La Festa dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria. R.S.

27 Marzo 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro blog, R.S., offre alla vostra attenzione queste riflessioni sull’Annuncio fatto a Maria, e il suo significato. Buona lettura e diffusione.

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La festa dell’Annunciazione dell’angelo a Maria

Il fatto è narrato dall’evangelista san Luca, che nel suo prologo non nasconde il particolare zelo che l’ha animato nell’andare alle fonti e dai testimoni oculari, indagando “accuratamente ogni cosa fin dall’origine”.

L’evangelista scrisse il suo vangelo prima degli Atti degli apostoli (lo si evince dall’incipit degli Atti), dove racconta in prima persona (dal capitolo 16, all’epoca del passaggio in Macedonia) i fatti che lo vedono in azione a fianco di san Paolo.

Il cambiamento che riguarda Luca, da storico a cronista, accade dopo il concilio di Gerusalemme (49 d.C.) e prima che Paolo giunga a Corinto (51 d.C.). Perciò l’indagine di cui Luca scrive a Teofilo dev’essere precedente: negli anni 40 del primo secolo cristiano.

San Luca aveva intervistato la madre di tutte le testimonianze oculari su Gesù: proprio Maria Santissima!

Riceve da lei i dettagli dell’accaduto, specialmente nei versetti iniziali del suo vangelo di Gesù Cristo.

Si suole dire che il terzo vangelo trasudi particolarmente di episodi di misericordia e par di capire il perché.

Un esempio clamoroso le parole di Gesù in croce ai crocifissori e ai ladroni: la Madre era lì, le ha sentite.

Maria era giovanissima (per l’usanza del tempo poteva essere promesse sposa dall’età di quattordici anni).

Nella sua abitazione, a Nazaret, già promessa a Giuseppe, riceve una visita angelica.

Le parole dell’angelo sono intrise di trascendenza: Maria le comprende perché era solita alla preghiera.

Salve piena di grazia, il Signore è con te”.

Il saluto parla di grazia (la pienezza della grazia) e di un’unione con Dio che riguarda proprio lei.

Gli uomini la pienezza della grazia di Dio l’hanno perduta dopo la cacciata da Eden.

Maria conosce la storia dell’alleanza, conosce la legge mosaica ed è al corrente delle visioni dei profeti.

Ma qui non conta più come l’umanità (persino la più scelta) guarda a Dio, ma come Dio guarda l’umanità.

Dio non è nel tempo ma nell’eternità e Maria, piena di grazia, è in quell’eternità lì: nell’istantaneità in cui Dio guarda tutta la creazione. E’ nell’immacolatezza con cui Dio ha creato.

Non lo poteva sapere come lo recita il catechismo. L’ha rivelato il suo Gesù, che oggi sappiamo essere il Verbo incarato e san Paolo definisce “immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose… Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15-17). Fa eco al prologo di San Giovanni!

Cristo nella sua umanità sbocciata alla pienezza del tempo è “in principio”, il Verbo creatore: dunque Maria, agli occhi di Dio, è in quell’inizio. Un inizio in cui il peccato non aveva ancora deturpato la bellezza creata, con il che è spiegata l’immacolatezza indispensabile. Potuit, decuit ergo fecit.

L’angelo Gabriele (rimasto fedele a differenza delle creature angeliche che hanno commesso la prima ribellione) la contempla nell’istantaneità angelica dalla sua creazione e sa di rivolgersi in nome di Dio a colei che gli è eternamente regina, secondo il titolo che spetta a Maria alla luce della Rivelazione cristiana.

Dal punto di vista umano parrebbe assurdo, presi come siamo nei lacci temporali che impongono un prima e un dopo, ma nell’istantaneità divina lei è là esattamente dove c’è il Verbo che a Nazaret attende il suo sì di madre perché diventi carne. Che mistero stupendo!

Maria vive lo stupore della creatura che fa l’esperienza mistica del trascendente che annulla le logiche terrene dello scorrere del tempo. Non può non farsi delle domande. L’angelo lo sa e se ne prende subito cura, consolandola di parole ancor più dense di mistero, nuovamente grondanti di grazia, divinità ed eternità:

“Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”

A differenza di Zaccaria (la cui vicenda imparentata è riferita da Luca pochi versetti prima, probabilmente originati dalla medesima fonte), la giovane non dubita, limitandosi a chiedere come sia possibile.

E’ davvero un mistero anche questo: la ragazza già promessa sposa, che può ben immaginare che cosa proverà Giuseppe e cosa potrebbero dire le malelingue di lei, si permette solo di far presente la sua verginità, suggello della pienezza di grazia, purezza e immacolatezza che è lo sfondo di tutta la scena.

