The Wanderer; Blog Bloccato – e poi Riaperto – dopo Aver Denunciato Abusi di Vescovi e Clero in Argentina.

24 Febbraio 2025 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo sul caso del blog argentino The Wanderer, con un commento di Louis Lurton, a cui va il nostro grazie. Buona lettura e condivisione.

§§§

Il blog argentino Wanderer vittima dei vescovi bergogliani?

 

L’eccellente blog argentino (caminante-wanderer.blogspot.com/) è scomparso per qualche giorno, denunciato e bloccato, vittima di pressioni esterne… Ma è riuscito a cambiare host, con un nuovo indirizzo: https://elwanderer.com.

Curiosamente, qualche giorno prima aveva pubblicato un articolo piuttosto cruento sullo stato di salute morale degli amici di José Maria Bergoglio. Vi lascio giudicare il loro stato d’animo leggendolo:

Basta !

La situazione si trascina da decenni, ma diventa sempre più pressante: com’è possibile che nella Chiesa si sia arrivati al livello in cui siamo? Com’è possibile che con frequenza quasi settimanale vengano alla luce scandali che coinvolgono sacerdoti e vescovi, legati ad abusi sessuali, nella stragrande maggioranza dei casi con persone dello stesso sesso? Anche se si tratta di un argomento che abbiamo già trattato più volte sul blog, è necessario tornarci sopra e discutere alcuni punti.

1. Naturalmente non stiamo parlando di cadute occasionali. Siamo tutti figli di Adamo e il peccato originale ci riguarda tutti. Quindi chiunque può cadere, anche se è un sacerdote o un vescovo. Vederla diversamente significherebbe acquisire un atteggiamento farisaico.

Ma c’è un elemento da tenere in considerazione. San Tommaso insegna che i vescovi devono essere in “stato di perfezione”. Cioè, non devono avere cadute nemmeno occasionali. La teologia morale francescana, invece, dice che questo è l’ideale e che si tratta di camminare verso questo ideale, anche se non lo si possiede in atto il giorno stesso della consacrazione episcopale. Che ogni cristiano scelga l’opzione che gli è più congeniale.

2. C’è una questione di antropologia di base. Chi dice: “Oggi vado a spassarmela con il mio autista”, o “Oggi palpeggio un paio di seminaristi”, o “Oggi mi spoglio con dei ragazzi”, non ha delle cadute occasionali; ha delle abitudini radicate, e molto radicate, contrarie alla virtù della castità. Cioè, non è casto. E chi non ha la virtù della castità, intesa come perfetta continenza, fortemente radicata, non può essere sacerdote di rito romano, né vescovo in nessuno dei riti della Chiesa cattolica. Un sacerdote o un vescovo deve cercare di essere all’altezza del suo ministero, e se non lo è, rifiutare la nomina, o se l’ha già accettata e vede che non è all’altezza, lasciare. Facciamo un esempio: sono una mezza calzetta e vengo nominato autista per la sicurezza presidenziale: dovrei rifiutare l’incarico. Supponiamo che mi venga detto che il presidente mi vuole così come sono, che migliorerò gradualmente la mia vista, che siamo sulla strada per vedere, ecc…. Allora dovrei cercare di vedere meglio possibile o comprare degli occhiali. Ma se la mia vista non migliora, devo rinunciare perché ci uccideremo tutti al volante. E non dite che si tratta di posture rigide, perché tollerando posture flaccide, da Giovanni Paolo II a questa parte, è così che siamo andati avanti.

3. Se un sacerdote o un vescovo procede in questo modo, secondo gli esempi – reali – che ho citato nel punto precedente, è chiaro che la sua vita è pianificata sull’ipocrisia e sulla menzogna. Se pianifica con giorni o mesi di anticipo come conquistare la fiducia di qualche ragazzino per abusarne, o risparmia per una vacanza nudista, quel consacrato vive in uno stato permanente di peccato mortale, eppure continua a celebrare e a ricevere i sacramenti, commettendo quotidianamente spaventosi sacrilegi. E di fronte a questo non ci sono molte opzioni: o è uno schizofrenico, o ha perso la fede cattolica fabbricandosi una fede propria con tutte le flaccidità e gli accomodamenti che gli fanno comodo, o è un cinico che ha semplicemente smesso di credere e usa i beni, e i giovani, che la Chiesa gli mette a disposizione per condurre una vita comoda.

