USA, Israele, Iran e la Chicago Anni ’30. E Due Commenti Seri, di Andrea Zhok e Alessandro Volpi.

18 Giugno 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, vi proponiamo un breve racconto gangsteristico ambientato nella Chicago Anni ’30. Bullo e Bibo sono amici. A Bibo però sta antipatico – ricambiato – Ayato. Bibo è un tipo litigioso e manesco, a cui, fra l’altro, piace ammazzare bambini. Bullo e Ayato decidono di vedersi per appianare le divergenze. Il giorno prima dell’incontro Bibo scatena i suoi picciotti devasta il quartiere della banda rivale e fa fuori due o tre amici di Ayato che avrebbero dovuto partecipare alla bevuta di riconciliazione con Bullo. Ayato sospetta – giustamente – che Bullo sapesse dell’agguato, e che anzi la storia dell’incontro fosse messa in piedi per placare paure e diffidenze. Ayato dice che non vuole più vedere Bullo, e manda i suoi scagnozzi a smitragliare il quartiere di Bibo. E Bullo che fa? Ordina a Ayato di arrendersi senza condizioni (in che senso? Non ha smitragliato mica lui, per primo…) se no….dice che sta perdendo la pazienza, minaccia, promette sfracelli.

Sostituite Usa a Bullo, Israele a Bibo e Iran a Ayato, e ditemi se e dove c’è qualcosa di sbagliato nella trama. E intanto leggetevi due commenti; il primo di Andrea Zhok, il secondo di Alessandro Volpi. A entrambi il nostro grazie.

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Andrea Zhok

«Tre giorni di conflitto tra Israele e Iran e il mondo si è dimenticato del povero Zelensky. Ricordate Zelensky? Quello che aveva vinto “Ballando con le stelle”? Quello che aveva la stessa simpatica maglietta verde da tre anni a questa parte? Ecco, quello che sta succedendo è che, non appena le telecamere si sono spostate, anche il flusso di armi e finanziamenti (in particolare americani) si sono interrotti di botto. Proprio istantaneamente. E le stesse attività di intelligence e di informazione satellitare americane ora devono essere almeno in parte riorientate sul Medio Oriente.
E nonostante il piglio bellicoso della von der Leyen e la minaccia di scatenare sul fronte russo una Kallas idrofoba, in verità, se si allenta il contributo americano, l’Ucraina ha letteralmente le ore contate.
Ora, grazie all’incontinenza suprematista di Israele, il gioco sulla scacchiera internazionale si è fatto improvvisamente terribilmente complesso e in parte caotico.
Gli USA, essendo una proxy israeliana (e non viceversa), difenderanno a qualunque costo Israele. Questa è l’unica ragione per cui Nethanyahu si è azzardato ad un passo potenzialmente devastante per il proprio paese. Senza supporto logistico, rifornimenti, informazioni satellitari, e intercettazioni americane Israele non avrebbe nessuna speranza in una guerra convenzionale prolungata con l’Iran. Ma Nethanyahu sa che, quando la situazione dovesse farsi davvero grave, lo zio Sam entrerà in scena direttamente.
Questa è la ragione della tattica di risposta iraniana che è al millimetro una strategia Tit for Tat: l’Iran risponde sempre colpendo esattamente e solo le stesse tipologie di obiettivi appena attaccati da Israele: tu colpisci un centro di ricerca, io colpisco un centro di ricerca, tu colpisci un’infrastruttura energetica, io colpisco un’infrastruttura energetica, tu colpisci i centri di comando militare nella capitale, così faccio io, ecc.. Il senso di questa tattica è di rendersi prevedibile e in questo modo di far capire alla controparte che non c’è un’intenzione di eccedere e che basta che gli attacchi cessino perché si pervenga ad una tregua. L’Iran agisce così perché sa che non può davvero vincere in maniera piena su Israele, in quanto gli USA non lo permetterebbero.
Ma poi c’è un altro retroterra da valutare, ed è quello rappresentato diciamo dai BRICS, ma in effetti dai due soci di maggioranza, Cina e Russia. Entrambi sanno che una sconfitta strategica iraniana sarebbe una catastrofe per ogni tentativo di profilarsi come un contropotere rispetto all’Occidente a guida americana. Entrambi hanno trattati di collaborazione e cooperazione con l’Iran, e la Cina ha un interesse vitale alla via di terra che sta approntando verso occidente, e che ha l’Iran al suo cuore. Ma nessuno dei due paesi ha basi militari prossime né confini diretti. Dunque ogni sostegno all’Iran tende ad essere visibile. La Russia ha ancora da sbrigare la faccenda ucraina, che, per quanto in fase di accelerazione, drena ancora enormi risorse. Il supporto da parte della Cina e o della Russia potrebbe avvenire attraverso il Pakistan, che è in buoni rapporti con la Russia, aspira a entrare nei Brics, e non vede di buon occhio di trovarsi un Israele vittorioso alle porte di casa.
Ma sono tutte azioni improvvisate, perché l’Ordine Multipolare è ancora in gran parte un’idea filosofica, non un’alleanza operativa.
Qui, come sempre, la variabile fondamentale è il tempo.
Più il conflitto tra Israele e Iran dura, più la posizione del blocco USA-Israele si indebolisce: Israele non è in grado di sopportare un livello di distruzione neanche lontanamente simile a quello che sono adusi a infliggere ai loro nemici.
Simultaneamente, più passa il tempo e più si possono trovare strade per un supporto strutturale dell’Iran da parte russa, ma soprattutto cinese (via Pakistan).
E più passa il tempo, più le cose si vanno semplificando per la Russia sul fronte ucraino.
Il problema è che gli USA capiscono perfettamente che il tempo lavora contro di loro, e che corrono il rischio di trovarsi con una duplice sconfitta strategica in mano, qualcosa che potrebbe mutare le sorti dell’egemonia mondiale prossima ventura.
Sui due fronti, ucraino e medio-orientale, si gioca un’unica partita, dove chi perde si infila in un percorso senza più carte importanti da giocare.
Ecco, anche alla luce del massivo spostamento in corso di forze aeree statunitensi in Europa, il mio timore per i prossimi giorni è che gli USA cerchino un colpo sull’acceleratore su uno o forse entrambi i fronti. Ad esempio un attacco false flag a qualche asset americano potrebbe dare la scusa agli USA per mettere subito in piedi nel conflitto (più probabile in Medio Oriente, ma non è da escludere il fronte russo).
Quanto più in difficoltà è il fronte USA-Israele, tanto più pericoloso per il resto del mondo esso diventa, perché il loro codice utilitarista gli rende idealmente accettabile ogni atto, senza remore morali, purché esso prometta per sé stessi più benefici che costi»
(Andrea Zhok).

