L’indeterminismo Quantico della Politica Estera dell’India Aspirante Superpotenza. Matteo Castagna.

23 Settembre 2024 Pubblicato da Lascia il tuo commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Matteo Castagna, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione queste considerazioni su una grande potenza asiatica. Buona lettura e diffusione.

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di Matteo Castagna
Il reporter Andrea Lucidi informa, sul suo canale Telegram, che il governo indiano è riluttante a cedere al nuovo attacco di Washington contro i media russi. Lo ha riferito il quotidiano The Hindu, citando fonti diplomatiche.

Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha presentato venerdì nuove sanzioni contro i media russi, tra cui RT (Russia Today), accusata di “funzionare come supporto dell’intelligence [russa]”.

Blinken ha affermato che il network di notizie ha cercato di minare la democrazia negli Stati Uniti e altrove e di erodere il sostegno globale all’Ucraina, e ha esortato altre nazioni a unirsi all’assalto ai media russi in una “campagna diplomatica congiunta”. “Esortiamo ogni alleato, ogni partner, a cominciare a trattare le attività di RT come le altre attività di intelligence della Russia all’interno dei loro confini”, ha dichiarato Blinken.

L’India, inoltre, è pronta a continuare ad acquistare petrolio dalle compagnie russe che sono autorizzate a effettuare tali vendite, dal momento che i prezzi sono economici, ha detto martedì il ministro del petrolio Hardeep Singh Puri.
Le sanzioni occidentali alla Russia per la sua guerra con l’Ucraina hanno limitato il prezzo che la Russia può addebitare per il suo greggio, e l’India è pronta ad acquistare petrolio e gas ai prezzi più bassi possibili da chiunque, ha detto Puri a Reuters in un’intervista alla conferenza GasTech di Houston. “Se un’entità non è soggetta a sanzioni, non c’è dubbio che acquisterò dal fornitore più economico”, ha detto. I paesi europei e le imprese giapponesi stanno acquistando dalla Russia, quindi l’India non è sola, ha detto.
ISPI, su elaborazioni MSCI, Reuters ha riscontrato che “a settembre, l’India ha superato la Cina nell’indice MSCI, che traccia le performance dei mercati azionari di 24 economie emergenti. Uno scenario non inaspettato, viste le misure messe in atto da Nuova Delhi negli ultimi anni per consolidare e rafforzare il settore finanziario, ma che mette in luce anche le difficoltà di Pechino per trovare una via d’uscita dal pantano economico odierno. Nuovo sorpasso, dunque, dopo quello demografico, registrato lo scorso anno, ai danni di Pechino.
Il numero 8/2024 della Rivista Limes di Lucio Caracciolo è dedicato proprio alle ambizioni indiane: “L’india non è né sarà, nel futuro prossimo una grande potenza. Eppure si comporta e viene percepita come lo fosse. Questa apparente antinomia governa la geopolitica del più popoloso Stato al mondo, patria di un sesto dell’umanità. Il futuro di tanto colosso dipende dall’abilità di volgere tale polarità autodistruttiva in virtuosa coincidenza degli opposti”.
C’è un’India per statistici e scienziati politici, astratta, e ce n’è una umana, effettiva: i compatrioti cui Narendra Modi, premier carismatico al potere da un decennio, si rivolge con l’appellativo «cari membri della famiglia», identificata con la nazione. Ma gli indiani non sono una famiglia. Una famiglia è più famiglia delle altre: l’indù. Comunità etno religiosa assai variegata, raccoglie i quattro quinti degli indiani. Per Modi è il cuore della nazione. Con relativo declassamento, quando non persecuzione, della corposa minoranza musulmana, che più di cristiani, sikh e aderenti a culti minori soffre l’egemonia induista.
L’èra Modi, che si prevede durare almeno fino alle elezioni del 2029, si qualifica per la rifondazione dell’India come Bharat. Nome di origine sanscrita speso dai governanti attuali anche sui tavoli internazionali, marchio per lo Stato indù (Hindu Rashtra). In contrapposizione al lascito laico e inclusivo della dinastia Gandhi-Nehru.
Tanto più necessario quanto ambizioso è il traguardo di Atmanirbhar Bharat, nazione fondata sul dharma dell’autonomia strategica. Lo sguardo fisso sui propri interessi nazionali, in armonia con il «mondo famiglia» (Vasudha Iva Kutumbakam). Obiettivo: accelerare la fine del residuo ordine mondiale fondato nel 1945 dalla strapotenza a stelle e strisce, cui subentrerà un assetto multipolare.
Con Delhi polo dell’Asia meridionale dotato di sfera d’influenza regionale e ramificazioni in ogni continente grazie anche alla diaspora centrata su Golfo (9 milioni) e Stati Uniti (5 milioni, Kamala Harris inclusa). Per valutarne la plausibilità, caliamo questa visione, o miraggio, nei concreti vincoli geopolitici che limitano le ambizioni dell’India.
Avverte il ministro degli Esteri: «Prendere rischi è inerente al realizzare ambizioni. Una nazione che aspira a diventare un giorno potenza guida non può continuare con frontiere incerte, una regione non integrata, opportunità non colte». Il riferimento è al Pakistan, che dispone del nucleare.
La geopolitica delle mani sporche costringe l’analista a inseguire la posizione dell’India in movimento. Senza poter stabilire niente con certezza. Non sai mai dove e quando trovarla, qui con gli americani (Quad) lì con russi e cinesi (Brics). Bharat sembra applicare alla geopolitica il principio di indeterminazione di Heisenberg, rottura della fisica quantistica con la classica, espressa nella relazione tra posizione e quantità di moto. L’indeterminismo quantico è la cifra del protagonismo tous azimuts di Modi e associati. Come potrebbe altrimenti parere grande potenza senza esserlo?
L’India cura di non cadere nella trappola dello scontro finale. Magie del multiallineamento. Si offre all’America quando utile, specie nel contenimento della Cina. E ne trae enormi vantaggi. Ma resta vicina alla Russia, non solo per opportunismo energetico e militare. Soprattutto per evitare che si schiacci sulla Cina, ovvero sotto. Con Mosca progetta grandiosi corridoi panasiatici alternativi ai cinesi. Non chiude la porta a Pechino. Consapevole di quanto né russi né cinesi possono ammettere: con americani ed europei converrà prima o poi stipulare un compromesso per facilitare la transizione pacifica che legittimi le rispettive sfere d’influenza. Sempre che gli occidentali, o loro stessi, non perdano il controllo e finiscano dove non vogliono arrivare.
In questi anni del vivere pericolosamente l’India che vuol parere più di quanto sia – spesso ci riesce – rischia grosso. Qualcuno potrebbe chiamare bluff. Ma chi scommette su sé stesso ha un vantaggio. Si apre una prospettiva. Dirige verso un futuro.
L’Occidente ha smesso di cercarlo. Rinnega se stesso, perché ha escluso il passato dal suo orizzonte. Duro vivere nel presente continuo mentre il piano inclina verso il basso. Molto più utopico del futurismo indiano.

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