Bandiera Gialla, e l'”Invenzione” dei “Giovani”. In Ricordo di Gianni Pettenati, Vincenzo Fedele.
28 Febbraio 2025
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione questo ricordo di Gianni Pettenati, l’autore di Bandiera Gialla. Buona lettura e condivisione.
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I giovani – In ricordo di Gianni Pettenati
Il 22 Febbraio è tornato al Padre, all’età di 79 anni, Gianni Pettenati. L’ho scoperto oggi per caso. Non ho sentito notizie sulla sua morte in TV e non ho visto commenti neanche sul web. L’oblio.
Non so quanti si ricordano di lui. Forse qualcuno della vecchia guardia. Non che fosse un musicista eccezionale ma oltre a fare il critico musicale, nel suo piccolo, ha contribuito a scrivere la storia incidendo, nel 1966, la canzone “Bandiera Gialla”.
Come per gli artisti di strada che da soli cantano e si accompagnano con decine di strumenti, compresa la batteria, e vengono identificati come “one man band”, lui potrebbe essere ricordato come “one man song”. Non è il termine corretto per chi viene ricordato per un solo brano che lo ha portato al successo. IL corretto termine inglese sarebbe “one-hit wondres”. Non è corretto anche perché non è vero che l’unica sua canzone sia stata quella. Ha cantato anche altre canzoni, che non hanno avuto fortuna e, fra l’altro, ha partecipato anche a Sanremo, in coppia con Antoine, entrando in finale con “La Tramontana” che molti ricorderanno.
Oltretutto Bandiera Gialla non era neanche un brano originale, ma la versione italiana di “The pied piper” cantata all’epoca anche da Patty Pravo per promuovere l’omonimo locale, il Piper, appunto.
Oltre a ricordare la dipartita dell’artista e pregare per lui, mi sono tornate in testa diversi ricordi di gioventù ed alcune riflessioni.
Un evento epocale che ha cambiato il mondo, soprattutto quello giovanile, senza che ce ne accorgessimo.
Bandiera Gialla era la sigla dell’omonimo programma di Arbore e Boncompagni, in onda sulla radio dal 1965 e Pettenati, all’epoca, aveva 21 anni.
Era una aperta provocazione ed una rottura con gli schemi musicali del passato.
Irrompeva la musica “beat” nel paludato panorama musicale di allora che comprendeva solo i canali radio della RAI. Le prime radio libere sarebbero arrivate molto dopo. Ricordo le corse del sabato pomeriggio per arrivare a casa e poterla ascoltare. Mio padre lo tollerava.
Non avrebbe tollerato, qualche anno più tardi, “Alto Gradimento”, sempre con Arbore e Boncompagni, che io dovevo ascoltare di nascosto e che realmente ha rivoluzionato il modo di fare la radio, oltre che quello di proporre la musica, ma questo è discorso ancora diverso.
Tornando a Bandiera Gialla, era una provocazione in tutti i sensi. Già dal titolo.
Bandiera gialla era la bandiera esposta dalle navi in quarantena per un’epidemia a bordo e veniva proposta proprio come moto delle giovani generazioni per andare oltre la musica dei padri.
In realtà non sapevano (non sapevamo – c’ero anche io) di volersi liberare da qualcosa. Non ci sentivamo oppressi da nulla. La musica inglese neanche si conosceva se non in circoli ristrettissimi, in molti casi rivoluzionari o addirittura eversivi. Fra un po’ sarebbero spopolate le cantilene degli Inti Illimani, imposte ad una intera generazione come le immagini del “Che” sui diari e sulle magliette, ma questo è già successivo.
La svolta epocale è avvenuta sdoganando “i giovani”. Una categoria che prima neanche c’era.
Si era bambini. Poi adolescenti. Poi, a 18 anni, si andava sotto le armi e si era uomini, o donne anche se all’epoca le ragazze non andavano a fare il militare. Non ha importanza: si era adulti.