Non dubita, non ironizza circa l’età, come succede a Zaccaria in merito a sé stesso e a Elisabetta. Maria non avanza le considerazioni razionalistiche che costano il mutismo del sacerdote offerente il sacrificio al tempio.

Se è un miracolo che partorisca la vecchia e la sterile, immensamente maggiore è che partorisca la vergine.

Per questo Isaia lo pone come il segno dei segni!

Maria non ha dubitato di Dio e nemmeno di sé: chiede solo come avverrà.

Allora l’angelo le parla dello Spirito santo e le illustra l’azione di Dio che avverrà in lei.

“Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.

In aggiunta, dato che Maria sapeva di Elisabetta, le dice:

“Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”

Questo le basta, senza alcuna paura specialmente dei retropensieri degli uomini.

Le basta aver fede che nulla è impossibile a Dio.

Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto.

Nell’istantaneità divina quel sì di Maria è eterno come l’incarnazione del Verbo, che è dal principio.

Questo spiega perché Maria sia redenta da Cristo pur essendone madre della sua umanità.

Spiega anche perché, a tutti gli effetti, Maria sia corredentrice. La spada-croce le ha trafitto l’anima purissima.

R.S.

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23 commenti

  • Rolando ha detto:

    LA SIGNORA DI TUTTI I POPOLI scrive inoltre questa “celeste” frase: “Ma noi oggi ripensiamo ad alcune parole che vennero dal cielo e le riscopriamo….”
    Peccato che colui che copiò “quando venne la pienezza dei tempi” (Lapide di un tempio pagano di Priene, vicino ad Efeso), si sia scordato di tale fondamentale saluto!
    Terra, terra, scrive solo “nato da donna” e “dallo sperma di David”.
    E: “In tutto simile a noi eccetto il peccato”. Dov’è “in tutto” tale somiglianza se questo “sperma” non è quello umano di tutti?
    È facile esaltarsi con belle parole, ma difficile conciliare le contraddizioni evidenti.
    Se “a Dio nulla è impossibile” – sempre a detta di uomo – all’uomo, purtroppo, troppo resta impossibile per il momento….
    Impossibile anche pensare che fosse impossibile per Dio servirsi dello stesso sperma da Lui creato!

  • Rolando ha detto:

    LA SIGNORA DI TUTTI I POPOLI è eretica.
    Lo dichiara lei stessa con queste sue testuali parole:

    “Tu da sola facesti dell’Amore un Uomo bellissimo e dolce come te”

    Sottolineo il “DA SOLA”. Troppa devozione offende Colui che SOLO È.
    E fermiamoci qui.

  • Davide Scarano ha detto:

    In questo quadro di giubilo e lode a Maria
    credo opportuno ricordare la preghiera di S. Bernardo alla Vergine, che ritengo una delle vette più alte raggiunte dal pensiero umano, ripresa da Dante nel XXXIII canto del Paradiso.

    • Rolando ha detto:

      Memoráre, o piíssima Virgo María, non esse audìtum a sǽculo, quémquam ad tua curréntem præsìdia, tua implorántem auxìlia, tua peténtem suffrágia, esse derelíctum.

      Ego tali animátus confidéntia, ad te, Virgo Vìrginum, Màter, curro, ad te vénio, còram te gémens peccàtor assisto.

      Noli, Màter Verbi, verba mea despícere; sed áudi propìtia et exáudi. Amen.

      Gesù sulla croce, tuttavia, ha invocato ELOHIM, come vuole il salmo 78, 35.

  • La Signora di tutti i popoli ha detto:

