L’Elezione del Papa non è un Sacramento, ma L’Istituzione Prova a Dire….Il Matto.
20 Maggio 2025
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il nostro Matto oggi discende dalle empiree regioni in cui abitualmente vola e accondiscende a occuparsi di un evento terreno, svoltosi recentemente, l’elezione di un romano pontefice. Buona lettura e condivisione.
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NON È UN SACRAMENTO
Evitando di finire incartati nel solito carosello di citazioni che lascia il tempo che trova (il tempo della confusione scismatica), e sorvolando sugli intrighi umani dei tempi passati in merito all’elezione del Papa, iniziamo con un’affermazione che risponde senza dubbio a verità: l’elezione del Papa non è un Sacramento. Pertanto nel Conclave v’è unicamente l’elezione del “primus inter pares”, senza influsso di Grazia come avviene nei Sacramenti.
L’Istituzione rimedia a ciò ricorrendo timidamente allo Spirito Santo quale discreto assistente che si limiterebbe a dare qualche rispettoso suggerimento. Si tratterebbe dunque di una sorta di grazia di natura extra-sacramentale (illuminazione semi-gnostica?) a favore di … non si sa chi. L’Istituzione, che dal Papa in giù si presenta imponente nelle sue disposizioni da ossevare senza se e senza ma, non si pronuncia in maniera netta in merito a ciò che di segreto (!?) avviene nel Conclave e che riguarda il Capo del Corpo istituzionale: le membra del corpo non sanno bene cosa succede alla testa.
Perciò, con la trasmissione sacramentale della Grazia da una parte e l’intervento extra-sacramentale dello Spirito Santo dall’altra, l’Istituzione puntella la sua autorità (o potere?) spirituale e non solo, presentandosi come tetragona intestataria e dispensatrice della Grazia in ogni caso. Di qui la conferma della gerarchia illuminata, tradizionale o sinodale che sia, e della sudditanza oscura che ha da mantenersi umile rinunciando a pensare in proprio: la gerarchia illuminata appronta tutto ciò che deve essere creduto, pensato e fatto, e di conseguenza tutto ciò che deve essere rigettato secondo un ferreo aut-aut. Insomma, si tratta del famoso «si si, no no» gestito ad hoc dagli uomini (e dalle donne) dell’Istituzione.
Tradizionale o sinodale che sia, la gerarchia s’impone “dall’alto” alla sudditanza “in basso”. Ovvero, per usare di una classica immagine evangelica, i pastori s’impongono (non semplicemente annunciano) alle pecore, in barba al principio secondo cui la Verità s’impone da sé. Il tutto, escluse le pecore nere, che stranamente non sono annoverate fra quelle smarrite, ed in un passato illuminato non dallo Spirito Santo ma dalle vampe di fuoco venivano misericordiosamente cotte alla brace secondo le chiarissime disposizioni del … Buon Pastore ?????
Certo, l’immagine evangelica non andrebbe presa alla lettera, giacché se le pecore sono animali da guidare col bastone e con i cani, non altrettanto si può dire dei sudditi che sono esseri umani alla stregua dei pastori. Ma non sembra che nell’Istituzione, nonostante l’ostentazione materna a tutto campo, ciò sia tenuto nella dovuta considerazione: i sudditi sono considerati come pecore al buio, e siccome le pecore non pensano, anche i sudditi non devono pensare ma soltanto credere e ripetere, sicché, tradizionale o sinodale che sia, ortodossa o eretica che sia, la gerarchia illuminata si presenta come fondamentalista, in ciò l’intima natura dell’Istituzione post-conciliare non distinguendosi affatto da quella pre-conciliare. In un caso e nell’altro essa si pone come impositiva della “verità”. La gerarchia e il sinodo sono le due facce della medaglia, ciò riguardando, però, un ciclo che molto probabilmente, si sta avvicinando alla conclusione, nonostante il gioioso e speranzoso entusiasmo di gran parte delle pecore e una minoranza non trascurabile che si agita per il nuovo falso papa, le cui punte di diamante sono mons. Viganò e don Minutella, pecore nere cacciate dal recinto, vittime del fondamentalismo di cui essi stessi sono rappresentanti.
Chiaro che non essendo un sacramento e senza un pronunciamento ufficiale dell’Istituzione, l’elezione del Papa avviene con una modalità ambigua in merito al ruolo dello Spirito Santo: infatti non è chiaro se Esso sia decisivo o meno, e di conseguenza se nel Conclave si dia corso alla volontà di Dio o a quella degli elettori la cui maggioranza è più impegnata in brighe strategico-politiche. In ogni caso, le pecore non devono sapere cosa segretamente combinano i pastori dietro quel portone chiuso a chiave. Tutto ciò che esse possono vedere è … la fumata bianca.
