100! Per una Nuova Antica Coscienza! Il Matto.

15 Aprile 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione questo articolo celebrativo di un evento importante! Vedete quale…buona lettura e champagne!

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100!

PER UN NUOVA ANTICA COSCIENZA

 

Questo è il 100° articolo matto che gode dell’ospitalità su Stilumcuriae! Ringrazio sentitamente Tosatti sensei, compagno di Budō, della cui magnanimità non potrei dubitare nemmeno un attimo. Ci tengo anche a dire che dal tono dei suoi interventi nei commenti, seppur sporadici, ho imparato qualcosa, e anche di questo lo ringrazio sentitamente.

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PER UN CRISTIANESIMO DELL’UNITAS SPIRITUS

di Beatrice Iacopini

SETTIMANA NEWS,

18 marzo 2025

Quanto mai opportuna appare la riedizione, a distanza di un decennio, dell’ampia e articolata opera di Marco Vannini Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le Saux (Lindau, Torino 2025): i tempi sono più che maturi per riproporre un testo come questo, in cui il filosofo fiorentino rintraccia un filo rosso che, da occidente a oriente, collega la mistica cristiana di matrice eckhartiana all’insegnamento delle Upanishad e della Bhagavadgita e al buddismo, attraversando peraltro anche la nostra tradizione filosofica.

 

Il profondo, affascinante e dottissimo excursus tocca autori che vanno da Eraclito a Plotino, da Schopenauer a Simone Weil, per trovare la sua sintesi in un personaggio ancora troppo poco noto, il monaco benedettino Henry Le Saux (Saint Briac, 1910-Indore, 1973) che, in India, dove aveva fondato un ashram insieme al sacerdote Jules Monchanin, volle assumere il nome di Abhishiktananda e che, nell’insegnamento dell’advaita (nella dottrina, cioè, dell’unità profonda dell’essere al di là di ogni dualità e molteplicità), incontrò un nuovo stupefacente punto di vista per penetrare, come non era mai riuscito a fare prima, i misteri cristiani.

 

Una cosa sola

 

Quel che Marco Vannini offre con questa indagine non è solo la possibilità di conoscere autori antichi e poco frequentati, ma anche, forse soprattutto, una chiave di interpretazione del cristianesimo, tanto eccentrica rispetto a quella più comune quanto illuminante, ancor più in tempi come i nostri in cui la religione tradizionale versa in una così profonda crisi.

Emerge, in Oltre il cristianesimo come in tutta l’opera vanniniana, una spiritualità che, muovendo dall’interno del cristianesimo stesso, va oltre la dogmatica, oltre la morale, verso l’esperienza interiore dell’unitas spiritus, la buona novella cristiana consistendo proprio in questo, ossia che Dio e l’uomo non sono separati da un abisso, ma – proprio nel fondo più intimo dell’anima, nello spirito – sono piuttosto un’unica cosa.

 

L’immagine della religione cristiana che ci viene restituita è forse spiazzante, ma, a ben vedere, ne individua un nucleo centrale ancora perfettamente eloquente oggi, mentre rende superflui quegli elementi irrazionali, mitici, addirittura superstiziosi, che l’analisi storico-scientifica rivela sempre meno accettabili e che finiscono peraltro per sminuire il cristianesimo, riducendolo ad un mero insieme di credenze.

La peculiarità di questo testo sta nel fatto che il nocciolo veritativo del cristianesimo – ovvero il buon annuncio del fatto che, nel profondo, uomo e Dio coincidono, e che questa pacificante e beatificante unione con l’Assoluto la si può raggiungere già qui e ora, attraverso il distacco dall’io – è rintracciato pressoché identico nelle grandi spiritualità induista e buddista.

Nel cuore della tradizione cristiana

 

È questo «passaggio in India» – così il titolo della seconda parte del libro – che fa di Oltre il cristianesimo un’opera davvero importante, tanto più oggi, quando molti guardano all’Oriente alla ricerca di una spiritualità che appare più libera da dogmatismi e più convincente: Vannini, anche attraverso la narrazione della vicenda interiore del benedettino Le Saux-Abhishiktananda, mostra e dimostra come le intuizioni più profonde della tradizione indiana siano presenti e attingibili anche al cuore della tradizione cristiana.

 

Il titolo quindi non inganni: la proposta del filosofo fiorentino non va nel senso di un superamento del cristianesimo tout court, ma segnala piuttosto la necessità dell’abbandono di certe sue forme storiche, oggi a suo parere ormai improponibili, a due secoli dall’Illuminismo, alla luce di tutti gli studi scientifici sul testo biblico e in un’epoca globalizzata in cui il confronto con le altre grandi correnti spirituali che hanno percorso l’umanità non può più essere ignorato.