***

La dimostrazione della totale connivenza, e pericolosa inutilità, del G7. Il documento partorito dalla riunione sulle simpatiche montagne rocciose canadesi è un capolavoro di spietatezza e ipocrisia: un modo, peraltro, per inimicarsi il resto del mondo. Il testo ribadisce con forza il diritto di Israele alla difesa, dimenticando in modo davvero ironico, che proprio Israele ha deciso di bombardare Teheran sulla base di autonome valutazioni, violando così la più semplice regola di quel che rimane del diritto internazionale. Ha aggiunto che l’Iran è la principale fonte di terrore nella regione e dunque non può avere l’atomica. In estrema sintesi, il G7, nonostante il genocidio di Gaza, assurge Israele a difensore delle libertà e, in modo davvero paradossale, in tale consesso, i sette “grandi” dichiarano di aver chiara l’importanza “della protezione dei civili”, israeliani. L’invito alla de escalation risulta quindi decisamente secondario e l’accenno a Gaza (“compreso il cessate il fuoco a Gaza”) suona davvero insultante. In pratica per i 7 Israele deve fare il proprio lavoro di imporre un nuovo ordine in tutta l’area, senza troppi indugi e senza preoccuparsi troppo delle vittime. Ma c’è di più. La parte finale della dichiarazione minaccia interventi diretti nell’area a “difesa” del mercato: di nuovo l’obiettivo è chiaro, di fronte ad una crescita degli scambi petroliferi dell’Iran con la Cina e di altri paesi arabi con partner non europei, le flotte della Vecchia Europa e degli Stati Uniti sono pronte a intervenire con il pretesto surreale di evitare la speculazione: quella speculazione animata dai grandi player della finanza americana e che proprio da queste dichiarazioni belluine trarranno enormi benefici, facendo ripartire una costosissima inflazione per gli incredibili europei. Del resto, a margine del vertice, mentre Giorgia Meloni “discuteva con Trump delle sorti mondiali”, Starmer chiudeva l’accordo sui dazi in barba agli europei e lo stesso Trump dichiarava la necessità di coinvolgere il “super nemico” Putin, evitando di incontrare Zelensky. Il vertice canadese è davvero l’espressione deteriore dell’arroganza, della connivenza e dell’impotenza di Francia, Inghilterra, Germania e Italia, la credibilità della cui classe dirigente è ormai del tutto sparita, sostituita da una serie di servilismi, a partire da quello verso Israele per finire con quello verso Trump. Io mi domando come facciamo ad essere governati così e come riusciamo a dimenticarci l’enorme forza commerciale e finanziaria di cui, nonostante tutto, dispone l’Europa. Naturalmente, di tutto ciò non poteva non gioire la presidente della Commissione von der Leyen che ha puntato tutto sulla corsa al riarmo e, in tale ottica, dare un via libera globale a Israele significa creare una gigantesca bolla finanziaria costruita proprio sul riarmo; quella voluta dall’alta finanza europea e dalla Big Three, che si tradurrà in concreto nel favorire la creazione di un grande esercito tedesco. Forse non è un caso se la Germania, insieme all’Italia, si sia opposta alla sospensione dell’Accordo commerciale dei paesi europei con Israele.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 9 persone e il seguente testo "G7 2025 KANANASKIS"

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2 commenti

  • andreottiano ha detto:

    Trovo monocorde la cantilena i cui interpreti non sono affatto stonati, ma sceltissimi per non cantare nulla fuori del programma. Il repertorio è limitato.

    Chi ha scelto spartiti eterodossi, cantando le gesta della City londinese, guarda un po’ poi ha smesso di calcare il palcoscenico.

    Anche con l’aria bergogliana al bavarese il disonor e a chi lo disse usurpato solo l’esilio.

  • Bertoldino ha detto:

    ‘Sti professoroni (-ini) egoriferiti della contro-informazione vivono proprio in un mondo tutto loro…

    Siamo la portaerei degli Americani, altro che cavoli e mavoli (per non dire volgarità).