Ricorrendo all’escamotage teologico secondo cui Dio interviene nel vivere umano – dunque anche nel Conclave – volendo o permettendo ciò che accade, si potrebbe chiarire la faccenda definitivamente: il Papa eletto è voluto da Dio tramite intervento dello Spirito Santo, o è permesso da Dio che lascia agli elettori di regolarsi per motivi strategico-politici. Come dire che in un modo o nell’altro Dio entra nel gioco ed è determinante.
Ma questa soluzione risulterebbe alquanto scottante poiché richiederebbe di promulgare un documento dogmatico secondo cui ogni Papa eletto, ottimo o pessimo che sia, è quello voluto o permesso da Dio, costituendo così, senza eccezioni, “un magnum gaudium”. Infatti, chi potrebbe discutere le decisioni di Dio? Chi potrebbe pretendere di conoscere le motivazioni di Dio? Così, anche un Papa pessimo sarebbe un dono di Dio di cui rallegrarsi. E così, mentre in basso vige la più iper-documentata e obbligante verità, in alto la verità stessa è lasciata in una fumosa sospensione.
Così la nebulosità circa l’intervento dello Spirito Santo nel Conclave “in alto” permane, stridendo non poco con la granitica struttura dell’Istituzione verso “il basso”, con le sue risposte inconfutabili per ogni domanda che rendono superflua la facoltà di riflettere dei sudditi. Ai quali non resta che belare come docili pecore – cioè tacere – o, se proprio vogliono dire qualcosa, ripetere ciò che è già pensato secondo la enkiklos paideia compilata dagli uomini dell’Istituzione.
Tanto il senso di colpa e la paura del castigo, quanto l’indisciplinato e folle lassismo misericordioso del “Dio ti ama così come sei” sono gli estremi che hanno fatto il loro tempo. L’inizio del nuovo ciclo resta inimmaginabile per le coscienze oberate da forme inculcate, giacchè ogni in-formazione che si pretende fissa è un limite imposto alla Coscienza che in sé è mariana, cioè pura e libera, e perciò già in comunione con la sua Divina Origine, occorrendo soltanto che essa se lo ricordi. Poiché in tale re-cordis sono comprese tutte le Virtù delle Tota Pulchra.
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Tag: elezione, matto, papa, sacramento, spirito santo
Categoria: Generale
Beh Bergoglio diceva peggio e nessuno gli diceva niente, anzi …cori da stadio come ultras.
Comunque tu, caro matto , ci provi e non apri nessuna porta tranne quelli che considerano la chiesa un male necessario , che poi questo male sia voluto dal Sommo Bene chiuderebbe il cerchio su chi la pensa così . Nel senso che sembrano quei bambini innamorati del pallone che fingevano di dribblare infiniti avversari … E poi giocavano da soli , solo loro niente squadra. Ma se uno gioca da solo che gioco è?
Caro Matto, non so perché ma ho avuto sempre una certa simpatia per lei, anche se quasi sempre non ho condiviso le sue riflessioni. In questo suo articolo,
più che un’analisi, ho avuto l’impressione di leggere una lunga omelia gnostico-anarchica, in cui il sospetto sistematico prende il posto della fede, e il tono profetico si sostituisce al ragionamento teologico. Si potrebbe pensare al tentativo di costruire una religione alternativa, fondata non sull’Incarnazione del Verbo ma su una vaga “coscienza mariana”, che tutto intuisce, tutto trascende e nulla riconosce come autorità concreta.
Procediamo con ordine.
1. “L’elezione del Papa non è un Sacramento”
Giustissimo. Ma chi mai ha sostenuto che lo sia? Dire che l’elezione non è un Sacramento non significa che lo Spirito Santo se ne stia in silenziosa villeggiatura mentre gli uomini giocano a Risiko spirituale. La Chiesa ha sempre parlato di assistenza dello Spirito Santo, non di determinismo divino. L’infallibilità non riguarda l’elezione ma il munus ricevuto e liberamente accettato.
Il Papa, eletto validamente, è Papa, anche se fosse il peggiore degli uomini. Non perché Dio approvi ogni sua scelta, ma perché Cristo ha legato la sua Chiesa a una realtà visibile e concreta, non alle impressioni interiori dei presunti illuminati.
2. “L’Istituzione si puntella col mistero e si impone dall’alto”
Sì, la Chiesa ha un’autorità gerarchica. LO HA VOLUTO CRISTO. Non ha chiesto di essere fondata su un’assemblea permanente, ma su Pietro. Questa dottrina è ciò che rende cattolico un cristiano. E Pietro è stato costituito guida non per imporre arbitrio, ma per servire nell’autorità ricevuta, non inventata.
