VI MEDITAZIONE: il Perdono e la Misericordia
Carissimi Lettori, oggi il Signore ci chiama a entrare nel mistero della sua misericordia. Ma cosa significa misericordia? Noi sentiamo spesso questa parola, ma forse non capiamo fino in fondo cosa voglia dire. Misericordia non è semplicemente perdonare qualcuno che ci ha fatto un torto, non è solo un sentimento di pietà. Misericordia significa che Dio vede la nostra miseria e ci ama proprio lì, nella nostra condizione di peccato, nella nostra rovina, senza aspettare che noi cambiamo per amarci.
Gesù ci racconta una parabola incredibile, scandalosa per i farisei e per la mentalità religiosa del tempo. Un uomo aveva due figli. Il più giovane chiede la sua parte di eredità, praticamente dice a suo padre: “Per me sei già morto, dammi i soldi e me ne vado.” Fratelli, questo è il nostro peccato. Quante volte abbiamo detto a Dio: “Io voglio vivere la mia vita senza di Te, voglio fare quello che mi pare”? Il padre gli dà l’eredità e il figlio parte, va in un paese lontano e sperpera tutto vivendo da dissoluto. Ecco cosa fa il peccato: ci allontana da Dio, ci illude che saremo felici, che faremo quello che vogliamo… e alla fine ci ritroviamo distrutti. Il figlio si ritrova a pascolare i porci, l’animale impuro per eccellenza, e desidera mangiare le carrube che mangiano i porci. Questo è il punto più basso. Quando il peccato ci distrugge, ci toglie la dignità, ci fa toccare il fondo.
Ed è lì che avviene qualcosa di straordinario: il figlio rientra in sé stesso e dice: Mi alzerò e tornerò da mio padre (Lc 15,18). Fratelli, questo è il momento della conversione! Questo ragazzo non torna perché è diventato buono, non perché ama suo padre, ma perché ha fame. Non può più sopportare quella vita, sa che a casa del padre si sta meglio. E allora decide di tornare.
E qui viene la cosa più scandalosa di tutta la parabola. Il padre lo vede da lontano. Questo significa che lo stava aspettando. Non aveva chiuso la porta, non aveva detto: “Se ne è andato? Peggio per lui!” No! Lo aspettava ogni giorno. E quando lo vede, gli corre incontro. Fratelli, Dio ci viene incontro, non aspetta che arriviamo noi. Corre, si getta al collo del figlio e lo bacia. Il figlio inizia il suo discorso: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…” Ma il padre nemmeno lo lascia finire! Lo riveste con la veste più bella, gli mette l’anello al dito, i sandali ai piedi e ordina di fare festa.
Fratelli, Dio non ci tratta secondo i nostri peccati. Non ci chiede di fare prima qualcosa per meritare il suo amore. Non gli interessa nemmeno il nostro discorso di pentimento, perché sa che l’unica cosa vera è che siamo tornati a Lui. E ci abbraccia, ci riveste della nostra dignità, ci ridà tutto.
Ma la parabola non finisce qui. C’è il fratello maggiore, quello che è sempre rimasto a casa, che si arrabbia. Dice al padre: Io ti ho sempre servito, non ho mai disobbedito ai tuoi ordini, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici (Lc 15,29). Fratelli, quante volte siamo come questo fratello maggiore? Quante volte pensiamo che Dio debba darci qualcosa perché siamo stati bravi? Quante volte giudichiamo chi si è allontanato, chi ha vissuto nel peccato, e non accettiamo che Dio lo perdoni così, gratuitamente?
E il padre cosa risponde? Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato (Lc 15,31-32).
Fratelli, Dio è così. Non fa i conti come li facciamo noi, non pesa i peccati con una bilancia, non distribuisce premi e punizioni come un giudice severo. Dio è un padre che ama i suoi figli, che li vuole salvi, che non sopporta di perderne nemmeno uno.
Ma il perdono che riceviamo dobbiamo anche donarlo agli altri. Gesù dice: Se voi non perdonerete agli uomini, neanche il Padre vostro perdonerà a voi (Mt 6,15). Perdonare non è facile. Se qualcuno ci ha fatto del male, dentro di noi c’è rabbia, voglia di giustizia, a volte voglia di vendetta. Ma Dio ci ha perdonati molto più di quanto noi dobbiamo perdonare agli altri. Quando capiamo quanto siamo stati amati, quanto siamo stati perdonati, allora possiamo perdonare anche noi.
Pensiamo a Giuseppe, venduto dai suoi fratelli, tradito, abbandonato. Anni dopo, quando i fratelli vengono in Egitto, lui ha il potere di vendicarsi. Ma cosa dice loro? Voi avete pensato il male contro di me, ma Dio ha pensato di farlo servire a un bene (Gen 50,20).
