisce di vedere quanto l’isolamento sia esteso e profondo.

Ci sarebbe da vergognarsi a dover commentare la pantomima del processo per genocidio intentato dal Sudafrica. Non perchè l’accusa sia inconsistente, ma proprio perché è acclarata e sotto gli occhi di tutti.

Gli USA non possono assolutamente permettersi di vedere condannati i vertici israeliani, dietro cui c’è il supporto sostanziale di Washington. Il giudizio della più autorevole corte mondiale si ridurrà, se e quando arriverà a sentenza, a qualche perplessa tirata d’orecchie. Le “regole” di convivenza mondiale, la moralità e la superiorità delle democrazie da esportare come anche il valore inalienabile della vita umana sono tutte storielle da raccontare nei giornalini delle cronache rosa. La realtà è cosa ben diversa. Intanto continuiamo ad assistere all’ ipocrisia di tutti i media occidentali che hanno coperto la notizia il giorno dell’apertura del processo, dando ampio spazio alle tesi israeliane del diritto alla difesa, per poi chiudere il dossier. Anche gli attacchi, nemmeno tanto velati, al Sudafrica, reo di denunciare la verità, non si sono fatti attendere. Gli osanna ad un popolo che è riuscito a battere l’Apartheid e la segregazione razziale, si sono chiusi dopo che si sono esauriti gli osanna utili a santificare Mandela. E’ la stessa adesione del Sudafrica ai BRICS a squalificarlo, invece di valorizzarlo.

Per chi ha memoria non sarebbe male ricordare i reportage ossessivi di quando Putin doveva essere giudicato, e poi condannato, per la sceneggiata di Bucha montata per giustificare l’annullamento del trattato di pacificazione e la firma della fine delle ostilità a marzo 2022. All’epoca i morti esibiti furono poche centinaia. A Gaza si tratta di diverse migliaia di innocenti morti ammazzati, quasi la metà bambini e donne. Un intero popolo costretto alla fame ed al freddo, senza casa, senza cure, cibo, acqua ma il travisamento è d’obbligo ad imperitura memoria dei doppi pesismi  in uso.

Torniamo, però, alla geopolitica, cioè agli aspetti generali che potrebbero risolvere le situazioni, e invece le incancreniscono.

Blinken, dicevamo,  sta girando medio oriente e dintorni per cercare di sbrogliare i problemi, ma è palese che non trova neanche la matassa, figuriamoci il bandolo. Non avendo alcuna credibilità a Tel Aviv non può averla fuori Israele. Trova porte chiuse dappertutto. L’Arabia Saudita, prima del 7 ottobre aveva quasi raggiunto un accordo con Israele, favorito anche dalla Cina. Adesso tutto è tornato in alto mare , come dichiarato a Davos, “la pace con Israele può avvenire solo attraverso uno Stato palestinese”. Non dimentichiamo che l’Arabia Saudita era l’alleato USA più affidabile in Medio Oriente. Per 9 anni ha combattuto l’Iran in Yemen, usando la propria forza terrestre, con ampio utilizzo della forza aerea USA. Oggi non è più nemico dell’Iran e gli Houthi sono ancora li a combattere e lanciare missili, ma Ryad non reagisce e non partecipa a forze internazionali per ostacolarli. Quando gli USA si accorgeranno che i missili e gli attacchi aerei fanno solo il solletico agli Houthi, è sperabile che non pensino ad una azione terrestre. Sarebbe una debacle peggiore di quella patita con ignominia in Afganistan.

Anche i tentativi con la Turchia non sono migliori. Oltre alle manifestazioni delle piazze turche contro Israele, tollerate e favorite da Erdogan, si allarga sempre più l’autonomia turca rispetto ai vincoli NATO. Che la Turchia faccia parte della NATO non impedisce ad Erdogan di giocare su più tavoli in contemporanea sfruttando a proprio vantaggio  tutte le sponde. Nel caso di Israele, la chiusura è netta, ma forse proprio per questo la Turchia potrebbe essere la più accreditata per condurre vere trattative, qualora la pacificazione fosse uno dei problemi sul tappeto. Ma, ulteriore riflessione, è emblematico che neanche in Turchia Blinken abbia mai pronunciato la parola Pace. E’ tutto dire che Erdogan dia più credito alla Meloni che a Blinken.

Non molto diversi sono i rapporti con gli altri Stati vicini che pure hanno già stipulato accordi con Israele, come  Barhein, Oman, Emirati Arabi, lo stesso Qatar che sta facendo da mediatore. Tutti hanno timore di essere seduti sulla polveriera di una seconda Nakba che, come nel 1948, con il sollevamento delle popolazioni, provochi ribaltamenti di regimi come all’epoca accadde ad Egitto, Siria, Iraq, ecc.