Il suo sarcasmo verso la “sudditanza oscura” tradisce un fastidio per ogni forma di obbedienza: ma la Chiesa non è fondata sulla spontaneità individualista, bensì sulla comunione ordinata. Che ci sia differenza di ruoli non implica la negazione della dignità dei fedeli, ma la concreta struttura del Corpo di Cristo.
3. “La verità si impone da sé, non dai pastori”
Eppure è proprio Gesù che ha istituito pastori per annunciare e custodire la verità, perché la verità – per quanto luminosa – deve essere accolta. Non si impone meccanicamente, ma viene proposta con autorità, quella apostolica.
Che la gerarchia abbia avuto membri indegni non la rende fasulla: anche tra i Dodici c’era un Giuda. La fedeltà della Chiesa non si fonda sulla santità soggettiva dei suoi membri, ma sulla promessa oggettiva del Cristo: “Chi ascolta voi ascolta me.” (Lc 10,16)
4. “Il Conclave è ambiguo e la volontà di Dio è oscura”
Il Conclave è misterioso, sì, perché lì si fondono libertà umana e grazia. Ma che sia ambiguo, come dice lei, non lo penso proprio. Non c’è nulla di più chiaro, in realtà: una procedura fissata, un diritto applicato, un’elezione ratificata, un Papa riconosciuto.
Che Dio permetta a volte la salita di pontefici meno luminosi è parte della sua pedagogia salvifica, non del caos. La storia della Chiesa ne è testimone: papi santi e papi peccatori, eppure la Barca di Pietro ha sempre attraversato i secoli, nonostante gli scogli e le tempeste.
5. “La gerarchia impone verità, le pecore non pensano”
La Chiesa non ha mai proibito il pensiero, ma lo ha chiamato alla verità. La fede cattolica è intelligente, non fideista. Basti pensare a Tommaso d’Aquino, Bonaventura, Edith Stein….
Ciò che lei chiama “pensiero” sembra più un esercizio di dubbio elevato a sistema, privo di docilità, di ascolto e di senso ecclesiale. Le pecore pensano, sì, ma nel gregge e con il Pastore, non contro di esso.
6. “La coscienza è mariana e basta ricordare…”
Bella frase, poetica persino. Ma Maria non è il simbolo di un vago ricordo interiore. Maria è la credente perfetta proprio perché ha accolto la Parola e ha detto “Fiat”. Non si è improvvisata guida spirituale, ma ha vissuto nell’umile adesione alla volontà di Dio e nella piena comunione con la Chiesa nascente.
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Per concludere:
la sua critica Scredita la Chiesa visibile, spiritualizza a oltranza ogni realtà, ironizza sul gregge ma non mostra segni di appartenenza.
Cristo non ha fondato un’idea, ma una Chiesa.
Non ha lasciato un’energia cosmica, ma un popolo guidato da apostoli e successori.
Non ha detto: “Ricordati di te stesso”, ma: “Prendi la tua croce e seguimi.”
Io, come tante altre pecorelle, resto nel gregge, non perché io non sappia pensare, ma perché riconosco e voglio ascoltare la voce del Pastore.
Caro don P.P.
nessun dubbio che, intervenendo, lei avrebbe scritto quel che ha scritto in quanto membro dell’Istituzione. Ci mancherebbe che non lo facesse! Ovviamente gliene riconosco il diritto, a patto che lei riconosca il mio.
Siamo sul traballante piano della dialettica, e sono certo che anche lei sia perfettamente consapevole che con la dialettica non si va da nessuna parte, ragion per cui ci si dovrebbe limitare ad esporre il proprio pensiero senza pretesa di imporlo ad altri, ma anche senza subire il pensiero altrui.
Inutile aggiungere che il metodo obsoleto e controproducente della “eliminazione” dell’interlocutore, come auspicato da don Alessio, piaccia o no, è superato. Ossia, i tempi del Sillabo sono inesorabilmente andati.
Con un cordiale saluto.
P.S. La ringrazio per la simpatia che prova nei miei confronti. Lei dice di non saperne il perché, e ciò (secondo me) non manca di costituire un che di intrigante 😊
Caro “Matto”,
la ringrazio per la risposta e, ancor più, per il tono rispettoso e – come sempre – intelligentemente provocatorio.
Voglio però precisare una cosa che ritengo essenziale: ciò che scrivo non nasce semplicemente dal fatto che io sia membro dell’Istituzione – parola che spesso sembra evocare un monolite freddo e impersonale. Scrivo e rispondo, anzitutto, come cristiano che crede. Prima ancora che come sacerdote, prima ancora che come parroco, sono un uomo che ha incontrato Gesù Cristo e ha scelto di seguirlo dentro la Chiesa, credendo alla sua promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.”