    …quanti sono attratti dalle parole famose degli uomini.  Ma noi oggi ripensiamo ad alcune parole che vennero dal cielo e le riscopriamo nel tenere in mano una Corona, per finire così presi da una gioia che ci fa stringere forte nel palmo un piccolo Crocifisso affinchè non scappi dal nostro amore! Con un sospiro gioioso sfioriamo con pollice ed indice ogni grano dicendo: “Ave o Maria!”. 
    Non si può però godere di questa gioia se non si amano Gesù e Maria e non si riesce ad amare se non si è già provato in noi il prezioso amore dell’Amato, dell’Amata. Accettiamoli dunque questi tesori: non abbiamo forse brama di ricchezza e di amore?
    Ecco Gabriele, è chino dinanzi a una anima che non conosceva peccato:
    “Ave Maria!”. Chiudiamo gli occhi ed ascoltiamo attoniti anche noi il saluto angelico dalle vibrazioni spirituali altissime.
    Ed ecco Lei, la Fanciulla, è davanti a Gabriele col suo sì verecondo.
    Sappiamo per intuizione santa che no, non era Maria in ginocchio davanti a quell’Angelo sfavillante. No, della Fanciulla solo gli occhi azzurri erano pudìchi e bassi ma il suo corpo era eretto e pieno di grazia. Era invece Gabriele, smarrito da tanta meraviglia, che nel vederla si inchinò per l’immeritato onore. Non era solo per le grazie perfette o per il dolcissimo viso, ma per quella bellezza sovrumana di Maria: era davanti alla Santità perfetta ed è lui ad inchinarsi alla Luce riflessa di Dio che promanava da lei! …a stento Egli sopportò lo splendore divino: Gabriele già lo aveva visto solo nel più alto dei Cieli e le sue palpebre angeliche ripararono appena lo sguardo di Grazia purissima dell’Immenso Dio che traboccava da Lei.
    Solo il pensiero di questo suo sguardo ci inebria parlandoci della purezza perfettissima di Maria. In quale donna la abbiamo mai incontrata?
    Non ci sfugge certo la sua bellezza sotto quei biondi capelli raccolti. Ma Ella é di più. È la dolcezza di un Dio fatta carne, fatta donna, eppure il suo viso contiene un amore cosí poco umano, che si trasfigura del tutto nella preghiera e, nella sua umanitá cristallina, sa amare come nessun mortale potrebbe mai e sì… è così perfetta, che avvinse il cuore di un Dio tremendo che fu implacabile con città intere e geloso persino di inutili idoli di pietra, un Dio la cui potenza acceca chi alza lo sguardo e il cui Nome fa tremare ed è proibito persino sussurrare.
    Ma oggi anche noi figli suoi, Maria ci avvince così tanto che ritorniamo bambini, puri di cuore, per contemplarLa, venerarLa tutta bella e tutta santa com’è ed in lei cerchiamo protezione!
    Che bello recitare il Rosario e vederLa nel nostro cuore con in braccio il Bambin Gesù: gli Ave innamorati non riescono a stare dietro al battito nel nostro petto che vola da Lei, che adora il Bimbo e che vuol dire:.. “quanto sei bella Maria e a te, piccolo Gesù: ti voglio bene! ”
    Tante piú Ave Maria pronunciamo, quanto più il nostro cuore si infiamma, palpita di gioia: non dieci, nè cinquanta, neanche mille basterebbero, le Ave d’Amore. È vero non bastano, non bastano mai e ogni giorno di ogni anno aspettiamo che venga l’ora del Rosario, quasi per rivederLa, e con noi impaziente è il nostro Angelo Custode. Egli é giá in ginocchio, affianco a noi, anche Lui è innamorato di Lei, e La venera, e ci accompagna nella lode, e le Ave si moltiplicano, e il cuore si riempie  di dolcezza… le ginocchia poggiano su una nuvola, le mani si incrociano fondendosi con la Corona mentre le lacrime scorrono lievi sul nostro viso in una estasi segreta.
    Maria, Maria!… il Tuo nome incanta il cuore piú arido, scioglie il granito piú duro; Tu fai sorridere il Figlio e addolcisci lo sguardo severo del Padre e persino lo Spirito, che ti conobbe Maria e in Te fu Figlio, ti avvolge teneramente nella Sua brezza leggera, incantato dal profumo dei tuoi capelli e dal candore della tua pelle virginea…
    Oh che Figlio ci hai dato, Maria: la tua bellezza e la tua purezza trasfuse in Lui. È un Dio di carne e amore assieme, che l’universo da allora ti invidia perchè le sue innumerevoli galassie e gli abissi più profondi non Lo possono contenere: eppure eccolo tutto lì, nel tuo seno dolcissimo e verginale. Tu sola Lo meritasti e solo Tu potevi arginarne la potenza e contenerne la gloria. Tu da sola facesti dell’Amore un Uomo bellissimo e dolce come te, ma che inestimabile Bontá Tu partoristi e poi donasti a noi…ci donasti la Salvezza e la Vita! Grazie Maria.

    • Rolando ha detto:

      Ma Gabriele salutò la Vergine in greco o in aramaico?
      Se quel saluto fu così importante, perché la memoria storica dei credenti non conservò la fonazione originale?
      In fondo il “fiat” della Vulgata di Gn 1,3 è ben radicato sul testo sacro ebraico.
      Come mai i cosiddetti primi cristiani furono così per niente interessati ai termini originali dei protagonisti?

