Senza Titolo. Ma con un Grosso Punto Interrogativo. Il Matto.
13 Maggio 2025
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul recente Conclave, e su ciò che ne seguirà…buona lettura, meditazione e diffusione.
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SENZA TITOLO
«Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto, da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere del tutto rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto».
Joseph Ratzinger, 2009, risposta a una tv bavarese
*
E così, dopo fiumi di parole a destra e manca, dopo lo correre quasi psicopatico delle “previsioni”, nient’altro che a scopo, psicopatico anch’esso, di audience e concorrenza, eccoci giunti al giorno fatidico:
NUNTIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM
HABEMUS PAPAM
C’è da tenere presente il fatto che l’Istituzione definisce “GAUDIUM MAGNUM”, cioè una “GRANDE GIOIA” l’elezione del nuovo Pontefice. Di conseguenza, in nessun fedele dovrebbe sorgere alcun motivo di scontentezza, che non sarebbe in sintonia con la “grande gioia” gerarchicamente proclamata. L’argomento è spinoso poiché una gerarchia (poco importa che si mascheri da sinodalità) implica una sudditanza, e non sembra che all’inizio del Terzo millennio tale rapporto sia in buona salute, ciò mostrando una trasformazione in atto e inarrestabile dell’Istituzione che in ogni caso non potrà condurre ad una restaurazione, posto che nella storia nessun evento si ripete uguale a se stesso, né nella concretezza né nello spirito.
D’altra parte, come vuole l’escamotage teologico ufficiale, Dio vuole o permette quel che accade, e, ancora una volta, nessun suddito dovrebbe dispiacersi della volontà o permissione divina. E già: come può essere causa di dispiacere la volontà o permissione di Dio? O recitando: «sia fatta la Tua volontà» il suddito si riserva di verificare se coincide con la volontà propria?
Inoltre, anche se tenuta dai media sotto il tappeto, c’è una complicazione tutt’altro che trascurabile, ossia la posizione assunta da quei sudditi (non proprio quattro gatti) che hanno ritenuto Bergoglio un falso papa di una falsa chiesa, ragion per cui i cardinali da lui creati, che sono la maggioranza, sono falsi, quindi è falso il Conclave che ha eletto Leone XIV, ovviamente anch’esso falso papa e … falsa la “grande gioia” gerarchicamente proclamata.
Ma, oltre al bailamme di fatto scismatico che scuote l’Istituzione, sarebbe da chiarire una volta per tutte (se mai sia possibile) quale sia il ruolo dello Spirito Santo che l’Istituzione stessa presenta come assistente – cioè prestante cura – al Conclave (perciò non come spettatore che si limita ad “assistere” dalla platea a ciò che avviene sul palcoscenico).
Di fatto, l’ambiguità persiste, come risulta da quanto dice Ratzinger in incipit e dal brano che segue (il maiuscolo di «tuttavia» è mio), i cui autori sono Don Roberto Caria e il Prof. Daniele Trabucco (da ticinolive.ch):
«La fede della Chiesa confessa che lo Spirito Santo, la Terza Persona della Santissima Trinitá, assiste la Chiesa indefettibilmente e che, nella scelta del Successore di Pietro, Egli è presente come luce interiore che guida i cardinali verso il bene della Chiesa universale. TUTTAVIA, questa presenza non deve essere intesa in termini magici o deterministici. Non si tratta di una sorta di ispirazione irresistibile o di una garanzia assoluta che ogni scelta concreta corrisponda perfettamente alla volontà divina, come se la libertà umana fosse sospesa o assorbita nell’atto elettivo. L’assistenza dello Spirito Santo è piuttosto di ordine morale e soprannaturale: Egli illumina, muove i cuori, ispira pensieri e propositi, ma non annulla né costringe la libertà delle persone. Proprio perché i cardinali agiscono come uomini liberi, possono rispondere più o meno fedelmente all’ispirazione ricevuta. Essi sono chiamati a un atto di discernimento, che richiede preghiera, ascesi interiore, distacco dalle passioni terrene e docilità ai moti della grazia. In questa dinamica, la partecipazione umana non è un elemento secondario, quanto un requisito intrinseco dell’opera divina: Dio non salva senza l’uomo, né guida la Chiesa senza il concorso libero e responsabile di coloro che chiama a servire il suo disegno».
Quel «TUTTAVIA» suona come il ratzingeriano “salvare capra e cavoli”: lo Spirito Santo c’è ma conta fino a un certo punto poiché rispetta la libertà dei cardinali. Però all’inizio del Conclave (valido?) gli elettori cantano il “Veni Creator”, i sudditi vedono e ascoltano e il gioco è fatto: il Papa è quello voluto dallo Spirito Santo … ma non per i sudditti impertinenti e ribelli.
«Non si tratta di una sorta di ispirazione irresistibile» si dice nel brano citato, mentre invece l’ispirazione – se autentica – è irresistibile in quanto, lungi dall’essere «magica o deterministica», eleva l’ispirato, seppur momentaneamente, ad uno stato di coscienza assai più sensibile alla “vibrazioni celesti” che non la coscienza ordinaria. Del resto nessun grande poeta ha potuto resistere all’ispirazione, grazie alla quale possiamo fruire delle loro opere. E già: l’ispirazione non si dà soltanto in ambito ecclesiatico.
L’ambiguità è innegabile: lo Spirito Santo assiste (si prende cura) del Conclave illuminando i partecipanti, i quali, essendo liberi, possono corrispondervi o non corrispondervi. Quindi sorge la domanda: la maggioranza dei cardinali che decide chi dev’essere il Papa, è quella che corrisponde all’illuminazione dello Spirito Santo mentre la minoranza non è illuminata? Perciò è lo Spirito Santo che mette insieme la maggioranza?
E perché non potrebbbe essere il contrario, ossia che è la minoranza ad essere illuminata e però prevale la maggioranza strategico-politica non illuminata? «Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto», dice Ratzinger, parole che inconfutabilmente confermano l’ambiguità circa il ruolo dello Spirito Santo nel Conclave.
E non finisce qui, poiché i cardinali elettori si sono incontrati nelle Congregazioni pre-conclave per discutere … di che?, tra l’altro con la grossa difficoltà delle diverse lingue persistente anche nel Conclave. Ora, in tali Congregazioni c’è stata l’assistenza dello Spirito Santo? O non s’è instaurato uno scambio (forse non propriamente fraterno anche se mascherato i sorrisi) di pareri dal sapore strategico-politico mentre lo Spirito Santo vattelappesca?
Prima di finire, un accenno alla trasmissione pomeridiana del 7 maggio in onda sul TG1 opportunamente organizzata dai sudditi della gerarchia per presentare il Conclave sotto la luce dello Spirito Santo, nella quale il buon ebreo Paolo Mieli, sottolineando i “passi da gigante” fatti dalla Chiesa, augurava “profeticamente” alla suora francese Nathalie Becquart, anch’essa presente nello studio, di essere presto … nominata cardinale.
Di certo, per ora, c’è soltanto l’innegabile persistenza della situazione bergogliana pre-leonina che troppo prematuri entusiasmi vedono riformabile soltanto perché il nuovo papa (valido?) ha parlato … di Gesù Cristo e di pace!
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Categoria: Generale
@ DON PIETRO PAOLO (rispondo qui al suo ultimo commento perché non sono possibili ulteriori repliche in coda ad esso)
Per potermi fidare della Chiesa istituzionale è necessario che la gerarchia ecclesiastica tenda (quantomeno) al rispetto del diritto canonico.
Dove sta l’atto di rinuncia di Benedetto XVI che giustifichi la dichiarazione della Sede Vacante nel 2013?
Se Benedetto rinunciò in segreto tale rinuncia NON può essere considerata valida SE NON da coloro che ne furono testimoni, perché:
Can. 332 – §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.
Concorda con me che, nel caso in cui la rinuncia non venisse debitamente manifestata, essa non potrebbe essere considerata valida?
Non confondiamo la ‘declaratio’ con una ‘renunciatio’. La dichiarazione dell’intenzione di rinunciare è stata pubblicamente manifestata da Benedetto XVI, mentre della rinuncia vera e propria non se ne trova traccia. Tuttavia sappiamo che essa è coperta dal segreto pontificio.
Lei afferma che la natura stessa della Chiesa è contraria al segreto. Generalmente tale affermazione la trovo condivisibile, tuttavia vi furono casi di vescovi perseguitati (durante la seconda guerra mondiale) che in prigionia ordinarono sacerdoti e vescovi in segreto.
Ci fu un tempo in cui i cristiani ‘lumen gentium’ furono costretti a rifugiarsi nelle catacombe (ricorda quella citazione di Ratzinger?) per poter render culto a Dio.
La maggioranza della gente non era al corrente che Gesù fosse nato a Betlemme; dapprima pensavano quasi tutti che fosse originario di Nazareth, e Gesù lì per lì non li corresse. La verità sul suo luogo di nascita emerse soltanto in seguito.
Tornando ai giorni nostri, prima che il Vaticano stringesse un accordo con il Partito Comunista Cinese, è noto che i cattolici perseguitati in Cina erano costretti a nascondersi per celebrare la Santa Messa e non manifestavano pubblicamente il proprio credo.
Dunque, se al fine di preservare la legittima successione petrina il Papa avesse deciso di rinunciare al e/o trasmettere il munus in segreto, non credo che ciò dovrebbe essere motivo di scandalo per i fedeli.
Una ‘lex credendi’ senza un fondamento giuridico è una mera consuetudine umana, per rassicurare la singola ‘pecora’ che fintanto che sta nel ‘gregge’ e che il gregge ‘acclama’ il tal dei tali (a prescindere dal rispetto del diritto…) sarà sempre nel giusto. Questo senso di appartenenza ‘democratico’ può compiacere le aspettative e i desideri umani, tuttavia vi sono molti esempi nelle Sacre Scritture in cui è riportato che solo una piccola parte del ‘popolo eletto’ è destinato a rimanere fedele durante le gravi crisi (come quella attuale, per chi è disposto a riconoscerla…).
Per altro alcuni canonisti, sacerdoti e pure qualche prelato ebbero da eccepire fin da subito sulle modalità di rinuncia di Benedetto XVI e ciò che seguì, quindi in senso stretto non vi fu una ‘adesione pacifica universale’ nel caso dell’elezione di Bergoglio perché in diversi segnalarono irregolarità, anche se non si prestò loro particolare attenzione.
A parer mio non siamo in una ‘fiction apocalittica’, bensì all’inizio della fine dei tempi, quindi siamo già, a tutti gli effetti, nell’Apocalisse vera e propria:
https://sfero.me/article/apocalisse-punto-siamo-cosa-sta-accadere-1742683269328
Di conseguenza ‘cose mai viste prima’ sono e saranno sempre di più all’ordine del giorno.
“Le porte degli inferi non prevarranno” non significa che la Chiesa resterà sempre VISIBILE in piena luce; significa che resterà sempre PRESENTE sulla terra, nonostante tutto.
Lei crede che quando giungerà il tempo del marchio della bestia i fedeli frequenteranno regolarmente le chiese alla luce del sole?
Alla sua affermazione:
‘La verità senza obbedienza non è di Dio’
rispondo domandandole:
‘L’obbedienza senza verità è da Dio?’
Concludo con questa considerazione. Se davvero c’è un Papa legittimo di nome Francesco che ancora non ritiene opportuno uscire allo scoperto, con tutta probabilità egli desidera primariamente (al di là dell’usurpazione…) preservare l’unità della Chiesa Cattolica Romana. Dato che il simbolo dell’unità della Chiesa è il Papa ‘universalmente’ riconosciuto (che sia o meno quello legittimo…), sarebbe necessario preservare questa ‘presenza unificante’ per non creare disordine nella Chiesa.
Queste recenti dichiarazioni:
https://www.korazym.org/112386/mons-georg-ganswein-a-massimo-franco-ora-si-apre-una-fase-nuova-papa-leone-xiv-suscita-speranza-speranza-speranza/
di Mons. Georg Gänswein (leggendo tra le righe) parrebbero tentare di conciliare proprio questi due obiettivi: in primis preservare l’unità della Chiesa nella figura del ‘Papa visibile’, in secundis auspicare un armonioso ‘passaggio di consegne’ (l’incoronazione del re Carlo Magno fu preceduta dalla consegna al monarca delle chiavi della tomba di San Pietro: https://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Leone_III ) quando il tempo sarà propizio.
Per altro mi chiedo chi abbia scritto quel testo così ‘ispirato’ del saluto iniziale che Leone XIV lesse proprio all’inizio del suo pontificato…
Ma queste, se vuole, (per ora…) sono solo mie personali speculazioni.
Caro Simone Torreggiani,
rispondo volentieri alle sue osservazioni, che, seppur mosse da un evidente desiderio di verità, risultano fondate su presupposti fragili e conclusioni personali che finiscono per separarsi dalla realtà oggettiva della Chiesa cattolica. Le rispondo punto per punto.
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1. “Dove sta l’atto di rinuncia di Benedetto XVI?”
Risposta:
L’atto di rinuncia esiste ed è pubblico: si tratta della Declaratio pronunciata da Benedetto XVI in latino il 11 febbraio 2013 e pubblicata integralmente dalla Sala Stampa Vaticana, in cui afferma:
“declaro me ministerio Episcopi Romae… renuntiare”
(“dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma…”)
Questo è un atto giuridico perfettamente conforme al can. 332 §2 CIC, che non richiede forme rituali particolari, né accettazione, ma solo:
– libertà (non contestata)
– manifestazione debita (che c’è stata, pubblica e formale).
Il presunto “segreto pontificio” che lei evoca non esiste in questo contesto e non ha mai ricevuto alcuna conferma canonica.
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2. “Declaratio non è una rinuncia?”
Risposta:
La Declaratio è proprio l’atto di rinuncia, espresso nella lingua latina, con termini giuridicamente idonei (renuntio, ministerium).