Il mio intento, dunque, non è mai quello di imporre una visione o zittire il dissenso, ma testimoniare una fedeltà, che per me non è ideologica, ma esistenziale. È la fedeltà a un corpo vivo, fatto di carne, Spirito, storia e misericordia: la Chiesa. Che poi sia imperfetta, ferita, talvolta claudicante, lo so bene, e certamente meglio di tante altre persone. Eppure è lì che Cristo ha voluto restare, non in un’idea astratta o in una purezza immaginaria.
Quanto alla dialettica, sono d’accordo con lei: se resta pura disputa, non porta lontano. Ma se diventa occasione di incontro, di ascolto e di ricerca sincera della verità, allora sì, può aprire sentieri.
Non ho alcuna simpatia “strategica” nei suoi confronti, ma qualcosa che somiglia a una stima gratuita: forse perché, dietro l’ironia e il disincanto, intuisco una coscienza inquieta che cerca, e non si accontenta (???}. E questo, mi creda, non mi è mai indifferente.
Un cordiale saluto,
don Pietro Paolo
Questo punto in particolare mi ha colpito:
“Le pecore pensano, sì, ma nel gregge e con il Pastore, non contro di esso.”
E mi domando: “E se in realtá é il pastore che dovesse cospirare contro le pecore del gregge? In questo caso possono le pecore ricorrere all´”intelligenza della fede cattolica””?
Caro UnaOpinione,
la sua domanda è tutt’altro che banale, e merita una risposta chiara.
Quando ho scritto: “Le pecore pensano, sì, ma nel gregge e con il Pastore, non contro di esso”, facevo esplicito riferimento al Pastore con la P maiuscola, cioè a Cristo stesso, secondo quanto afferma il Vangelo di Giovanni:
“Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10,27).
In questo contesto, il “pensare nel gregge” non significa conformarsi ciecamente a una struttura terrena, ma camminare in ascolto della voce del Signore, insieme agli altri, sotto la guida di quei pastori che lo rappresentano fedelmente.
Ora, se un ministro terreno – un pastore con la p minuscola – tradisce la sua missione e non parla più con la voce del Pastore, ma agisce contro il Vangelo, allora sì: le pecore hanno il diritto e il dovere di ricorrere all’intelligenza della fede. Non per ribellarsi in modo anarchico, ma per discernere.
Come insegna san Paolo: “Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1Ts 5,21).
La fede cattolica non è cieca obbedienza, ma docilità intelligente e vigile. E nella storia della Chiesa, non sono mancate le pecore – sante – che hanno ricordato ai pastori smarriti il volto del vero Pastore. Penso a Caterina da Siena, a Francesco d’Assisi, a tanti uomini e donne che, restando nella Chiesa, hanno custodito la voce del Vangelo anche quando attorno a loro sembrava affievolirsi.
Ma tutto questo – e qui è il punto – avviene nel grembo della Chiesa, non fuori da essa. Le pecore non si salvano fuggendo dal gregge, ma cercando il volto del Pastore autentico dentro la comunione, anche quando è ferita.
Quindi sì, la coscienza formata dalla fede può e deve interrogare, ma sempre alla luce della Parola, del Magistero autentico, e con quello spirito che Cristo stesso ha mostrato: non giudicando per condannare, ma vegliando per amare e ricondurre all’unità.
don Pietro Paolo
Questa sua risposta mi fa capire (ma non so se capisco bene) che in sostanza si puó usare l´intelligenza della fede cattolica solo se non contrasta con le dichiarazioni del Papa (e questo per preservare l´unitá cattolica). Se peró vi contrasta allora non é poi lecito usare questa intelligenza oltre una certa misura.
E qui mi sento anche di affermare che mi pare che lei dia una estrema importanza alla “parte visibile” della Chiesa cattolica. Il rimanere fedeli alla “parte invisibile”, che rimane sempre fedele a Sé stessa non importa in quale epoca storica si trovi l´umanitá e che é in realtá é ció da cui ha avuto origine la “parte visibile”, non mi pare che abbia un peso preponderante per lei (cosí come io credo che debba essere).
Ma qui il problema a monte é proprio se il Papa in questione sia in realtá un “papa” (con “p” minuscola), insomma … se lui stesso “non rappresenti piú fedelmente” Gesú … per non parlare poi se si sia messo totalmente in opposizione a Lui. Andando al concreto: se un Papa rifiuta la sovranitá unica ed assoluta di Gesú (p.e. attraverso il “sinodalismo” “a lá Francesco”) si pone, secondo me, come “parte visibile” della Chiesa cattolica, in contrasto aperto ed insanabile con la “parte invisibile” della Chiesa cattolica e perde ogni legittimazione ad essere Papa (in questo caso diventa eretico se é stato eletto legittimamente?). Per non parlare poi se il papa é stato falsamente eletto (e cioé é un antipapa?).
