Di Male in Peggio in Argentina. L’Arcivescovo Colombo e il contro-Natura. Bernardino Montejano.
6 Febbraio 2025
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum curiae, il prof. Bernardino Montejano, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni slla Chiesa in Argentina, e sulla copertura che Jorge Mario Bergoglio continua a fornire al vescovo Zanchetta, condannato dalla giustizia argentina. Buona lettura e diffusione.
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DI MALE IN PEGGIO: L’ARCIVESCOVO COLOMBO E IL CONTRO-NATURA
Nell’Argentina di oggi tutto è possibile, perfino che il nostro episcopato sia presieduto da qualcuno peggiore di Ojea, il suo predecessore. Il suo nome è Marcelo Colombo, arcivescovo di Mendoza, un tipo paffuto detto “Palomo”, promotore di una pastorale per le persone LGBT.
Questa Lettera pastorale esprime la sua preoccupazione per i discorsi che mettono in discussione il femminismo, l’agenda LGBT e l’antirazzismo, descrivendoli come “discriminazione e violenza”.
È interessante ricordare l’origine del nome “Palomo” uscito dai lombi di Papa Francesco. È stato ordinato sacerdote da Jorge Novak, vescovo di Quilmes, cofondatore, insieme ai vescovi Jaime de Nevares e Miguel Hessayne, del “Movimento ecumenico per i diritti umani”.
Nel maggio 2009 è stato vescovo di San Ramón de la Nueva Orán. Quando Papa Francesco lo nominò vescovo di La Rioja nel 2013, il suo sostituto non fu altri che Gustavo Zanchetta, processato e condannato per abusi sessuali e ora latitante in Vaticano o da qualche parte dove lo nasconde il suo amico Papa Francesco.
Oggi abbiamo appreso dall’Agenzia di Stampa del Nord Argentino che la condanna a quattro anni e sei mesi di carcere, da scontare effettivamente, per abusi sessuali è stata confermata dalla Camera I della Corte d’Appello, composta da Virginia Solórzano e Pablo Arancibia.
Ancora una volta il Papa argentino si prende gioco della giustizia argentina proteggendo i criminali.
Ma torniamo a “Palomo”, che dal 2018 è arcivescovo di Mendoza, “difensore della giustizia sociale e dei diritti umani” e ideatore della Pastorale della Diversità Sessuale dell’Arcidiocesi, in linea con Papa Francesco, che invita a costruire una Chiesa, spazio di accoglienza e amore, “casa per tutti” e “ospedale da campo”.
I membri di questo gruppo pastorale originale affermano che “seguendo questo appello, ribadiamo il nostro impegno per l’inclusione, la dignità e i diritti di tutti, invitando alla riflessione e al dialogo fraterno e democratico, e aderiamo alla marcia del 1° febbraio e alla lotta per un mondo più giusto ed equo”.
Leggiamo nel Vómito 12 (pagina 12) che l’arcivescovo di Mendoza ha invitato la gente a partecipare alla marcia antifascista, utilizzando una parola svuotata di contenuto e tradotta in un insulto.
Poiché l’insieme è puro verso, è utile chiarire alcune espressioni come “dialogo democratico” e “mondo egualitario”.
Innanzitutto il dialogo. Nella Pasqua del 2010, l’Istituto di Filosofia Pratica ha pubblicato una dichiarazione “Sul linguaggio e il dialogo”, in occasione di una dichiarazione dell’arcivescovo Jorge Bergoglio: “Il dialogo è un bene per tutti noi. È difficile, perché significa uscire da se stessi e mettersi nei panni dell’altro” ( La Nación , 2/4/2010).
Lì segnaliamo la necessità di chiarire: il dialogo, che è un mezzo, che se conduce a un fine buono, ci fa del bene, è buono, e il dialogo che conduce a un fine cattivo, ci fa del male, è cattivo; Anche l’inutile, lo sterile, l’apparente ci feriscono.
Padre Julio Meinvielle è stato un precursore del vero dialogo tra noi, tanto da fondare la rivista “Diálogo”. Nel primo numero scrivevo: che la pubblicazione «possa essere un luogo di incontro e di scambio per quanti, situati nei vari campi dell’attività intellettuale, sentono la preoccupazione di trovare la formula vitale che restituisca all’uomo d’oggi la sua verità».
“I collaboratori più diversi dovranno affrontare gli argomenti con criteri indipendenti e senza altre limitazioni se non quelle imposte dalla conoscenza autentica e responsabile.”
“Benché la rivista garantisca ai suoi collaboratori la più autentica libertà, favorendo il confronto e il confronto delle opinioni più diverse e ponderate, essa non deve rinunciare a mantenere la propria convinzione e ad esprimerla con chiarezza e fermezza, perché è convinta che la tragedia dell’uomo contemporaneo risieda nel divorzio tra la sua cultura e le sue fonti religiose e che solo ristabilendo il riferimento di tutta la sua vita al Dio vivente egli potrà trovare armonia e pace.”
Dante collocherebbe all’inferno, vicino ai ciarlatani, coloro che propugnano dialoghi assurdi, inutili e sterili. La loro punizione sarebbe stata un nomadismo duraturo, un vagare senza meta, insieme o separatamente.
Ma il dialogo deve essere democratico e qui lasciamo la risposta a José Ortega y Gasset, che scrive: “La democrazia, come norma del diritto politico, sembra una cosa ottimale. Ma la democrazia esasperata e fuori controllo, la democrazia nella religione o nell’arte, la democrazia nel pensiero e nel gesto, la democrazia nel cuore e nel costume (nel dialogo, aggiungiamo noi) è la malattia più pericolosa di cui una società possa soffrire” ( Democrazia morbosa , in “El Espectador”, Madrid, maggio 1917, p.16).
Per quanto riguarda il desiderio di un “mondo egualitario” ci rivolgiamo a George Orwell, che nella sua opera “La fattoria degli animali” ci racconta i comandamenti degli animali, il settimo dei quali è “tutti gli animali sono uguali” (Planeta, Barcellona, 1969, p. 32).
Ma quando i maiali si organizzarono, presero il controllo del governo e organizzarono comitati per altri animali: “la produzione di uova per i polli, la Clean Tails League per le mucche, il Committee for the Domestication of Wild Comrades (per addomesticare ratti e conigli), il Movement for Whiter Wool per le pecore e molti altri” (p. 40).
Un giorno i maiali spiegarono le ragioni del loro governo: “Siamo lavoratori del cervello. L’intera gestione di questa azienda agricola dipende da noi. Giorno e notte vegliamo sulla vostra felicità” (p. 44).
Nella vita della fattoria degli animali accaddero molte cose e i sette comandamenti scomparvero, sostituiti da uno solo: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali degli altri” (p. 149). L’egualitarismo aveva trionfato.
Con queste precisazioni riteniamo che “Palomo” e i suoi agenti pastorali siano ben serviti.
Buenos Aires, 3 febbraio 2025.
Bernardino Montejano
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Tag: bergoglio, colombo, montejano, palomo, zanchetta
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