Alcuni, come Antonio Socci o Mons. Livi, hanno cercato di sostenere che fosse una “rinuncia imperfetta” o solo al ministerium, non al munus. Tuttavia, Benedetto stesso ha sempre confermato la validità della sua rinuncia, dichiarando:
“Non c’è stato nessun dubbio sulla validità. Se l’avesse voluto invalidare, l’avrei detto.”
(Lettera al card. Brandmüller, 2017)
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3. “E se il vero Papa fosse nascosto per preservare l’unità?”
Risposta:
Questa è una tesi suggestiva ma teologicamente insostenibile. Cristo ha voluto una Chiesa visibile, fondata sul visibile Successore di Pietro.
La figura del “Papa nascosto”, pur con buone intenzioni, non appartiene alla struttura sacramentale della Chiesa. Non è mai accaduto nella storia che un Papa abbia mantenuto segretamente il munus per strategia ecclesiale: sarebbe una mistificazione pericolosa.
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4. “La Chiesa può essere ‘nascosta’ come ai tempi delle catacombe?”
Risposta:
Certo, la Chiesa può subire persecuzioni, anche costringerla alla clandestinità. Ma la Chiesa non ha mai nascosto il proprio Papa. Anche nei tempi più oscuri, il Papa è sempre stato visibile, anche se esiliato, imprigionato, ostacolato.
“Le porte degli inferi non prevarranno” significa proprio questo: la successione apostolica resta visibile, pubblica, concreta, non mistica o criptata.
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5. “L’obbedienza senza verità è da Dio?”
Risposta:
Bella provocazione. Ma nella fede cattolica verità e obbedienza non si oppongono, perché la verità si riceve nella comunione della Chiesa, non nella pretesa personale.
L’obbedienza a un Papa legittimo, anche se imperfetto, è obbedienza a Cristo stesso, come insegna Lumen Gentium 25.
Chi si sottrae alla comunione visibile con il Papa si sottrae all’unità visibile della Chiesa, e questo non è mai opera dello Spirito.
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6. “Non ci fu un’adesione pacifica universale?”
Risposta:
Sì, ci fu. L’elezione di Francesco nel 2013 fu riconosciuta dal Collegio cardinalizio, dalle conferenze episcopali, dai fedeli, dai religiosi e religiose, senza alcuna contestazione formale da parte della Chiesa.
Le critiche di singoli canonisti o opinionisti non invalidano l’adesione universale della Chiesa, che resta un criterio teologico certo per san Roberto Bellarmino, Suarez, Billot, Journet.
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7. “Apocalisse in corso?”
Risposta:
La Chiesa non esclude l’eventualità di una crisi escatologica, ma la fede cattolica non si costruisce sulle interpretazioni private o su allarmismi apocalittici.
Anche se vivessimo giorni oscuri, la salvezza si trova nella fedeltà alla Chiesa, non in visioni individuali o costruzioni catastrofiste.
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8. “Unità ecclesiale sopra tutto?”
Risposta:
Esatto. L’unità della Chiesa è un bene soprannaturale e il Papa visibile ne è il segno sacramentale.
Non è accettabile una teoria che per “preservare l’unità” inventa un Papa nascosto. Al contrario, l’unità si preserva aderendo al Papa visibilmente riconosciuto dalla Chiesa universale.
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In conclusione:
Lei solleva interrogativi seri e talvolta comprensibili, ma le risposte non si trovano nel sospetto, né in narrazioni parallele, bensì nella Tradizione viva della Chiesa, che non è mai stata lasciata orfana del suo Pastore visibile.
Chi oggi si pone in dubbio circa l’identità del Papa, senza fondamento canonico e in assenza di una dichiarazione ufficiale della Chiesa, rischia di cadere nel disordine dottrinale e spirituale, seppur mosso da zelo.
Cristo non ha fondato la sua Chiesa sul segreto, ma sulla roccia.
E Pietro oggi si chiama Leone XIV.
Con rispetto e fraterna franchezza,
don Pietro Paolo
Tra i tanti temi su cui sarebbe opportuna una replica vorrei focalizzare l’attenzione sulla dichiarazione di Benedetto XVI. Lei sostiene che essa stessa costituirebbe l’atto di rinuncia al pontificato.
Trattandosi dell’atto solenne di rinuncia all’ufficio petrino, esso dovrebbe rientrare nell’ambito degli atti ‘giuridicamente puri’, al pari dell’accettazione del pontificato, ossia atti che non ammettono elementi accidentali (come anche il matrimonio).
A tal proposito le cito queste testuali parole (tradotte in italiano dall’originale tedesco) che Benedetto XVI scrisse nella sua prima lettera al Card. Brandmüller:
“[…] Come sa, Pio XII ha lasciato istruzioni nel caso fosse stato catturato dai nazisti, secondo cui dal momento della sua cattura non sarebbe più stato papa ma cardinale. Se questo semplice ritorno al Cardinalato sarebbe stato possibile, non lo sappiamo. […]”
Papa Benedetto quindi ritiene che, se Pio XII fosse stato catturato dai nazisti, ‘non sapremmo’ se effettivamente sarebbe tornato cardinale (nonostante la lettera di rinuncia…).
Perché?
Proprio perché la rinuncia è un atto giuridicamente puro che, per essere considerato valido, non ammette condizioni (‘se… allora…’).
Un altro esempio.
Supponiamo che un uomo e una donna desiderino sposarsi e le chiedano di celebrare il matrimonio.
Fatte tutte le opportune verifiche preliminari e i preparativi, nel giorno stabilito ha inizio la cerimonia.
Lei pronuncia solennemente la formula di rito:
“Vuoi tu […] finché morte non vi separi?”
Sia lo sposo che la sposa, invece di dire il classico:
‘Sì, lo voglio.`
si esprimono così:
‘Dichiaro di sposarmi con […] in modo che, a partire dal 15 giugno 2025, il vincolo matrimoniale abbia inizio.’
Lei che cosa risponderebbe?
Semplicemente: “Vi dichiaro marito e moglie” ignorando tutto il resto?
Oppure:
“Vi dichiaro marito e moglie a partire dal 15 di giugno 2025”?
Non sarebbe piuttosto necessario rimandare la celebrazione al 15 giugno 2025 ‘per un sì o per un no’?
Ipotizziamo inoltre che il prossimo 20 di giugno lei incontri la coppia, e che i due ‘incerti’ affermino di essersi davvero sposati il 15 giugno, come pianificato. A quel punto lei, sulla semplice base di questa loro affermazione, può dichiararli marito e moglie? O lo potrebbe fare solo nel caso in cui avesse presieduto alla cerimonia nuziale del 15 giugno e avesse verificato che tutto fosse avvenuto regolarmente?
Detto questo, ribadisco che mi fido di Benedetto XVI e sono convinto che, quel ’28 febbraio all’ora vigesima’, abbia effettivamente portato a termine il suo proposito con tutti i crismi di fronte ad (almeno) due testimoni, come confermò in seguito più volte. Non confondiamo però una semplice dichiarazione priva di valore giuridico con un atto giuridicamente vincolante; sarebbe bastato che affermasse qualcosa del tipo:
“Qui rinuncio al munus petrino per il bene della Chiesa”.
per dare corso alla rinuncia con effetto immediato, irrevocabile e inequivocabile.
Ma affermare: “Dichiaro di rinunciare… in modo che, dalla tal data…” aggiunge elementi di condizionalità e di incertezza.
Come si dice… tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Se ad esempio Benedetto XVI fosse passato a miglior vita all’indomani della declaratio (ossia il 12 febbraio 2013), la sua rinuncia non sarebbe stata affatto possibile all’ora vigesima del 28 febbraio 2013, non trova?
Questo per ribadire che la declaratio, formulata a quel modo, esprime una semplice intenzione, una decisione presa, un progetto futuro che potrebbe (o meno) verificarsi a seconda delle circostanze.
Manca quindi il vero e proprio atto di rinuncia, che per essere ritenuta valida, secondo il diritto canonico, DEVE essere ‘debitamente manifestata’.
Se pure qualcuno dispone di questa evidenza (e credo che sia questo il caso), essa (ad oggi) rimane celata ai più. Quindi permane il dubbio sulla legittimità del successore di Benedetto XVI.
X Adriana,
la ringrazio per il suo intervento ancora una volta articolato, che manifesta una ricerca autentica – anche se non priva di giudizi precostituiti – e una volontà di confronto. Le rispondo volentieri, punto per punto, per chiarire ciò che nel suo ragionamento si presenta – me lo permetta – come un intreccio di riferimenti storici parziali, letture evangeliche sbilanciate e una certa diffidenza verso la comprensibilità del divino che rischia di vanificare ogni fede.
1. Sulla presenza dei santi e dei martiri
Lei afferma che la presenza di santi e martiri non è garanzia della verità di un’idea. Formalmente è corretto: il martirio, da solo, non prova una dottrina. Ma nel caso della Chiesa, il martirio non è isolato. È unito alla continuità storica, alla fedeltà al messaggio originario di Cristo, e soprattutto alla promessa di Gesù stesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). In questo contesto, il sangue dei martiri non è solo testimonianza soggettiva, ma sigillo oggettivo di una fedeltà che attraversa i secoli.
2. “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10,34)
Lei utilizza questo passo per affermare che l’impegno della Chiesa per la pace sarebbe un tradimento del Vangelo. Ma qui Gesù parla di una divisione inevitabile che nasce dalla verità: non di una missione violenta, ma del fatto che la verità del Vangelo è segno di contraddizione. La pace che Cristo annuncia (e dona: Gv 14,27) non è l’assenza di conflitto, ma la riconciliazione nel suo amore. La Chiesa non pacifica e non DEVE pacificare il mondo secondo logiche diplomatiche, ma annunciando Colui che è la nostra pace (Ef 2,14).
3. Sull’imposizione imperiale e la “cultura distrutta”
Che il Cristianesimo sia diventato religione di Stato con Teodosio è storicamente noto. Ma affermare che il suo “trionfo” sia dovuto esclusivamente a questo mi sembra riduttivo. La Chiesa ha convertito il mondo non con la spada, ma con la santità dei suoi figli, la resistenza nelle persecuzioni, la coerenza di vita, la carità verso i più deboli, la cultura cristiana. I templi abbattuti e i testi distrutti sono eventi storici da leggere nella cornice più ampia di uno scontro di visioni del mondo, e non riducibili a una caricatura di fanatismo cristiano. Anche il nome di Ipazia, tragico nella sua vicenda, non può essere semplicemente appeso come una condanna globale alla Chiesa antica. La storia va contestualizzata e non utilizzata come strumento ideologico.
4. Sulla “crudeltà misericordiosa” di Agostino
Agostino parla, sì, di una disciplina severa nei confronti degli eretici, in un tempo in cui la verità religiosa era legata alla coesione civile. Ma ridurre il suo pensiero a questa formula è dimenticare chi fu Agostino: un genio del cuore e della mente, che pianse per le anime e pregò per i nemici, uno dei padri della misericordia e della grazia, che scrisse: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. La Chiesa non è mai stata immune da errori storici, ma la santità dei suoi testimoni supera le ombre degli strumenti storici utilizzati in contesti drammatici e lontani dalla nostra sensibilità moderna.
5. Sul Dio “imperscrutabile”
Lei pone un problema serio: o Dio è conoscibile, oppure no. E conclude che il ricorso al “mistero” è malafede. Ma questo è un falso dilemma. La fede cristiana afferma che Dio è trascendente e immanente, infinito e vicino. Dio si è rivelato: in Cristo, il mistero si è fatto volto, carne, voce, compassione. Non conosciamo Dio in se stesso, ma in quanto si è rivelato. E quando i credenti parlano di “mistero”, non lo fanno per fuggire dalle contraddizioni, ma per confessare l’insondabile profondità dell’amore di Dio, che supera ogni schema umano.
6. Sulla fede nella Chiesa
Il suo scetticismo nei confronti della Chiesa visibile e storica sembra derivare da una visione del potere come inevitabilmente corrotto. Ma la Chiesa non è quella che può sembrare un potere umano: è un popolo nato dal costato trafitto di Cristo, fatto di peccatori redenti e santi nascosti. Non è la perfezione morale dei suoi membri a garantirne la verità, ma la presenza promessa dello Spirito Santo.
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In conclusione, lei solleva interrogativi legittimi, ma il modo in cui li affronta mi pare la conduca lontano dal cuore stesso del cristianesimo. Il Vangelo non è un sistema ideologico, né un codice politico, né un’esaltazione moralistica: è la persona viva di Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che continua a parlare oggi nella Chiesa, nella Parola, nei sacramenti, nei santi e nei poveri.
Il vero scandalo del cristianesimo non è la fragilità dei suoi membri, ma l’amore gratuito di Dio che continua a farsi vicino a noi, pur sapendo quanto siamo contraddittori.
Mi sembra che adesso la situazione sia chiara per tutti 🥶
E.C.: Conclave, non Concilio.
Come diceva il compianto grande cardinale Biffi:si corre con i cavalli che si hanno. Sarà così anche per lo Spirito Santo.Se penso a certi Papi della storia eletti perché avevano pagato o a Bergoglio,l’unica ipotesi valida è che lo Spirito Santo li abbia scelti per punirci.Non starei a sottilizzare.Ne hanno scritte miliardi di regole,ma non ce n’è neanche una per sbarazzarci di un Papa eretico. Chissà perché .
Questo articolo offre tanti spunti, ma soprattutto sembra ricordare e riecheggiare quel grido “ noi non dimentichiamo” che si levo’ dalla voce di tanti, dopo l’inganno fraudolento, letale ed universale della “pandemia”. Mi viene da chiedere chi, alla luce dei fatti, darebbe ancora fiducia “cieca” agli stessi fautori, qualora si ripresentassero in scena per gli stessi motivi, o comunque, per continuare ad imporre nuove “regole” o altre “direttive”?!
