Quaresima, Quarta Meditazione: la Croce. Investigatore Biblico.

6 Marzo 2025 Pubblicato da 1 Commento

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Investigatore Biblico, a cui va il nostro grazie, offre alla vostra attenzione la quarta meditazione di Quaresima. Buona lettura.

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“ESERCIZI QUARESIMA, IV MEDITAZIONE: La Croce” di IB

Fratelli, oggi il Signore ci chiama a guardare alla Croce, a comprendere il mistero più grande della nostra fede. La Croce è follia per il mondo, è scandalo, è dolore, è sofferenza. Nessuno vuole la croce. Noi vogliamo una vita tranquilla, senza problemi, senza sofferenza, vogliamo essere felici. Eppure Gesù oggi ci dice una cosa sconvolgente: Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt 16,24).

Fratelli, cosa significa questo? Significa che senza la croce non si può seguire Cristo. Noi vorremmo un cristianesimo senza sacrificio, senza rinunce, senza dolore. Ma non è possibile! Il demonio ci ha ingannati, ci ha fatto credere che la felicità sia fare quello che vogliamo, evitare la sofferenza, vivere per noi stessi. Ma la verità è che proprio in questa ricerca della nostra felicità finiamo per distruggerci. Gesù continua dicendo: Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la troverà (Mt 16,25).

Fratelli, guardiamo la nostra vita. Quante volte abbiamo cercato di salvarla da soli? Quante volte abbiamo pensato che, evitando le difficoltà, saremmo stati felici? Eppure più scappiamo dalla croce, più la sofferenza ci divora. Perché? Perché siamo stati creati per amare, e l’amore è donarsi, è dare la vita. Il mondo ci dice: “Pensa a te stesso, proteggiti, fai quello che ti fa stare bene.” Ma Gesù ci dice: “Dona la tua vita, esci da te stesso, ama fino in fondo.”

Fratelli, la Croce è la strada per la vita. Guardiamo Cristo: Lui è Dio, poteva salvarsi, poteva scendere dalla Croce, poteva distruggere i suoi nemici con un solo gesto. Ma non lo ha fatto. È rimasto lì, inchiodato, in silenzio, umiliato, rifiutato, perché solo così poteva salvare il mondo. Il demonio Gli ha detto: Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! (Mt 27,40). Ma Gesù non è sceso. È rimasto lì perché l’amore vero non scappa, non si difende, non cerca il proprio interesse.

E noi? Quante volte vogliamo scendere dalla croce? Quando il matrimonio diventa difficile, vogliamo fuggire. Quando una sofferenza ci colpisce, ci ribelliamo. Quando ci trattano ingiustamente, vogliamo difenderci. Ma il Signore oggi ci dice: “Prendi la tua croce e seguimi.” Perché solo attraversando la croce troverai la vita.

Pensiamo ad Abramo. Dio gli chiede di sacrificare Isacco, il figlio della promessa, l’unico figlio. È assurdo! Ma Abramo obbedisce, non capisce, ma si fida. E quando sta per compiere il sacrificio, Dio lo ferma e gli dona una discendenza più grande di quanto potesse immaginare. Fratelli, Dio chiede tutto, ma poi dona il centuplo!

Pensiamo a Maria. Ai piedi della croce vede suo Figlio morire, innocente, ingiustamente condannato. Avrà pensato: “Dov’è Dio? Perché non interviene?” Eppure è rimasta lì, in silenzio, fidandosi. E proprio lì, sotto la croce, è diventata Madre di tutti noi.

Fratelli, la croce è la nostra salvezza. Non perché la sofferenza abbia valore in sé, ma perché solo perdendo la nostra vita la ritroviamo. Dove oggi stai cercando di salvare la tua vita? Dove stai scappando dalla croce? Il Signore ti dice: “Non avere paura! Io sono con te. Ti darò la forza.”

San Paolo dice: Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (Gal 6,14). Perché? Perché nella croce ha scoperto la vita vera.

Oggi il Signore ci invita a seguirLo. Non solo ad ammirarLo, non solo a credere in Lui, ma a seguirLo sulla via della croce. Perché la croce non è la fine, è l’inizio della resurrezione. Gesù è passato attraverso la Croce per entrare nella gloria. E noi?

Fratelli, Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore! (Eb 3,15). Oggi scegliete la croce, oggi fidatevi, oggi donate la vostra vita. Perché lì, e solo lì, troverete la vera gioia.

Amen!

 

«DIO MIO, DIO MIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO?»

L’abbandono e la Croce

Parola fatale! Perché l’ha pronunciata? Perché non l’ha trattenuta nel suo petto? Non sa che qualcuno se ne sarebbe prevalso contro di Lui? Come potranno i suoi contemporanei vedere in quest’uomo sommerso dal dolore, il Messia che doveva finalmente liberare il popolo dalle sue secolari umiliazioni? Come quelli che, più tardi, negheranno la sua divinità: saranno senza argomenti? Se è Dio, come può dire che il suo Dio Lo abbandona? Sì, parola fatale, che sarà fino alla fine del mondo uno scandalo per la fede di molti.