Penso inoltre che per esortare i fedeli a non minare l´unitá della Chiesa, i vescovi, loro per primi, non dovrebbero minare l´unitá della Chiesa rigettando gli insegnamenti di e le veritá rivelate da Gesú. Se cosí fosse staremmo di fronte ad un fenomeno in cui gli insegnamenti di origine divina sono sostituiti, per motivi non sempre solamente umani … qui puó giocare anche l´influenza del Diavolo, con degli altri che hanno come fonte solo l´arbitrio umano (o di altra ispirazione trascendentale peró non proveniente da Dio?). E quindi se un Papa nega la regalitá di Gesú Cristo, secondo me, é lui lo scismatico e tutti coloro che vanno dietro alle sue affermazioni: la Chiesa Vera si mantiene pura.
Ora io affermo che usare l´intelligenza della fede cattolica per scoprire questi “dettagli” che sfuggono alla maggior parte della persone non é porsi al di fuori dalla Chiesa cattolica ma é un passo necessario per aderire piú strettamente ai suoi insegnamenti (e cioé a non lasciarsi sviare da false percezioni esterne). E questo perché in realtá é il “papa” (che sia eretico o antipapa) ad aver deviato dagli insegnamenti della “parte invisibile” della Chiesa cattolica: di fatto non si puó considerare né un buon pastore (non applica piú le direttive di Colui che gli ha affidato le pecore) ma soprattutto neanche si puó considerare un vero pastore … tutt´al piú, a mio avviso, é un misero ladro di pecore travestito da pastore che si é prefissato di mandare queste pecore al macello (e cioé di consegnarle al Diavolo).
Dalle sue risposte mi pare che lei predichi di una intelligenza sottoposta a condizioni e non di un´intelligenza piena che é usa a considerare ogni elemento esistente e noto per discernere (e che peró puó ben facilmente essere scambiato per “ribellione”). E questo proprio in conformitá a quanto Dio vuole che ogni persona faccia … senza alcuna limitazione.
A me tutto il suo discorso ricorda un poco la “Democrazia” come oggi la intendono i globalisti: sei libero di votare ma solo se scegli il Loro candidato. Se voti per l´altro allora il tuo voto non vale piú niente e ti poni contro la “Democrazia”. E se non vai proprio a votare ti ribelli alla “Democrazia” e ti poni al di fuori di essa (che in un certo senso é anche vero quando la “Democrazia” si é trasformata in un mostro/ha rivelato il suo vero volto di mostro). La tattica mi pare che sia quella di polarizzare il pensiero: “O con Noi o contro di Noi”.
Io, stante le parole di papa Leone XIV al riguardo, la mia scelta l´ho giá fatta.
Una domanda, Don Pietro e Paolo: ma Gesú Cristo per lei é ancora Re?
https://www.santiebeati.it/dettaglio/92608
UNAOPINIONE,
la sua lunga riflessione tocca con acume e passione numerosi punti nevralgici della vita ecclesiale contemporanea: il rapporto tra fede e ragione, tra coscienza personale e autorità ecclesiastica, tra la Chiesa visibile e quella che lei definisce “invisibile”, tra legittimità papale e fedeltà a Cristo. Si tratta di questioni reali, non semplici sofismi: per questo meritano una risposta che non sia evasiva, ma radicata nella dottrina cattolica, nella Tradizione, e soprattutto in una retta coscienza illuminata dalla fede.
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1. L’intelligenza della fede e la coscienza personale retta
La Chiesa non chiede mai una fede cieca, né una obbedienza meccanica. Al contrario: l’intelligenza della fede è una delle vie maestre per aderire più profondamente alla verità rivelata. È dono di Dio e compito della ragione elevata dalla grazia. Tuttavia, perché questa intelligenza sia autentica e non degeneri in presunzione, deve agire in sinergia con una coscienza personale retta: coscienza che non è arbitrio soggettivo, ma “il santuario dell’uomo, dove egli è solo con Dio e dove la Sua voce risuona” (Gaudium et Spes, 16).
Una coscienza personale retta non è mai indipendente dal corpo ecclesiale, ma si lascia formare dalla Tradizione, dalla Scrittura e dal Magistero. Essa sa interrogare, discernere, anche protestare in certe condizioni, ma mai disgregare o opporsi all’unità della Chiesa, perché lo Spirito Santo non è autore di confusione, ma di comunione. A confusioni non si risponde con ulteriori confusioni.
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2. Chiesa visibile e invisibile: un’unità inseparabile
La distinzione tra una “Chiesa invisibile” e una “Chiesa visibile” può essere utile, ma non deve mai condurre a contrapporle. La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica: è visibile nei sacramenti, nella gerarchia, nella predicazione e nell’unità col Papa, ma è anche spirituale e soprannaturale, perché è il Corpo mistico di Cristo animato dallo Spirito.
