Riflessioni su Culture che oggi si Contrappongono. 2005, Ratzinger a Subiaco, Quanto è Attuale anche Oggi.
24 Marzo 2025
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo commento, postato sul nostro sito da un amico fedele del blog, e che ci sembra possa essee di interesse per tutti. Buona lettura e meditazione.
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Il giorno precedente la morte di Giovanni Paolo II, il cardinal Ratzinger tenne una conferenza nel monastero di Santa Scolastica, a Subiaco.
Titolo: RIFLESSIONI SU CULTURE CHE OGGI SI CONTRAPPONGONO.
Eccone alcuni spunti:
… le possibilità dell’uomo e il suo dominio sulla materia sono cresciuti in misura davvero impensabile. Ma il suo poter disporre del mondo ha anche fatto sì che il suo potere di distruzione abbia raggiunto delle dimensioni che, a volte, ci fanno inorridire.
Il timore che esso possa presto impossessarsi delle armi nucleari e biologiche non è infondato e ha fatto sì che, all’interno degli Stati di diritto, si sia dovuti ricorrere a sistemi di sicurezza simili a quelli che prima esistevano soltanto nelle dittature; ma rimane comunque la sensazione che tutte queste precauzioni in realtà non possano mai bastare, non essendo possibile né desiderabile un controllo globale.
Meno visibili, ma non per questo meno inquietanti, sono le possibilità di automanipolazione che l’uomo ha acquisito. Egli ha scandagliato i recessi dell’essere, ha decifrato le componenti dell’essere umano, e ora è in grado, per così dire, di “costruire” da sé l’uomo, che così non viene più al mondo come dono del Creatore, ma come prodotto del nostro agire, prodotto che, pertanto, può anche essere selezionato secondo le esigenze da noi stessi fissate.
Così, su quest’uomo non brilla più lo splendore del suo essere immagine di Dio, che è ciò che gli conferisce la sua dignità e la sua inviolabilità, ma soltanto il potere delle capacità umane. Egli non è più altro che immagine dell’uomo – di quale uomo?
… La forza morale non è cresciuta assieme allo sviluppo della scienza, anzi, piuttosto è diminuita, perché la mentalità tecnica confina la morale nell’ambito soggettivo, mentre noi abbiamo bisogno proprio di una morale pubblica, una morale che sappia rispondere alle minacce che gravano sull’esistenza di tutti noi.
Il vero, più grave pericolo di questo momento sta proprio in questo squilibrio tra possibilità tecniche ed energia morale… laddove essa manca o non è sufficiente, il potere che l’uomo ha si trasformerà sempre di più in un potere di distruzione.
È vero che oggi esiste un nuovo moralismo le cui parole-chiave sono giustizia, pace, conservazione del creato, parole che richiamano dei valori morali essenziali di cui abbiamo davvero bisogno. Ma questo moralismo rimane vago e scivola così, quasi inevitabilmente, nella sfera politico-partitica. Esso è anzitutto una pretesa rivolta agli altri, e troppo poco un dovere personale della nostra vita quotidiana. Infatti, cosa significa giustizia? Chi lo definisce? Che cosa serve alla pace?
… Lo stesso vale anche per un cristianesimo e per una teologia che riducono il nocciolo del messaggio di Gesù, il “Regno di Dio”, ai “valori del Regno”, identificando questi valori con le grandi parole d’ordine del moralismo politico, e proclamandole, nello stesso tempo, come sintesi delle religioni. Dimenticandosi però, così, di Dio, nonostante sia proprio Lui il soggetto e la causa del Regno di Dio. Al suo posto rimangono grandi parole (e valori) che si prestano a qualsiasi tipo di abuso.
Questo breve sguardo sulla situazione del mondo ci porta a riflettere sull’odierna situazione del cristianesimo, e perciò anche sulle basi dell’Europa; quell’Europa che un tempo, possiamo dire, è stata il continente cristiano, ma che è stata anche il punto di partenza di quella nuova razionalità scientifica che ci ha regalato grandi possibilità e altrettanto grandi minacce.
… quest’Europa, sin dai tempi del Rinascimento, e in forma compiuta dai tempi dell’illuminismo, ha sviluppato proprio quella razionalità scientifica che non solo nell’epoca delle scoperte portò all’unità geografica del mondo, all’incontro dei continenti e delle culture, ma che adesso, molto più profondamente, grazie alla cultura tecnica resa possibile dalla scienza, impronta di sé veramente tutto il mondo, anzi, in un certo senso lo uniforma. E sulla scia di questa forma di razionalità, l’Europa ha sviluppato una cultura che, in un modo sconosciuto prima d’ora all’umanità, esclude Dio dalla coscienza pubblica, sia che venga negato del tutto, sia che la sua esistenza venga giudicata non dimostrabile, incerta, e dunque appartenente all’ambito delle scelte soggettive, un qualcosa comunque irrilevante per la vita pubblica. Questa razionalità puramente funzionale, per così dire, ha comportato uno sconvolgimento della coscienza morale altrettanto nuovo per le culture finora esistite, poiché sostiene che razionale è soltanto ciò che si può provare con degli esperimenti.