Ma anche, per quelli che credono, parola adorabile! È essa che ci rivela l’ultimo fondo del mistero dell’Incarnazione e gli annientamenti del Verbo fatto carne. Ed è vero che è uno scandalo. Ma tutto il Vangelo è scandalo. Non salva il mondo se non contrariandolo. Alla fine, lo travolgerà.

Gesù non ha temuto per la salvezza della sua anima, non ha creduto che Dio Lo punisse, non ha provato i tormenti dei dannati. Ha sofferto moralmente e fisicamente al di là di quanto potremo mai sapere quaggiù. Ha visto ciascuno dei miei peccati, ciascuno dei miei tradimenti, ciascuno dei miei rifiuti della sua Verità. Soprattutto, ha previsto questo terrificante disprezzo con cui le anime si separerebbero definitivamente dal suo amore. La sua sofferenza è quella del salvatore del mondo, non quella di un dannato; è soddisfazione, non punizione. È luminosa, non disperata.

“Colui che non ha conosciuto il peccato, Dio L’ha fatto per noi peccato affinché noi diventassimo, in Lui, giustizia di Dio.”[1] Cristo è diventato per noi peccato affinché noi diventassimo in Lui santità. In altre parole: il Cristo, senza peccato, si è identificato con la condizione tragica che ci ha creato il peccato affinché, nel seno stesso di questa condizione tragica, potessimo, per la grazia che viene da Lui, vivere riconciliati con Dio e ‘riscattare il tempo’.[2]

Fratelli, la croce di Cristo ci interpella oggi, svelando un mistero che scuote ogni nostra certezza. È un segno che il mondo rifiuta, un simbolo di sconfitta e tormento che nessuno desidera accogliere. Eppure, in questo paradosso, Gesù ci rivela la via della sequela, chiamandoci a un cammino che capovolge i nostri sogni di comodità.

La quarta parola sulla Croce è la ripresa da parte di Gesù dell’inizio di un salmo che descriveva profeticamente le prove del giusto.

Il salmo 21 descrive le prove del giusto in modo così penetrante, così divinatorio, che si trova a predire, secoli prima, in modo profetico, con precisioni sorprendenti, il futuro supplizio del Giusto per eccellenza, del Messia.

Il salmo 21 è un canto di speranza. Il grido dell’inizio: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» è un grido di dolore; non è un grido di disperazione. Come i violenti singhiozzi di Giobbe e di Geremia, dice l’angoscia dell’anima che sente di aver toccato i limiti estremi della propria resistenza e che raccoglie le sue forze per gridare al suo Dio che, ora, la misura è colma.

È un mistero questa alternanza, nella Passione del Salvatore, della luce e della notte, della calma e dell’agonia, della serenità e dell’angoscia.

Pensiamo alle nostre giornate. Quante volte ci siamo illusi che sfuggire al peso delle prove ci avrebbe portato pace? Ma la croce, che cerchiamo di evitare, ci raggiunge comunque, perché solo nell’offerta di noi stessi troviamo senso e pienezza.

Ci sono, in ogni vita d’uomo, tanti momenti di indicibile tristezza: le stesse lotte che bisogna ricominciare ogni giorno; la stessa impotenza a respingere il male, in sé e nel mondo; le disgrazie, la morte, le catastrofi, tante cose amate che si spezzano…

Gesù, che le mie tristezze non siano un veleno! Che mi visitino quanto è necessario; che desolino la mia anima, la riempiano fino all’orlo, lo voglio sinceramente, vi acconsento in anticipo. Ma fa’ che l’amarezza e l’angoscia che mi sommergono non siano mai quelle della rivolta né quelle della disperazione. Dammi, prima della mia morte, almeno in una debole misura, Ti supplico, il privilegio di presentire anche se fugacemente, il mistero della tua notte redentrice e del tuo abbandono.

Fratelli, la croce è il nostro riscatto. Non è il dolore in sé a redimerci, ma il dono totale che in essa si compie, aprendo la strada alla vita eterna. Dove cercate oggi rifugio dalle vostre fatiche? Il Signore vi sussurra: “Abbiate fiducia, sono al vostro fianco, vi sosterrò.”[3]

San Paolo proclama: “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.”[4] In quel legno ha trovato la vera gioia.

Oggi Cristo ci chiama a unirci a Lui, a portare il nostro giogo con Lui, perché quel peso conduce alla luce della resurrezione. Noi, siamo pronti?

