“Questa è l’Ora delle Tenebre…”. Omelia di Mons. Viganò per il Mercoledì delle Ceneri.

7 Marzo 2025 Pubblicato da 4 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione l’omelia che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha pronunciato per il Mercoledì delle Ceneri. Buona lettura e diffusione.

§§§

 

PARCE, DOMINE

Omelia per il Mercoledì delle Sacre Ceneri

 

Flectamus iram vindicem,

ploremus ante Judicem;

clamemus ore supplici,

dicamus omnes cernui:

Parce, Domine;

parce populo tuo:

ne in æternum irascaris nobis.

 

 

 

La divina Liturgia ci accompagna attraverso l’anno solare come in uno specchio, nel quale vediamo compendiata e rappresentata la storia della Redenzione. Il tempo d’Avvento ci rimanda all’attesa del Messia nell’antica Legge; il tempo di Natale celebra la Sua santissima Incarnazione; la santa Quaresima e il tempo di Passione ci riportano ai tempi che precedettero il Sacrificio della Croce; il tempo di Pasqua celebra la Resurrezione e l’Ascensione al cielo del Signore; il tempo di Pentecoste ripercorre la vita terrena del Salvatore, i Suoi miracoli, i Suoi insegnamenti; e alla fine del ciclo liturgico – così come al suo principio – siamo proiettati alla fine dei tempi, al Giudizio universale, al premio o alla condanna di tutti e ciascuno. Le stesse stagioni dell’anno, in qualche modo, accompagnano questo riepilogo sacro della storia della Salvezza, sicché nei rigori dell’inverno comprendiamo le pene del Re Bambino nato in una mangiatoia, e nel risveglio della natura in primavera possiamo vedere l’omaggio del Creato al Signore che risorge e trionfa sulla morte.

 

Questo Mercoledì delle Ceneri segna l’ingresso in un tempo di penitenza e purificazione per prepararci nel corpo e nello spirito a questo trionfo di Nostro Signore: un trionfo reale, storico, testimoniato dai contemporanei, celebrato dai Cristiani di ogni epoca e ogni luogo. Per accompagnarci in questa purificazione, la santa Liturgia ci mostra ciò che fecero i nostri padri nell’Antico Testamento e ci addita la necessità di essere pronti a nostra volta ad affrontare la grande persecuzione degli Ultimi Tempi. Perché non si può combattere senza esercitarsi, né affrontare una gara senza essere allenati.

Nell’Antico Testamento i sacerdoti invocano pietà per il popolo: Parce, Domine, parce populo tuo! Risparmia il tuo popolo, o Signore. Nel Nuovo Testamento, è Cristo stesso, elevato sul legno della Croce, che intercede per noi: Perdona loro, o Padre! E con Lui intercedono presso il trono della divina Maestà la Vergine Santissima, tutti i Santi e le anime del Purgatorio. Noi stessi, nella Comunione dei Santi, offriamo i nostri sacrifici per espiare i peccati nostri e dei nostri fratelli. Paghiamo un debito contratto con l’infernale Usuraio: non con la sua falsa moneta, ma con l’oro purissimo della Passione di Cristo. Quel debito di cui ciascuno di noi, in Adamo, si è caricato contro la volontà di Dio e nonostante avesse da Lui ricevuto la vera ricchezza, il più inestimabile tesoro.

 

Questa santa Quaresima, che iniziamo oggi cospargendoci il capo di cenere e digiunando, cade in un momento di grandi rivolgimenti sociali, politici ed ecclesiali. Ogni giorno che passa nuove verità emergono alla luce, mostrandoci una società apostata, una classe politica corrotta e pervertita, una Gerarchia venduta e traditrice. Quanti credevamo preposti al bene comune si rivelano nostri nemici e nemici di Dio. Quanti pensavamo dovessero difendere la Verità e proclamare il Vangelo di Cristo si mostrano come seguaci dell’errore e della menzogna. E l’autorità che Nostro Signore, Re e Pontefice, ha concesso ai nostri governanti – civili e religiosi – è usata per lo scopo opposto a quello che Egli ha stabilito.

 

Dinanzi a questa ribellione globale, e specialmente davanti al tradimento di chi è costituito in autorità, dobbiamo tornare più convintamente a vestire la nostra anima in cinere et cilicio, a prostrarci al cospetto del Signore e ripetere il grido dei nostri padri: Flectamus iram vindicem, ploremus ante Judicem; clamemus ore supplici, dicamus omnes cernui: Parce, Domine; parce populo tuo: ne in æternum irascaris nobis. Plachiamo l’ira vendicatrice, piangiamo di fronte al Giudice; chiamiamoLo con voce supplicante, prostrati diciamo tutti insieme: Perdona, Signore, perdona il Tuo popolo, e non rimanere in eterno adirato con noi.

 

Tuttavia, proprio per l’enormità delle nostre colpe e l’orrore delle colpe pubbliche delle Nazioni e della Gerarchia ecclesiastica, la nostra penitenza deve accompagnarsi – ed esser preceduta, direi – dalla proclamazione della verità contro la menzogna. Perché la verità è di Dio, è Dio; e la menzogna è marchio maledetto di Satana.

