Nella Madonna del Parto di Piero della Francesca c’è l’Ordine del Mondo. Il Matto.

21 Dicembre 2024 Pubblicato da 25 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione questo regalo natalizio a voi, lettori di Stilum. Buona lettura e meditazione.

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NELLA MADONNA DEL PARTO DI PIERO C’È L’ORDINE DEL MONDO

 

 

In occasione delle Feste Natalizie mi faccio da parte proponendo un brano che già ad una prima lettura mi è parso molto edificante. In seguito l’ho gustato ancora, trovandolo sempre più di profondo significato spirituale. Si tratta di un omaggio alla Donna, alla Figlia, alla Vergine, alla Madre: espressione perfetta e concreta dell’Armonia cosmica e umana. Auguro il medesimo piacere interiore a chi lo leggerà, anzi lo mediterà con calma, lasciandovisi, è il caso di dirlo, dolcemente cullare.

il Matto

 

* * *

 

da avvenire.it/agora del 5 novembre 2024

 

Pubblichiamo un brano estratto dal primo capitolo del libro che il filosofo Massimo Cacciari dedica a La passione secondo Maria (Il Mulino, pagine 136, euro 15,00). Al centro del volume – che fa parte della serie “Icone – Pensare per immagini”, curata per l’editore bolognese dallo stesso Cacciari – c’è la Madonna del parto di Piero della Francesca.

Con gesto deciso, ben piantati sulla stessa terra su cui sta la Donna, a marcarne la soglia e tuttavia lontani dalla sua altezza, gli Angeli, uguali nell’aspetto e distinti nel colore dell’abito, l’uno verde di speranza, l’altro affocato di amore, alzano la tenda e finalmente ci lasciano vedere. Apokàlypsis, tempo di Rivelazione. Il luogo si apre, ciò che era oscuro patet, il lucus si illumina e dissolve ogni antico limite nell’Aperto. La novitas irrompe finalmente libera dalla tenebra che la copriva.

È un gesto quasi imperioso quello degli Angeli, un potente invito ad aprire gli occhi, a diventare autentici theoroi. Ciò che ora si rivela era custodito nel silenzio fin dall’Inizio, in luogo sacro. All’interno di un tabernacolo abbiamo finalmente accesso. E scopriamo che esso custodiva il Cielo, l’Aperto stesso dell’azzurro del Cielo. Ciò che ci appare non ha nulla di misterioso, ciò che ci viene incontro è alethès, vero nella sua realtà, reale nella sua verità. Meraviglia, thauma, meraviglia che sgomenta e spaesa, è proprio questo: che custodita dagli Angeli fosse proprio la figura della Donna. Certo, un sipario è stato levato, e dunque “prima” non avremmo potuto vedere in tanta luce. Ora, però, è questa figura ad apparirci, nella realtà evidente del suo generare – e il generare ne costituisce l’essenza e il destino. Prima era questo che non vedevamo: l’essenza divina del reale stesso. Deus in nobis: lieta novella e difficile bellezza.

Che cosa si manifesta? Una Donna, una Donna assorta in sé, che con la destra custodisce il grembo gravido e con la sinistra sostiene il fianco come fanno tutte nel suo stato quando debbano reggersi in piedi. Gli Angeli che servono la sua apparizione ci dicono tuttavia che questa Donna in consapevole attesa, meditante ciò che attende, cosciente in tutto di ciò che le accade, in nulla “passiva”, è un simbolo – e simbolo proprio perché, privo di ogni fissità, esso si esprime nello stesso divenire che implica l’immagine della generazione.