Sull’Azione dello Spirito Santo vorrei rispondere sempre con un’altra domanda, perché mai Papa BXVI non avrebbe, così come ha fatto, mai realmente e validamente abdicato, o addirittura non ha lasciato che venisse eliminato fisicamente, se fosse stato certo che un prossimo Conclave, anche “valido”, avrebbe comunque beneficiato dello Spirito Santo?!
Se Egli stesso ha preso atto e dichiarato l’enorme gravità della situazione delineatasi, ancora adesso, credo rimanga e valga sempre il credergli o meno!
Avrei da dire diverse cose su questi commenti di “don Pietro Paolo”, ma mi limiterò a questa sua affermazione:
“Pensare che, per una presunta ‘irregolarità’ o ‘usurpazione’, la Chiesa possa aver perso la sua guida legittima e, con essa, la successione apostolica e la validità dei sacramenti, significa porre un’ombra di fallibilità su ciò che Cristo stesso ha istituito come indefettibile.”
Questa sua affermazione è del tutto fuori bersaglio, in quanto attribuisce al ‘nemico’ un pensiero che non gli appartiene e che è caricaturale: un metodo che, purtroppo per “don P.P.”, inficia tutta la sua argomentazione. Non è facendo una caricatura del nemico che si dimostra di avere in tasca la verità, che deve essere invece fondata su solidi argomenti.
Se poi anche davvero esistesse qualcuno che dicesse le suddette cose, è chiaro che avrebbe in testa un po’ di confusione… E non andrebbe preso in considerazione.
Venendo allo specifico, è innegabile che fin da subito ci siano stati dubbi sull’elezione di Bergoglio, e che non sia stato universalmente accettato come Papa, vedi il libro di Socci ‘Non è Francesco’, basato sulla non ottemperanza della votazione alle disposizioni di UDG, libro ispirato sicuramente da una manina presente al conclave, dato che Socci da solo non avrebbe potuto sapere e scrivere certe cose. Poi a seguire, i dubbi sulla validità della rinuncia di Benedetto o ancora più sulla sua esistenza (mancanza di un documento firmato, sigillato, protocollato); i dubbi teologici sulla possibilità di una diarchia Papa-con-ministero-senza-munus/Papa-emerito-con-munus-ma-senza-ministero; i dubbi sulla decadenza dall’ufficio di un Papa eretico, fino alla tesi Viganò. Tutte cose su cui è stato versato molto inchiostro, anche da parte di validi canonisti, e che non ripeterò, dato che fino ad un pronunciamento esplicito della Chiesa in proposito è assolutamente lecito e possibile sottoscriverle.
La indefettibilità della Chiesa è basata su Matteo 16:18, “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.” Ma interpretarla come “Poiché tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” sarebbe una evidente forzatura, che andrebbe bene oltre quanto dice il testo. Infatti, nella storia della Chiesa ci sono stati Papi dubbi, Papi invalidi (antipapi), Papi eretici, periodi anche abbastanza lunghi senza Papa, ma la Chiesa non è mai crollata.
La mancanza di una guida legittima fa perdere la successione apostolica e la validità dei sacramenti? La risposta è NO. Entrambe non sono basate sulla presenza o meno di un Papa a Roma, ma sulla ininterrotta trasmissione della apostolicita’ tramite consacrazione episcopale, operata all’inizio da Pietro, Paolo e gli altri apostoli e poi da vescovi loro successori validamente consacrati, fino ai nostri giorni.
Nel caso un vescovo fosse stato nominato da un Papa impostore, risulterebbe illegittima la sua giurisdizione, ma la validità della sua ordinazione non ne verrebbe toccata, dipendendo da un sacramento sicuramente valido, ricevuto da altri vescovi validi.
A riprova di ciò, anche l’atteggiamento che la Chiesa Cattolica mostra nei confronti degli Ortodossi non in comunione con essa. Nessuno si sognerebbe di dire che i vescovi Ortodossi non sono validi, pur non essendo stati nominati dal Papa né essendo in comunione con lui, né che manchino di successione apostolica.
E di contro l’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti dei Vescovi protestanti, compresi gli anglicani: non sono validi perché si è interrotta ad un certo punto la successione apostolica (ad un certo punto non c’erano più vescovi, e quando sono stati ripristinati sono stati “consacrati” da vescovi non validi).
Perciò, da questo punto di vista, nessuna “ombra di fallibilità su ciò che Cristo stesso ha istituito come indefettibile”.
Diversa invece è la questione riguardo ai cardinali, il cui status non dipende da un sacramento aggiuntivo, ma solo dalla nomina papale. Tale nomina, se effettuata da un impostore, non crea un cardinale ma solo un altro impostore… Perché dal nulla può derivare solo il nulla.
Quindi un Papa impostore che crea cardinali a loro volta impostori non mina la successione apostolica, che riguarda l’essere ciascun vescovo consacrato da uno o più vescovi validi di una linea episcopale ininterrotta. Mina bensì la validità del suo successore, che risulta eletto da impostori.
Leone XIV è un personaggio sicuramente simpatico, intelligente, capace, equilibrato, buono, di fede. Ci piace. Lo apprezziamo. Il fatto però che sia stato eletto da cardinali creati da un Papa quantomeno dubbio spande un’ombra di dubbio sulla sua elezione…
L’unica via d’uscita per ritenerlo valido è credere che i cardinali creati da Bergoglio siano da ritenersi validi, in virtù di una loro conferma implicita da parte del Papa emerito Benedetto (sicuramente valido), quando Bergoglio li portava in visita dal “nonno” dopo aver loro conferito la berretta cardinalizia. Non risulta a nessuno infatti che Benedetto abbia mai espresso dubbi sulla loro validità.
Caro Mario,
la sua esposizione è articolata e pone in luce diversi nodi reali che hanno alimentato il dibattito ecclesiale negli ultimi anni. Tuttavia, come cattolico in comunione con la Chiesa e fedele al suo Magistero, vorrei offrire una riflessione che possa aiutare a rimanere saldi nella fede, senza cadere nella tentazione dello scisma pratico o della confusione dottrinale.
In primo luogo, la sua distinzione tra validità sacramentale e legittimità giurisdizionale è corretta e ben fondata nella teologia cattolica. La validità dell’ordinazione episcopale non dipende dalla comunione con il Papa, mentre la giurisdizione sì. Tuttavia, ciò che è in discussione oggi nei dibattiti più estremi non è tanto la validità delle ordinazioni, ma proprio la legittimità dell’attuale successore di Pietro.
Il problema nasce quando si cerca di sospendere l’adesione al Papa regnante in nome di supposizioni, indizi, “manine” e teorie che, per quanto suggestive, non sono mai state riconosciute dalla Chiesa universale, né da alcuna autorità legittima della Chiesa. Nessuno dei cardinali che ha partecipato ai conclavi dal 2013 in poi ha mai contestato ufficialmente la validità del conclave. Nessun atto formale della Chiesa ha messo in discussione la rinuncia di Benedetto XVI. E lo stesso Benedetto, fino alla morte, non ha mai revocato la sua rinuncia, né ha mai parlato di sé come “il Papa”, ma sempre come “Papa emerito” — una formula inedita, sì, ma da lui voluta.
Come lei stesso afferma, la Chiesa è indefettibile. Questa indefettibilità, però, ha come manifestazione concreta anche la visibilità dell’autorità papale. Se il Papa diventasse una figura incerta e ognuno si arrogasse il diritto di giudicarne la legittimità, crollerebbe l’unità visibile della Chiesa, riducendola a un’opinione personale o ad una tesi teologica.
Ammettendo per assurdo — poiché personalmente ritengo del tutto falsa l’idea che i cardinali creati da Papa Francesco siano da considerarsi invalidi — va detto che, secondo il diritto canonico, solo i cardinali validamente creati hanno il diritto di eleggere il Papa.
Se, come sostiene questa teoria, i cardinali presenti all’ultimo Conclave non fossero veri cardinali, e non vi fosse nemmeno un Papa legittimo attualmente in carica per crearne di nuovi, allora saremmo davanti a un vicolo cieco canonico: non ci sarebbe più alcun soggetto legittimato ad eleggere un futuro Papa.
Ma una tale conseguenza, oltre ad essere teologicamente inaccettabile, contrasterebbe apertamente con la fede della Chiesa nella indefettibilità del Papato, ossia nel fatto che ciò che Cristo ha istituito — la successione sulla Roccia di Pietro — non può venir meno. Vorrebbe dire, in sostanza, porre un’ombra di fallibilità su ciò che Cristo ha garantito come indefettibile (cfr. Mt 16,18).
La logica interna di queste tesi conduce, inevitabilmente, a una visione scismatica e disperante.
È pericoloso — e lo dico fraternamente — costruire castelli teologici sulla base di dubbi, omissioni procedurali presunte, o interpretazioni soggettive di atti canonici, soprattutto se questi non sono mai stati riconosciuti da nessuna autorità della Chiesa. È il Magistero, non un libro di Socci o una dichiarazione di mons. Viganò, a garantire la comunione ecclesiale.
Infine, un criterio sempre valido: ubi Petrus, ibi Ecclesia — dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa. E Pietro, oggi, è Leone XIV, eletto in un conclave riconosciuto da tutto l’episcopato cattolico. Chi ritiene che Leone XIV sia illegittimo, è libero di nutrire dubbi nella propria coscienza, ma non può creare una teologia alternativa che metta in discussione la successione apostolica visibile e l’unità del Corpo di Cristo.
In tempi difficili, la nostra guida deve essere la fede della Chiesa, non le interpretazioni personali. E la fede della Chiesa è chiara: Dio non abbandona mai la Sua Sposa.
Chi resta unito a Pietro, resta unito a Cristo.
Ubi Petrus?
Ottimo commento, anche io al momento la penso cin buonaparte così.
Interessante e corretto quello che dice in riferimento al Vangelo di Matteo 16:18.
Gloria a Te o Cristo!
Questa è la mia comprensione della questione…
Il Codice di Diritto Canonico e la Costituzione Apostolica, se rispettati nei principi cardine, garantiscono la guida dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa.
Quando invece si agisce arbitrariamente, in palese e grave violazione di tali regole, ciò determina, secondo il diritto stesso, una situazione di illegalità e di illegittimità (che lo si voglia ammettere oppure no…)
Il dogma dell’indefettibilità della Chiesa garantisce che, anche qualora il diritto venisse pesantemente calpestato, lo Spirito Santo riporterà, prima o poi, la Chiesa sul giusto cammino, fino al ritorno di Cristo. Non è quindi una garanzia sulla santità dei ministri (neppure una maggioranza di questi) o sulla legittimità del papato accettato da una maggioranza di fedeli: oltre 40 antipapi, talvolta con un ampio seguito, ce lo dimostrano. È una garanzia sulla santità della Chiesa che, nonostante questi periodi di confusione e usurpazione, ritroverà l’ordine e una legittima successione petrina.
In altre parole: è inevitabile che le conseguenze a breve termine di gravi peccati — e delle conseguenti grossolane violazioni del diritto da parte del Collegio Cardinalizio — abbiano gravi ripercussioni, sia pur temporanee e transitorie, sulle sorti della Chiesa.
La stessa situazione la ritroviamo nell’Antico Testamento: quante volte il popolo eletto dovette passare attraverso gravi tribolazioni?
Fu Dio a non rispettare le Sue promesse di prosperità e di salvezza, o fu piuttosto il popolo che si dimostrò infedele meritandosi dei giusti castighi?
Le promesse di Dio non condonano le violazioni della legge divina commesse da parte del suo popolo, anzi: tali violazioni sono tanto più gravi quanto più il popolo è consapevole della Legge.
Non può esistere misericordia senza giustizia.
Caro Mario,
la sua esposizione è articolata e pone in luce diversi nodi reali che hanno alimentato il dibattito ecclesiale negli ultimi anni. Tuttavia, come cattolico in comunione con la Chiesa e fedele al suo Magistero, vorrei offrire una riflessione che possa aiutare a rimanere saldi nella fede, senza cadere nella tentazione dello scisma pratico o della confusione dottrinale.
In primo luogo, la sua distinzione tra validità sacramentale e legittimità giurisdizionale è corretta e ben fondata nella teologia cattolica. La validità dell’ordinazione episcopale non dipende dalla comunione con il Papa, mentre la giurisdizione sì. Tuttavia, ciò che è in discussione oggi nei dibattiti più estremi non è tanto la validità delle ordinazioni, ma proprio la legittimità dell’attuale successore di Pietro.
Il problema nasce quando si cerca di sospendere l’adesione al Papa regnante in nome di supposizioni, indizi, “manine” e teorie che, per quanto suggestive, non sono mai state riconosciute dalla Chiesa universale, né da alcuna autorità legittima della Chiesa. Nessuno dei cardinali che ha partecipato ai conclavi dal 2013 in poi ha mai contestato ufficialmente la validità del conclave. Nessun atto formale della Chiesa ha messo in discussione la rinuncia di Benedetto XVI. E lo stesso Benedetto, fino alla morte, non ha mai revocato la sua rinuncia, né ha mai parlato di sé come “il Papa”, ma sempre come “Papa emerito” — una formula inedita, sì, ma da lui voluta.
Come lei stesso afferma, la Chiesa è indefettibile. Questa indefettibilità, però, ha come manifestazione concreta anche la visibilità dell’autorità papale. Se il Papa diventasse una figura incerta e ognuno si arrogasse il diritto di giudicarne la legittimità, crollerebbe l’unità visibile della Chiesa, riducendola a un’opinione personale o ad una tesi teologica.
Ammettendo per assurdo — poiché personalmente ritengo del tutto falsa l’idea che i cardinali creati da Papa Francesco siano da considerarsi invalidi — va detto che, secondo il diritto canonico, solo i cardinali validamente creati hanno il diritto di eleggere il Papa.