Non può dunque esistere una “Chiesa pura” invisibile che si oppone alla Chiesa istituzionale: questa visione è protestante, non cattolica. Cristo ha fondato una sola Chiesa, visibile e reale, e la coscienza retta, per quanto inquieta o turbata, non si separa mai da questa Chiesa, ma la ama, la serve e, se necessario, la corregge dal di dentro aspettando fiduciosamente che, sulla parola di Cristo, prima o poi la verità ortodossa si imporrà: non prevalebunt. Lo Spirito Santo non ha abbandonato la Chiesa.
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3. Il Papa può sbagliare? E come si comporta una coscienza retta?
Sì, un Papa può errare, può esprimere opinioni infelici o anche decisioni discutibili. Tuttavia, secondo la dottrina cattolica, non ogni errore lo priva del suo ufficio. Anche San Roberto Bellarmino, tanto citato in questi dibattiti, insegnava che un Papa manifestamente eretico perderebbe il pontificato, ma tale evenienza richiede un giudizio ufficiale della Chiesa, non l’opinione di un singolo fedele o di un gruppo di persone. Per la cronaca: neanche intere conferenze episcopali in disaccordo con certe “ aperture” hanno osato definire il Papa eretico.
La coscienza personale retta di fronte a un pontefice discutibile non si fa giudice della sua legittimità, ma resiste con fermezza all’errore, senza mai rompere la comunione ecclesiale. Essa non abdica al proprio dovere di vigilanza, ma neppure usurpa ruoli che non le spettano.
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4. Cristo è Re: anche della coscienza
Mi ha chiesto: Gesù Cristo per lei è ancora Re?
Sì, lo è. Lo è, lo è stato e sempre sarà. Lui è il solo Re dei re e Signore dei signori. Lui è il Re dell’universo, Signore della storia e Sovrano della coscienza. Ma proprio in quanto Re, Cristo non governa solo cuori individuali, ma ha fondato una Chiesa visibile e le ha dato una struttura, una gerarchia, una guida nel tempo.
La coscienza, per essere fedele al suo Re, non può rifiutare la Chiesa che Egli ha istituito. Altrimenti si ha l’illusione di obbedire a Cristo mentre ci si oppone ai suoi strumenti.
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5. Il sinodalismo e la vera vigilanza
Lei esprime perplessità circa il cosiddetto “sinodalismo à la Francesco”. È legittimo interrogarsi. Ma non dimentichi che la Chiesa non è costruita sulle opinioni del Papa, ma sulla roccia di Cristo e sulla Tradizione apostolica. Se un pastore esagera, se confonde, se si sbilancia, la coscienza retta può e deve discernere.
Ma anche qui: il discernimento vero non distrugge, non semina il sospetto, non decreta scismi, ma corregge con carità, illumina con verità e resta nella comunione.
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6. La vera libertà della coscienza non è ribellione
Lei teme che si possa parlare di libertà solo finché si è d’accordo con la gerarchia. Ma non è così. La libertà cristiana non è fare ciò che si vuole, ma ciò che è giusto. E ciò che è giusto si discerne nella coscienza retta, formata nella fede cattolica.
Una coscienza retta non è un’isola, ma parte viva del Corpo di Cristo. Essa sa che, senza comunione, anche la verità può diventare strumento di divisione.
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In conclusione
Ogni coscienza ha bisogno di essere ascoltata: è un dovere. Ma deve anche essere docile, cattolica, umile e formata. Non si tratta di obbedire ciecamente, ma di non pretendere che l’intelligenza personale della fede sostituisca il Magistero.
Dio ha affidato la guida della sua Chiesa a Pietro, non per rendere infallibili tutti i suoi atti, ma per garantire l’unità nella carità. Chi rompe questa unità, anche in nome della verità, rischia di perdere entrambe.
Che lo Spirito Santo illumini la sua e la mia coscienza, ci liberi da ogni inganno, ci renda fermi e luminosi nella verità, pazienti nella prova e fedeli nella comunione.
Questa sua risposta mi fa capire (ma non so se capisco bene) che in sostanza si puó usare l´intelligenza della fede cattolica solo se non contrasta con le dichiarazioni del Papa (e questo per preservare l´unitá cattolica). Se peró vi contrasta allora non é poi lecito usare questa intelligenza oltre una certa misura.
E qui mi sento anche di affermare che mi pare che lei dia una estrema importanza alla “parte visibile” della Chiesa cattolica. Il rimanere fedeli alla “parte invisibile”, che rimane sempre fedele a Sé stessa non importa in quale epoca storica si trovi l´umanitá e che é in realtá é ció da cui ha avuto origine la “parte visibile”, non mi pare che abbia un peso preponderante per lei (cosí come io credo che debba essere).