Questa Donna, figura realissima nella veste e nel gesto, è insieme enigma che siamo chiamati a interpretare. Il simbolo non è che manifesto enigma – diceva Goethe – e qui ne abbiamo la perfetta dimostrazione. Questa Donna, che armonizza in sé così perfettamente l’humilitas (endless, la chiama Eliot nel secondo dei Quartetti) dello sguardo e la monumentalità della posa, è dimensione essenziale del plèroma divino: ecco il contenuto e significato della rivelazione che qui accade, dell’evento che qui viene raffigurato. Ma non è l’idea che qui conta! L’idea che è possibile incontrare in tante tradizioni, che ritroviamo negli Atti di Tommaso o nel Vangelo degli Ebrei, intorno alla “Madre nascosta”, alla “Madre-Spirito Santo”. La sua presenza non viene qui affatto astrattamente spiritualizzata. La Donna appartiene al plèroma divino, e così gli Angeli la “aprono” al nostro sguardo, proprio nella sua piena realtà. “Io sono”, ella dice. Si toglie il velo e vediamo: è l’incarnazione della Donna. Il diventare carne della Donna precede quello del Figlio. Una Madre puramente spirituale non potrebbe generare alcun Verbo-sarx. Ed è evidente come il momento rivelatore dell’incarnarsi della Donna non può che essere quello in cui lei stessa si accinge a incarnare (e rendere così raffigurabile) ciò che liberamente ha accolto in sé.

Come può l’immagine innalzare a simbolo questa Donna? Che cosa rende possibile questo contemplarla sub specie aeternitatis? È figura reale, ma impone l’idea della più ferma immutabilità; è una Donna che mostra ancora nascosto in sé il germe che matura, è Donna còlta nel suo divenire, anzi nel momento decisivo della sua metamorfosi da fanciulla a madre, eppure ella ci appare compiuta, perfetta. La Donna è questa Donna, nulla di ideal-astratto, questa Donna che ora deve aprire la veste alla cintura tanto gonfio è il suo ventre, eppure è manifesto, malgrado il suo volto appaia qui più affaticato, che è la stessa Signora della Maestà della pala di Montefeltro o della Madonna di Senigallia. Come può darsi icona così potente da simbolizzare perfettamente le due dimensioni?

È il gioco delle armonie musicali-geometriche a permettere un simile thauma. Sono queste che la Donna incarna, del loro gioco ella è l’espressione. La luce dell’Armonia invisibile effondendosi prende figura in lei. Realissima la figura proprio perché manifestazione della realtà del Numero, essenza, archè, delle cose. L’immagine si costruisce e compone nelle sue parti su questo fondamento. Dagli infiniti ritmi che il Numero consente, che dal suo grembo possono scaturire, ecco nasce ora questo Fiore, dalla sua essenza immortale questo mortale-immortale, questa divino-umanità. Noi abbiamo bisogno dei numeri per attingere ai misteri di Dio – così il grande Cusano, così più tardi Francesco Zorzi. Ma non si tratta dei “numeri del mercante”, dei numeri con cui si compiono calcoli e operazioni pratiche e che configuriamo diversamente a seconda dell’utile che intendiamo perseguire. I numeri che in-formano di sé questa Donna si compongono in un Ordine perfetto, danno vita a un cosmo, coincidenza-concordia di Infinito e finito. Soltanto un cosmo, infatti, può essere vera immagine, icona, per quanto contratta, dell’Infinito. L’Infinito si esprime nella perfezione dell’armonia, nell’eliminazione di ogni nota in-definita. Questa figura ha vinto l’àlogon, l’àmetron, l’assenza di proporzione, la mancanza di misura, che sono male. Questo male Ella ha posto sotto il suo tallone. Nella sua forma si manifesta il disegno divino del mondo. Al centro di questo cosmo, suo cuore vivente, la Donna, cosmo del cosmo. In esso si accoglie il divino, rigenerandolo continuamente.

Armonie diverse compongono il tempio nel cui centro abita la Donna – tempio che apre ora per noi, gratia, le porte, e ci consente di entrare. Già il cosmo del Timeo rifletteva nelle sue misure tutte le forme fondamentali dell’Armonia: l’aritmetica, la geometrica, l’armonica. Le parti si collegano insieme sulla loro base, tutte raccolte in una sfera che ha al centro l’omphalos di Maria. L’essenziale non consiste nelle diverse figure che abitano tale cosmo e nei “solidi” che le contengono – sono molteplici le vie per giungere a dare immagine al mistero; essenziale è comprendere che il molteplice si esprime come integra Unità grazie alla misura, al metro che definisce gli intervalli, al rythmos che pone la distanza tra le cose indicandone a un tempo l’indissolubilità. Il procedimento è musicale. Come tra i suoni, così in pittura tra le figure ogni intervallo va colmato armonicamente. Nessun punto deve restare afono, tutto deve tenersi, rimare, ogni ente va collegato (logos) all’altro, in una distinzione senza separazione e in una unità senza confusione.

