Romania: un Altro Paese che Può Uscire dalla Fogna. Bernardino Montejano.
29 Novembre 2024
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ROMANIA: UN ALTRO PAESE CHE PUÒ USCIRE DALLA FOGNA
Ottima notizia quella che leggiamo oggi su La Prensa: la sconfitta della socialdemocrazia in Romania.
La socialdemocrazia è sempre una fonte di sporcizia, in Argentina, in Romania e in tutti i paesi della terra.
Qui cominciò a governare con il linguaggio di Chascomús, che ci ha lasciato un’eredità sintetizzata nelle parole di monsignor Ítalo Severino di Stéfano, arcivescovo di San Juan, che in un’omelia del marzo 1985 disse: “Quando ogni gerarchia di persone e di valori ; quando la famiglia, la sua natura, la sua dignità e la sua insostituibile funzione vengono screditate; quando la funzione della sessualità è distorta; quando la religione viene screditata nei suoi principi e nei suoi ministri; quando l’ironia e la calunnia si sostituiscono alla verità storica e reale; quando la modestia è considerata un tabù, un pregiudizio o un ritardo nell’evoluzione della storia; quando la liberazione è intesa come dissolutezza e sottomissione delle norme elementari che scaturiscono dalla stessa natura umana; quando la liberazione sessuale è intesa come esibizionismo morboso o curiosità e avidità altrettanto morbose; quando l’insegnante vede sminuito il suo primato nell’insegnamento; quando si insegna che la famiglia ha cessato di essere il veicolo naturale di cultura, per essere rifornita dallo Stato; quando tutto diventa massificato e de-gerarchico e anche le istituzioni vengono de-istituzionalizzate; quando lo Stato ideologizzato viene divinizzato; quando le lotte e le irritazioni di classe vengono incoraggiate nelle contraddizioni; quando si insegna che l’uomo risponde solo a se stesso in quanto non si conosce una responsabilità assoluta e trascendente; quando la pornografia acquisisce il carattere di arte; quando si sarà raggiunta l’istituzione dell’omosessualità e la legalizzazione del possesso di droga; e quando insegnanti, giudici e funzionari di riconosciuta probità, prudenza e saggezza vedono le loro posizioni e le loro cattedre in pericolo a causa delle loro convinzioni contrarie a certe ideologie e ad ogni degrado”.
Ma come se ciò non bastasse, l’arcivescovo l’ha completato nell’omelia del Giovedì Santo, sottolineando la vocazione coloniale di Alfonsín e il nostro eventuale collasso demografico: “gli insegnanti in servizio che abbiamo oggi in Europa non si aspettavano risultati così rapidi. Il fatto è che non rinunciamo ad essere una colonia economica e culturale. Non vorremmo che, oltre alla catastrofe finanziaria, ne avessimo un’altra molto più grande: l’Argentina sotto l’egida di Erode, che distrugge la famiglia e i bambini non nati” (Dichiarazione sulla necrofilia argentina e l’eredità di Raúl Alfonsín, 22 aprile 2009, in “Dodici anni di dichiarazioni che non necessitano di chiarimenti”, Infip, Buenos Aires, 2017, p. 69 e ss.)
Oggi, tutto ciò che è germogliato con Alfonsín, ha raggiunto il suo pieno sviluppo con i governi dei coniugi Kirchner, di Mauricio Macri e del discreto punzonatore Alberto Fernández. Oggi siamo sotto l’egida di Erode.
Per questo ci piacciono le notizie dalla Romania, il paese dove fiorì la Guardia di Ferro guidata da Cornelio Zelea Codreanu, il leader assassinato nel 1938.
Il quotidiano “La Nación” si straccia le vesti per il trionfo dell’”estrema destra” che ha ottenuto il 37% dei voti, ma deve riconoscere che “gli eredi del Partito comunista, i socialdemocratici, che da allora hanno strutturato la vita politica rumena “Da più di tre decenni governano attualmente in coalizione con i liberali che anche domenica hanno ottenuto pessimi risultati.”
Critica il vincitore, nemico dell’Unione Europea e della Nato, e racconta il piacere che provava nel fare il bagno nell’acqua ghiacciata, nella quale “si carica di energia naturale e comunica con l’universo e con Dio”.
L’editorialista più colto de “La Prensa” ci racconta i riferimenti del vincitore al generale Antonescu e Codreanu, capo della Legione di San Michele Arcangelo.
La Romania è un paese latino, perché l’affermazione dell’ispanicità non porta a negare la latinità, ma tutt’altro, come canta Carlos Obligado:
“E ti radichi ancora di più, oh mia Argentina:
Che in te l’anima ancestrale non risplende sola.
Ma nella radiosa comunione latina” (Patria, Canto II).
In un libro intitolato “Campane di terra e di cielo” (Nueva Hispanidad, Buenos Aires, 2002), Antonio Caponnetto si scusa per le campane e cita il cardinal Pie, che scrive: “L’eresia non ama le campane”; “Chiedete a Lutero e Calvino. Non le vuole perché la campana resta ortodossa, perché la sua voce non cambia per prestarsi alle dissonanze della dottrina o alle alterazioni del dogma. La campana non è apostata”, conclude l’autore, che, nella sua dedica natalizia, scrive: “Per Bocha – un caro e generoso amico – con il quale condivido l’ammirazione per i grandi poeti. Un grande abbraccio a Cristo e alla Patria. A. Caponnetto. Dato che sono passati molti anni, spero che non te ne pentirai.
Il libro ha tre anelli e nel secondo, tra García Moreno e Facundo Quiroga, compare il rumeno Cornelio Codreanu. Nel suo omaggio vogliamo concludere questa nota con parte di quella poesia:
“Quando l’Europa tornerà alle sue radici
vestito con vecchie cicatrici
come all’alba della sua prima età
e scalare le montagne solitarie
una linea imperiale di legionari,
La tua morte, capitano, sarà una bandiera…
Quando il suo sangue scorreva nel martirio
fecondare un nuovo giglio della razza
e la luce del dolore diventa visibile,
quando le campane suonano nei templi
celebrando il valore dei loro esempi,
La Legione, Capitano, sarà invincibile.”
Buenos Aires, 26 novembre 2024.
Bernardino Montejano
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Tag: mointejano, romania
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