… Da qui si capisce che l’Europa sta sperimentando una vera e propria “prova di trazione”; da qui si capisce anche la radicalità delle tensioni alle quali il nostro continente deve far fronte.
… l’idea che soltanto la cultura illuminista radicale, la quale ha raggiunto il suo pieno sviluppo nel nostro tempo, potrebbe essere costitutiva per l’identità europea. Accanto ad essa possono dunque coesistere differenti culture religiose con i loro rispettivi diritti, a condizione che e nella misura in cui rispettino i criteri della cultura illuminista e si subordinino ad essa.
Questa cultura illuminista sostanzialmente è definita dai diritti di libertà; essa parte dalla libertà come un valore fondamentale che misura tutto: la libertà della scelta religiosa, che include la neutralità religiosa dello Stato; la libertà di esprimere la propria opinione, a condizione che non metta in dubbio proprio questo canone; l’ordinamento democratico dello Stato, e cioè il controllo parlamentare sugli organismi statali; la libera formazione di partiti; l’indipendenza della magistratura; e infine la tutela dei diritti dell’uomo ed il divieto di discriminazioni.
Qui il canone è ancora in via di formazione, visto che ci sono anche diritti dell’uomo contrastanti, come per esempio nel caso del contrasto tra la voglia di libertà della donna e il diritto alla vita del nascituro. Il concetto di discriminazione viene sempre più allargato, e così il divieto di discriminazione può trasformarsi sempre di più in una limitazione della libertà di opinione e della libertà religiosa.
Ben presto non si potrà più affermare che l’omosessualità, come insegna la Chiesa cattolica, costituisce un obiettivo disordine nello strutturarsi dell’esistenza umana. Ed il fatto che la Chiesa è convinta di non avere il diritto di dare l’ordinazione sacerdotale alle donne viene considerato, da alcuni, fin d’ora inconciliabile con lo spirito della Costituzione europea.
È evidente che questo canone della cultura illuminista, tutt’altro che definitivo, contiene valori importanti dei quali noi, proprio come cristiani, non vogliamo e non possiamo fare a meno; ma è altrettanto evidente che la concezione mal definita o non definita affatto di libertà, che sta alla base di questa cultura, inevitabilmente comporta contraddizioni; ed è evidente che proprio per via del suo uso (un uso che sembra radicale) comporta limitazioni della libertà che una generazione fa non riuscivamo neanche ad immaginarci. Una confusa ideologia della libertà conduce ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile verso la libertà.
… Ma qui si impone comunque la domanda se questa cultura illuminista laicista sia davvero la cultura, scoperta come finalmente universale, di una ragione comune a tutti gli uomini; cultura che dovrebbe avere accesso dappertutto, seppure su di un humus storicamente e culturalmente differenziato. E ci si chiede anche se è davvero compiuta in sé stessa, tanto da non avere bisogno di alcuna radice al di fuori di sé.
Ci eravamo posti due domande: se la filosofia razionalista (positivistica) sia strettamente razionale, e di conseguenza universalmente valida, e se sia completa. Basta a se stessa?
Può, o addirittura deve, relegare le sue radici storiche nell’ambito del puro passato, e quindi nell’ambito di ciò che può essere valido soltanto soggettivamente? Dobbiamo rispondere a tutte due le domande con un netto “no”.
Questa filosofia non esprime la compiuta ragione dell’uomo, ma soltanto una parte di essa, e per via di questa mutilazione della ragione non la si può considerare affatto razionale. Per questo è anche incompleta, e può guarire soltanto ristabilendo di nuovo il contatto con le sue radici. Un albero senza radici si secca…
… E così ci troviamo di nuovo a parlare dei due punti controversi del preambolo della Costituzione europea. L’accantonamento delle radici cristiane non si rivela espressione di una superiore tolleranza che rispetta tutte le culture allo stesso modo, non volendo privilegiarne alcuna, bensì come l’assolutizzazione di un pensare e di un vivere che si contrappongono radicalmente, fra l’altro, alle altre culture storiche dell’umanità.
La vera contrapposizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dio, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra.
