La Trasformazione Alchemica della Musica Sacra. Porfiri

14 Marzo 2023 Pubblicato da 2 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il maestro Aurelio Porfiri offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla musica in generale  quella sacra in particolare, e di come in quest’ultimo campo non ogni giudizio sia solamente riconducibile a criteri estetici. Buona lettura e diffusione.

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La trasformazione alchemica della musica sacra

Un po’ di tempo fa rimasi sorpreso nel apprendere di come la teosofia avesse avuto una così grande influenza sulla nostra cultura. Miguel Pastorino nel 2016 (aleteia.org) così spiegava la grande influenza della teosofia sull’esoterismo e sulla cultura moderna: “La teosofia è alla base della stragrande maggioranza delle sette e dei movimenti esoterici e occultisti moderni, così come dei pilastri dottrinali del movimento New Age e di gruppi diversi come Nueva Acropoli, la Chiesa Universale e Trionfante, la Metafisica di Conny Méndez o la Chiesa Cattolica Liberale. Conoscerne la storia e la dottrina ci permette di comprendere lo spirito comune dell’esoterismo che oggi è diventato comune nei mezzi di comunicazione e in migliaia di pubblicazioni su temi spirituali di carattere magico-occultisti”. Insomma, non bisogna fare l’errore di pensare che questo tipo di pensiero nel complesso mondo dell’esoterismo sia da sottovalutare, anzi bisogna studiarlo per bene.

La lettura di un libro del servita Giovanni Vannucci (1903-1984) curato dal professor Marco Vannini e dal peculiare titolo Alchimia e liturgia, mi ha portato a fare una riflessione che penso importante. Padre Vannucci cita la famosa massima esoterica che si trova in Ermete Trismegisto (autore mitico del Corpus hermeticum) per cui: “Ciò che è in basso è uguale a ciò che è in alto; e ciò che è in alto è uguale a ciò che è in basso, per compiere le meraviglie dell’unica cosa” (Quod est inferius est sicut quod est superius. Et quod est superius est sicut quod est inferius, ad perpetranda miracula rei unius).

Questa frase enigmatica in realtà ha avuto grande credito nella nostra cultura ed è stata variamente interpretata.  In un articolo Paolo Maggi ci mostra le ripercussioni di questa idea nella scienza: “Ma cosa resta oggi del “come in alto, così in basso” nel patrimonio scientifico moderno? Molto più di quanto si potrebbe pensare. Non c’è dubbio che, dalla scoperta degli atomi, in poi, l’ipotesi che materia animata e inanimata, corpo umano e astri celesti, fossero costituiti dalle stesse strutture fondamentali, ha avuto una clamorosa conferma.

Dunque, almeno nell’infinitamente piccolo, gli antichi filosofi hanno avuto ragione: tutto soggiace alle stesse leggi: le reazioni chimiche che avvengono nelle nostre cellule sono uguali a quelle che avvengono in qualsiasi parte dell’universo. Ma sembra che persino la parte della teoria micro-macrocosmica circondata da una sinistra aura di stregoneria, quella alla quale, con tutta la buona volontà, a molti di noi riesce davvero difficile credere, sia stata inaspettatamente rivalutata da alcune recenti teorie della fisica. Insomma, sembra proprio che eventi che accadono in una parte lontana del cosmo possano influenzare il resto del sistema senza che alcuna energia si trasmetta materialmente.

È quanto afferma, ad esempio, il teorema di Bell. Anche David Bohm, nella sua teoria olonomica della fisica quantistica, ipotizza che ogni parte dell’universo possa improntarsi alle strutture e ai processi del tutto. Se questo fosse avvalorato, sarebbe come dire che aveva ragione Paracelso, quando sosteneva che ogni parte contiene il tutto. Del resto, Fritjof Capra, ne il Tao della Fisica aveva anticipato questa tendenza già alcuni anni fa. Dunque le ultime teorie scientifiche starebbero inaspettatamente rivalutando l’intero patrimonio di idee degli scienziati premoderni, tanto che David Roy Griffin parla di un “reincantesimo della scienza”” (Come in alto, così in basso citato in elenafrascaodorizzi.it).