Qui il rythmos, il Numero, sembra essere quello della figura che iscrive nella Sfera il solido di dodici facce con un pen-tagono regolare per lato (duodecedron planus vacuus), il solido che compare sul tavolo di Luca Pacioli ritratto da Iacopo de’ Barbari e sulla tavola XXVIII dei poliedri platonici disegnati da Leonardo per illustrare il De divina proportione. Pacioli nella Summa de arithmetica afferma che questo poliedro (12 = 4 × 3) rappresenta per Platone il Cielo in quanto ricettacolo di tutte le cose, combinazione fra la tetraktys pitagorica degli elementi e la triade, le tre dimensioni dell’essente, il ritmo ternario che struttura nel neo-platonismo ogni aspetto del reale. Insieme, quartetto e terzetto formano l’unità del Tutto, e si ritrovano pure, se il nostro occhio funziona mathematice, nella struttura di ogni cosa. Thomas Martone ha ricostruito, a mio avviso in modo convincente, queste figure, Sfera e dodecaedro, sulla tavola di Piero. La Donna, dunque, è questa Donna e in uno il Cielo, o la porta del Cielo, del cosmo pitagorico-platonico. La somma astrazione dei Numeri dell’antica sophia si accorda alla Rivelazione che ha luogo, in terra, in colei che si accinge a generare. Qui si manifesta il reale ombelico del mondo.

Proprio perché così concepita, proprio perché espressione perfetta di que-sta armonia, la Donna ci appare indubitabilmente, irrevocabilmente reale. Realtà integra ed eterna. Soltanto ciò che è visto sub specie aeternitatis può dirsi davvero necessario, non “cede” mai, non può venire meno. Lungi dal renderne un gioco astratto la figura, i Numeri che la compongono ne esprimono la indubitabile realtà.

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25 commenti

  • Shlomo ha detto:

    Pitagora augura a tutti i suoi estimatori, e perfino ai suoi ex scolaretti un po’ “ciucci”, di essere in grado di ammirare e onorare
    la “Donna” delle armonie celesti che è in procinto di donare al mondo l’astro sfolgorante di Cristo.

    • lL MATTO ha detto:

      Mi associo, ovviamente! 🤩

      • Shlomo ha detto:

        Bene, bene… Dall’alto delle sfere celesti dell’Universo antico- Io, Pitagora, assieme all’ amico Platone e al nostro epigono, Aristotele- ti ringraziamo di cuore, immersi nella contemplazione dei
        “tre cerchi” ineffabili quanto divini, non più sottomessi al “fuso terreno della Necessità” (fuso di Ananke). ( Mito di Er,, libro X della Repubblica di Platone).

      • Shlomo ha detto:

        Bene, bene… Dall’alto delle sfere celesti dell’Universo antico- Io, Pitagora, assieme all’ amico Platone e al nostro epigono, Aristotele- ti ringraziamo di cuore, immersi nella contemplazione dei
        “tre cerchi” ineffabili quanto divini, non più sottomessi al “fuso terreno della Necessità” (fuso di Ananke). ( Mito di Er,, libro X della Repubblica di Platone).

      • Shlomo ha detto:

        Bene, bene… Dall’alto delle sfere celesti dell’Universo antico- Io, Pitagora, assieme all’ amico Platone e al nostro epigono, Aristotele- ti ringraziamo di cuore, immersi nella contemplazione dei
        “tre cerchi” ineffabili quanto divini, non più sottomessi al “fuso terreno della Necessità” (fuso di Ananke). ( Mito di Er,, libro X della Repubblica di Platone).

  • il Matto ha detto:

    Nel ripassare tutto il brano proposto, mi son soffermato su questo passo:

    «(Questa Donna) è figura reale, ma impone l’idea della più ferma immutabilità; è una Donna che mostra ancora nascosto in sé il germe che matura, è Donna còlta nel suo divenire, anzi nel momento decisivo della sua metamorfosi da fanciulla a madre, eppure ella ci appare compiuta, perfetta».