Se, come sostiene questa teoria, i cardinali presenti all’ultimo Conclave non fossero veri cardinali, e non vi fosse nemmeno un Papa legittimo attualmente in carica per crearne di nuovi, allora saremmo davanti a un vicolo cieco canonico: non ci sarebbe più alcun soggetto legittimato ad eleggere un futuro Papa.
Ma una tale conseguenza, oltre ad essere teologicamente inaccettabile, contrasterebbe apertamente con la fede della Chiesa nella indefettibilità del Papato, ossia nel fatto che ciò che Cristo ha istituito — la successione sulla Roccia di Pietro — non può venir meno. Vorrebbe dire, in sostanza, porre un’ombra di fallibilità su ciò che Cristo ha garantito come indefettibile (cfr. Mt 16,18).
La logica interna di queste tesi conduce, inevitabilmente, a una visione scismatica e disperante.
È pericoloso — e lo dico fraternamente — costruire castelli teologici sulla base di dubbi, omissioni procedurali presunte, o interpretazioni soggettive di atti canonici, soprattutto se questi non sono mai stati riconosciuti da nessuna autorità della Chiesa. È il Magistero, non un libro di Socci o una dichiarazione di mons. Viganò, a garantire la comunione ecclesiale.
Infine, un criterio sempre valido: ubi Petrus, ibi Ecclesia — dove c’è Pietro, lì c’è la Chiesa. E Pietro, oggi, è Leone XIV, eletto in un conclave riconosciuto da tutto l’episcopato cattolico. Chi ritiene che Leone XIV sia illegittimo, è libero di nutrire dubbi nella propria coscienza, ma non può creare una teologia alternativa che metta in discussione la successione apostolica visibile e l’unità del Corpo di Cristo.
In tempi difficili, la nostra guida deve essere la fede della Chiesa, non le interpretazioni personali. E la fede della Chiesa è chiara: Dio non abbandona mai la Sua Sposa.
Chi resta unito a Pietro, resta unito a Cristo.
Dal ‘vicolo cieco canonico’ si può uscire facilmente prendendo in considerazione questa assai plausibile ‘via della Provvidenza’:
https://sfero.me/article/-scherzo-prete-benedetto-xvi-nome
Se verifica le fonti troverà che Benedetto XVI appose alla sua rinuncia al pontificato il sigillo del segreto pontificio. Dunque è più che lecito supporre che tutti coloro (inclusi alcuni Cardinali) che sono a conoscenza di come stanno veramente le cose non possano esprimersi apertamente su questo tema, almeno fintanto che il sigillo non sarà rimosso da chi ha autorità per farlo.
Lo scisma che lei tanto teme in realtà è l’unica via per purificare la Chiesa da quel ‘fumo di satana’ che l’ha invasa e di cui parlò Paolo VI già sul finire degli anni ’60.
Separare il grano dalla zizzania è peccato?
Gesù stesso afferma di non esser venuto a portare la pace [del quieto vivere…] ma ‘una spada’ per separare i veri dai falsi credenti. Questa ‘cernita’ è quantomai necessaria anche all’interno della Chiesa ‘istituzionale’ dei giorni nostri, la Chiesa fondata su Pietro ma troppo ‘assuefatta’ a una governance di stampo mondano/massonico.
Senza separare il bene dal male, dentro e fuori di sé, non può esserci né verità né salvezza. Un ‘piccolo resto’ di Israele è destinato a salvarsi.
‘Ne rimarrà una decima parte, ma di nuovo sarà preda della distruzione come una quercia e come un terebinto di cui alla caduta resta il ceppo. Progenie santa sarà il suo ceppo.’ Is 6,13
La concezione democratica (neo-sinodale?) della Chiesa, che insiste sul fatto che la maggioranza dei suoi ministri sia sempre nel giusto (anche nell’identificare il successore di Pietro) contraddice le stesse parole di Gesù:
‘Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?’ Lc 18, 8
‘Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti [!]’ Mt 24, 24
Pure Ratzinger, alla fine degli anni ’60, profetò:
«Avremo presto, preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge».
X Simone. Torreggiani,
mi permetta di osservare che la sua posizione si fonda su una lettura arbitraria degli eventi e su un impianto teologico-canonico privo di reale fondamento ecclesiale.
1. Sul cosiddetto “sigillo del segreto pontificio”:
L’ipotesi che Papa Benedetto XVI abbia apposto un vincolo di segretezza sulla propria rinuncia, tale da impedire a chi conoscesse “la verità” di rivelarla, è una congettura priva di ogni riscontro normativo. Il segreto pontificio, per sua natura, riguarda materie specifiche, come le nomine episcopali, i processi canonici riservati, le questioni diplomatiche. Non può e non deve essere invocato per costruire scenari cospirazionisti. Se ci fossero stati vizi sostanziali nel munus della rinuncia, la Sede Apostolica non sarebbe mai stata legittimamente vacante e la sua accettazione da parte del Collegio Cardinalizio avrebbe rappresentato un’impostura colossale, cosa che né Benedetto XVI né alcun cardinale ha mai affermato, né in modo privato né pubblico.
2. Sulla presunta necessità di uno scisma purificatore:
La logica che lei propone — secondo la quale lo scisma sarebbe necessario per separare il grano dalla zizzania — è gravemente erronea. Cristo stesso ha comandato di non separare grano e zizzania prima del tempo stabilito (Mt 13,30), perché il giudizio spetta a Dio e agli angeli, che lo eseguiranno, e non agli uomini. Chi decide di separarsi dalla Chiesa visibile, sotto la pretesa di essere “più puro”, cade nella tentazione luciferina del “non serviam”. La Chiesa si purifica nel Crocifisso, non nella rivolta.
3. Sull’autorità del Papa legittimamente eletto:
Lei scrive che “la concezione democratica della Chiesa” sarebbe fuorviante. Sono d’accordo: la Chiesa non è democratica. Proprio per questo essa si fonda non sul “sensus privatus” dei fedeli, ma sulla successione apostolica e sull’accettazione universale (universalis ecclesiae adhaesio) del Papa eletto. Papa Francesco è stato eletto da un Conclave legittimo, composto da cardinali validamente nominati (anche da Benedetto XVI), ed è stato universalmente riconosciuto come Papa dalla Chiesa tutta, incluso lo stesso Benedetto, che fino all’ultimo lo ha pubblicamente chiamato Santo Padre.
4. Sulla citazione profetica di Ratzinger:
Le parole citate del futuro Benedetto XVI non giustificano affatto l’attuale rigetto dell’autorità petrina. Egli parlava di un possibile futuro di minoranza per la Chiesa, non di una rottura ecclesiale, né tantomeno legittimava la creazione di una “chiesa parallela” composta da presunti “fedeli più puri”. Ratzinger ha vissuto, sofferto, e obbedito nella Chiesa. Non l’ha mai abbandonata.
5. Sul “piccolo resto”:
Il “piccolo resto” non si erge contro Pietro, ma con Pietro, anche quando la barca sembra in balia delle onde. Chi ama la Chiesa non si scinde da essa, ma resta, soffre, prega e combatte spiritualmente per essa da dentro, senza usurpare il ruolo dello Spirito Santo, che è l’unico in grado di separare i cuori.
In conclusione, mi permetta di invitarla alla vigilanza, sì, ma unita all’obbedienza filiale. Lo zelo per la verità non può trasformarsi in settarismo. Uno scisma non è mai “via della Provvidenza”, ma solo ferita al Corpo di Cristo.
1 Materia del segreto pontificio: […] tutte le questioni che il papa, un cardinale o i legati pontifici riterranno opportuno custodire con il segreto pontificio.
Tratto da:
https://it.wikipedia.org/wiki/Secreta_continere
Quindi non corrisponde al vero che il segreto pontificio sia limitato esclusivamente agli ambiti da lei indicati.
Lo scopo del segreto pontificio (per definizione…) è quello di sigillare, di ‘velare’, per un certo tempo una qualche verità che, per l’appunto, non deve essere ‘rivelata’; quindi ciò che lei afferma, ossia che la mia sarebbe una ‘congettura priva di ogni riscontro normativo’, non corrisponde al vero. Il riscontro normativo c’è eccome; non è una mia invenzione.
È stato il segretario di Benedetto XVI a ribadire (più volte, pubblicamente) che Papa Ratzinger appose (per qualsivoglia ragione) tale sigillo sulla sua rinuncia al ministero petrino. Con tutto il rispetto, ma non spetta a lei il compito di limitare le circostanze per le quali il Papa avrebbe fatto ciò che ha fatto.
La informo che la ‘cospirazioni’, da che mondo è mondo, sono sempre esistite. Giulio Cesare, ad esempio, fu ucciso proprio da una cospirazione che lo colse (almeno in parte) di sorpresa: “Tu quoque Brutus, fili mi!”
Della più che plausibile ‘impostura colossale’ che a lei pare così inverosimile sicuramente non parlerebbero volentieri gli ‘impostori’, per ovvie ragioni, non crede? Mentre gli altri testimoni non potrebbero esprimersi liberamente in merito proprio perché (banalmente) la materia è coperta dal segreto pontificio…
2 La mia non è una istigazione alla ‘rivolta contro la Chiesa’; al contrario: è un appello a riconoscere la vera Chiesa (quella fondata sul legittimo successore di Pietro) dalla ‘deriva della vera Chiesa’ (ossia quella che riconosce come successore di Pietro un antipapa).
‘Separare il grano dalla zizzania’ in senso lato significa separare il vero dal falso. Tempi e modi di questa ‘cernita’ applicata alle anime li stabilirà Cristo, senza dubbio, ma non occorre attendere la fine dei tempi per provare a discernere il bene dal male, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, gli apostoli fedeli al Vangelo dai falsi pastori: già tra i primi cristiani si presentò questa necessità.
3 La cosiddetta ‘accettazione pacifica universale’ non è una legge della Chiesa (non se ne trova menzione nel CIC) e non fa parte né del magistero dei Papi né è presente nelle Sacre Scritture (che paiono invece contraddirla, in più punti); è piuttosto un ‘criterio di legittimità’ ritenuto valido secondo la personale opinione (non ‘universalmente accettata’…) di alcuni ecclesiastici. Per altro, come ho spiegato nell’articolo, è probabile che l’unità apparente celi uno ‘scisma sotterraneo’ (in quanto temporaneamente ‘celato’ dal sigillo del segreto pontificio e/o da specifiche istruzioni impartite da parte del legittimo Papa, per proteggere sia i suoi ministri fedeli sia la sua persona, a tutela della legittima successione petrina).
Benedetto XVI chiamò con il titolo di Santità, Santo Padre ecc. anche personalità di vertice della Chiesa Ortodossa, Buddhista ecc., proprio come farebbe un mussulmano che voglia rivolgersi in modo rispettoso, secondo l’etichetta, al Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Questa forma basilare di rispetto non va intesa come un riconoscimento di legittimità o di personale adesione alla Chiesa guidata da questo o quel patriarca.
4 Ribadisco che qui nessuno ‘rigetta l’autorità petrina’; il solo (e sacrosanto) rigetto è quello per l’illegittima autorità petrina. Occorre fare chiarezza, discernere un antipapa dal Papa vero, tutto qui. Il criterio ‘il Pontefice con più consensi è quello giusto’ è un criterio democratico, un criterio fuorviante, in certi casi, se applicato alla Chiesa, che appunto non è una democrazia. Non importa se pochissimi tra gli uomini, alla sua prima venuta, riconobbero ‘stabilmente’ la regalità di Gesù. Ciò non toglie che Gesù sia Re, pur senza un ‘consenso’ ampio e costante, dato che la folla dapprima (su ispirazione divina) Lo osannò come il Messia, poi (su istigazione dei capi) ‘a furor di popolo’ Lo volle crocifisso…
Ci sono quindi momenti di lucidità e momenti di confusione, momenti in cui la folla riconosce il vero, e altri in cui la stessa folla (o gran parte di essa) lo rigetta. Solo un ‘piccolo resto’ resta fedele alla verità anche nell’ora più buia…
Se la Chiesa ‘rinascerà più piccola’, vorrà dire che prima, per forza di cose, ‘morirà’ (dovendo riconoscere l’antipapa come tale) poi rinascerà (riconoscendo il vero successore di Pietro); più piccola, perché alcuni ministri della ‘vecchia Chiesa’ non accetteranno quella nuova ‘povera, quasi catacombale’, forse perché rimpiangeranno quella opulenta e conformata al mondo a cui si erano abituati…
Qui nessuno ‘crea’ nessuna ‘chiesa parallela’. La Chiesa è Una: quella fondata su Pietro — quello vero però!
5 E se davvero, come affermò Ratzinger, la Chiesa potesse divenire più piccola, più povera, quasi catacombale (ossia molto diversa da quella attuale…)?
E se davvero fosse ‘un piccolo resto, apparentemente insignificante’ (come potrebbe essere un ‘Papa del nascondimento’ assieme a una manciata di fedeli ministri)
a farla rinascere, la vera Chiesa?
Forse c’è del vero in ciò che il futuro (legittimo) Papa pronosticò sul finire degli anni ’60, non trova?
Chi rifiuta di ‘scindersi’ dalla Chiesa alla deriva, quella fondata su un antipapa, come potrà riconoscere la Chiesa ‘sulla retta via’, quella che cammina con il legittimo successore Pietro?
Se la mia intuizione è corretta a breve (a Dio piacendo) i nodi verranno tutti al pettine. Quando ciò accadrà il mio augurio è quello di scegliere saggiamente da che parte stare, ossia che il cuore non rimanga legato alla Chiesa morente, ma che accolga quella che rinasce e (finalmente!) ritrova se stessa.
X Simone Torreggiani,
la sua lunga argomentazione, pur animata da un certo zelo, si muove su un terreno scivoloso: quello della sospensione della fede ecclesiale in nome di una supposizione personale. Il suo discorso, infatti, è costruito più sulla suggestione e sulla congettura che su basi teologiche, canoniche e dottrinali solide.