 

Il suo è un invito – se si voglia davvero mettere mano a una riforma sostanziale di un cristianesimo sempre più esanime – a mettere al centro della riflessione quella dimensione spirituale che è universale, che appartiene a ogni uomo al di là di qualsivoglia confine; un invito che chiede certo una notevole radicalità, perché prospetta un’idea di religione non più centrata sul bisogno di consolazione e appoggio, di rassicurazioni e credenze, ma coraggiosamente lanciata verso «l’avventura mistica, la più grande avventura» che all’uomo è dato compiere, secondo le parole di Etty Hillesum.

D’altronde in molti, per primo forse il grande teologo e filosofo catalano Raimon Panikkar, già sul finire del secolo scorso ammonivano a considerare che il cristianesimo del terzo millennio avrebbe dovuto essere mistico, oppure scomparire per sempre.

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Ad integrazione della bella recensione aggiungo qualcosa.

 

A proposito di «avventura mistica», ecco quattro versi molto significativi  da la Glosa a lo divino di Giovanni della Croce:

 

«Per tutta la bellezza

io mai mi perderò

ma per un non so che

che si trova per ventura».

 

Dice non si perderà per tutta la bellezza, e già questo fa riflettere, ma per un «NON SO CHE»: quindi di un CHE mistico, più profondo della rassicurante superficie dottrinale che invece presume di circoscrivere tale CHE ed impone la circoscrizione alla Coscienza, operazione che, è da ribadire, ha fatto il suo tempo.

 

Poi dice che questo CHE «SI TROVA PER VENTURA»: quindi (non solo) per grazia, e la “ventura” è quella del mercante che vende tutto quel che ha per  acquistare la Perla preziosa, impresa molto più improba di quanto possa apparire ad uno sguardo circoscritto – legittimo ma non esclusivo – al già stabilito. E infatti vi sono sguardi che “passano oltre”.

 

Gigantesco, per quanto poco conosciuto, Henry Le Saux-Abhishiktananda:

 

Dal Diario – «Sono penetrato nell’ambiente indù per portarvi Cristo e la chiesa; ma un po’ alla volta ho capito che l’India mi faceva entrare nel mistero molto più profondamente di quanto non mi si fossero manifestati fino ad allora i tratti di Cristo e della chiesa.

Ero venuto qui per farti conoscere ai miei fratelli indù, ma sei tu [Gesù] che ti sei fatto conoscere a me per la loro mediazione».

 

Da Risveglio a sé, risveglio a Dio –  «Se l’esperienza cristiana della Trinità ha aperto all’uomo nuovi sguardi nel significato dell’intuizione del saccidànanda, è vero anche che i concetti di sat, cit e ànanda dal canto loro sono di grande aiuto per il cristiano nella sua meditazione del mistero centrale della sua fede […] L’esperienza del saccidãnanda trasporta l’anima al di là di ogni conoscenza intellettuale, fino al suo centro intimo, all’origine del suo essere. Solo là essa è in grado di udire la parola che, all’interno dell’Unità indivisa e dell’advaita [non-dualità] del saccidãnanda, rivela il mistero delle tre Persone divine: in sat il Padre, il principio assoluto e la fonte dell’essere; in cit il Figlio, la parola divina, l’autoconoscenza del Padre; in ãnanda lo Spirito dell’amore, la pienezza e la beatitudine senza fine». 

 

E allora, se “pasqua” significa “passaggio”, “passare oltre”, non sarà inutile considerare il tempo che stiamo vivendo come periodo pasquale da uno stato all’altro. Il ciclo che ha avuto un inizio vede ora la fine quale preludio, non senza crisi, al ciclo successivo, che non potrà evidentemente essere “uguale” al precendente. Ecco quindi che lo sviluppo del nuovo ciclo si situerà più interno al precedente secondo un processo sintropico a spirale verso il suo Centro Unificante, cioè verso l’Assoluto.

Molto interessante l’etimo della parola crisi che «deriva dal verbo greco krino = separare, cernere, in senso più lato, discernere, giudicare, valutare. Nell’uso comune ha assunto un’accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione. Se invece riflettiamo sull’etimologia della parola crisi, possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo». (etimoitaliano.it).

Ecco pertanto che si fa impellente – critico –  il recupero di quella che da Matto chiamo «nuova antica coscienza», ovvero la Sicceità (sic est: è così), cioè la Coscienza sintropica, apofatica, mistica, arcaica, profonda, intuitiva, pre-razionale, immediata, pre-biblica, pre-mitica: la Coscienza Aurea che è pienezza e unità con sé stessi, quindi con Dio e con il Tutto:  «UT UNUM SINT». Giacché l’Uno è infinitamente prima di ogni pensiero e parola, prima di ogni dottrina e codice, prima di ogni struttura organizzata, che vengono infinitamente dopo di Esso e, in quanto intermediari, mai possono davvero coglierLo.

Concludo nipponicamente con tre stupendi versi di Matsuo Basho (1644-1694) che illuminano, per chi sa leggerli, la crisi in atto intesa in senso positivo.

«La campana del tempio tace

ma il suono continua

ad uscire dai fiori»

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