Preghiamo col Salmo 21 (22)

1Perché, Dio, Signor! lasciato m’hai? Perché, Salute mia! lungi sei dalli ruggiti, dai penosi lai delli gridi miei? Grido di giorno, colmo di sospiri: grido di notte; ma non odi, Dio! Né risposta Tu dai alli martíri del cor mio. 2Eppur il Santo, l’Infinito sei, l’Iddio permanente sempre mai, il Re supremo, domator de’ Dei, e tutto ben sai. Li nostri Padri, che Tu ben amasti, ebbero sempre viva la lor fede in Te, Signor! e tutti li salvasti, qual si vede. 3A Te drizzaron li sospiri suoi, e furon liberati per pietà di Te che salvi li fedeli tuoi con grande bontà. Ma chi son io? uomo no, ma verme, vitupero comune delle genti, vile dispregio dell’umano germe de’ viventi. 4E ciascuno, che guarda verso me, mi beffa con le labbra sotto su: crolla la testa, ride dentro sé, come lo sai Tu. Ei (dicon) si rimette nel Signore; lo liberi pur Lui da male tanto; se l’ama, sia, suo Redentore Lui intanto. 5Ma pure, Dio! Tu quel solo sei che dal ventre materno tratto m’hai: e sotto Te ne’ primi giorni miei Il latte succhiai. Sopra Te fui gittato sin dall’ora che venni ad alitar aure di vita, E del Sol de’ miei dì fosti l’aurora ben gradita. 6Dunque, dolce Signor! benigno Re! Nell’angosce vicine, ne’ miei guai non andar, per pietà! lungi da me che sempre T’amai. Li tori di Basan, feconda terra, con forte corno, con muggir irato, m’hanno, per farmi spaventosa guerra, circondato. 7La loro gola contro me s’aprì qual rapace leon ruggendo fa quando vicina preda discoprì che pascendo va. Mi distillo, qual onda, sento l’ossa fuori di loco, si consuma ‘l core come fa cera che soffrir non possa il calore. 8L’asciutto vigor mio sembra già secco tosto, la lingua s’attaccò, or che di morte per tua volontà nella polve sto; mentre rabbiosi m’hanno circondato furiosi cani, come ben Tu vedi, e stuolo di maligni m’ha forato man e piedi. 9Ad un ad uno tutte conterei l’osse mie turbate dentro me, e mi guardan, pensando, questi rei, sospesi fra se. Li vestimenti miei si son spartiti, e si gettò sopra la veste mia la sorte, per veder tra lor uniti di chi sia. 10Dunque, Signor! che mia forza sei, affrettati, né star lontano più: vieni fedel alli soccorsi miei, o mia virtù! Riscuoti l’alma mia dal coltello: salva, Signor! che tanto sei pietoso, l’unica mia dal nemico fello, can rabbioso. 11Dalle fauci crudeli salva me del feroce leone, per pietà! Da Liocorni mi guardi tua mercè che fine non ha. Il glorioso Nome tuo tremendo a’ miei fratei celebrerò d’avanti, e Te lodar, Te benedir intendo fra li Santi. 12Lodate l’alto Dio tutti voi che Lo temete: lodi sua virtù Giacobb’ ed Israel, coi Figli suoi per sempre di più. Perché mai disdegnò, mai ha sprezzata l’afflizion dell’afflitto che confida: la faccia non Gli tien giammai celata quando grida. 13Giacchè di lodi sei cagion a me, fedeli li miei voti compirò nell’ampio coro di chi teme Te; e Ti loderò: satolli si faranno li mansueti che cercano lodar l’almo Signore. e voi, o Santi! viverete lieti sin al core.

[1] (2 Cor 5,21)

[2] (Ef 5,16)

[3] (Is 41,10)

[4] (Gal 6,14)

§§§

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1 commento

  • R.S. ha detto:

    La croce è il trono di gloria di Cristo (da contemplare i capitoli 4, 5 e 6 di Apocalisse).

    La croce è gloriosa, perchè l’umanità del Signore, messa alla prova, accetta la volontà di Dio, compiendola.

    Nella nostra umanità, facendo dell’anima il tempio di Dio, quella gloria riempie tutto facendoci dire con San Paolo di non sapere altro se non Cristo e lui crocefisso.

    L’uomo è un animale razionale.
    Da come ragiona si distingue dall’animale.
    Il ragionare dipende dai contenuti.
    Il contenuto dipende dall’esperienza.

    Dio mette alla prova, ma non tenta al male.
    Perciò la croce, sopportando tutto, è forza che smentisce un’apparente debolezza. E’ sapienza che smentisce chi la pensa stoltezza.

    Cristo è sovrano perchè re lo è in due modi: reggendo (sopportando la storia) e regnando (in trono, eternamente, oltre il tempo della storia, tanto che il trono sta davanti ad acque come cristallo, cioè fatte pavimento su cui Cristo cammina).

    Chi vuole regnare sa sopportare.
    La croce è il segno del Regno di Dio.

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