1. Sul “segreto pontificio”
Lei cita Secreta continere e attribuisce al “segreto pontificio” una funzione pressoché assoluta e illimitata, tale da coprire anche la validità di un’elezione pontificia o addirittura la legittimità dell’intero magistero. Ma ciò è un travisamento grave.
Il segreto pontificio non ha il potere di sospendere il diritto divino o il diritto canonico pubblico, né di mettere tra parentesi l’autorità visibile del Papa legittimo. Nessun “sigillo”, anche se apposto da Benedetto XVI, può occultare un fatto che ha effetti visibili e universali: la rinuncia al munus petrinum da lui liberamente compiuta, pubblicamente pronunciata, e giuridicamente ratificata.
L’idea che una verità così decisiva (come chi sia il vero Papa) possa essere occultata sotto segreto è contraria alla natura stessa della Chiesa, che è lumen gentium, luce delle genti, non setta iniziatica.
2. Sulla legittimità del Pontefice
Lei rigetta la validità dell’elezione di Francesco prima, e ora di Leone XIV, in nome di una presunta “impostura colossale” coperta da silenzi e cospirazioni. Ma la Chiesa non è governata da teorie del complotto. È guidata visibilmente da un Successore di Pietro legittimamente eletto secondo le norme canoniche e universalmente riconosciuto come tale dal Collegio cardinalizio, dai vescovi, e dai fedeli.
La dottrina sull’accettazione pacifica universale è ben più che “un’opinione privata di alcuni ecclesiastici”: è un criterio teologico fondato sulla Tradizione, ampiamente sostenuto da teologi e canonisti (tra cui san Alfonso de’ Liguori e il card. Billot), secondo cui la ricezione pacifica dell’elezione da parte della Chiesa universale è segno certo della legittimità dell’eletto. Non serve trovarla nel Codice: essa è principio della lex credendi.
3. Sul discernimento tra Papa e antipapa
Chi le ha detto che discernere un Papa da un antipapa spetti ai singoli? Il criterio per distinguere un vero Papa da un usurpatore non è il consenso personale né l’intuito privato, ma la validità canonica dell’elezione e l’accettazione da parte della Chiesa. Lei confonde la sana vigilanza con la presunzione di giudizio.
L’esempio di Cristo rigettato non giustifica il rigetto della Chiesa visibile. La fedeltà di un “piccolo resto” non è mai dissociazione arbitraria, ma obbedienza eroica, anche nella tribolazione, al Papa legittimo. Altrimenti si trasforma in scisma, e peggio ancora, in eresia gnostica.
4. Sulla rinascita della Chiesa
La Chiesa può anche diventare “più piccola”, come preconizzava Benedetto XVI, ma non si scinde e non si nasconde dietro teorie di un “Papa del silenzio” che agirebbe in segreto mentre un usurpatore occupa la sede visibile. Questa idea non ha fondamento ecclesiale, né giuridico, né spirituale. La successione apostolica si trasmette visibilmente, sacramentalmente, pubblicamente. Altrimenti, non siamo più nella Chiesa di Cristo, ma in una fiction apocalittica.
5. Conclusione
Lei parla di “Chiesa morente” e di “rinascita vera”, ma dimentica che Cristo non ha mai detto che la Chiesa visibile sarebbe stata occultata o clandestina. Ha promesso: “Le porte degli inferi non prevarranno” (Mt 16,18).
Il suo discorso, per quanto raffinato, finisce per veicolare una forma sottile di scisma, travestito da amore alla verità. Ma la verità senza obbedienza non è di Dio.
Le auguro sinceramente di restare nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, quella visibile, fondata sulla successione apostolica e non su intuizioni personali.
Perché anche oggi, come sempre, ubi Petrus, ibi Ecclesia.
Gentile don Pietro Paolo, scusi l’insistenza, ma il suo corposo intervento non ha risposto alla domanda: il papa viene eletto per intervento dello Spirito Santo o no? La risposta dovrebbe essere si o no. Ovvero, è la volontà di Dio che prevale nel Conclave o no? La risposta dovrebbe essere sì o no. Non c’è bisogno di girarci intorno lasciando la questione nell’ambiguità. Strano che un istituzione che ha fondato il suo potere sui dogmi, non si pronunci dogmaticamente anche su tale questione. Comprendo il timore di dare una risposta in un senso o nell’altro che aprirebbe un discorso dirompente, ma lasciare in sospeso la questione non è corretto.
X il Matto
Ho scritto: “Il Magistero della Chiesa insegna che, pur nel rispetto della libertà dei cardinali elettori, lo Spirito Santo assiste il Conclave. Questo non significa che Egli imponga un nome o determini meccanicamente una scelta, ma che sostiene, illumina e orienta secondo i disegni di Dio, che spesso superano la nostra comprensione.”
Credo che con queste parole si risponda chiaramente alla sua domanda.
Se lo Spirito Santo imponesse direttamente il proprio eletto al Soglio di Pietro, allora saremmo costretti ad attribuirGli la responsabilità anche degli errori, delle debolezze e — in alcuni casi — degli scandali che hanno segnato la storia papale. Ma la Chiesa insegna con equilibrio: lo Spirito Santo assiste, ma non forza la libertà dei cardinali.
Rimane sempre valida la celebre frase, attribuita a San Vincenzo di Lérins:
“Alcuni papi Dio li dona, altri li tollera, altri li infligge.”
Quanto poi alla tendenza, oggi diffusa, di non riconoscere l’elezione di un Papa sulla base di presunte irregolarità, la considero poco seria e, ancor peggio, dannosa per l’unità e la pace nella Chiesa.
Quindi mi conferma che è SEMPRE Dio-Spirito Santo che dona, tollera, infligge?
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X il Matto,
ho già scritto: “Il Magistero della Chiesa insegna che, pur rispettando la libertà dei cardinali elettori, lo Spirito Santo assiste il Conclave. Questo non significa che Egli imponga un nome o determini meccanicamente una scelta, ma che sostiene, illumina e orienta secondo i disegni di Dio, che spesso superano la nostra comprensione.”
Credo che questa affermazione risponda già in modo chiaro alla sua domanda.
Se infatti fosse lo Spirito Santo a imporre direttamente il Papa, dovremmo attribuirGli anche la responsabilità degli errori, delle debolezze e persino degli scandali che la storia ci racconta su certi pontefici. Ma non è così. Lo Spirito Santo illumina, ma la scelta resta libera e responsabilmente affidata ai cardinali.
In questo senso rimane attuale e veritiera la frase attribuita a San Vincenzo di Lérins:
“Alcuni papi Dio li dona, altri li tollera, altri li infligge.”
Quanto infine alle tesi che negano la legittimità del Papa sulla base di presunte irregolarità nell’elezione, le considero chiacchiere inutili e dannose, perché non fondate su atti ufficiali della Chiesa e contrarie alla comunione ecclesiale.
L’assistenza dello Spirito Santo va richiesta e va accettata, non sempre è così, anche in relazione all’elezione del Papa, o magari è così per alcuni cardinali ma non per tutti, non lo è per la maggioranza di essi. Per me è un argomento fumoso proprio per sua natura, più semplicemente posso pensare che questa famosa “assistenza dello Spirito Santo” è inerente alle tenuta della totalità della Chiesa, non è inerente in senso stretto alla scelta del Papa (conseguentemente non è detto che lo Spirito Santo abbia consigliato o approvato tutti i pontefici eletti).
Assai poco convincente ciò che scrive Ratzinger riguardo una presunta “elasticità” dello Spirito Santo, peraltro rivelata soltanto nel 2009…
Come riconoscere il Vero Papa? Direi dallo spezzare del Pane e dall’utilizzo del Potere Divino per Opere secondo la Volontà di Dio e dalla confermazione della vera fede dei fedeli Cattolici.
Il Vero Papa può accedere alla lettura del vero III S di F., Leone XIV lo ha già letto?
Solo il vero Papa può compiere l’atto di C. della R. al C. I. di Maria, oggi perchè no, ma anche un altro giorno perchè no?
Solo il vero Papa può C. Re Cattolici.
Solo il vero Papa può consentire la pubblicazione formale del decreto papale durante il concistoro l’elevazione al rango cardinalizio.
Solo il vero Papa è sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano.
L’idea che un Papa possa essere “falso” perché eletto da cardinali ritenuti “falsi” a motivo della loro creazione da parte di un pontefice giudicato irregolare da taluni gruppi, non è solo teologicamente infondata, ma mina alla radice la struttura stessa della Chiesa voluta da Cristo. Cristo, infatti, ha fondato la Sua Chiesa sub Petro, affidando a Pietro e ai suoi successori il compito di confermare nella fede e di pascere l’intero gregge. La promessa del Signore, «le porte degli inferi non prevarranno» (Mt 16,18), non è un’illusione poetica ma un solenne vincolo divino. Pensare che, per una presunta “irregolarità” o “usurpazione”, la Chiesa possa aver perso la sua guida legittima e, con essa, la successione apostolica e la validità dei sacramenti, significa porre un’ombra di fallibilità su ciò che Cristo stesso ha istituito come indefettibile.
Il magistero della Chiesa insegna che, pur nel rispetto della libertà dei cardinali elettori, lo Spirito Santo assiste il Conclave. Questo non significa che Egli imponga un nome o determini meccanicamente una scelta, ma che sostiene, illumina, orienta secondo i disegni di Dio, i quali spesso superano la nostra comprensione. È una presenza che non garantisce la santità personale del Pontefice, ma la continuità istituzionale e sacramentale della Chiesa. Persino nei periodi storici più bui — e ve ne sono stati — la successione apostolica non è mai venuta meno.
Riguardo alla frase di Benedetto XVI citata all’inizio, è fondamentale comprenderne il tono e il contesto: egli non negava affatto la validità dell’assistenza dello Spirito Santo, ma ne riconosceva il mistero e il rispetto per la libertà umana. Il fatto che in passato alcuni papi abbiano mostrato limiti morali o politici, non inficia l’opera dello Spirito: Dio opera anche attraverso la fragilità degli uomini. La Chiesa non è una società perfetta di eletti impeccabili, ma una realtà divina e umana, santa e insieme bisognosa di purificazione.
L’argomentazione secondo cui la creazione dei cardinali da parte di Papa Francesco sia invalida, e quindi nulla sia da considerarsi legittimo di quanto da essi eletto, è una tesi sostenuta solo da frange scismatiche o sedevacantiste che, purtroppo, hanno ceduto alla tentazione di farsi giudici della Chiesa anziché rimanere figli obbedienti. Chi accoglie tale idea, di fatto si stacca dalla comunione ecclesiale, non fidandosi più della promessa di Cristo, ma scegliendo un cristianesimo autocentrato, fondato su interpretazioni personali e logiche di potere.
Inoltre, tale ipotesi — se portata alle estreme conseguenze — condurrebbe a una paralisi ecclesiologica: chi stabilisce, con autorità, chi è il “vero” papa e chi no? Si arriverebbe a una Chiesa soggetta a tribunali privati, a opinioni personali, a “chiese nella Chiesa”, dove ciascuno si fa misura della verità. Questo non è il Corpo Mistico di Cristo, ma la sua lacerazione.
Come figli della Chiesa, ci è chiesto discernimento, certo, ma anche obbedienza e fiducia, sapendo che non ci è dato giudicare l’elezione di un Papa, e che l’assistenza dello Spirito non viene meno perché alcuni si ritengono più illuminati di altri. Cristo è il Pastore eterno che non abbandona mai il suo gregge, e chi oggi è stato eletto Papa in modo canonico, nel rispetto della Costituzione Apostolica in vigore, è Papa legittimo, indipendentemente dalle simpatie personali o dalle aspettative deluse.
Il compito dei fedeli non è pretendere un Papa “su misura”, ma pregare per lui, ascoltarlo, seguirlo nella verità, e, quando necessario, contribuire con carità e rispetto al rinnovamento ecclesiale. Ma sempre cum Petro, mai contra Petrum.
Reverendo, riguardo a questo estratto del suo commento che riporto di seguito “e chi oggi è stato eletto Papa in modo canonico, nel rispetto della Costituzione Apostolica in vigore, è Papa legittimo,” , sono pienamente d’accordo, ma non ci sarebbero canoni del nel CDC atti a considerare anche un elezione nulla e invalida proprio a tutela del Corpo Mistico della Santa Chiesa.
Leone XIV trasmette pace, infiamma i cuori e li commuove, magari provoca anche conversioni, lo vedo al momento come un vero timorato di Dio, un coraggioso, riverente nella preghiera e nella liturgia, ecc.. ma potrebbe essere anche un santo come lo è San Padre Pio, ma se ci fosse qualcosa non nel rispetto della Costituzione Apostolica in vigore sarebbe nulla e invalida indistintamente dalla bontà d’animo e da ogni virtù.
Non ci resta che sperare che questo 2025 sia l’anno di Maria, e che Ella abbia provveduto con il Divin Paraclito a guidare la Santa Chiesa per vie a noi sconosciute e non impossibili a Dio.
Ha un perfettamente ragione nel ricordare che la legittimità di un’elezione papale non può dipendere dalla bontà personale o dalla santità soggettiva del candidato, ma deve essere valutata in base al rispetto delle norme canoniche in vigore. Tuttavia, proprio per evitare dubbi e confusione, la Chiesa ha sempre stabilito criteri oggettivi e giuridicamente verificabili per riconoscere la validità di un’elezione pontificia.
Nel caso specifico di Papa Leone XIV, l’elezione si è svolta secondo le disposizioni contenute nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, e non vi è alcuna dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa che metta in discussione tale validità. Anzi, il Collegio cardinalizio lo ha pubblicamente riconosciuto, e tutta la Chiesa ha accolto il suo ministero, segno visibile della comunione ecclesiale.