Che ci siano corrispondenze fra diversi elementi dell’universo fu alla base anche della riflessione medievale cristiana, pensiamo a Boezio. Ma sembra più problematico quando a questa frase di sapore neoplatonico viene data una definizione per cui si annullano le differenze fra ciò che è superiore e ciò che è inferiore, quello che è sotto è come quello che è sopra, quello che è basso è come quello che è alto. Idee del genere, quando volgarizzate, divengono distruttive dei fondamenti su cui si poggia l’ordine naturale stabilito da Dio. Secondo la filosofia, l’anima possiede capacità inferiori e superiori, intelletto spirituale e sensualità. Il superiore eleva l’inferiore, sempre conservando la fondamentale distinzione.

Ora, se riflettiamo per esempio su quello che è successo nella liturgia e nella musica sacra ci rendiamo conto di come la volgarizzazione del principio di Ermete Trismegisto abbia in fondo determinato la situazione in cui ci troviamo oggi. Cerco di spiegare. Ho sentito pochi giorni fa il celebre musicista americano Quincy Jones dire che per lui esiste solo musica buona e musica cattiva. Questo è vero, può esistere musica cattiva nella cosiddetta musica classica e può esistere musica buona nella musica commerciale.

Ma per la musica sacra questo non basta. La bontà delle forme è solo uno dei criteri che san Pio X indicò per la buona musica sacra. L’altro, non meno importante, era quello della santità, cioè dell’opposizione al profano: “Deve essere santa, e quindi escludere ogni profanità, non solo in se medesima, ma anche nel modo onde viene proposta per parte degli esecutori”. Ma noi oggi ci troviamo in una fase ancora più pericolosa, per cui non è la buona musica commerciale con testo liturgico che viene proposta come musica sacra (che sarebbe comunque sbagliato) ma la musica dozzinale, pretendendo che non esista una gerarchia di valori estetici e che conta l’esperienza soggettiva del fruitore o dell’esecutore, principio che si richiama all’immanentismo di tipo modernista già condannato dallo stesso san Pio X nella Pascendi del 1907.

Questa idea per cui basta la buona intenzione che rende tutto accettabile è contraria all’ordine voluto da Dio e non può essere usata la storia dell’obolo della vedova per giustificarla. La stragrande maggioranza delle chiese che propongono musica dozzinale al posto di vera musica sacra avrebbero certamente i mezzi per fare di meglio.

Quindi, in quella che ci sembrerebbe come soltanto una caduta del senso del sacro (ed è anche questo, naturalmente) sembra in realtà nascondersi un’idea che dal mondo esoterico, in cui ha una sua certa dignità, viene volgarizzata per distruggere gerarchia ed ordine fra bello e brutto, giusto e sbagliato, vero e falso.

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2 commenti

  • enrico ha detto:

    Chiunque sia sensibile alla bellezza non può che concordare sul carattere “sovrumano” e quasi estatico del gregoriano,che certo dev’essere ben eseguito, anche solo dalle voci,e quando accompagnato dall’organo ciò deve essere fato in stile modale,cosa che solo un buon organista sa fare, Ma ci accontenteremmo anche dei corali della tradizione tedesca, che richiedono però le quattro voci. Purtroppo sappiamo bene quali latrati e guaiti ci tocca sentire durante le odierne celebrazioni…per esperienza personale mi risulta che i preti,oggi, siano interessati a tutto fuorché alla musica.

  • Enrico Nippo ha detto:

    Il tema posto dal maestro Porfiri è tanto allettante quanto complesso. Mi limito ad una sola osservazione.

    Il maestro Porfiri scrive: «Secondo la filosofia, l’anima possiede capacità inferiori e superiori, intelletto spirituale e sensualità. Il superiore eleva l’inferiore, sempre conservando la fondamentale distinzione».
    Sennonché distinzione non significa separazione, ragion per cui la non separazione implica la complementarietà. L’intelletto non può fare a meno dei sensi che gli forniscono la “materia” su cui esercitarsi. La complementarietà, proprio in quanto tale, esclude tanto la superiorità quanto l’inferiorità. Classico esempio: la complementarietà (già da parecchio andata alle ortiche) fra l’uomo e la donna, come quella fra il seme e la terra: se manca uno dei due elementi non sbocciano né il pensiero né la vita.

    Le ermetiche «meraviglie dell’unica cosa» dipendono proprio dal considerare e rispettare la complementarietà, la quale, a ben vedere, non concerne soltanto il duale (uomo/donna, seme/terra etc.) bensì anche il molteplice. La barca, il mare, il cielo, il vento: tutti elementi che a loro volta ne implicano altri senza dei quali nessuno di essi potrebbe esistere di per sé stesso, e, insieme, non potrebbero ispirare il poeta che guarda e ascolta.

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