I sommovimenti potrebbero iniziare dall’interno stesso di Israele, cioè dalla Cisgiordania, ormai allo stremo nonostante la moderazione finora dimostrata. L’allarme arriva dallo stesso Shin bet che mette in guardia il Governo dal tirare troppo la corda in Cisgiordania. Non solo Israele ha sempre snobbato l’Autorità Palestinese, ma ultimamente non sta neanche consegnando i fondi fiscalmente dedicati e di competenza dell’ANP. Senza quelli non si riesce neanche a pagare stipendi e pensioni. Questa prevaricazione è unita al diniego di utilizzo di tutti i pass dei lavoratori che dalla West Bank giornalmente si recano nelle città israeliane, compresa  Gerusalemme, per fare i cuochi o i muratori, ecc. Il tutto è condito dalle decine di morti che, senza clamori e distruzioni, ogni giorno si contano in Cisgiordania, con attacchi diurni e notturni di militari nelle case palestinesi per terrorizzare gli abitanti e farli andare via, sparando e uccidendo qualora ci sia anche una pur minima reazione di qualche civile palestinese stanco di questi soprusi.

L’ANP non è più spendibile e Hamas ha fatto sapere che non è più praticabile la soluzione a due Stati.

L’ipocrisia dei media arriva a condannare affermazioni simili di Hamas, che sono invece appoggiate se a dichiararlo è Netanyahu.  Difficile, invece, dar torto ad Hamas se si pensa che questa era stata la solenne soluzione di Oslo e Oslo 2 e se si guarda all’esito odierno della pratica applicazione di quegli accordi sottoscritti con controfirma USA ampiamente tradita.

Politicamente Netanyahu è un morto che cammina e rimane in sella sostenuto solo dalla guerra in atto. L’accordo Israele – Arabia avrebbe potuto essere, forse, la soluzione. Allo stato attuale anche questo è precluso con i sauditi che pongono come precondizione la creazione di uno Stato Palestinese che Netanyahu rifiuta e che anche Hamas ormai esclude. Il sogno della Grande Israele sembra quasi avviato a diventare la fine dello Stato israeliano sempre più isolato al pari del suo sponsor e mentore a stelle e strisce.

Anche in Medio Oriente Washington è impossibilitata a mantenere la pax americana, succube del finto vassallo israeliano, e non è in grado di garantire un ordine mondiale.

La Cina si sta ritagliando silenziosamente il proprio spazio anche in Medio Oriente operando indirettamente, tramite il Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia, tramite IRAN e Arabia Saudita sul campo, tacendo sugli attacchi degli Houthi, su Hezbollah, sacrificando anche l’enorme interscambio con Israele sull’altare delle difficoltà israeliane. L’India non è certo allineata con la Cina, ma è lontanissima dagli USA. La Russia rimane alla finestra, ma in caso di escalation bellica difficilmente bloccherà forniture di armi avanzate ove servissero.

Un caos, insomma, che ci lascia sgomenti. Una assenza di leadership e una totale mancanza di idee, di soluzioni e, soprattutto, di volontà di applicarle ove ci fossero. Si cavalca l’onda generata da quattro estremisti al Governo di Tel Aviv, istigati e supportati dai trilioni di chi sta dietro le quinte ed opera per portarci nel baratro.

Purtroppo non è solo il caos politico a farla da padrone. E’ la visione che ha Washington ad essere distorta, sia per quanto attiene i rapporti mondiali sia, soprattutto, per quanto attiene la potenza militare che gli USA ritengono ancora di possedere e che invece non hanno più.

La perdita della leadership militare USA, inoltre, è la più deleteria, perché induce a comportamenti che vanno oltre ogni logica di buon senso, di moderazione e di ricerca di una pacificazione che invece, dall’Ucraina al Medio Oriente, si allontana sempre più. Questo aspetto andrà analizzato separatamente.