Riguardo al Codice di Diritto Canonico, è vero che ci sono norme che renderebbero nulla un’elezione compiuta con dolo, simonia o coercizione (cf. UDG, art. 78-80). Ma proprio per questo esiste una presunzione di validità, fino a prova contraria e a una dichiarazione autorevole da parte della Chiesa stessa. Non può essere il singolo fedele, pur benintenzionato, a giudicare ciò che spetta all’autorità ecclesiastica competente.
Infine, condivido pienamente la sua speranza mariana: Maria Santissima veglia sulla Chiesa con materna sollecitudine e non cessa di intercedere affinché lo Spirito Santo la guidi anche nei momenti più oscuri. La nostra è una fede che cammina nella luce di Dio, non nelle ombre del sospetto.
Rimaniamo quindi uniti nella preghiera e nell’umile fiducia che Cristo non abbandona mai la Sua Sposa, anche quando i Suoi disegni ci restano misteriosi.
La ringrazio per la risposta e e i chiarimenti che trovo corretti e assennati, e per il tempo dedicatomi e per l’esortazione alla preghiera fiduciosi che Cristo Regna e governa la Sua Chiesa con la Santa Madre di Dio senza dimenticare San Giuseppe il protettore della Santa Chiesa.. Dio la benedica.
A riguardo però di questo estratto che lei espone: “Nel caso specifico di Papa Leone XIV, l’elezione si è svolta secondo le disposizioni contenute nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, e non vi è alcuna dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa che metta in discussione tale validità.”
ci sarebbe da rammentare che in un certo senso la Chiesa si è espressa convocando in Vaticano Mons. Viganò per l’accusa (a mio parere) infondata di scisma, poichè si ritiene che a Papa ancora vivente ci sia stato un atto autoscismatico di colui che ha ottenuto il Ministerium, Ma questa convocazione risale a molto prima del Conclave 2025.
Grazie don Pietro Paolo per aver spiegato così chiaramente la questione.
Don Pietro Paolo,
con tutto il rispetto per la sua dignità e per i suoi interventi sempre pacati, vorrei porle una domanda.
Non sono un teologo e cerco di girare al largo dalle questioni che esulano la mia competenza (affermazione eretica o no, magistero infallibile o no). Però nel caso di Francesco abbiamo avuto un Papa complice attivo di quello che a tutti gli effetti è stato il più orrendo attentanto alla salute fisica ((altri direbbero pure spirituale) dell’umanità.
Io un giorno dovrò spiegare a mia figlia (che adesso ha 5 anni) che durante quegli anni bui il capo supremo di quella Fede nella quale avrò cercato di educarla, e che secondo l’articolo 892 del CCC gode di una speciale assistenza dello Spirito Santo anche nel magistero ordinario, si è macchiato di un crimine orrendo. Non stiamo parlando di un’amante e di qualche figlio illeggittimo o altro, ma di qualcosa di proporzioni letteralmente apocalittiche.
Non crede che le “frange sedevacantiste” abbiano semplicemente cercato una soluzione razionale ad una straziante contraddizionae tra la loro fede e la realtà dei fatti?
Forse sbaglieranno, ma non meritano forse un giudizio un po` meno sprezzante che tenga conto del dramma e del dissidio interiore che questa constatazione porta con sé ? E non ogni caso, non meritano una risposta pacate ed esauriente invece di un silenzio assordante quanto non sprezzante da parte della gerarchia ecclesiastica?
X Roberto:
comprendo profondamente il tuo turbamento. È innegabile che molti fedeli, specialmente dopo eventi così drammatici, si siano trovati a vivere un conflitto interiore tra la fede nella Chiesa e la percezione di alcune scelte gravemente discutibili.
Ma proprio in questi momenti dobbiamo ricordare che la Chiesa è santa nei suoi misteri, non necessariamente nei suoi uomini. Il Papa gode di una speciale assistenza dello Spirito Santo quando insegna come successore di Pietro, ma non è infallibile nelle decisioni prudenziali, politiche o sanitarie.
Chi ha scelto vie sedevacantiste lo ha fatto forse per reagire a un dolore reale. Ma la sofferenza non giustifica la rottura dell’unità, né l’abbandono del principio cattolico: ubi Petrus, ibi Ecclesia.
Piuttosto che condannare, serve accompagnare. Ma senza cedere al rischio di creare una “Chiesa parallela” fondata sul sospetto. Cristo non abbandona la sua Sposa, anche se attraversa il buio.
E alla tua bambina, potrai dire che il suo papà non ha mai smesso di credere, anche quando era difficile. comprendo profondamente il suo turbamento. È innegabile che molti fedeli, specialmente dopo eventi così innovativi, si siano trovati a vivere un conflitto interiore tra la fede nella Chiesa e la percezione di alcune scelte gravemente discutibili.
Ma proprio in questi momenti dobbiamo ricordare che la Chiesa è santa nei suoi misteri, non necessariamente nei suoi uomini. Il Papa gode di una speciale assistenza dello Spirito Santo quando insegna come successore di Pietro, ma non è infallibile nelle decisioni prudenziali, politiche o sanitarie.
Chi ha scelto vie sedevacantiste lo ha fatto forse, e speriamo, per reagire a un dolore reale. Ma la sofferenza non giustifica la rottura dell’unità, né l’abbandono del principio cattolico: ubi Petrus, ibi Ecclesia.
Piuttosto che condannare, serve accompagnare. Ma senza cedere al rischio di creare una “Chiesa parallela” fondata sul sospetto. Cristo non abbandona la sua Sposa, anche se attraversa il buio.
Alla sua bambina, potrà dire che il suo papà non ha mai smesso di credere, anche quando era difficile.
Troppi “misteri” in questa Chiesa che è un’istituzione costruita da uomini. Trovo lecito riferirsi all’esistenza di Dio come ad un “mistero”, ma inchinarsi ai comportamenti
“misteriosi” degli uomini equivale al “diritto di tollerare” un’offerta/imposizione mafiosa, come aveva dichiarato- candidamente- di esser abituato a fare il famigerato Giudice Curtò.
Internet è il regno dell’apparenza e della virtualità. Non sappiamo se questo “don Pietro Paolo” è veramente un sacerdote, oppure un bot, oppure qualcuno che usa l’intelligenza artificiale per scrivere i suoi commenti. In essi sono presenti affermazioni vere e condivisibili ed altre che sono imprecise o addirittura sbagliate, il che ovviamente porta a conclusioni discutibili.
A me non sembra convincente. Come non mi convincono i suoi giudizi severi verso chi non la pensa come lui. Però può darsi che sia anche un vero prete, in buona fede. Tutto è possibile.
Can. 332 – §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.
Quindi, secondo il Codice di Diritto Canonico, qualora la rinuncia all’ufficio (munus) NON venisse debitamente manifestata, sarebbe una palese violazione del diritto adunare, in tali circostanze, un Conclave per l’elezione di un nuovo Papa.
O no?
La mera supposizione che tale rinuncia sia avvenuta con tutti i crismi non può retroattivamente validare un Conclave elettivo convocato ‘alla cieca’.
Un esempio: se domani mattina le televisioni di tutto il mondo diffondessero la notizia che il Papa ha deciso di rinunciare al pontificato — e tuttavia mancasse l’evidenza di un valido atto di rinuncia — sarebbe lecito per il Camerlengo convocare un Conclave elettivo senza prima verificare come stanno le cose?
Quale sarebbe l’esito di una tale elezione?
Se in seguito il Papa regnante non rinunciatario, venuto a conoscenza dell’elezione del nuovo (presunto…) Papa, decidesse di abdicare, ciò validerebbe l’elezione dell’altro, o sarebbe necessaria una nuova elezione?
La sua logica è puramente fideistica, del tipo: ‘Se il Camerlengo ha convocato un Conclave elettivo, significa che il Pontefice DEVE aver validamente rinunciato’.
Ma questo modo di ragionare annulla (di fatto) il diritto stesso, esponendo la Chiesa all’arbitrio di chi volesse approfittare della sua posizione di vertice per agire abusivamente.
Questo ‘mettersi totalmente nelle mani dell’umana autorità’ dei Cardinali (trascurando per altro quella del legittimo Pontefice…), chiudendo occhi e orecchi sugli (eventuali) abusi di costoro, è più simile all’omertà che a una sana e santa obbedienza: quest’ultima non può prescindere dalla ricerca della verità, dal rispetto del diritto e dall’agire secondo coscienza.
Mi correggo: in realtà spetta al Decano dichiarare la vacanza della Sede Apostolica e convocare il conclave elettivo. Al Camerlengo spettano altre funzioni di governo.
Il primo marzo 2013 fu quindi Angelo Sodano, l’allora Decano (e non il Cardinal Bertone, l’allora Camerlengo, come avevo scritto in precedenza), a convocare il conclave:
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2013/03/01/0134/00351.html
Detto questo la questione rimane aperta: dove sta l’atto di rinuncia di Benedetto XVI che giustifichi la dichiarazione della vacanza della Sede Apostolica?
Qualcuno ha le prove che il Cardinal Sodano si accertò che la rinuncia annunciata da Benedetto XVI in data 11 febbraio 2013 sia poi avvenuta validamente nella data (28 febbraio 2013) e nell’ora (la ‘ventesima’) stabilita, oppure Sodano convocò il conclave ‘alla cieca’?
Nel primo caso l’elezione di Papa Francesco/Bergoglio (e quindi anche quella del suo successore, Leone XIV) sarebbe ineccepibile (almeno da questo punto di vista).
Se invece il conclave fu convocato senza che la rinuncia fosse debitamente manifestata a chi di dovere, la dichiarazione della Sede Vacante sarebbe (di fatto e di diritto) priva di fondamento, invalidando il conseguente conclave, con tutte le conseguenze del caso.
Se manca un’evidenza certa è giustificato attenersi al principio ‘Papa dubius, Papa nullus’.
Non è quindi una questione marginale.
“…chi oggi è stato eletto Papa in modo canonico, nel rispetto della Costituzione Apostolica in vigore, è Papa legittimo, indipendentemente dalle simpatie personali o dalle aspettative deluse.”
Caro don Pietro Paolo,
La Costituzione Apostolica che regola il Conclave in modo inderogabile stabilisce:
Universi Dominici gregis
UDG
Can. 33. Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che, prima del giorno della morte del Sommo Pontefice o del giorno in cui la Sede Apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l’80° anno di età. Il numero massimo di Cardinali elettori non deve superare i centoventi. È assolutamente escluso il diritto di elezione attiva da parte di qualsiasi altra dignità ecclesiastica o l’intervento di potestà laica di qualsivoglia grado o ordine.
UDG
Can. 76. Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta.
https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_constitutions/documents/hf_jp-ii_apc_22021996_universi-dominici-gregis.html#GLI_ELETTORI_DEL_ROMANO_PONTEFICE
“Il numero massimo di Cardinali elettori non deve superare i centoventi…” Erano 133… La Costituzione Apostolica non è stata rispettata. Dunque elezione nulla e invalida.
Caro Mario,
la ringrazio per la citazione puntuale della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis (UDG), che rappresenta il testo normativo vigente in materia di Conclave. Tuttavia, mi permetta di offrire una precisazione importante in merito alla sua interpretazione dell’articolo 33 e alla presunta invalidità dell’elezione.
La formula «il numero massimo di cardinali elettori non deve superare i centoventi» è stata da sempre intesa non come un limite invalicabile, ma come una norma disciplinare, non afferente alla validità dell’elezione stessa. Tant’è vero che già più volte in passato si sono superati i 120 cardinali elettori, senza che ciò abbia inficiato la validità. Papa Benedetto XVI e Papa Francesco hanno entrambi convocato Concistori che hanno portato il numero di cardinali elettori oltre questa soglia, senza che ciò sia stato oggetto di correzione da parte della Santa Sede o causa di invalidazione canonica.
Il can. 76 di UDG, che dichiara nulla un’elezione non conforme, si riferisce a violazioni sostanziali e strutturali del procedimento elettorale (come l’intervento di poteri esterni, la simonia, la pressione coercitiva, la mancata osservanza delle fasi di votazione, ecc.), non alla semplice eccedenza numerica, che è stata ormai considerata — de facto e de iure — non ostativa alla validità dell’atto elettivo.
In diritto canonico, è importante distinguere tra ciò che rende un atto illecito e ciò che lo rende invalido. Superare i 120 cardinali può essere un’irregolarità disciplinare o prassi contestabile, ma non una causa automatica di nullità dell’elezione papale, a meno che la Chiesa stessa non la dichiari tale con autorità competente, il che non è mai avvenuto.
In conclusione, sulla base della prassi consolidata e dell’interpretazione autentica fornita nei fatti dalla Chiesa stessa, ribadisco: chi è stato eletto Papa nel Conclave, con la partecipazione dei cardinali convocati secondo le norme effettivamente applicate, è da considerarsi legittimamente eletto e dunque Papa vero e proprio.
Il nostro compito come fedeli non è quello di cercare cavilli per mettere in dubbio la successione apostolica, ma di rimanere saldi nella comunione e nella fiducia che Cristo non abbandona la Sua Chiesa.
don Pietro Paolo
C’è una oggettività della legge canonica. L’interpretazione non può andare contro quanto c’è scritto (la ‘lettera’), perché allora saremmo nella discrezionalità e nel soggettivismo imperanti al giorno d’oggi, malattie da cui è stata colpita la giurisprudenza dello Stato in tutte le sue corti (una asserisce una cosa, l’altra interpreta in modo contrario), e da quanto scrive don Pietro Paolo anche la applicazione del diritto canonico ne sarebbe stata contagiata…
UDG
Can. 76. Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta.