4. Questo tipo di personaggi, negli ultimi tempi, è diventato una piaga all’interno della Chiesa. Non è necessario citare qui i casi che tutti conosciamo. Basti ricordare il vescovo Gustavo Zanchetta, abusatore di seminaristi (è tornato da Roma o è ancora in fuga e protetto da Bergoglio?) o l’ex sacerdote Christian Gramlich, abusatore di minori. Come è stato possibile per queste persone arrivare all’ordinazione sacerdotale e, ancor più, alla consacrazione episcopale? Semplicemente: perché molte persone intorno a loro hanno taciuto e addirittura li hanno coperti. Se, come abbiamo detto, un vescovo abusivo è tale perché ha tali abitudini o vizi, è molto probabile che li abbia avuti anche quando era sacerdote. E non è credibile che nessuno sapesse nulla del suo comportamento depravato (questa situazione è privilegio solo del cardinale Kevin Farrell, che ha vissuto per decenni nella stessa casa di McCarrick, e non ha mai visto nulla…), e chi sapeva non ha parlato.

5. È inevitabile affermare l’ovvio: c’è un colpevole finale qui, ed è Papa Francesco, che sceglie i vescovi. Molti diranno che ci sono migliaia di vescovi nel mondo e che può sempre mancare qualcuno. Ebbene, i nunzi sono lì per questo, per fare un lavoro accurato di selezione dei candidati. E se non lo fanno con la dovuta attenzione, dovrebbero essere espulsi.

Tuttavia, è noto che in Argentina i vescovi sono scelti direttamente da Bergoglio, senza alcun intervento della nunziatura, del consiglio della Conferenza Episcopale o del clero. Mons. Carlos Domínguez, ad esempio, era provinciale del suo ordine, gli Agostiniani Recolletti, con sede a Buenos Aires, e lì ha conosciuto il cardinale Bergoglio, e gli è piaciuto. E il pontefice, a un certo punto del 2019, si è ricordato di lui e ha deciso di nominarlo vescovo. Questo è il modo in cui opera il Santo Padre: il suo criterio di scelta è il suo capriccio. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: gli scandali stanno esplodendo a palate. Basta ricordare quello che è successo qualche mese fa con il vescovo Mestre a La Plata e con la sede di Mar del Plata.

6. Alcuni sacerdoti, che caritatevolmente definirò ingenui perché l’epiteto che corrisponde loro è un altro, pensano che questi casi debbano essere nascosti, e per due motivi: il dolore delle vittime degli abusatori e il bene della Chiesa. Portarli allo scoperto è un chiaro segno, dicono, di scarso amore per la Chiesa. Si tratta di argomentazioni superate da 40 anni; forse potevano essere addotte ai tempi del Juanpablismo; ora non possono più essere addotte perché stiamo ancora subendo i risultati di questa politica.

7. Il dolore delle vittime è reale e merita il massimo rispetto e discrezione. Tuttavia, qualsiasi persona più o meno informata sa che una delle condizioni fondamentali per alleviare quel dolore e guarire quelle ferite è che i colpevoli siano processati e puniti. E sappiamo che i gerarchi della Chiesa tendono immancabilmente a coprire in questi casi; sapranno perché lo fanno. È quindi compito dei laici, sulla base di informazioni affidabili e di fonti incrociate, portare alla luce gli scandali, avendo sempre cura di proteggere le vittime. Questo è l’unico modo – e insisto – per costringere i vescovi a punire i colpevoli. E, ancora una volta, ci sono una marea di casi da citare. Mi appello all’ultimo: quello dell’ex sacerdote Ariel Principi. Se non fosse stato per la pressione dei media, la sua punizione per aver abusato di minori sarebbe stata poco più di una semplice ammonizione.

