Una Storia senza Eroi. Il Caso Marrazzo non Fu Transfobia. Mario Adinolfi.
11 Dicembre 2024
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo articolo pubblicato su Facebook da Mario Adinolfi, a cui va il nostro grazie. Buona lettura e diffusione.
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IL CASO MARRAZZO NON FU TRANSFOBIA
di Mario Adinolfi
Il libro di Piero Marrazzo intitolato Storia senza eroi ripercorre una pagina cruciale che conosco bene della vicenda politica italiana del XXI secolo, provando a raccontare che sia stata in sostanza un caso di transfobia. Marrazzo si dimise da presidente della Regione Lazio il 27 ottobre 2009. Il 23 ottobre era emerso il ricatto di quattro carabinieri in possesso di un video che lo filmava in un appartamento di via Gradoli a Roma in compagnia di un trans con sostanze stupefacenti. Il ricatto risaliva al 3 luglio e Marrazzo era riuscito a tenerlo coperto per oltre tre mesi, i carabinieri gli avevano preso cinquemila euro in contanti che lui dichiarò di avere con sé “anche per la droga” fornita dal pusher Gianguarino Cafasso oltre che per retribuire la prestazione del trans Natalie che insieme al trans Brenda pare fossero i preferiti dell’allora presidente della Regione. Il 36enne Cafasso morì per uno strano infarto il 12 settembre 2009 dopo aver provato a vendere il video del ricatto ai giornali in combutta e alla fine in conflitto coi quattro carabinieri. Il 20 novembre verrà poi trovato carbonizzato in casa anche il corpo del trans Brenda.
Solo in un’Italia dalla memoria di un pesce rosso si può raccontare questa vicenda così storicamente rilevante come un episodio di transfobia. È una storia talmente pesante che Marrazzo non può affermare nell’intervista al Corriere della Sera: “Sono certo che se avessi frequentato una prostituta donna l’impatto sarebbe stato infinitamente minore”. È un’affermazione del tutto falsa, un video ricattatorio di quattro carabinieri in cui si vede il badge del presidente della Regione Lazio attorniato da dosi di cocaina con lui che chiede loro di non essere rovinato e poi va via sulla sua Lancia K di servizio, avrebbe ovviamente portato alle dimissioni e al caso anche se la prostituta fosse stata donna, basta pensare al caso Sangiuliano di gravità infinitamente minore e con protagonista proprio una donna. Il passaggio cruciale è ovviamente il ricatto, di cui Marrazzo è stato vittima come accertato in tre gradi di giudizio, che rende incompatibile la permanenza in vertici istituzionali.
Marrazzo provò subito a colorare la vicenda con la questione sessuale, fin dalla prima intervista che concesse a Concita De Gregorio in cui definì i trans “donne all’ennesima potenza”. Mi scontrai pesantemente con lui su questa definizione e anticipammo di una quindicina d’anni il dibattito su “what is a woman” che da Matt Walsh a Jk Rowling è oggi di rilevanza mondiale. Va notato che allora io ero membro della direzione nazionale del Pd e quindi tale dibattito con opinioni diversificate era possibile anche a sinistra, oggi non più.
Ho simpatia umana per Marrazzo, aiutai la sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio (anche perché proponevano l’alternativa per me non sopportabile di Emma Bonino, che effettivamente fu la candidata poi alle elezioni successive alle sue dimissioni), capisco che la vicenda abbia devastato la sua vita ma non può essere raccontata come una vicenda di transfobia. È invece la pagina iniziale di un degrado delle istituzioni che iniziò proprio allora e non ha avuto fine. I partiti avevano appena smesso di selezionare classe dirigente (nella cosiddetta prima Repubblica si arrivava ai vertici istituzionali dopo una gavetta talmente lunga che ogni capello in testa era contato e tutti i vizi, certo non inesistenti, erano però chiaramente conosciuti) e ci si affidò all’apparire più che all’essere. Marrazzo era il tribuno televisivo di Mi manda Raitre, anche il suo successore fu selezionato negli studi tv: fu infatti Renata Polverini, letteralmente inventata da Floris con le ripetute ospitate a Ballarò. Nel 2012 anche lei dovette dimettersi dalla presidenza della Regione Lazio. Nel 2013 il comico Beppe Grillo prese il 25% alle elezioni politiche e il resto è storia che arriva fino a Sangiuliano, anche lui tornato in Rai dopo un giro inglorioso ai vertici delle istituzioni.
Storia senza eroi, appunto, per riprendere il titolo del libro di Marrazzo che sta spopolando tra giornali e fiere dell’editoria, con inevitabili comparsate in tv. Peccato, è un’occasione persa, si poteva parlare del collasso della qualità della classe dirigente italiana che una volta era composta davvero da eroi su cui girare film (da De Gasperi a Moro, da Berlinguer a Craxi) e oggi invece è popolata solo da politici di poco conto, tutti o quasi ricattabili. Questo sarebbe stato un modo interessante per leggere in filigrana quella incredibile vicenda del 2009, coi carabinieri che ricattano un presidente di Regione e nel giro di due mesi ci scappano due morti nel mondo della droga e della prostituzione, con di mezzo la palazzina dei servizi a via Gradoli, la stessa del caso Moro: ne emerge una fotografia del Paese che su Netflix ci potresti fare una serie da dodici puntate. Invece Marrazzo va a Domenica In e si lamenta perché “solo oggi” può dire a Mara Venier che è stato “un cliente di sex workers, donne transessuali”. Capisco tutto, ma la virata in farsa di ogni tragedia è proprio sempre necessaria nella narrazione della storia e delle storie italiane?
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Categoria: Generale