Il canone 76 specifica che non c’è bisogno di nessuna dichiarazione da parte dell’Autorità sulla nullità e invalidità di una Elezione papale, essendo quella nulla e invalida di per sé. Dunque i fatti possono essere giudicati da tutti e da ciascuno. Se nessun cardinale si è esposto pubblicamente, ciò non è rilevante, è ininfluente. C’è anche da dire che il “sensus fidei” del popolo cristiano raramente (o mai) si sbaglia. E che le opinioni della maggioranza possono vincere sul momento, ma se non sono giuste il tempo e la storia che sono galantuomini le ribaltano. E che spesso è la minoranza ad essere dalla parte della ragione nelle grandi dispute ecclesiali (vedasi Sant’Attanasio).
“Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite,…”
Questa frase riguarda TUTTE le norme e condizioni della UDG, fino alla più spicciola. Non alcuni casi particolari, macroscopici, quelli che lei cita.
Sottolineare una irregolarità non significa “scismare” dalla Chiesa Cattolica, come lei pensa, ma amare la Verità, che non può essere messa in contrasto se non per assurdo con Gesù Cristo e la Sua Chiesa.
Al contrario l’horror vacui che alcuni sacerdoti dimostrano di avere negando l’evidenza (e molti di questi sono stati acquiescenti di fronte a Bergoglio e suoi complici) non porta da nessuna parte.
Universi Dominici Gregis
4. Durante la vacanza della Sede Apostolica, le leggi emanate dai Romani Pontefici (come appunto Universi Dominici Gregis stessa, ndr) in nessun modo possono essere corrette o modificate, né si può aggiungere o detrarre qualche cosa o dispensare sia pure da una parte di esse, soprattutto per quanto riguarda l’ordinamento dell’elezione del Sommo Pontefice. Anzi, se accadesse eventualmente che sia fatto o tentato qualcosa contro questa prescrizione, con la mia suprema autorità lo dichiaro nullo e invalido.
5. Qualora sorgessero dubbi circa le prescrizioni contenute in questa Costituzione, o circa il modo di attuarle, dispongo formalmente che ogni potere di emettere un giudizio al riguardo spetti al Collegio dei Cardinali, cui pertanto attribuisco la facoltà di interpretarne i punti dubbi o controversi, stabilendo che quando occorra deliberare su queste ed altre simili questioni, eccetto l’atto dell’elezione, sia sufficiente che la maggioranza dei Cardinali congregati convenga sulla stessa opinione.
MIE NOTE:
1) Il numero 120 di cardinali elettori non è un “punto dubbio o controverso” con “facoltà di interpretazione” da parte del Collegio dei Cardinali (n. 5), essendo enunciato non ambiguamente, ma con chiarezza e senza eccezioni dal n. 33 e ribadito anche nel n. 34 (“Perciò dichiaro nulli ed invalidi gli atti, che in qualunque modo tentassero temerariamente di modificare le norme circa l’elezione o il collegio degli elettori.”)
I numeri 33 e 34 UDG sono i primi articoli di:
“PARTE SECONDA
L’ELEZIONE DEL ROMANO PONTEFICE
CAPITOLO I
GLI ELETTORI DEL ROMANO PONTEFICE”
dunque a norma del n. 5 sono non interpretabili: “..deliberare su queste ed altre simili questioni, eccetto l’atto dell’elezione…”.
2) Lei scrive: “Il can. 76 di UDG, che dichiara nulla un’elezione non conforme, si riferisce a violazioni sostanziali e strutturali del procedimento elettorale (come l’intervento di poteri esterni, la simonia, la pressione coercitiva, la mancata osservanza delle fasi di votazione, ecc.), non alla semplice eccedenza numerica, che è stata ormai considerata — de facto e de iure — non ostativa alla validità dell’atto elettivo.”
Uno, non è un “canone” ma “articolo”. E non è il n. 76 (“76. Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta.”) bensì il n. 78.
E non lo ha letto con attenzione, o non lo ha capito, dato che tale articolo afferma:
“78. Se nell’elezione del Romano Pontefice fosse perpetrato – che Dio ce ne scampi – il crimine della simonia, delibero e dichiaro che tutti coloro che se ne rendessero colpevoli incorreranno nella scomunica latae sententiae e che è tuttavia tolta la nullità o la non validità della medesima provvista simoniaca, affinché per tale motivo – come già stabilito dai miei Predecessori – non venga impugnata la validità dell’elezione del Romano Pontefice.”
Lo riassumo: crimine della simonia; scomunica latae sententiae per i colpevoli; “tolta la nullità o la non validità della provvista simoniaca” (provvista, cioè la vendita dell’ufficio petrino che sarebbe nulla o non valida) “affinché per tale motivo – come già stabilito dai miei Predecessori – non venga impugnata la validità dell’elezione del Romano Pontefice.”
Dunque, contrariamente a quanto lei afferma, anche in presenza di simonia od altri atti gravi tipo l’intervento di poteri esterni ecc. (nn 78, 79 e seguenti), l’elezione rimane “non impugnabile”. Mentre, sempre contrariamente a quanto lei afferma, il numero dei cardinali elettori stabilito in 120 è inderogabile.
3) È falsa anche la sua affermazione: “…eccedenza numerica, che è stata ormai considerata — de facto e de iure — non ostativa alla validità dell’atto elettivo”.
Infatti, “de facto” non si può superare una Costituzione Apostolica, “considerando” altrimenti.. E il “de iure”, diverso da una “considerazione” (che è una opinione), proprio non esiste. Per esistere, ci sarebbe stato bisogno di una modifica alla Universi Dominici Gregis da parte del Papa. Ma Francesco, ammesso che sia stato veramente Papa, il primo ad eccedere nella creazione dei cardinali elettori oltre il numero inderogabile dei 120, non ha fatto questa modifica anche se avrebbe potuto. Non esistendo tale modifica, dobbiamo rimanere fermi a quanto stabilito dalla Costituzione Apostolica non modificata, che è il vero “de iure”. Il resto sono fantasie.
X Mario,
Mi permetta alcune necessarie precisazioni.
1. Sull’inderogabilità del numero di 120 cardinali elettori
La sua lettura del n. 33 e 34 di UDG è rigorosa, ma non esaustiva. È vero che il testo stabilisce il numero massimo di 120 cardinali elettori e dichiara nulli gli atti che intendano modificarlo; tuttavia, non è corretto affermare che una eventuale eccedenza numerica costituisca, ipso iure, una violazione che inficia la validità dell’elezione.
In primis, l’interpretazione autentica di tali norme, come stabilito dall’art. 5 della medesima UDG, spetta unicamente al Collegio dei Cardinali durante la vacanza della Sede Apostolica. Se, infatti, i cardinali elettori si trovano in una situazione in cui l’adempimento formale della norma (il limite di 120) è superato per cause legate alla creazione cardinalizia (atto esclusivo del Papa regnante), e non intervengono cause sostanziali di vizio elettorale (come coercizione, ingerenze, o irregolarità del processo stesso), l’atto elettivo non viene considerato nullo.
2. Sull’articolo 76 e l’invalidità dell’elezione
La correzione da lei proposta è errata: la formula “Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione” è contenuta proprio nell’articolo 76, non nel 78, che si riferisce invece al caso specifico della simonia. L’articolo 76 dichiara la nullità dell’elezione qualora si violino le norme sostanziali previste nella UDG. Tuttavia, la definizione di “violazione sostanziale” non può essere arbitrariamente estesa a una mera eccedenza numerica — come se si trattasse di un vizio strutturale — quando tale eccedenza è stata prodotta non durante il conclave, ma nella fase precedente, per decisione pontificia, e quando comunque non ha inficiato le modalità procedurali dell’elezione.
3. Sull’uso del termine “de iure”
Lei afferma che non esiste una base giuridica per la validità di un’elezione con più di 120 cardinali, in quanto non è intervenuta una modifica formale della UDG. È corretto dire che non c’è stata modifica testuale, ma il diritto canonico riconosce che anche la prassi pontificia costante e non censurata costituisce un criterio interpretativo del diritto vigente (cfr. can. 23 CIC). Il fatto che più papi abbiano creato cardinali elettori oltre il limite di 120 senza provvedere alla modifica formale, né vedersi opposta alcuna censura dal Collegio cardinalizio né da istanze ecclesiali, ha prodotto di fatto una consuetudine praeter legem, che non sopprime la norma, ma ne modula l’applicazione.
4. Sulla logica interna della UDG
Se fosse vero che anche un solo elettore in più rendesse nulla ipso iure l’elezione, saremmo costretti a concludere che buona parte delle ultime elezioni papali sarebbero state invalide, nonostante la piena accettazione da parte di tutta la Chiesa e l’assenza di proteste formali da parte dello stesso Collegio cardinalizio. Una tale lettura conduce alla paralisi ecclesiale e alla negazione della recezione ecclesiale come principio di discernimento dell’autenticità di un atto papale.
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In conclusione, sebbene sia lodevole voler restare fedeli al dettato normativo, non si può assolutizzare la lettera a discapito della vita giuridica concreta della Chiesa. La validità dell’elezione del Papa non si giudica secondo parametri esterni o formalistici, ma sulla base della legittimità del procedimento, della intenzione concorde del Collegio cardinalizio, e del consenso implicito ed esplicito della Chiesa universale.
Le norme vivono nel Corpo della Chiesa, non al di fuori di esso.
Caro don P.P.,
mi sembra che il succo del suo discorso consista esclusivamente nell’obbligo “erga omnes” di sottomettersi a “ciò che la Chiesa insegna”: ossia l’assistenza garantita dello Spirito Santo alle supreme operazioni del Concilio e, di conseguenza, alle scelte papali ( anche quando non formulate ex cathedra ), gratificando comunque il Pontefice della “Grazia di stato”, condizione che obbliga “sempre” i fedeli ad una totale, acritica obbedienza.
Che cosa dovettero pensare, -se non di approvare-, laici e clericali del “Sinodo del cadavere”, ossia del processo “post mortem” di cui fu vittima Papa Formoso, nell’897, per opera del successore, papa Stefano VI? Una messinscena macabra che vide lo scheletro di Formoso rivestito dei paramenti sacri, rispondere- per mezzo di un diacono- alle accuse di indegnità imputategli da Stefano VI ( tra le altre, di aver osato contravvenire ai Canoni del tempo che impedivano il passaggio dei vescovi da una sede all’altra- in questo caso, Roma- colpa di cui tanti, tra cui Stefano stesso, si erano resi colpevoli ). Allora… mi sa dire in quali faccende doveva essere occupato il Santo Spirito durante questa devota ed edificante cerimonia?
Cara Adriana, ormai sono abituato alle sueosservazioni pungenti, ma la comprendo soprattutto quando fa riferimento allo storico “sinodo del cadavere”, episodio che la Chiesa stessa riconosce come scandaloso e profondamente ingiusto.
Ma proprio questo dimostra che l’assistenza dello Spirito Santo non rende impeccabili i Papi, né garantisce che ogni loro atto sia ispirato. Essa riguarda la salvaguardia della fede e la guida della Chiesa nella sua missione essenziale, non ogni decisione storica o personale.
La fede cattolica non ci chiede un’obbedienza cieca, ma una fedeltà critica e soprattutto di restare nella Chiesa anche quando il suo volto è deturpato. Il vero cristiano è fiducioso nella promessa di Cristo: la Sua Chiesa, pur segnata da errori umani, non verrà mai meno nella sua fedeltà all’essenziale della fede e della salvezza.
Quindi, Restare uniti alla Chiesa, anche nelle sue ferite, è parte della nostra fedeltà a Cristo.
Caro don P.P.,
permetta…lei chiama le mie osservazioni “pungenti”, quasi le avessi proposto le “quisquilie e pinzillacchere” di un Totò impegnato a far ridere il pubblico sui difetti caratteriali dell’italica stirpe, uscita- sconfitta, ma non del tutto sfiancata- dalle atrocità della seconda guerra mondiale. Lungi da me tale intenzione: io ho proposto un fatto realmente accaduto che testimonia della inumanità dei protagonisti- stranamente collocati ai più alti vertici della piramide clericale-. Beninteso, avrei potuto citarne molti altri, per esempio: la morte a piazza Navona dello studente Pomponio Algieri (nel 1556), immerso in un pentolone di olio bollente, pece e trementina per la precisa volontà e sentenza del Papa Paolo IV Carafa. Un omicidio dovuto a motivi squisitamente dottrinali- in nome di Dio- .
Lei scrive che bisogna tutelare e salvaguardare “la guida della Chiesa nella sua missione essenziale”, ma non specifica mai quale sia questa “missione”. Quindi, mi permetto di evincerne che essa consista nel fondamentale mantenimento del potere attraverso il mezzo della paura, grazie al terrore delle pene terrene e di quelle future nell’Aldilà, cui venne aggiunto un costante timore della colpa- primordiale e personale- inciso tanto profondamente nelle coscienze attraverso le generazioni, da ottenere nei secoli l’obbedienza pressochè unanime dei suoi sudditi.
Chiesa deriva dalla parola greca “ekklesìa” con cui si intendeva fare riferimento all’assemblea popolare nell’ambito delle comunità politicamente costituite nelle Polis dell’antica Grecia, assemblea o comunità che poteva esercitare una autorità di governo. Un’assemblea, quindi, dalla configurazione assai distante dalla mastodontica e piramidale struttura di eletti in cui si trasformò la Chiesa: – Gerusalemme terrestre assai più presente ed agente della immaginata Gerusalemme celeste-. Ed è tale Istituzione che si arroga il ruolo di fare da tramite e da filtro tra i suoi sudditi e Dio- sotto la tutela del medesimo-… perciò, la cosa più triste è il constatare che- ad eccezione dei mistici e dei poeti- chi dice di credere in Dio, crede in realtà a ciò che altri esseri umani hanno raccontato su Dio senza tener conto neppure di certi passi di testi sacri, come , per es., di quanto viene fatto affermare da Gesù:” Io vi assicuro che alcuni di quelli che sono qua presenti non moriranno prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo e il suo regno.” (Mt. 12-28), o da Paolo: “Fratelli, io vi dico questo: è poco il tempo che ci rimane.” ( 1 Cor. 7, 29 ), dove consiglia pure di non sposarsi chè, tanto, il mondo- a lui presente- sta per finire. Ma il sipario non è calato affatto alla sua epoca e il “ritorno” di Cristo è stato rimandato sine die. Nel frattempo, dopo lotte con Bisanzio, a Roma si era installata l’Entità, forte della sua pretesa di esercitare il potere politico-economico e, assieme, quello spirituale-morale. Pretesa che- mi pare- abbia causato notevoli pasticci non solo nei tempi passati, ma anche in quelli recenti e recentissimi. Termino qui, rivolgendole un cordiale e sincero saluto, Adriana.