      • Davide Scarano ha detto:

        Per il Sig. Rolando:
        1) Per quanto ne so non credo che la vergine Maria conoscesse il greco,
        2) Non credo che sia così importante conoscere la lingua con la quale è stato proncunciato il “fiat” di Maria,
        3) Osservo che se la lingua con cui è pronunciata una certa parola è importante allora tale dettaglio compare nei Vangeli. Penso ad esempio all’iscrizione “Gesù Cristo Re dei Giudei” che, secondo le parole dell’Evengelista Giovanni, fu scritta in ebraico, latino e greco (Cap 19, versetto 20). Questo dettaglio rileva, perchè secondo un articolo comparso su un blog cattolico, le iniziali di tale condanna coincidevano con il tetragramma “Jahve”.
        4) Siamo chiamati a credere anzitutto a ciò che è scritto nei Vangeli: è utile conoscere i dettagli, più importante cogliere l’essenza. Come scrive l’evangelista Giovanni: “Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (cfr. Cap. 20, versetti 30 e 31)”.

        • Rolando ha detto:

          Caro DAVIDE SCARANO, ogni invito è innanzitutto un atto di gentilezza se viene non solo per dare, ma anche dal bisogno di ricevere….
          La verità è una relazione. Il fallimento della relazione testimonia solo di fallimento anche per la l’araba fenice, signora Verità.
          Quanto all’INRI : GESÙ NAZOREO [NZR] RE dei GIUDEI.
          L’equivoco di Mt2,23 corre dall’inizio alla fine.
          Ma il salmo 78, 35 non può essere smentito MAI : Gesù invoca EL, un EL: l’ “EL Mio”. E qual è l’EL mio per un ebreo figlio di Israele/Giacobbe?
          Chiedilo pure a Filone Alessandrino….. che si definisce “cattolico”, ma… intelligentemente odia Roma.

        • Rolando ha detto:

          E poi, carissimo DAVIDE SCARANO, dimentico sempre di ricordare una cosa molto, molto importante e significativa del salmo 78: che Gesù stesso farà del versetto 2 di questo salmo il segreto della sua stessa vita. Testimone il vangelo.
          “Voglio aprire con parabola la bocca mia, voglio proferire enigmi da tempo antico”. (Idem Mt 13,35).
          E su che?
          “Che abbiamo udito e abbiamo conosciuto essi e i padri nostri hanno raccontato a noi”
          Chiaro, no? Matteo 13, 35.
          Cosa mi può dire tu, a proposito?

        • Rolando ha detto:

          Ancora una riflessione sul salmo 78 al versetto 69.
          “E costrui come altezze il santuario suo, come terra che ha stabilito essa per sempre”.
          Sempre: sono i tempi della Storia nella quale l’uomo ricorda che nel panteon della Siria e della Palestina qualcuno è “salito più in alto” ed è chiamato ELJON, L’ALTISSIMO.
          In Fenicia, ad Ugarit, presso gli Aramei ci fu un ALTISSIMO: ELJON tra gli ELOHIM.
          Gli Jawisti poi hanno ritenuto YHWH/YAH uno tra gli ELOHIM.
          Filone di Biblio (attuale Beirut) citato da Eusebio di Cesarea in Praep. Evang. 1.10.15-29 menziona ELJON e tradisce/tramanda, cioè rivela (involontariamente certo) una verità opposta a quella che lui intende esporre.

          • Rolando ha detto:

            Caro DAVIDE SCARANO, io ritengo che il “dogmatico” “in schriptis et non schriptis traditionibus” tridentino fosse già ben e rettamente intuito dall’umano Gesù ebreo prima che altri lo confessassero un Cristo, cioè un Gesù cristiano, un “unto” secondo la terminologia universalistica greco-romana. Per Israele religiosa e sacerdotale nella Storia, era ed è fondamentale, basilare il Regno, non il Messia che lo restaura col dito di YHWH.
            Questo per dire che ciò che è dogmatico per noi, lo era anche per Gesù, quello supposto storico.
            E per non dimenticare che la nobile questione che sempre tormenta ed acquieta il pensiero umano, come un oceano in tempesta cui segue una calma irreale ma altrettanto spossante, è Dio. E ciascuno vi si avvicina secondo la Sua Grazia: Bellezza e Piacere.

  • R.S. ha detto:

    Un altro grande protagonista è san Giuseppe.

    Gli basta quel che gli dice l’angelo del Signore, in sogno.