Ma qui il problema a monte é proprio se il Papa in questione sia in realtá un “papa” (con “p” minuscola), insomma … se lui stesso “non rappresenti piú fedelmente” Gesú … per non parlare poi se si sia messo totalmente in opposizione a Lui. Andando al concreto: se un Papa rifiuta la sovranitá unica ed assoluta di Gesú (p.e. attraverso il “sinodalismo” “a lá Francesco”) si pone, secondo me, come “parte visibile” della Chiesa cattolica, in contrasto aperto ed insanabile con la “parte invisibile” della Chiesa cattolica e perde ogni legittimazione ad essere Papa (in questo caso diventa eretico se é stato eletto legittimamente?). Per non parlare poi se il papa é stato falsamente eletto (e cioé é un antipapa?).
Penso inoltre che per esortare i fedeli a non minare l´unitá della Chiesa, i vescovi, loro per primi, non dovrebbero minare l´unitá della Chiesa rigettando gli insegnamenti di e le veritá rivelate da Gesú. Se cosí fosse staremmo di fronte ad un fenomeno in cui gli insegnamenti di origine divina sono sostituiti, per motivi non sempre solamente umani … qui puó giocare anche l´influenza del Diavolo, con degli altri che hanno come fonte solo l´arbitrio umano (o di altra ispirazione trascendentale peró non proveniente da Dio?). E quindi se un Papa nega la regalitá di Gesú Cristo, secondo me, é lui lo scismatico e tutti coloro che vanno dietro alle sue affermazioni: la Chiesa Vera si mantiene pura.
Ora io affermo che usare l´intelligenza della fede cattolica per scoprire questi “dettagli” che sfuggono alla maggior parte della persone non é porsi al di fuori dalla Chiesa cattolica ma é un passo necessario per aderire piú strettamente ai suoi insegnamenti (e cioé a non lasciarsi sviare da false percezioni esterne). E questo perché in realtá é il “papa” (che sia eretico o antipapa) ad aver deviato dagli insegnamenti della “parte invisibile” della Chiesa cattolica: di fatto non si puó considerare né un buon pastore (non applica piú le direttive di Colui che gli ha affidato le pecore) ma soprattutto neanche si puó considerare un vero pastore … tutt´al piú, a mio avviso, si comporta come un ladro di pecore travestito da pastore che si é prefissato di mandare queste pecore al macello (e cioé di consegnarle al Diavolo).
Dalle sue risposte mi pare che lei predichi di una intelligenza sottoposta a condizioni e non di un´intelligenza piena che é usa a considerare ogni elemento esistente e noto per discernere (e che peró puó ben facilmente essere scambiato per “ribellione”). E questo proprio in conformitá a quanto Dio vuole che ogni persona faccia … senza alcuna limitazione.
A me tutto il suo discorso ricorda un poco la “Democrazia” come oggi la intendono i globalisti: sei libero di votare ma solo se scegli il Loro candidato. Se voti per l´altro allora il tuo voto non vale piú niente e ti poni contro la “Democrazia”. E se non vai proprio a votare ti ribelli alla “Democrazia” e ti poni al di fuori di essa (che in un certo senso é anche vero quando la “Democrazia” si é trasformata in un mostro/ha rivelato il suo vero volto di mostro). La tattica mi pare che sia quella di polarizzare il pensiero: “O con Noi o contro di Noi”.
Io, stante le parole di papa Leone XIV al riguardo, la mia scelta l´ho giá fatta.
Una domanda, Don Pietro e Paolo: ma Gesú Cristo per lei é ancora Re?
https://www.santiebeati.it/dettaglio/92608
Nota: questo post sostituisce totalmente il post ore 14.16 del 23.5.25.
Non inficia in nessun modo la risposta di don Pietro e Paolo in quanto nessun punto a cui ha risposto é stato modificato.
Forse il “Matto” ed anche i lettori di SC potranno trovare qualche utile indicazione in questo scritto? Io l´ho trovato di utilitá e mi fa dormire piú tranquillo:
https://rense.com/general98/LEO-XIV.php (“A doubtful pope” di padre Kramer)
Lo scritto di padre Kramer andrebbe tradotto in italiano, perché chiarisce punti già chiari ma messi caparbiamente in discussione da alcuni “normalistii”.
https://rense.com/general98/LEO-XIV.php
Se fossi in lei non dormirei per niente tranquillo. L’articolo di p. Kramer contiene gravi errori teologici, ecclesiologici e canonici, oltre a insinuazioni pericolose per l’unità della Chiesa.
Padre Kramer mette in guardia dai “legalisti” che seguono la Chiesa, ma sta lui stesso promuovendo uno scisma dottrinale, travestito da fedeltà.