Vincenzo Fedele

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2 commenti

  • unaopinione ha detto:

    Mi fermo solo a questa frase dell´articolo: “USA e UK hanno reagito agli attacchi Houthi sulle navi in transito …” per sottolineare a tal riguardo l´inesattezza pronunciata dal Ministro degli affari esteri italiano Tajani: “Insieme a Francia e Germania presenteremo” oggi “la proposta per una missione europea” sul Mar Rosso “che possa garantire con grande fermezza la sicurezza del trasporto e la libera circolazione marittima” … che abbia l’obiettivo di “proteggere le navi che attraverso il Mar Rosso esportano o importano.”.
    https://www.imolaoggi.it/2024/01/22/tajani-missione-armata-europea-mar-rosso/
    E questo perché, secondo questo articolo (che mi pare di notevole interesse),
    https://www.thetruthseeker.co.uk/?p=280421 (in inglese)
    gli Houtis hanno minacciato (e lo stanno facendo quando possono) di colpire solo le navi che vanno o vengono da Israele o di proprietà di interessi israeliani (ma ora anche quelle USA e UK visto che gli USA e UK hanno attaccato militarmente e direttamente per sette volte gli Houtis).Tutte le altre sarebbero libere di transitare (“safe passage”) senza pericoli.
    Quindi le navi attualmente interessate alla “sicurezza del trasporto e alla libera circolazione … attraverso il mar Rosso” sono di fatto solo tutte le navi che hanno a che fare con Israele, USA e UK. Le italiane, cosí come tutte quelle appartenenti alle restanti nazioni aderenti alla NATO o all´Unione europea, non correrebbero attualmente alcun pericolo visto che questi Stati finora non hanno compiuto alcun atto ostile nei confronti degli Houtis. Per cui non ci sarebbe in realtà nessun bisogno oggettivo per l´Italia di mandare nessuna “missione” con l´obiettivo di proteggere le navi italiane, né quelle europee, né di altre nazioni visto che gli USA e UK hanno agito di propria iniziativa e non sotto la bandiera NATO e che quindi sono gli unici contro cui gli atti di ritorsione degli Houtis sono rivolti (oltre a Israele).
    Ora se il ministro Tajani vuole, dopo che l´Italia si è immischiata in una guerra che non ci riguardava (intendo Ucraina), anche mettere il naso, e qui ci vogliono un´altra volta mezzi e denaro che vengono sottratti ai bisogni degli italiani, in affari che non riguardano l´Italia e questo con la motivazione, secondo me falsa, che “Sarà una missione difensiva ma armata. … per difendere i nostri mercantili che esportano i nostri prodotti. Non possiamo obbligarli a fare il periplo dell’Africa” allora penso che o è stato male informato (nessuno al Ministero lo ha informato che le navi italiane, ma anche di qualsiasi stato dell´Unione europea, non sono attualmente oggetto di attacchi da parte degli Houtis? Sarebbe bastato domandarlo) o è in malafede (omettendo appositamente questo particolare molto importante di cui, in qualitá di ministro, pur dovrebbe essere a conoscenza). Se poi gli Houtis disattendono le loro affermazioni, tanto mi pare che sorgerebbe la necessitá di fare qualcosa.
    “Difensiva ma armata?”. Forse a venti anni di distanza vengono ripetute delle affermazioni che ricordano quella del politico tedesco Struck in occasione dell´invasione dell´Afghanistan secondo cui: “La difesa della Democrazia inizia dal Hindukush?” Vogliono creare appunto l´occasione, come giustamente scritto da “Creazionista”, di farsi affondare qualche nave per (e questo lo aggiungo io) farsi coinvolgere in una nuova guerra lontana migliaia di chilometri, magari dopo essersi fatti convincere dagli americani a scortare qualche mercantile “loro” (e non piú solo nostro che tra l´altro non corre alcun pericolo) e non limitandosi ad abbattere i droni diretti solo ai mercantili “loro” (e che quindi non minacciano direttamente la/le nave/i militare/i italiana/e) ma mandando magari, su invito americano, anche qualche “omaggio missilistico difensivo” agli Houtis per poi gridare: “Noi ci siamo solo difesi …. loro hanno iniziato l´aggressione!”?
    E qua mi chiedo: “Visto che né l´Italia né la NATO, che finora non ha trovato ancora nessun motivo per farsi coinvolgere, né per alcun stato dell´Unione Europea, o Essa stessa, in quanto nessuna delle navi appartenti a degli Stati che ne fanno parte hanno subito alcun attacco da parte degli Houtis, hanno degli interessi palesi a farsi coinvolgere in una avventura del genere, che a me pare che possa essere interpretata dagli Houtis piú come una “provocazione armata” che una “missione difensiva”, quali sono i reali interessi che stanno dietro le parole e le azioni del ministro Tajani?
    Ad ognuno i propri pensieri.

  • creazionista ha detto:

    Ottima analisi, intanto i pescivendoli vogliono mandare una forza navale contro gli Houti, che peraltro bloccano solo i cargo diretti in israele. Riusciranno a farsi affondare qualche nave?

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