    San Luca non ripete quel che già aveva riferito San Matteo, uno dei dodici, che da Maria aveva ricevuto la notizia.

    A san Giuseppe l’onore di essere stato onorato come capofamiglia da Gesù e Maria!

    Sempre nell’eternità divina, sempre per l’umiltà di un cuore docile.
    A lui Dio fece la grazia di non vedere Gesù trattato come malfattore, tradito, venduto e torturato.
    Giuseppe è accolto nell’eternità del cielo prima che la storia scriva la croce. Ma l’ha portata e sa cos’è.

    • Rolando ha detto:

      Ma che “ragionamenti” di fede sono mai, carao R.S.?

      “A lui Dio fece la grazia di non vedere Gesù trattato come malfattore, tradito, venduto e torturato.”

      Allora questa grazia, Dio l’ha negata alla Madre di Gesù!
      Eppure, per tanti uomini di fede, che vedono nel Pensiero di Dio, è nientemeno che la Grazia Corredentrice!
      Suvvia! Adora senza pensare.

      • R.S. ha detto:

        E tu non pensare di adorare Dio se sei pieno solo di te stesso.

        • Rolando ha detto:

          Io ADORO DIO perché so di non sapere nulla di certo e perciò mi fido senza se e senza ma.
          Io non sono pieno del mio pensiero perché esso non è esente da tristezza, anzi ne è colmo perché mai soddisfatto, sempre incompleto. Grande croce.
          Adorare Dio significa abbandonarsi al Padre/Madre. Abbandonare = dono del Padre/Madre
          Per ipsum, cum ipso et in ipso.
          Pieni di sé stessi sono coloro che fanno valere la presunta autorità del proprio pensiero con le ricchezze materiali che posseggono (= hanno rubato), su cui poggia la loro forza bruta, dimenticando che, come tutti indistintamente, “siamo sacchi di merda” (testuali parole di Santa Caterina da Siena nei Dialoghi della Divina Provvidenza).
          In lacrimis nascimur; lacrimabilem ducimus aevum, in lacrimis expletur ultima nostra hora. Ciao bello!

        • Rolando ha detto:

          lo ADORO DIO perché so di non sapere nulla di certo e perciò mi fido senza se e senza ma. Un miserabile io sono.
          lo non sono pieno del mio pensiero perché esso non è esente da tristezza, anzi ne è colmo perché mai soddisfatto, sempre incompleto. Grande croce. Adorare Dio significa abbandonarsi al Padre/Madre. Abbandonare = dono del Padre/Madre Per ipsum, cum ipso et in ipso.
          Pieni di sé stessi sono coloro che fanno valere la presunta autorità del proprio pensiero con le ricchezze materiali che posseggono [= hanno rubato. Anche Basilio di Cesarea usa il termine χρημάτων, come Protagora, ma per indicare chiaramente solo i soldi, l’oro, le ricchezze (Omelie V, 2)], su cui poggia la loro forza bruta, dimenticando che, come tutti indistintamente, “siamo sacchi di merda” (testuali parole di Santa Caterina da Siena nei Dialoghi della Divina Provvidenza).
          In lacrimis nascimur; lacrimabilem ducimus aevum, in lacrimis expletur ultima nostra hora. Ciao caro!

  • Rolando ha detto:

    Noto poi che il famoso “testimonium flavianum” è chiaramente inserito a fianco di un’altra annunciazione da parte del Dio Marte ad una matrona romana per bene a Roma.

  • Rolando ha detto:

    Nel libro di Daniele, ebraico ed aramaico, recepito dallo stesso canone sacro degli Ebrei, al capitolo 8 versetto 15 e al capitolo 9 versetto 21, viene chiaramente descritta l’identità di questo essere da parte del profeta Daniele.
    Si tratta di un uomo “maschio” che si porta al fianco di Daniele nel luogo stesso dove si trova Daniele e tocca con la mano Daniele. E tale uomo maschio di EL “che ho visto toccarmi, era giunto affannato in stanchezza” per la corsa. Così testualmente scrive il Profeta. Perbacco!

    • Adriana 1 ha detto:

      Caro Rolando,
      se proprio vogliamo dirla tutta, l’unico a rappresentare fedelmente gli Angeli secondo le indicazioni “divine” dell’A.T. fu
      Michelangelo Buonarroti nell’affresco del Giudizio Universale…e non sono sicuramente efebi languorosi.

  • laura cadenasso ha detto:

    MI PIACE

  • laura cadenasso ha detto:

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  • laura cadenasso ha detto:

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