Se si arriverà ad uno scontro delle culture, non sarà per lo scontro delle grandi religioni – da sempre in lotta le une contro le altre ma che, alla fine, hanno anche sempre saputo vivere le une con le altre –, ma sarà per lo scontro tra questa radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture storiche. Così, anche il rifiuto del riferimento a Dio, non è espressione di una tolleranza che vuole proteggere le religioni non teistiche e la dignità degli atei e degli agnostici, ma piuttosto espressione di una coscienza che vorrebbe vedere Dio cancellato definitivamente dalla vita pubblica dell’umanità e accantonato nell’ambito soggettivo di residue culture del passato.
Il relativismo, che costituisce il punto di partenza di tutto questo, diventa così un dogmatismo che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione, ed in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell’umanità in fondo superato e che può essere adeguatamente relativizzato. In realtà ciò significa che abbiamo bisogno di radici per sopravvivere e che non dobbiamo perdere Dio di vista, se vogliamo che la dignità umana non sparisca.
…
Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. La testimonianza negativa di cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto la porta all’incredulità.
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Tag: culture, dio, ratzinger, relativismo
Categoria: Generale
Este lúcido análisis del todavía Cardenal Ratzinger es todo lo contrario de lo que ha enseñado el “Papa Francisco” en su falso pontificado. Demuestra hasta qué punto molestaba a la “iglesia profunda” y el horror que tuvieron todos ellos cuando aquella inolvidable y semilluviosa tarde del 19 de abril del año 2005, apareció en el balcón de San Pedro el nuevo Papa. Recuerdo perfectamente que uno de los cabecillas de la mafia de San Galo, el Cardenal Daneels, se negó a asistir a la cena que el Colegio Cardenalicio ofreció al neoelecto Sumo Pontífice.
Cos’altro aggiungere a queste profetiche parole, di una lucidità disarmante, se non il riaffermarle in tutta la loro forza e verità, prendendo atto di come si stiano realizzando e concretizzando sotto i nostri occhi attoniti!
E’ altrettanto vero che BXVI, da legittimo Papa, con la sua incommensurabile, insuperabile ed ineguagliabile Declaratio pone un rimedio, si fa egli stesso “scudo” a questa terribile deriva, dalla quale l’intera umanità si sta facendo e lasciando impietosamente travolgere, e lo fa attraverso una libera e personale scelta, una decisione dichiarata, pubblicamente (!), che si inserisce nel corso della storia per “raddrizzarlo”, per indirizzarlo, per “salvarlo”, offrendo a ciascuno la stessa opportunità di compiere oggi una scelta libera e di decidere, attraverso di lui ed il suo riconoscerlo “pubblicamente” il vero e legittimo Papa fino alla sua morte, da che parte stare e schierarsi, con o contro il Signore!
Oggi la scelta è quanto mai e più che decisiva, sia a livello ecclesiastico, anche ai fini di garantire un legittimo Successore a Papa BXVI e alla Santa Chiesa, sia a livello singolo e personale da parte di ciascuno e che va così a rafforzare le forze in campo schierate con la Verità e per il bene dell’Umanita’, e in maniera inversamente proporzionale, va ad indebolire, sfiancare, svigorire le forze avversarie nemiche della Verità e dell’Umanita’, le quali in fondo sono le stesse che hanno sfibrato e logorato dall’inizio l’intero Pontificato di Papa BXVI, oggi emerse in tutta la loro virulenza, sia dall’interno (della Chiesa), sia dall’esterno (poteri mondani), per portare ai fasti della “gloria” tutta terrena/umana un falso papa, un falso salvatore.
Ratzinger più che la Teologia ha “servito” la Filosofia.
Non andando alla Sapienza, quella volta, ha fatto pura filosofia. E da papa.
D’altronde che senso sopporta questa stessa pagina se non come foriera di successive?
Trovo questo passo del pensiero di Ratzinger molto pregnante:
“L’accantonamento delle radici cristiane non si rivela espressione di una superiore tolleranza che rispetta tutte le culture allo stesso modo, non volendo privilegiarne alcuna, bensì come l’assolutizzazione di un pensare e di un vivere che si contrappongono radicalmente, fra l’altro, alle altre culture storiche dell’umanità.”
Noto che “accantonare” cioè mettere da una parte, non prendere in considerazione non può certo essere espressione di alcuna “tolleranza”, né parziale, né totale.
Tollerare, secondo il mio parere, significa “portare” dal verbo latino tollo, is, sustuli, sublatum, tollere.
“Tolle crucem tuam”, dice chiaro Gesù.
E, quindi, non può, in tal accezione neppure opporsi neanche alle altre culture religiose. Come invece sempre ha fatto il cristianesimo cattolico romano.
Bisogna “portare” tutto con rispetto, fatica e venerazione, perché tutto è relativo a qualcosa che sta davanti a noi, per così dire, non dietro.
Cioè sempre qualcosa di superiore, irraggiungibile, almeno per il momento, da parte del cervello umano.