8. L’argomento della ricerca del bene della Chiesa è ancora una volta la tenera ingenuità di una vecchietta del XIX secolo. Quando, a partire dagli anni ’70, cominciarono a scoppiare casi di scandalo e di abusi sessuali nella Chiesa, la prassi fu quella di insabbiare tutto, ignorare le vittime e trasferire il colpevole in un’altra diocesi. Questa politica, va detto, è stata seguita alla lettera da Giovanni Paolo II. Il prestigio della Chiesa era al di sopra della giustizia. E così si è permesso agli abusatori di lasciare una scia di vittime, confidando nell’omertà che li proteggeva. L’unico modo per curare questa enorme infezione nel corpo della Chiesa, che minaccia di diventare setticemia, è esporre il pus e rimuoverlo. I casi di abuso, per quanto terribilmente dolorosi non solo per le vittime e le loro famiglie, ma per tutti i cattolici che prendono sul serio la loro vita di fede, devono essere portati alla luce – preservando, insisto, l’identità delle vittime – i responsabili processati e severamente puniti. I cancellieri diocesani e gli altri sacerdoti responsabili che cercano di convincere gli abusati a tacere per amore della Chiesa, in realtà li condannano a non guarire mai, impediscono che sia fatta giustizia (questa virtù non sembra essere tenuta in grande considerazione dai sacerdoti curiali) e fanno sì che l’infezione continui a corrodere le viscere stesse della Chiesa.

Nel Medioevo, in questi casi si ricorreva all’esecrazione rituale dei vescovi. Si trattava di una cerimonia solenne utilizzata per la deposizione di un vescovo che era caduto nell’eresia, nello scisma o in gravi crimini, come gli abusi sessuali. Di solito comprendeva le seguenti fasi:

1. processo ecclesiastico : prima della cerimonia pubblica, si teneva un processo canonico in cui venivano esaminate le accuse. Se il vescovo era ritenuto colpevole, veniva formalmente condannato.

2. Spogliazione dei paramenti episcopali : durante la cerimonia, il vescovo veniva portato davanti a un consiglio o a un sinodo e spogliato delle sue insegne episcopali (mitra, pastorale, anello, mantello pluviale, ecc.). Questo gesto simboleggiava la perdita della sua autorità spirituale.

3. Pronuncia della maledizione o anatema : la sentenza di scomunica o di deposizione veniva letta ad alta voce, spesso sotto forma di formula rituale che invocava la condanna divina.

4. Spegnimento simbolico della dignità : in alcuni casi si spegnevano candele o lampade, a simboleggiare che il vescovo era stato espulso dalla luce della Chiesa. Il suo anello episcopale poteva essere gettato a terra e calpestato, a dimostrazione della rottura della sua unione con la Chiesa.

5. Espulsione dalla Chiesa : il vescovo condannato veniva formalmente espulso dal luogo sacro. A volte gli assistenti scuotevano la polvere dai suoi piedi in segno di disprezzo e di rottura totale.

6. Consegna all’autorità secolare (se applicabile): Nei casi più gravi, il vescovo poteva essere consegnato al potere civile, il che in pratica significava il rischio di essere imprigionato o giustiziato.

Non c’è speranza che nel misericordioso pontificato di Francesco questo rito venga ripristinato. Proprio per questo motivo, chiediamo tolleranza zero per tutti quei ministri del culto il cui crimine canonico è stato provato. Espulsione dallo stato clericale e, in caso di contumacia, scomunica.

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3 commenti

  • Davide Scarano ha detto:

    Dopo aver letto quest’ottimo articolo mi chiedo: “misericordiosi per chi, meglio, a favore di chi?”. Se, forse, la scelta di “buttare la polvere sotto l’armadio” ovvero di essere “garantisti sempre” in tempi di guerra fredda poteva essere giustificata per timore che certe accuse potessero essere usate come arma politica per screditare la Chiesa oggi, anche a seguito del dilagare del fenomeno, diventa sempre più chiaro che ciascun caso insabbiato delegittima l’ntera Chiesa ed i Sacerdoti (tanti, pochi?) davvero fedeli a Cristo. I proverbi insegnano che “il medico pietoso fa la piega puzzolente” e ciascuno di noi, come saggiamente ricordato nell’articolo, seppure con altri esempi, preferirebbe un medico bravo ad un medico misericordioso.

  • Paoletta ha detto:

    si sa che il nostro amico e’ misericordioso solo con gli amici suoi, al punto tale da proteggerli in ogni occasione!

  • Orso Garibozzi ha detto:

    … E si capisce perché questo articolo è stato censurato. A naso dal 5 al 15 dei sacerdoti colpevoli ed un altro 25% conniventi. Poi con realismo parlando li sbatti tutti in monastero e non celebri più in parrocchia?