Quaresima, il Digiuno. Quinta Meditazione di Investigatore Biblico.

7 Marzo 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione la quinta meditazione di Quaresima di Investigatore Biblico. Buona lettura e condivisione.

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“ESERCIZI QUARESIMA, V MEDITAZIONE: Il Digiuno” di IB

Fratelli carissimi,

il Signore ci chiama oggi a entrare in questo tempo forte, la Quaresima, con un cuore nuovo, con una disposizione profonda a convertirci. E Gesù ci parla del digiuno! Ci dice nel Vangelo: «Quando digiunate, non siate malinconici come gli ipocriti» (Mt 6,16). Perché? Perché il digiuno non è una pratica esteriore, non è un gesto per apparire, ma è un’arma potentissima, una lotta spirituale, un cammino di libertà!

Fratelli, il mondo ci riempie di illusioni. Viviamo in un tempo in cui tutto ci spinge a soddisfare ogni desiderio, ogni capriccio, a consumare, a cercare la felicità nelle cose. Ma il digiuno ci libera! Il digiuno ci strappa da questa schiavitù e ci insegna che non siamo schiavi della carne, non siamo schiavi dei nostri impulsi. «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). Questo è il cuore del digiuno: smettere di nutrirci delle cose del mondo per nutrirci di Dio!

Quando digiuniamo, si apre un vuoto dentro di noi. Ma attenzione! Questo vuoto non è un’assenza, è un’attesa! È lo spazio che Dio vuole riempire! Digiunare significa fare spazio a Dio, permettere che Lui venga a dimorare in noi. È un atto di fede, è dichiarare con la nostra vita che la nostra vera ricchezza è il Signore!

E allora, fratelli, digiunate! Ma non solo nel cibo! Digiunate dalle parole inutili, dalle lamentele, dalle critiche! Digiunate dalle immagini impure, dalle distrazioni, da tutto ciò che vi separa da Dio! Digiunate dall’egoismo, dalla superbia, dalla ricerca di voi stessi! Perché il vero digiuno è un cammino di conversione, è un’arma per distruggere il peccato, per dire a Dio: «Tu sei il mio tutto, Tu sei il mio cibo, Tu sei la mia vita!».

E attenti, fratelli! Il digiuno non è solo per noi stessi. Il vero digiuno ci apre agli altri. Quando tu rinunci a qualcosa, scopri che puoi donare! Che puoi condividere! Che il tuo cuore si apre ai poveri, a chi soffre! Il digiuno spezza le catene dell’egoismo e ci fa entrare nella logica del Regno: dare la vita per gli altri!

Fratelli, questa è la strada della libertà! Il mondo ci dice che la felicità è possedere, è riempirsi, è soddisfare ogni desiderio. Ma Gesù ci dice che la vera gioia è donarsi, è svuotarsi, è perdere la vita per Lui! E chi perde la sua vita, la ritroverà!

Chiediamo al Signore di darci la grazia di un digiuno vero, profondo, che ci renda liberi, che ci apra alla sua presenza, che ci insegni a vivere per Lui e per i fratelli. Chiediamogli di farci scoprire che la nostra unica ricchezza è Lui!

Preghiamo insieme:

Signore, insegnaci a digiunare per Te, a liberarci da tutto ciò che ci separa da Te. Donaci la grazia di un cuore povero e umile, che sa dire ‘sì’ alla tua volontà. Signore, fa’ che il nostro digiuno sia una lode a Te, un’offerta di amore, un cammino di libertà! Amen!

«HO SETE»

La sete del digiuno

La quinta parola, più umile e pietosa ancora, è il grido dell’angoscia fisica.

Le quattro parole anteriori presupponevano delle presenze. Fino alla quarta, c’è un dialogo tra Gesù e il suo Dio. Qui, le presenze si sono ritirate, il deserto è senza confini, c’è solo il grido del supplizio della sete. Ma colui che dice: «Ho sete!» è il Verbo divino, e di nuovo, ecco aprirsi davanti a noi il mistero dell’Incarnazione.

Come la precedente, la quinta parola ha, anche lei, due facce. È l’estremo lamento, strappato spontaneamente a Gesù dal dolore fisico. Ed è la ripresa volontaria da parte sua di una parola di un Salmo messianico.

Da una parte, si direbbe che non ci sia più altra coscienza in Gesù se non quella della sete che lo brucia interiormente. Dall’altre, rimane attento, in spirito, a seguire la via tracciata in anticipo dal Padre e a soffrire in ciascuno degli episodi successivi della Passione redentrice.

Alla sete fisica che tortura Gesù, si aggiunge la sete, ancora più lancinante, del suo desiderio di salvare il mondo.

Aveva detto il Giovedì Santo ai suoi discepoli: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire.»[1] Come può desiderare così la Pasqua laddove inizieranno la sua Agonia e la sua Passione? La risposta segreta è che, fin dal suo ingresso nel mondo, è tormentato e consumato da un tale desiderio di compensare l’offesa infinita fatta a Dio dal peccato, e di aprire agli uomini le fonti del perdono promesse dal profeta, che l’approssimarsi del sanguinoso supplizio della Croce, attraverso il quale ogni cosa sulla terra e nei cieli sarà riconciliata, Gli porta un misterioso sollievo.

Gesù, nel Vangelo, ci guida a un digiuno nascosto, lontano dagli sguardi umani, per cercare solo il volto del Padre. Ci chiama a un gesto intimo, non per ostentazione, ma per un dialogo silenzioso con Colui che scruta i cuori, in uno spazio sacro dove l’anima si volge a Lui.