Dal 1966, con la conduzione del solo Arbore, è andata in onda “Per voi giovani” e da quel momento si amplificò sempre più questa nuova figura del “giovane” sino ad arrivare alle degenerazioni attuali dove ancora a 30 o 40 anni si è ancora giovani e si campa con lo stipendio dei genitori e qualche volta con la loro pensione, in attesa di decidere cosa fare da grandi.
E’ stata una rivoluzione silenziosa che ha coinvolto i “giovani” di allora. La stessa canzone “Bandiera Gialla”, non aveva nulla di politico e non proponeva alcuna ribellione. Quella sarebbe arrivata subito dopo, ad esempio con la rivista “Mondo Beat”, che proponeva proprio una presa di coscienza ribelle.
Non era pura innocenza e lo stesso Boncompagni ammiccava sornione proclamando che la trasmissione era off limits per gli over 18. Erano le avanguardie silenziose del movimento che sarebbe poi esploso due anni dopo con le occupazioni di scuole, università e fabbriche del 1968.
Le rivoluzioni vere si attuano silenziosamente, senza proclami, in modo strisciante, attuando gradualmente la famosa finestra di Everton.
Inutile ricordare che, in contemporanea, si svolgeva e si chiudeva il Concilio Vaticano II che voleva sintonizzare il Vangelo sulle frequenze del mondo moderno senza, peraltro, comprendere cosa stava evolvendo, in quale direzione, con quali speranze. Come ha detto qualcuno che ne sa molto più di me: alla fine quelli che erano dentro usciranno e quelli che sono fuori non entreranno.
Infatti si è solo riusciti a far perdere i pilastri di riferimento di duemila anni di civiltà ed insegnamenti di nostro Signore, senza dare prospettive future. Non è stata una rivoluzione attuata silenziosamente. Solo uno strombazzamento, che ancora continua, per cercare di andare a rimorchio, senza neanche riuscirci, di utopie ingannatrici e fuggevoli che, una volta comprese nella loro pochezza, ti lasciano prosciugato e disilluso con un’aridità che ti arriva al cuore e ti fa dubitare di te stesso, prima ancora che del mondo che ti circonda. Una pagliacciata dell’anima.
Ma torniamo alle “novità” che con quello “sdoganamento dei giovani” ci venivano proposte e che poi sono state sempre più sfruttate con mille sfaccettature seguendo le agende delle oligarchie.
Un’opportunità (la nuova musica che rompeva con il passato), un’emergenza (la diossina di Seveso con la paura indotta delle malformazioni nei feti per aprire all’aborto), un sogno (la libertà di scelta per aprire al divorzio che avrebbe disgregato le famiglie), una menzogna spacciata per vera (il COVID per incutere paura e terrore nella gente comune per poi limitare le libertà date fin troppo per scontate).
Tutto fa brodo per cambiare la società ed occultare la verità, fino alle notizie inventate o taciute.
Al lessico usato per ammaestrare le genti chiamando bene il male e male il bene.
Chiamando autodifesa il genocidio (Gaza), aggressione imperialista la difesa di una popolazione inerme bombardata dagli stessi propri governanti per otto anni (Ucraina), sino ad arrivare, con gli USA di Trump, a chiedere il risarcimento di miliardi di dollari, in terre rare che non si possiedono, per aver combattuto una guerra istigata proprio dagli USA, dal Regno Unito e dall’UE, sacrificando il proprio popolo e i propri giovani sull’altare di una guerra per procura che non avrebbe mai dovuto essere iniziata.
Sono solo riflessioni aggiuntive. Molte altre se ne possono aggiungere. Si lascia all’intelligenza del lettore attualizzarle sulla propria realtà e la propria esperienza.
Come diceva l’indimenticato Prof. Giovannozzi al Politecnico di Torino, (torno anch’io alla mia gioventù), dando per scontata una formula di meccanica: “si lascia all’intelligenza dello studioso dimostrare la formula”. Noi poveri studenti passavamo le notti a cercare la dimostrazione che poi avrebbe provocato la bocciatura all’esame di “Calcolo e progetto di Macchine”.
