Francesco e Papa Giovanni Paolo II. Oppure: la Chiesa ha un Elefante nella Stanza. Joachim Heimerl.

7 Aprile 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae padre Joachim Heimerl, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sulla Chiesa, Jorge Mario Bergoglio e san Giovanni Paolo II. Buona lettura e condivisione.

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Francesco e Papa Giovanni Paolo II. oppure: La chiesa ha un elefante nella stanza

 

Di P. Gioacchino Heimerl di Heimthal

In occasione del 20° anniversario della morte di Giovanni Paolo II, i media ecclesiastici si sono sbizzarriti in omaggi e naturalmente, come durante la sua vita, in critiche.  Piccole menti si affannano contro il più grande papa del XX secolo.

Ciò di cui non hanno parlato, tuttavia, è stato il grande elefante nella stanza: cosa avrebbe detto Giovanni Paolo II del suo successore, Francesco?

Ciò che è interessante qui non è tanto il fatto che Francesco voglia eliminare grosso modo l’eredità di Giovanni Paolo II, ma ciò che costituisce il papato: si tratta del continuum nella dottrina cattolica e nella tradizione della Chiesa.

Tutti sanno che le cose vanno male sotto Francesco: egli si discosta da molti degli insegnamenti di tutti i papi e talvolta sconfina nell’eresia. Non c’è traccia di compatibilità tra il suo pontificato e quello di Giovanni Paolo II;.Si tratta invece di un papato isolato, per sé stesso e per una nuova Chiesa.

Il modo in cui Francesco si batte contro la liturgia tradizionale lo dimostra al meglio: egli sta combattendo l’unica forma di messa che ha rappresentato la fede autentica fin dalla tarda antichità.  Mentre Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno ipotizzato una “ermeneutica della continuità” per la ‘vecchia’ e la “nuova” Messa, Francesco conferma l’opposto: si preoccupa di una rottura fondamentale con la tradizione della Chiesa e, in definitiva, con tutto ciò che è cattolico. La sua lotta contro la Santa Messa è la sua lotta contro la Chiesa esistente!

Come se dovesse ribadirlo, il Papa ha ora annunciato un’“Assemblea della Chiesa” che avrà luogo nel 2028. Molto probabilmente non vivrà questo evento, ma non è questo che lo preoccupa. Con questo annuncio, Francesco vuole invece mostrare qual è l’obiettivo ultimo del suo pontificato e a cosa impegna anche il suo successore. Il – puramente protestante! – termine “assemblea ecclesiale” parla qui da sé. È altrettanto estraneo alla Chiesa quanto la cosiddetta “sinodalità” con cui Francesco vuole stabilire l’apostasia diffusa come dottrina “cattolica”.

No, non si può davvero parlare di continuità tra questo Papa e Giovanni Paolo II.

Ma anche se tutto questo è così ovvio da poterlo toccare con mano, la maggior parte dei cattolici nasconde la testa sotto la sabbia e rimane in silenzio di fronte al grande elefante nella stanza: Francesco rappresenta una neo-Chiesa che ha rotto con quella precedente, e questa Chiesa “obsoleta” è a sua volta simboleggiata dal suo predecessore Giovanni Paolo II.

Ma perfino Giovanni Paolo II riuscì solo apparentemente a nascondere la frattura interna che si era creata dopo il Concilio Vaticano II. Certamente: ha insistito sulla fede tradizionale e le ha dato una “linea guida sicura” con il Catechismo Mondiale. Ma neanche questo ha potuto impedire l’evaporazione del cattolicesimo. – Così come? Molto di ciò che aveva caratterizzato la Chiesa cattolica per oltre 2000 anni era scomparso dopo il Concilio Vaticano II o sembrava improvvisamente distorto: la liturgia e l’amministrazione dei sacramenti erano cambiate non solo ritualmente, ma anche sostanzialmente. E nonostante siano rimasti validi, da allora sono diventati quasi irriconoscibili.

Siamo onesti: i 260 papi che hanno governato prima del Concilio Vaticano II difficilmente potevano identificarsi con ciò che oggi chiamiamo così naturalmente “cattolico”. Chi parla di “sviluppo” del “cattolicesimo” ricorre semplicemente a un trucco “teologico” a buon mercato. – Pensi che Pio V o Pio X approverebbero il modo in cui celebriamo la Messa? Oppure Giovanni Paolo II avrebbe tollerato la “benedizione” delle coppie omosessuali che Francesco “ha permesso”, in sfida al comandamento divino? Certamente no!

In questo senso, la Chiesa si trova di fronte a un grave problema, rappresentato da una doppia rottura, che è probabile che continui e si consolidi nei prossimi pontificati; Francesco ha già provveduto a questo. Ma questo, e solo questo, è l’elefante nella stanza, e finché questo elefante esisterà, bloccherà un rinnovamento della Chiesa che presuppone la conformità alla sua tradizione. La neo-chiesa che Francesco vuole instaurare, d’altra parte, non fa altro che portarci su una strada sbagliata, o meglio, su una “strada dell’elefante”.