Fratelli, oggi il Signore ci chiama a fare esperienza del suo perdono. Qualunque sia il tuo peccato, qualunque sia la tua storia, Dio ti sta aspettando. Non ti chiede niente, solo che torni a Lui. E se hai ricevuto questo amore, se hai fatto esperienza della misericordia di Dio, allora il Signore ti chiede di perdonare chi ti ha fatto del male. Non perché l’altro lo meriti, ma perché tu sei stato perdonato per primo.
Il Signore oggi ci invita alla festa. Vuole rivestirci, vuole metterci l’anello al dito, vuole restituirci la nostra dignità di figli. Vuoi restare fuori come il fratello maggiore, pieno di rabbia e di risentimento? O vuoi entrare alla festa e lasciarti amare?
ratelli, oggi è il giorno del perdono. Oggi è il giorno della misericordia di Dio. Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore! (Eb 3,15).
Amen!
«TUTTO È COMPIUTO»
La misericordia compiuta
Non è per compiere una profezia che Gesù chiede da bere: è perché il suo povero corpo, da cui il Sangue sfugge, è divorato dalla sete. Ma sa che il giusto perseguitato aveva detto profeticamente: “Nella mia sete, mi hanno abbeverato di aceto”[1]; e sa che questa profezia trova ora il suo compimento.
Similmente, all’inizio della sua vita pubblica, non è per compiere una profezia che Gesù entra nella sinagoga di Nazareth, è per annunciarvi l’avvento della Legge nuova. Ma, aprendo il libro di Isaia al passaggio dove è scritto del servo di Yahweh: “Lo Spirito del Signore è su di me, mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri e proclamare la liberazione ai prigionieri”[2], Gesù, mentre tutti gli occhi sono fissi su di Lui, aggiunge: “Oggi, avete udito, questa Scrittura si è compiuta.”[3]
Gesù non è venuto per compiere le profezie; è venuto per fare la volontà del Padre. Ma facendo la volontà del Padre, compie le profezie. Lo sa. Alla fine, quando l’opera del Padre è compiuta, tutte le profezie sono realizzate, anche quella che annunciava che il giusto sarebbe stato abbeverato di aceto, e può dire: «Tutto è consumato.»
Tutto è compiuto, tutto è consumato: ciò significa non solo che le profezie sono realizzate, ma ancora che lo sono in modo così alto, così pieno, così divino, che superano l’attesa di Israele stesso. L’epopea della salvezza di un popolo diventa l’epopea della salvezza del mondo.
Tutte le profezie sono compiute. Gesù lo sa.
Ora, Egli contempla la lunga sequenza delle profezie nell’ordine in cui sono apparse, in vista di orientare progressivamente l’attesa d’Israele verso questo punto misterioso del tempo in cui ogni cosa infine, sulla terra e nei cieli, sarebbe stata riconciliata e pacificata dal Sangue della sua propria Croce.
Dunque, “tutto è consumato” significa senza dubbio che tutta la profezia concernente l’opera di Gesù è realizzata. Ma più profondamente, più segretamente, più immediatamente, ciò significa che il disegno stesso del Padre di salvare il mondo attraverso l’obbedienza di Gesù è ormai compiuto. Avendo piegato totalmente e amorosamente la sua volontà creata ai comandamenti della volontà increata di cui non cessava, fino alla sua Agonia, di vedere scoperta la santità infinita, Gesù avvolge ora in un ultimo sguardo questo mondo creato dal Padre, ma atrocemente sfigurato dagli uomini, e che la sua morte trasformerà.
Il Cristo che è venuto una prima volta per salvare il mondo ritornerà una seconda volta per giudicare il mondo: “Allora il segno del Figlio dell’uomo apparirà nel cielo, e tutte le tribù della terra si lamenteranno, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e maestà. E manderà i suoi angeli che, al suono della grande tromba, raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità dei cieli all’altra.”[4]
Alla fine della sua prima venuta, quando si compie sulla Croce la sua Passione redentrice, dice: «Tutto è consumato.» Alla fine del tempo storico, quando si compiranno i destini della nostra umanità redenta, è una parola simile che pronuncerà, dicendo, nel momento di cedere il mondo al Padre: «Tutto è sottomesso.»
Così, fin d’ora, tutto è consumato con la tragedia della croce la cui virtù può pacificare ogni cosa sulla terra e nei cieli. E alla fine, durante la seconda parusia, tutto sarà sottomesso, poiché tutto ciò che il Sangue redentore avrà toccato sarà trasformato per la vita della gloria.