Così, i Santi, a somiglianza di Cristo, hanno sete della salvezza del mondo. La sofferenza redentrice di Cristo in Croce, che possiamo ben descrivere dall’esterno, non rivela la sua veemenza, le sue terribili esigenze, se non a coloro che, di età in età, consentono a perdersi in essa senza più nulla riservare di se stessi. È il mistero della co-redenzione che apre loro le porte supreme del mistero della redenzione.

Il digiuno è un atto che ci spoglia, non per castigo, ma per accogliere la pienezza divina. Rinunciamo a ciò che sazia il corpo per aprire l’anima al respiro di Dio che dissipa le illusioni terrene e ci nutre con la sua Verità eterna. È una liberazione dalle catene del desiderio, un’offerta che ci consegna interamente alla sua volontà.

I nostri peccati di domani avranno desolato l’Agonia di Gesù. Ma anche, poiché è vero, le nostre fedeltà di domani L’avranno consolato.

All’istante privilegiato della sua Passione, dominatore di tutto lo scorrere del tempo, Gesù sente nel suo Cuore tutto il dramma che la Chiesa vivrà fino alla fine del mondo. L’istante della sua Passione redentrice, il punto finale della sua vita mortale, coesiste per irradiare con tutto lo svolgimento del dramma della Chiesa. In questo senso, il dramma della Chiesa è come una diffusione nello spazio e nel tempo del dramma di Gesù. La Passione di Gesù è già, ma nella sua fonte, la Passione della Chiesa; la passione della Chiesa è ancora, ma nella sua espansione, la Passione di Gesù.

Gesù ha avuto sete della gloria di Dio e della salvezza del mondo.

O Gesù è vero che puoi avere sete della mia anima fangosa? Questi poveri momenti troppo brevi di preghiera che trovo da darti ogni giorno, è vero che puoi averne sete?

Nel digiuno cerchiamo Dio, comprendendo che non sono le cose materiali a darci vita, ma la sua misericordia. In quel vuoto, gustiamo un nutrimento eterno che placa ogni fame e ci rivela la nostra dipendenza da Lui solo, come eco della sua Parola che sostiene l’esistenza.

Questo percorso ci unisce agli altri: la rinuncia ci rende più vicini a chi soffre spalancando il cuore alle loro pene. Non è un atto isolato, ma un ponte verso i fratelli, un passo per spezzare le catene dell’individualismo e abbracciare la fraternità.

Imploriamo oggi il Signore di donarci un digiuno sincero, non mera forma, ma slancio verso la sua luce, eco della sua chiamata a unirci a Lui e ai nostri simili in un vincolo d’amore.

Preghiamo col Salmo 68 (69)

L’onte contro di Te fatte da rei, cadon sopra di me, perciò digiuno. Ma poi li pianti, li digiuni miei sol derider mi fanno da ciascuno. 5Di rozzo, sacco mesto mi vestii, ma provverbio di lor son diventato: han li Giudici pur di me sparlato, ed ebri carmi concertar udii. In quant’a me, T’indrizzo colà su, altissimo Signor! la voce mia: attendo l’ora che rispondi Tu, e la vera salute nota sia. 6Da palude tenace cava me che talora, Signore! non v’affonde; libera me dall’acque ben profonde, e da chi m’odia, senza dir perché; impedisci, Signore! Tu, che puoi, che giù non mi rapisca la corrente, e che m’inghiotta negl’abissi suoi, qual in pozzo letal gorgo repente. 7Rispondimi, Signore, per pietà! Fa’ che possa soffrir tante passioni per l’immense di Te gran compassioni. Guarda verso di me, somma Bontà! Il divin volto non asconder, no, dal servo tuo che T’amò di core: affrettati, rispondi, perché sto in angosce di pene, di dolore. 8Deh! Vien’ all’alma mia, vien’ emai! Riscattala, riscuoti me, Signore! De’ miei nemici, dal crudel furore, che l’onta che m’è fatta, ben la sai! Sai la vergogna, li disprezzi miei, li nemici di me tutti li vedi: son dolente nell’alma, pien d’omei*, il cor a tanto mal convien che cedi. 9Chi meco si dolesse, m’aspettai, ma non vidi pietoso neppur uno. Neppur fra tanti guai, giammai alcuno che qui mi consolasse, ritrovai. Anzi, crudeli li veleni suoi poser ne’ cibi miei con core lieto e disumani queste labbra poi sitibonde, bagnaro con l’aceto.       *lamenti

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1 commento

  • R.S. ha detto:

    L’uomo ha cinque sensi per fare esperienza del creato.
    Ai cinque sensi esteriori ne corrispondono altrettanti interiori.

    Il digiuno esteriore, misteriosamente, si accompagna a un aumento della sensibilità interiore. Non è una cosa che si possa spiegare, ma è esperienza comune di chi l’ha provata.

    Se assecondiamo solo i sensi esteriori diventiamo sensuali e non usiamo più i sensi per sperimentare e conoscere, ma soprattutto per il piacere. Così facendo spegniamo e tacitiamo i sensi interiori, che fanno dell’umano ben più dell’animale e della psiche che pure abbiamo.

    Digiuniamo per diventare sensibili interiormente, in grado di commuoverci e di consolare essendo consolati. Diventeremo più beati: chi digiuna non è affranto, ma scopre una delicatezza d’animo che rende contenti.

    Ci ha creati Dio e ci conosce bene.

    Il digiuno è in grado di scacciare il demonio e anche di fermare le guerre, innanzitutto in noi stessi, pacificati dall’essere meno passionali e più propensi a ringraziare Dio per il dono dei sensi esteriori e delle belle esperienze che ci fanno fare.

    Per questo il digiuno è discreto, come la preghiera e l’elemosina. Non serve per farsi notare dagli uomini, ma per riallacciare legami più solidi e sapienti con Dio.

    Il digiuno del gusto sa dare molto sapore alla vita.