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8 commenti

  • Cristina ha detto:

    In mezzo alla stanza non c’è un elefante ma il demonio

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    Caro padre Heimerl,
    si preoccupi di farsi santo e vedrà che il resto verrà in conseguenza.

  • Giampiero ha detto:

    C’è dunque un elefante nella stanza? Ed io che pensavo fossero solo quattro gatti ad essersene accorti.

  • laura cadenasso ha detto:

    Caro padre Joachim, Lei è abbastanza pessimista e dalla sua posizione di consacrato probabilmente vede più avanti di me. Per cui dirLe =nonostante l’ elefante continui a calpestare e stravolgere tutto e tutti= e ribadire che mi dichiaro più ottimista La farà sorridere. Aggungo che La mia età confrontata alla Sua non è secondaria come la Sua formazione di base Le dà garanzie di conclusioni che io non possiedo. Finalmente concludo ringraziando per l’ ascolto

  • Massimo trevia ha detto:

    Se alla morte di Bergoglio chi di dovere non svelera’ il “marcio”dell’usurpazione del papato per la chiesa ufficiale sara’ finita e io non vi apparterro’ piu’:voglio attendere quel momento e poi decidero’:e dovro’ rinunciare a suonare l’organo a messa ecc. …..spero di non dovere attendere a lungo!

    • Davide Scarano ha detto:

      Caro Massimo, bisogna stare attenti a dire dei “no” convinti e decisi. Si rischia, come insegna un noto proverbio, di buttare via il bambino con l’acqua sporca, tanto più che la crisi, anzi la prova a cui sarà sottoposta la Chiesa non è un semplice chiacchericcio ma è ben descritta nel Catechismo della Chiesa Cattolica. E’ evidente che a fronte di una prova “non ordinaria”, sarà necessaria una risposta “non ordinaria”, che però “salvi l’essenziale”. In tale contesto il mio consiglio ovvero quello che dovrò fare sarà abbondare nella preghiera e cercare i Sacramenti, almeno finchè qualcuno verrà a dirci che “Cristo è morto dal Sonno”.

  • R.S. ha detto:

    Di una pianta si può vedere l’apparenza, inclusi i frutti, buoni o cattivi. La radice non si vede, ma è fondamentale.

    Alla radice del cristianesimo che cosa c’è? Ci si concentra così tanto su quel che si vede da trascurare cosa lo regge.
    Allo stesso modo viene trascurato quel che l’oltrepassa.

    La fede in Cristo a che cosa conduce? Il considerare Cristo crocefisso (e risorto) il centro cosmologico (non solo storico) della creazione ci radica e ci offre un’ulteriorità.

    Essenzialmente il frutto buono è la serenità d’animo dei santi, a prova di croce. Stare nella misericordia del Padre (Dio non è solo misericordioso, ma è la misericordia) ci pone in quell’atteggiamento di prodigalità con la quale il Padre corre incontro al figlio uscito superbamente di casa e ridotto in miseria. E’ quella compassione a portare il Cristo, liberamente e volontariamente, a lasciarsi crocefiggere.

    Senza giustizia? No: proprio in vista di quella.
    A ciascuno il suo, con un giudizio sicuramente giusto.

    Il cristiano ha fede in Cristo: vive con questa compassione e da questa compassione si lascia guidare nel guardare alla miseria propria e altrui, patendo in proprio qualche frammento della sofferenza che è conseguenze dei peccati.

    Questo comporta una sapienza umile, ricevuta per grazia e poi coltivata con pazienza, accorgendocene. Non la faccio io, ma mi accorgo che è proprio così. La grazia mi precede.

    L’essere umano è razionale e come tale in grado di pensare. Questo vale per tutti, ci fa ad immagine di Dio. Creazione.

    Ma non tutti accolgono la santità, accorgendosi della grazia.
    La grazia dà senso alla tristezza, anche se vorremmo solo la gioia. La grazia è il bello di cui non posso che gioire, non dipende da me e non posso appropriarmene. Ri-creazione.

    Poi c’è la somiglianza: il salto nelle cose di lassù. Da beati. Si entra nella gloria divina, che in Cristo è il trono della croce.

    La dottrina di due millenni di spiritualità aiuta a non commettere errori già accaduti. Uno dei quali consiste nel ricatto affettivo dei “buoni a prescindere”, dei “giusti perchè lo dico io”… Dei “salvi perché va sempre tutto bene”…
    La croce di Cristo come il vezzo di un sognatore, fallito per il mondo e portatore di tolleranza e di relativismo.

    Ovviamente la realtà è un’altra.
    La fede cristiana genuina lo sa.
    Radici non avvelenate, speranza non rivolta al progresso.

    Può la fede conoscerne il perchè?
    No: sa solo che è così.
    A Dio non si dà un perchè…
    Dio è solo Lui, l’Assoluto.

    Infatti alla fine il Cristo separa pecore e capri, vergini stolte e prudenti, ladroni pentiti e non.
    La gloria è per molti, ma non per tutti.
    Il finale di Apocalisse esprime un’esclusione per alcune categorie, che non finiscono nel nulla, ma fuori dalla città di Dio sì. Che altro c’è? Lo stagno di fuoco. Che è differente dall’ipocrisia mondana.