Le sue sono citazioni non verificabili, generalizzazioni complottiste e costruzioni fanta-apocalittiche. presenta il pensiero di san Tommaso, san Roberto Bellarmino e san Giovanni di San Tommaso in modo distorto: è vero che un Papa eretico può essere giudicato dalla Chiesa, ma ciò richiede un atto della Chiesa stessa, non di singoli individui.
La teologia della “sospensione del riconoscimento” riguarda situazioni ipotetiche e solo dopo atti pubblici, pertinaci e formalmente eretici, che devono essere giudicati da un concilio o dai vescovi uniti. Nessun “sospetto personale” autorizza un fedele a rifiutare la comunione col Papa legittimamente eletto.
La vera fedeltà alla Chiesa si esercita nella comunione, non nella contrapposizione sistematica al Papa visibile. La teologia della “Chiesa clandestina” e del “Papa distruttore” è una rilettura privatistica di testi profetici, piegati a un’interpretazione ideologica.
Chi rifiuta la successione apostolica, la legittimità canonica e la comunione universale non si pone più nella Chiesa, ma ai margini di essa.
Leone XIV è Papa legittimo della Chiesa cattolica. Lo è non per sentimento, né per maggioranza, ma perché eletto secondo le norme stabilite, riconosciuto da tutto l’episcopato, e accolto pacificamente dalla Chiesa universale.
Chi lo rifiuta in nome di “una vera Chiesa futura” è sulla via dello scisma spirituale, se non già formale.
Ubi Petrus, ibi Ecclesia.
E Pietro oggi si chiama Leone XIV.
Non prevalebunt
“Leone XIV è Papa legittimo della Chiesa cattolica. Lo è non per sentimento, né per maggioranza, ma perché eletto secondo le norme stabilite, riconosciuto da tutto l’episcopato, e accolto pacificamente dalla Chiesa universale.”
Certo certo … il cardinale Prevost deve essere stato assistito dallo Spirito Santo giá molto tempo prima del Conclave se il giorno precedente era stato in grado di annunciare al fratello che sarebbe stato eletto papa e dicendogli anche che nome avrebbe assunto (ma forse in realtá lui vince spesso alla lotteria … lo Spirito Santo non c´entra nulla).
Mi pare che piú che aver assistito ad un conclave (che pur ha avuto formalmente luogo) abbiamo assistito a qualcosa che mi ricorda piú un´operazione della CIA americana (in salsa vaticana).
Mi sbagliero?
(avrei altro da scrivere … per il momento mi fermo qui)
X UNAOPINIONE – 23 maggio 2025
le “chiacchere” che circolano – e che Lei sembra conoscere bene – sull’elezione di Papa Leone XIV si moltiplicano come accade ogni volta che il mistero della Provvidenza si manifesta nella vita della Chiesa. Ma una cosa resta certa, al di là delle suggestioni, dei sospetti e delle ipotesi più o meno romanzesche: oggi, Leone XIV è Papa legittimo della Chiesa cattolica.
Non perché lo si ritenga tale per simpatie personali, non perché lo Spirito Santo debba piegarsi ai nostri criteri di verifica, e neppure perché qualche parola detta in confidenza a un familiare possa “inquinare” un conclave che, per diritto e fatto, è stato celebrato secondo le norme canoniche. È Papa perché è stato canonicamente eletto, perché ha ricevuto il riconoscimento pacifico della Chiesa universale.
Le dietrologie, le insinuazioni, i riferimenti a operazioni segrete in stile “CIA in salsa vaticana” possono affascinare chi preferisce le trame agli atti dello Spirito, ma non cambiano la realtà.
Se ha altro da scrivere, lo faccia pure. Ma si ricordi che la solidità della Chiesa non si basa sulle nostre ipotesi, bensì – e non mi stancherò di ripeterlo sempre – sulla promessa indefettibile di Cristo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18).
Leone XIV è, semplicemente, il Papa.
E ogni cattolico che voglia restare nella comunione visibile della Chiesa di Cristo non può ignorarlo.
Buongiorno Tosatti, non so se ve ne siate accorti: questo scritto è gravemente eretico e contraddice perfino le preghiere liturgiche del venerdì santo (vecchio e nuovo Messale). Suggerisco sommessamente di eliminarlo.
Esimio don Alessio,
il solito metodo: l’eliminazione.
Complimenti!
Ahem…”la gerarchia NON impone il suo pensiero” ha appena sentenziato don P.P.. Lei NON è del suo avviso?
Finalmente un’intelligenza libera ed eccentrica!! La Chiesa è un male forse necessario perché come dice il Grande Inquisitore a Gesù:gli uomini non vogliono essere liberi,ma vogliono un padrone che risparmi loro la responsabilità del vivere.
La sua osservazione circa la libertà è notevole, profonda anche se sintetica.
🙏