L’intelligenza di chi ci legge porterà, al massimo, a prendere coscienza di una realtà costruita e inoculata lentamente e scientificamente nel conscio e, ancor più, nel subconscio, fino a farci perdere coscienza di noi stessi, a non farci più vedere la differenza tra la vera realtà dei fatti e le costruzioni fantastiche e improbabili che ci propongono come se fossero reali.
E discutiamo su quelle, seguendo la loro agenda prefabbricata e fittizia e distaccandoci sempre più dalla realtà che poi ci piomberà addosso facendoci trovare impreparati e pronti alla resa come unica alternativa possibile.
Ormai non si fanno più esami a scuola.
Una volta c’erano gli esami anche alla terza elementare per i successivi due anni. Poi gli esami di quinta. Poi quelli di terza media e delle superiori. Venditti ha fatto fortuna con un motivetto che adesso è un’icona – “Notte prima degli esami” – facendo ogni anno centinaia di migliaia di visualizzazioni, visto che adesso non si compra più nulla ma si affitta il collegamento per l’utilizzo: non avrai niente e vivrai felice.
Adesso si cerca di evitare il “trauma” dell’esame che invece, senza dire che praticamente tutti venivano promossi, era un allenamento ai veri esami della vita che sarebbero arrivati dopo.
Neanche “Gli esami non finiscono mai”, di Eduardo de Filippo, ha insegnato nulla e praticamente non viene neanche più recitato nei teatri.
Evitare di cadere, magari sbucciandoti le ginocchia, ti prepara a cadute ben più rovinose da affrontare nella vita. Non solo io, ma anche tutti i miei amici avevamo le gambe e le mani segnate da cicatrici, ma erano quasi medaglie al merito. Oggi è meglio utilizzare le campane di vetro sotto cui proteggere i pargoli e le loro ginocchia, lasciandoli poi in balia dei mostri che li colpiscono dallo smartphone, senza protezione, che sembra obbligatorio fin dalla prima elementare.
Tutto è cominciato da li. Da Bandiera Gialla. Dalla “invenzione” dei Giovani. Noi non sapevamo di esserlo. Da adolescenti speravamo di essere accettati nella categoria degli adulti (uomini e donne – non è questo il punto). Speravamo di diventare adulti e lottavamo per essere accettati come tali.
Adesso, in attesa di decidere cosa fare da grandi, si spera di andare presto in pensione mentre si protesta che non c’è più il reddito di cittadinanza e si evita anche di inviare curriculum alle aziende, (tanto non ti prendono), mentre le aziende chiudono per mancanza di addetti che non hanno voglia di specializzarsi, cioè di alzare il culo dal divano ed affrontare il mondo la fuori.
Che rivoluzione, ragazzi.
Ma cosa mi è venuto in mente ricordando Gianni Pettenati?
Vincenzo Fedele
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Categoria: Generale
A parte la dotta polemica sulla casa del Padre e la scomparsa dell’inferno(anche Bergoglio l’ha detto a Scalfari e tra poco verificherà), Fedeli ha scritto un articolo sincero,profondo,bello.Ci fa capire quanto siamo stati stupidi ed ingenui e quanto le oligarchie usuraie liberal-progressiste che dominano l’Occidente e i loro servi sciocchi siano satanici.
“E’ tornato alla casa del Padre”.
A parte che lo spero vivamente per Gianni Pettenati, non posso non rilevare come con questa espressione, ormai divenuta “dogmatica”, si faccia piazza pulita degli eventuali “peccati” del defunto o della defunta, che, stando alla dottrina, dovrebbero rendere quanto meno più complesso l’accesso alla casa del Padre. Come dire niente purgatorio e niente inferno. Insomma i dottrinali Novissimi del tutto superati.
E così chi muore entra direttamente nella casa del Padre. Quindi possiamo stare tutti tranquilli, ovviamente compreso Bergoglio.
Conoscevo il signor Nippo come fine polemista ed esperto del mondo orientale, giapponese soprattutto, oltre che pensatore e filosofo.