Per la miseria!
X Adriana,
il suo intervento, articolato e colto, tocca molteplici piani — storico, etico, biblico e teologico — e mi dà occasione di chiarire alcuni aspetti, in spirito di dialogo sereno.
1. Sul peso della storia della Chiesa
Non intendo negare né giustificare gli errori, talora anche gravi e tragici, che nei secoli sono stati compiuti da uomini di Chiesa. È vero: non tutti i pastori sono stati all’altezza del Vangelo che proclamavano. Alcuni, purtroppo, si sono lasciati sedurre dal potere, e in certi casi le logiche del dominio hanno oscurato lo splendore della carità. Tuttavia, è altrettanto vero che ridurre l’intera vicenda della Chiesa alla sua dimensione storicamente più compromessa sarebbe un’ingiustizia, come lo sarebbe verso qualsiasi realtà umana. La Chiesa è anche il grembo di innumerevoli vite donate, di santi che hanno amato fino al martirio, di uomini e donne che, senza clamore, hanno servito gli ultimi, gli ammalati, gli esclusi — e lo fanno ancora oggi, quotidianamente, in ogni parte del mondo.
2. Sulla “missione” della Chiesa
Lei mi rimprovera di non aver esplicitato quale sia questa “missione essenziale” della Chiesa. Mi permetto di risponderle con le parole del Concilio Vaticano II: la Chiesa “è in Cristo come un sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1). La missione della Chiesa non è dunque conservare un potere, ma rendere visibile la presenza salvifica di Dio nella storia, attraverso la Parola, i sacramenti, la carità e la testimonianza. Quando questo scopo viene tradito o oscurato, la Chiesa ha bisogno — e ha ricevuto — il dono della riforma e della conversione, che comincia sempre da ciascuno di noi.
3. Sulla fede e il ritorno di Cristo
Le citazioni evangeliche e paoline che lei propone sono state, nei secoli, meditate con profondità dalla tradizione cristiana. È vero che la prima generazione cristiana visse nell’attesa imminente del ritorno del Signore. Ma ciò che si è compreso progressivamente — e con umiltà — è che la parousía del Cristo non è soltanto un evento futuro, ma anche una realtà già presente, che si manifesta misteriosamente nella storia e nella vita dei credenti. Il tempo escatologico, per i cristiani, non è evasione dal mondo, ma impulso a vivere il presente con vigilanza, giustizia e speranza.
4. Sulla mediazione della Chiesa
Lei accenna, in modo critico, al ruolo della Chiesa come “tramite” tra l’uomo e Dio. Qui tocchiamo un punto delicato e importante. La fede cristiana non propone mai una mediazione che escluda il rapporto personale con Dio, ma lo accompagna, lo custodisce e lo orienta. Se la Chiesa insegna, celebra, e guida, lo fa non al posto di Cristo, ma in obbedienza a Lui che ha voluto una comunità, un Corpo, dei testimoni. La fede, lo riconosco, può talora ridursi a ripetizione passiva di formule, ma può anche divenire — e spesso lo è — incontro personale e trasformante con il Dio vivente.
5. Infine, un’osservazione sul tono e sul cuore
Ha ragione: i mistici e i poeti spesso riescono ad accedere a una verità più profonda, perché parlano con l’anima. E la Chiesa, nella sua autentica missione, non dovrebbe mai soffocare l’anima, ma farla fiorire. Se mai ciò accade, è un fallimento, non dell’ideale cristiano, ma della sua testimonianza. Ecco perché, anche da parte mia — come uomo e come prete — non posso che raccogliere le sue parole come invito a vigilare, a purificare e a servire con autenticità.
Le auguro, di cuore, ogni bene e quella luce interiore che sola può rendere giustizia ai grandi interrogativi che ha sollevato.
Caro don P.P.
sotto il suo ultimo intervento manca il – rispondi- , perciò…
eccomi qui, innanzi tutto per ringraziarla dei suoi voti nei miei riguardi, poi, per cercare di risponderle.
Parto dalla sua difesa della Chiesa, considerata come un insieme di fedeli, santi e martiri. Ma è ovvio che in mezzo alla massa ci siano brave persone dotate di empatia e ci siano pure dei martiri: però non è la presenza o il numero dei santi o dei martiri che garantisce la verità delle loro idee. Il sacrificio di qualcuno non dimostra necessariamente che le idee per cui ha lottato siano corrette o veritiere. Inoltre…
la funzione della Chiesa di “pacificare il mondo” ( di cui oggi tanto si parla ) mi sembra- in buona sostanza- tradire proprio gli impegni evangelici di Gesù. Prima di tutto il Maestro dichiara di esser venuto a portare la “Spada, non la Pace” (Mt. 10:34). In secondo luogo, (Mt. 19:11-14) e (Luca 10:5-12), la Pace Egli la dà soltanto a coloro che- come verrà più tardi ribadito (Giovanni 20: 19-21)- si trovano davanti a Lui. Insomma, si tratta dei suoi seguaci appartenenti cmq. sempre al “gregge sperduto di Israele”. ( La missione di predicazione universale cui il Maestro invita gli apostoli si trova solo nella porzione “redazionale” del Vangelo di Marco.).
Non mi riguarda il condannare moralmente qualche alto prelato o qualche Papa per le sue mancanze morali private: non sta a me. Ricordo piuttosto che il “trionfo” del Cristianesimo si dovette soprattutto al potere politico e intransigente di Teodosio I che lo impose come la unica religione di Stato dell’Impero, scatenando in tal modo i Cristiani – forti dei suoi editti- a realizzare quella che si può legittimamente chiamare una fanatica “apocalisse culturale”. Ricorda come ad Alessandria per volontà del vescovo Teofilatto venisse distrutto, nel 391, il prezioso Serapeo (ricco di libri e di documentazioni storiche e culturali)? Ricorda i templi distrutti ad Apamea, grazie al vescovo Marcellino -poi fatto santo- che ne attribuì l’abbattimento alla sola forza della preghiera? Rammenta lo sfregio delle statue delle divinità pagane da cui si trascorse a quello degli umani che potevano dare fastidio? Le suggerisce qualcosa il nome di Ipazia, fatta fuori ignominiosamente per mano dei fanatici parabolani incitati dal vescovo Cirillo, fatto santo pure lui? Non per nulla il più illustre dei Padri della Chiesa- Agostino- (colui che pure con tanto acume e delicatezza seppe sondare i meandri della psicologia umana) non si terrà dal commendare nei casi opportuni la “crudeltà misericordiosa”…
Ma poi, e soprattutto, sono le fondamenta di questa narrazione che- a mio modo di vedere- si presentano come contradditorie. Dio vi viene presentato come “imperscrutabile, atemporale, immateriale e non spaziale”: ma se Dio è imperscrutabile, ogni tentativo di comprenderne le intenzioni è già fallito in partenza. Se è fuori dallo spazio e dal tempo, allora non ha alcun legame con la realtà osservabile. Nella pratica, quando serve attribuirgli qualità positive (Bontà, Giustizia, Amore) Dio diviene improvvisamente comprensibile. Però quando ci si trova davanti a contraddizioni o a problemi- come la presenza del male-, la Chiesa, i credenti si rifugiano nel “mistero”…O Dio è conoscibile, oppure non lo è: voler giocare su entrambi i campi è pura malafede intellettuale.
Quando il potere entra nel “mistero” non si è più davanti al divino, ma davanti ad una ovvia “strategia”.
Termino qui per non dilungarmi troppo- anche se ci sarebbero altri, interessanti argomenti da trattare. Peccato.
Con i miei più cordiali saluti, Adriana.
X Adriana,
la ringrazio per il suo intervento ancora una volta articolato, che manifesta una ricerca autentica – anche se non priva di giudizi precostituiti – e una volontà di confronto. Le rispondo volentieri, punto per punto, per chiarire ciò che nel suo ragionamento si presenta – me lo permetta – come un intreccio di riferimenti storici parziali, letture evangeliche sbilanciate e una certa diffidenza verso la comprensibilità del divino che rischia di vanificare ogni fede.
1. Sulla presenza dei santi e dei martiri
Lei afferma che la presenza di santi e martiri non è garanzia della verità di un’idea. Formalmente è corretto: il martirio, da solo, non prova una dottrina. Ma nel caso della Chiesa, il martirio non è isolato. È unito alla continuità storica, alla fedeltà al messaggio originario di Cristo, e soprattutto alla promessa di Gesù stesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). In questo contesto, il sangue dei martiri non è solo testimonianza soggettiva, ma sigillo oggettivo di una fedeltà che attraversa i secoli.
2. “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10,34)
Lei utilizza questo passo per affermare che l’impegno della Chiesa per la pace sarebbe un tradimento del Vangelo. Ma qui Gesù parla di una divisione inevitabile che nasce dalla verità: non di una missione violenta, ma del fatto che la verità del Vangelo è segno di contraddizione. La pace che Cristo annuncia (e dona: Gv 14,27) non è l’assenza di conflitto, ma la riconciliazione nel suo amore. La Chiesa non pacifica e non DEVE pacificare il mondo secondo logiche diplomatiche, ma annunciando Colui che è la nostra pace (Ef 2,14).
3. Sull’imposizione imperiale e la “cultura distrutta”
Che il Cristianesimo sia diventato religione di Stato con Teodosio è storicamente noto. Ma affermare che il suo “trionfo” sia dovuto esclusivamente a questo mi sembra riduttivo. La Chiesa ha convertito il mondo non con la spada, ma con la santità dei suoi figli, la resistenza nelle persecuzioni, la coerenza di vita, la carità verso i più deboli, la cultura cristiana. I templi abbattuti e i testi distrutti sono eventi storici da leggere nella cornice più ampia di uno scontro di visioni del mondo, e non riducibili a una caricatura di fanatismo cristiano. Anche il nome di Ipazia, tragico nella sua vicenda, non può essere semplicemente appeso come una condanna globale alla Chiesa antica. La storia va contestualizzata e non utilizzata come strumento ideologico.
4. Sulla “crudeltà misericordiosa” di Agostino
Agostino parla, sì, di una disciplina severa nei confronti degli eretici, in un tempo in cui la verità religiosa era legata alla coesione civile. Ma ridurre il suo pensiero a questa formula è dimenticare chi fu Agostino: un genio del cuore e della mente, che pianse per le anime e pregò per i nemici, uno dei padri della misericordia e della grazia, che scrisse: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. La Chiesa non è mai stata immune da errori storici, ma la santità dei suoi testimoni supera le ombre degli strumenti storici utilizzati in contesti drammatici e lontani dalla nostra sensibilità moderna.
5. Sul Dio “imperscrutabile”
Lei pone un problema serio: o Dio è conoscibile, oppure no. E conclude che il ricorso al “mistero” è malafede. Ma questo è un falso dilemma. La fede cristiana afferma che Dio è trascendente e immanente, infinito e vicino. Dio si è rivelato: in Cristo, il mistero si è fatto volto, carne, voce, compassione. Non conosciamo Dio in se stesso, ma in quanto si è rivelato. E quando i credenti parlano di “mistero”, non lo fanno per fuggire dalle contraddizioni, ma per confessare l’insondabile profondità dell’amore di Dio, che supera ogni schema umano.
6. Sulla fede nella Chiesa
Il suo scetticismo nei confronti della Chiesa visibile e storica sembra derivare da una visione del potere come inevitabilmente corrotto. Ma la Chiesa non è quella che può sembrare un potere umano: è un popolo nato dal costato trafitto di Cristo, fatto di peccatori redenti e santi nascosti. Non è la perfezione morale dei suoi membri a garantirne la verità, ma la presenza promessa dello Spirito Santo.
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In conclusione, lei solleva interrogativi legittimi, ma il modo in cui li affronta mi pare la conduca lontano dal cuore stesso del cristianesimo. Il Vangelo non è un sistema ideologico, né un codice politico, né un’esaltazione moralistica: è la persona viva di Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che continua a parlare oggi nella Chiesa, nella Parola, nei sacramenti, nei santi e nei poveri.
Il vero scandalo del cristianesimo non è la fragilità dei suoi membri, ma l’amore gratuito di Dio che continua a farsi vicino a noi, pur sapendo quanto siamo contraddittori.
E.C. Conclave, non Concilio.
Poche parole…io ho sempre trovato atto di somma superbia l’autoattribuzione da parte della Chiesa dello specialissimo volo dello Spirito Santo sopra ogni Conclave.
L’immagine, poi, dello Spirito come quella di una colomba è un altro pasticcio derivato dall’interpretazione della voce celeste che scende “come” colomba su Gesù al momento del battesimo. Iconograficamente le bianche colombe appollaiate sul bordo della pila battesimale sono derivate dalle colombe di Afrodite, a lei care per la loro decantata lussuria. Deriva, inoltre dalla colomba di Noè (in sumero-accadico Utnapistin o/e Ziusudra ) e, si può opinare che derivi anche dall’uccello Fenice. Ognuno di questi volatili rappresenta pace, amore, eternità a livello divino. Non me la sento di attribuire alla spirituale creatura l’elezione di certi personaggi che avrebbero fatto vergogna alla specie umana, a meno che- essendo “onnipotente”-…non si sia voluta concedere alcuni momenti di divertimento “speciale”.