Melloni e Mancuso Orfani…Americo Mascarucci.

16 Maggio 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, Americo Mascarucci, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni su alcuni nomi noti della galassia cattolica italiana. Buona lettura e condivisione.

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Il professor Alberto Melloni non ha dubbi, Leone XIV sarà un papa anti Trump e addirittura ne parla come l’ispiratore della lettera di Francesco ai vescovi americani per condannare le politiche anti immigrazione del presidente Usa.

Dall’ altra parte il teologo Vito Mancuso è sicuro che indietro non si potrà tornare perché non seguire la linea bergogliana vorrebbe dire condannare la Chiesa all’ irrilevanza.

Come se fino ad oggi la Chiesa abbia avuto una grande rilevanza. Quando? Dove? Nel ricevere gli applausi del mondo parlando il linguaggio del politicamente corretto e compiacendo le strategie globaliste su clima, difesa dell’ ambiente, immigrazione, politiche sanitarie, ma nell’ essere sistematicamente emarginata ed inascoltata ogni volta che ha provato ad inserirsi sullo scenario internazionale tentando di svolgere un’ attività diplomatica per la risoluzione dei conflitti (Ucraina, Gaza ecc.)?

In pratica, per non essere irrilevante, la Chiesa secondo Mancuso deve condannarsi all’ irrilevanza, ossia rinnegare se stessa, non parlare più di Cristo, rinunciare ad evangelizzare il mondo, adeguarsi al pensiero unico dominante, al conformismo imperante.  Mancuso non dice che Leone dovrà essere uguale a Bergoglio, questo sarebbe davvero troppo, ma che il Papa non deve rappresentare soltanto i cattolici ma anche i laici e i non credenti. E come può la Chiesa rappresentare i non cattolici se non rinunciando ad essere cattolica?

È evidente come fra i bergogliani serpeggi forte il timore di un ritorno ad una Chiesa cristocentrica, capace di  riscoprire il valore dell’ essere cattolica,  di aprirsi al mondo senza scendere a compromessi mondani e mondialisti come avveniva ai tempi di Giovanni Paolo II.

Melloni invece sembra mettere in guardia il nuovo papa, denunciando come Trump si sia guadagnato il consenso dei cattolici americani, ma di come sia necessario scongiurare che conquisti anche il cattolicesimo.
E questa, sempre secondo l’illustre storico che arriva a paragonare la lotta di Francesco contro le politiche anti migratorie di Trump alla lotta di Pio XI contro il nazismo, era la principale preoccupazione del papa defunto, che ora Leone XIV deve fare propria combattendo frontalmente il presidente  Usa.
Si direbbe che i catto progressisti stiano vivendo come un incubo il ritorno alla tradizione, che Prevost del resto ha già manifestato con i primi segni del pontificato, recuperando quei simboli della tradizione che Bergoglio aveva buttato alle ortiche inseguendo il sogno di una Chiesa non dei poveri ma povera, spoglia, svuotata di solennità e di liturgie, come se la povertà si possa combattere buttando via le croci dorate, le scarpe rosse, mandando in malora l’appartamento pontificio per abitare nell’albergo dei cardinali, o trasformando la residenza estiva di Castel Gandolfo in un museo (a pagamento) con folle di turisti che sfilano davanti al letto dove hanno dormito i pontefici scattandosi foto e selfie.
Per il professor Melloni, allievo di Giuseppe Dossetti e della scuola di Bologna fautrice dell’ ermeneutica della discontinuità del Concilio Vaticano II, e per il teologo del “cristianesimo new age”  svuotato di dogmi cattolici  Bergoglio avrebbe rappresentato una sorta di linea di confine fra una vecchia Chiesa da rottamare e una nuova Chiesa tutta da edificare, proseguendo l’opera del pontefice argentino in campo sia dottrinale che pastorale e  politico.
Un’opera di demolizione del cattolicesimo che Leone non sembra affatto deciso a perseguire, dimostrando di voler invece ricostruire l’unità del mondo cattolico intorno a Cristo, grande assente nel magistero dell’ ultimo decennio, prima che preoccuparsi di accogliere i lontani. Un cattolicesimo che ritorni ad ispirarsi a Sant ‘Agostino e a San Tommaso, non più al falso San Francesco del mito,  quello deformato ed ideologizzato dalla sinistra con la complicità dei frati del sacro convento di Assisi, ridotto ad un testimonial di battaglie ecologiste e sincretiste completamente estranee al San Francesco della storia.
L’incubo per i progressisti sinodali è veder il bergoglismo (ovvero l’orientamento pastorale, dottrinale ed ecumenico del precedente pontefice elevato ad ideologia da sinistra liberale e radical chic) smontato pezzo dopo pezzo con il ritorno ad una Chiesa, né tridentina, né tradizionalista, né tantomeno anti conciliare, ma semplicemente cattolica.
E se il buongiorno si vede dal mattino, certi “avvertimenti” ad opera dei soloni della Chiesa modernista e di sinistra, danno tanto il segno di come si possa guardare con sincera speranza al futuro. Certo, dall’ altra parte come riportato da La Stampa c’è la riconferma dei progressisti Hollerich e Gregh grandi registi del cammino sinodale, ma è naturale che un papa eletto da un conclave super affollato e a sentire i bene informati con un consenso larghissimo di oltre cento voti, deve necessariamente muoversi all’ insegna della pluralità e tenendo conto delle varie istanze e sensibilità presenti dentro la Chiesa.
E il fronte progressista, grazie soprattutto alle nomine bergogliane degli ultimi anni è molto nutrito (già è un successo che i suddetti non siano stati eletti al posto di Prevost, rischio che appariva tutt’ altro che remoto).
Per ora ci sono soltanto i segni e i buoni propositi, i fatti li valuteremo strada facendo.
Americo Mascarucci

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4 commenti

  • Non Metuens Verbum ha detto:

    mi scuserà Mascarucci se non leggo il suo articolo, ma di Melloni e soprattutto di Mancuso non vale la pena parlare, men che meno perder tempo a confutare le loro apostasie senza senso.

  • il Matto ha detto:

    Forse, non è più questione di cattoprogressisti e cattoconservatori.

    Senza una restaurazione (inaudita!) della Coscienza Arcaica, Antica e Nuova, quindi né progressista né conservatrice, si rimarrà in mezzo al guado.

  • andrea carancini ha detto:

    Sono rimasti in pochi a dire che i “papi conciliari” sono una iattura (e Prevost è sicuramente un papa conciliare). Io invito a diffidare di questo prelato in carriera che finalmente ce l’ha fatta a diventare papa!