Vedendo questo commento devo esternare la mia delusione per diversi motivi:
Mi sembra che il testo dica “…. è tornato al Padre” e non “nella casa del Padre” e non è buona norma cambiare il testo per supportare un commento che non è all’altezza del Sig. Nippo.
Tornare al Padre ritengo sia un’espressione per dire “è andato all’altro mondo”, che voglia solo esplicitare il trapasso senza entrare nel merito. Potrebbe anche essere un augurio, se si intende “è tornato nelle braccia del Padre”, ma non è scritto neanche questo.
Oltretutto penso che anche prendendo per buono il testo corretto dal Sig. Nippo, con l’aggiunta di “casa”, non si possa intendere espressamente il Paradiso. Casa del Padre è tutto quello che Lui ha creato, per questa vita e per l’altra, cioè per l’eternità, compreso l’inferno. Neanche la Chiesa si permette di giudicare mentre il Sig. Nippo dichiara annullati addirittura i Novissimi coinvolgendo anche Bergoglio. Per sottolineare il concetto di “casa” distinta e distante dal Paradiso basterebbe citare padre (minuscolo) Dante che sopra una famosa porta pone le parole: Per me si va nella città dolente / Per me si va nell’eterno dolore / Per me si va tra la perduta gente / Giustizia mosse il MIO ALTO FATTORE /FECEMI LA DIVINA POTESTATE / LA SOMMA SAPIENZA E ‘L PRIMO AMORE /DINANZI A ME NON FUOR COSE CREATE ….. Quindi anche ai tempi di Dante si sapeva, e si diceva, che TUTTO è stato creato da Dio, anche la porta inferi, che immette in un’altra casa ben diversa dal Paradiso, dove anche io spero che sia già Gianni Pettenati, accolto dagli Angeli. Ma lo ha già deciso il Padre, secondo la Sua giustizia, e non la frettolosa decisione del Sig. Nippo.
Infine, e questo mi lascia ancora più perplesso, a me sembra che il testo prenda solo spunto dalla dipartita di Pettenati per porre il problema della creazione della categoria dei “giovani”, dello stravolgimento che ne è conseguito, dell’uso strumentale che se ne è fatto, della bambagia in cui vengono adesso allevati senza alcuna preparazione agli alti e bassi della vita, delle modifiche lessicali che diventano sostanziali e corrodono la società. Dal Sig. Nippo, con la sua cultura, mi sarebbe piaciuto leggere argomentazioni su queste cose, con cui si può essere d’accordo o meno. Io concordo con l’autore. Peccato che il Sig, Nippo parli d’altro.
Mi sembra sempre molto riduttivo quando il dito indica la luna e si discuta, cambiando anche le parole in gioco, del dito dimenticando del tutto la luna.
La ringrazio per la stima di cui … godevo 😄.
Non ho cambiato intenzionalmente la frase. Gli è che «è tornato alla casa del Padre» è talmente entrata nell’uso comune che l’ho citata quasi automaticamente.
Mi lasci dire che con “casa” o senza, il senso non cambia: la “casa” del Padre non può essere né il purgatorio né l’inferno, come non lo può essere il Padre in sé stesso (senza “casa”). Il Figliol prodigo torna al Padre o alla casa del Padre perché lì ritrova se stesso, il Padre e la “vita nova”, per restare col Poeta. E lo spirito che da ormai molti decenni aleggia è quello secondo cui chi muore è senz’altro un Figliol prodigo che torna al Padre o alla casa del Padre (insomma … todos, todos, todos.)
Con un cordiale saluto.
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Una piccola precisazione su “si dimostra di essere ancora giovani a 30 o 40 anni”. Ma se si vedono in giro ultrasessantenni in jeans e scarpe bianche che vogliono ancora atteggiarsi a sciupafemmine e – perché no? – concorrenti dei loro nipoti!! Immagini agghiaccianti…
E saprai che qui si balla… e come c’hanno fatti ballare a loro porco ritmo di dissoluzione… di tradizioni di buona educazione di principi morali… di coscienze!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/