Il dono della remissione che ci è offerto ci interpella a condividerlo. Cristo ci ammonisce che la misericordia divina si riflette nei nostri gesti di clemenza verso il prossimo. Concedere il perdono è arduo: il cuore si ribella, reclama riparazione, talvolta brama rivalsa. Eppure, l’amore immenso con cui siamo stati accolti supera ogni offesa che ci tocca sanare, spingendoci a offrire agli altri ciò che abbiamo ricevuto.
Riflettiamo su Giuseppe: i fratelli lo consegnarono alla schiavitù, lo abbandonarono al suo destino. Quando il tempo li riportò al suo cospetto in Egitto, avrebbe potuto punirli. Invece, con cuore magnanimo, dichiarò che il male da loro ordito era stato trasformato da Dio in un disegno di salvezza.
In questo giorno, Cristo ci invita a gustare la sua clemenza. Non importa quali siano le tue colpe o il tuo passato, Egli ti attende con pazienza, desiderando solo il tuo ritorno. Se hai conosciuto la dolcezza di questo amore e la grandezza della sua misericordia, allora ti esorta a tendere la mano a chi ti ha ferito, non per il loro valore, ma per la grazia che ti è stata concessa prima.
Preghiamo col Salmo 129 (130)
Dallo profondo chiamo a Te, Signore, e pregoTi che Ti degni esaudire la voce afflitta dello mio clamore. Apri, Signore, il tuo benigno udire a la dolente voce sconsolata, e non voler guardare al mio fallire. Ben so che se Tu guardi alle peccata, ed alla quotidiana iniquitade, già mai persona non sarà salvata. Ma perché so che sei pien di pietade, e di misericordia infinita, però n’aspetto la tua volontade. E perché sei l’Autore della vita il qual non vuoi che il peccatore muora, in Te la mia speranza ho stabilita. Adunque dal principio dell’aurora si de’ sperare nell’eterno Iddio, fin a la notte, e in ogni tempo, ed ora. Però ch’Egli è il Signor sí dolce, e pio, e fa sí larga la redenzione, ch’Ei può piú perdonar che peccar io. Onde vedendo la contrizione del popol d’Israel, son piú che certo ch’Egli averà di lui compassione: e lasceragli ogni perverso merto. Dante Alighieri | 1Dal profondo dolore in cui abbissato mi ritrovo, Signore; dal mio peccato a Te tutto dolente le suppliche drizzai: ascoltami clemente, perdona, se peccai. 2Se con rigor estremo li falli pesar vuoi, o Giudice supremo, chi durerà di noi? Ma l’ira tua cede ai moti di pietà; perciò, con viva fede ciascun Ti temerà. 3Deh! vienimi consola, Signor, che T’aspettai, e sol nella parola di Te fedel sperai! Quest’alma tanto T’ama, e guarda Te cosí che niuna veglia brama tanto che torni dí. 4Speri pur Israele di core nel Signor, perché Lui è fedele, benigno Redentor; e per divin affetto certo riscatterà Israel prediletto da tante niquità. |
[1] (Sal 69,22)
[2] (Is 61,1-2)
[3] (Lc 4,18-19)
[4] (Mt 24,30-31)
§§§
Aiutate Stilum Curiae
IBAN: IT79N0 200805319000400690898
BIC/SWIFT: UNCRITM1E35
ATTENZIONE:
L’IBAN INDICATO NELLA FOTO A DESTRA E’ OBSOLETO.
QUELLO GIUSTO E’:
La misericordia divina è l’agire di Dio.
Dio ha pietà dei miseri e li salva.
Questo dice il benedetto nome dí Gesù.
La carità di Dio rivela il mistero.
Il misero può adorare Dio che lo salva.
Un trono e’ la croce di Cristo.
La vittima sacrificale sta nel tabernacolo.
Un altro tabernacolo di misericordia è il confessionale.
Si tratta dell’esperienza della Grazia di Dio.
Il nostro compiere le opere di misericordia, sette spirituali e sette corporali, non risponde a una precettistica religiosa, ma è ad immagine dell’Immagine: Cristo, che al misero offre di diventare figli di Dio, somigliando cristificandosi alla divinità.
La misericordia è un mistero di gloria che eccede il fare umano. Per questo uno potrebbe donare tutto quello che ha e non avere la carità, ovvero essere privo della visione beatifica.
La misericordia è la commozione e la compassione divina che si fa consolazione, l’irruzione dello Spirito santo nell’anima che diventa tempio della gloria di Dio.
La misericordia di Dio trova spazio nel cuore contrito e timorato, che non la dà per scontata, né la banalizza in un automatismo senza croce.
Per risorgere misericordiati dobbiamo morire ai peccati, alla distanza da Dio. Il Signore usa misericordia anche ai peccati color scarlatto… non c’è miseria che non possa perdonare, né colpa che lo allontani dal volerci salvare.
Però serve il pentimento, la confessione, un volgersi a Dio con abbandono e non da portatore di diritti dell’uomo.