 

Cadano dunque i veli e gli artifici che cercano di dissimulare il peccato e il vizio, di negarlo, di dargli apparenza di bene e di virtù. Cadano le coltri che nascondono crimini e delitti esecrandi – contro Dio e contro i piccoli, anzitutto – in una rete di turpi complicità tra anime perdute. Cadano le finzioni di un mondo ribelle, le menzogne di un’autorità pervertita, di un sistema infernale che nega, offende e combatte Cristo e i Suoi figli. Cadano le menzogne e gli inganni di una Gerarchia e di un Papato tenuti sotto ostaggio da nemici di Cristo asserviti a Satana. Cadano gli argomenti e le scuse che troppo spesso adduciamo per giustificare la nostra pigrizia, la nostra inerzia spirituale, la nostra incapacità di schierarci e di rimanere sotto le insegne del nostro Re divino. Cadano i pretesti che sappiamo trovare per rinviare la nostra conversione e il nostro progresso nella santità.

 

Questa è l’ora delle tenebre, probabilmente. Ma sono tenebre destinate ad essere squarciate dalla Luce di Cristo, dinanzi alla quale tutto apparirà per come è, e non per come vorremmo che sia, non per come sarebbe più comodo per assecondare la nostra ignavia.

 

E la prima verità da proclamare, da gridare dai tetti, è che noi siamo peccatori, che vi è una morte certa, un giudizio inappellabile, un inferno per punire i malvagi e un paradiso per premiare i buoni. E che questa verità ultima e indefettibile fa parte del nostro stesso essere, è inscritta nel nostro cuore come Legge di natura, è rivelata nelle Scritture e consegnata da Nostro Signore alla Sua Chiesa perché la predichi fedelmente a tutti i popoli.

 

Proclamiamo questa verità senza paura di essere smentiti, ricordandoci delle parole dell’Ecclesiastico: Memorare novissima tua, et in æternum non peccabis (Sir 7, 40), Tieni presente ciò che ti aspetta, e non peccherai mai. E così sia.

 

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

 

 

5 Marzo MMXXV

Feria IV Cinerum, in capite jejunii

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4 commenti

  • Cristina ha detto:

    Sì,Adinolfi è il migliore,il più concreto,battagliero,vitale e fuori da ogni insopportabile mestizia curiale.

  • R.S. ha detto:

    Pensa un po’ che accostamento: i ripetuti “cadano” di mons. Viganò mi ricordano gli abbondanti “possano” che farciscono i pronunciamenti del presidente Mattarella.

    Trattandosi di due cristiani e cattolici ho notato che nelle parole di Gesù riferite dai Vangeli e in generale in tutto il nuovo testamento il congiuntivo è utilizzato pochissimo.

    Il congiuntivo è un modo per esprimere soggettivamente qualcosa di cui in fondo si è dubbiosi muovendosi nell’ipotetico e non di rado nell’irrilevante. Una possibilità che non include necessità, dovere, amore e libertà di amare, veramente.

    Mons. Viganò spazia arditamente nello scibile, tra cronaca e storia, additando malefatte politiche ed ecclesiali di dimensioni globali.

    Allora monsignore (e anche i cattolici come il presidente) cospargendosi il capo di cenere potrebbero confessarsi evitando i congiuntivi e la retorica.

    Il monsignore viene dalla segreteria di Stato vaticana: racconti senza congiuntivi qualcosina di quei “cadano”. Non neghi o taccia sui dettagli ormai palesi per palesare orizzonti o scenari troppi ampi per vedere manomissioni su un testo di decisiva importanza… senza ignorare articoli e commi del canone, preferendo le palle di cannone e i bombardamenti a grappolo.

    Allora sì i “cadano” produrranno il frutto buono di una pianta buona; per il cristiano c’è la grazia della misericordia: anche i meno buoni possono convertirsi, dal congiuntivo all’indicativo presente.

    Hic et nunc.

    Buona quaresima.

    • Davide Scarano ha detto:

      Caro R.S., ricordo che Gesù ha detto sia il vostro parlare “si,si” e “No,no”. Mi chiedo però: è possibile ipotizzare questa purezza e verità di linguaggio per chi si occupa delle “cose del mondo”? Riponderei così: si, se fossero puri, ovvero se tutti fossimo fratelli in Cristo e sapessimo osservare non solo le nostre ragioni ma anche quelle dell’altro. Mi vien da pensare: “qui casca l’asino”. Sappiamo che il Male, fin dal tempo del serpente biblico, ha bisogno di presentarsi in una forma seducente, per ingannare noi, poveri mortali, segnati dal peccato originale.
      Osservo anche che se è vero che nella prosa del Monsignore vi sono dei congiuntivi, ciò non esclude la chiara definizione di un quadro insieme politico e metafisico. Le chiedo quindi: cosa altro dovrebbe fare? Sinceramente non sono riuscito a capire. PS A mio parere mons. Viganò esprime un auspicio che non riguarda solo se stesso ma l’intera Chiesa, quindi non può che utilizzare quella forma verbale, tanto più necessaria quanto più si è consapevoli che solo un “piccolo gregge” ha compreso la gravità della crisi ed insieme la durezza delle prove che presto dovremo affrontare.

  • Guido ha detto:

    L’ho sempre pensato e lo ripeto. Se non si fosse incaponito nell’avventura del Popolo della Famiglia, aggravata dalla scelta suicida di non presentarsi con il centrodestra alle elezioni, e nell’ulteriore incaponimento degli anni successivi, Adinolfi avrebbe rappresentato una punta di diamante dell’intellettualismo cattolico, tanto più che sui media ha sempre avuto abbastanza spazio (non so degli ultimissimi anni, ma prima era così).
    Visione del tutto corretta, la sua, quale espressa in questo pezzo.

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