    Vi si parla di una “ferma immutabilità” che nutre in sé un “divenire”, una “metamorfosi”, cosicché il paradosso diventa (può diventare) un motivo d’introspezione per chi voglia trovare in sé i due motivi complementari.

    La coscienza gode di un’immutabilità originaria, perciò invariabile, in si opera (può operarsi) una gestazione in vista di un parto.

  • Angelo ha detto:

    Eccola, nel 1460 la comunità contadina di Monterchi, ordinò a Piero questa Madonna. Gli autori della commissione non erano Papi, né principi, né banchieri, e può darsi che all’inizio Piero abbia preso il lavoro un po’ sottogamba. Malgrado questo, ecco il miracolo di questa dolce contadina adolescente, altera come la figlia d’un re. Il silenzio della campagna intorno a lei è così compiuto; finora probabilmente si è divertita a confidarsi con le sue bestie, le chiama per nome e… e ride. Poi a un tratto è tutto finito poiché attraverso i secoli, il destino ha scelto proprio la sua purezza. Lei ne sembra compresa ma non felice, forse già sente oscuramente che la vita misteriosa che giorno per giorno cresce in lei, finirà su una croce romana come quella d’un malfattore. E secoli dopo un grande poeta le si rivolgerà con queste sublimi parole: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo Fattore, non disdegnò di farsi sua fattura.” Probabilmente non avrebbe neanche capito.”
    (Da “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini, Daniele Dominici, recitato da Alain Delon, interpreta la “Madonna del Parto”)

  • il Matto ha detto:

    Ed eccome ar sor Amedeo che nun perde occasione per damme addosso 😂.

    E’ talmente chiaro che er “mi faccio da parte” se riferisce a rinuncia’ a scrive quarcosa pe’r propore lo scritto de n’artra persona, che l’osservazione der sor Amedeo me sembra un tantinello stiracchiata.

    Dice: “Chi si fa da parte, tace. E tacere e contemplare è l’unica cosa seria che possiamo fare di fronte al mistero di Dio”.

    E allora che devo capi’? Che er sor Amedeo ha perso un’occasione pe’ tace’ e contempla’? 😁

    Ma nun finisce qua! Er sor Amedeo, ne perde ‘n artra d’occasione quanno spara a zero su “l’ntellettualoidi, produttori di carta straccia”, come fanno li cattolici duri e puri che se credeno padreterni (umirmente, s’intende).

    Comunque, caro sor Amedeo, te faccio tanti auguri de bon Natale!

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Veramente er sor Amedeo ha scritto : tacere e contemplare è l’unica cosa seria che possiamo fare di fronte al mistero di Dio che si fa uomo rendendo miracolosamente madre una vergine senza che questa “conosca uomo”.
      Ci sono diversi modi per distorcere un messaggio . Uno è quello di eliminarne una parte. Saluti e, di nuovo, Buon Natale, quello vero!

  • Fritz ha detto:

    Non so se Cacciari ammicchi alla Gnosi con la Donna che rappresenta il cosmo e la sua geometria ma certo non sa spiegare l’unione in Maria dell’Infinito nel finito umano. Ogni rappresentazione del passo di Cacciari è fredda e insoddisfacente perchè è dimentica del Sangue del Figlio e delle Grazie che Egli ha donato alla Madre per tutti noi.
    Quello che bisogna dire invece è che Maria ha redento Eva e riformulato l’essenza di ogni donna con il suo matrimonio verginale, rifiutando ogni concupiscenza nella sua maternità divina.
    Maria fu quello che Eva non fu, e non volle essere.
    Maria fu la Donna Umile a fronte della superbia che Eva prese dal Serpente. Sin dall’inizio, sebbene portasse in seno un Dio, rimase in Silenzio, sospettata persino da un giusto, da Giuseppe, rifiutata poi a Betlemme, partoriente nella solitudine, sofferente nelle persecuzioni del Figlio e soffrendo in silenzio alla Sua tortura e morte.

    Fu la Donna generosa a fronte dell’egoismo di ogni madre del mondo rinunziando innanzitempo, sin dal concepimento, innanzitutto al suo stesso Figlio, donandolo al Padre e poi agli uomini per riparare a frutto rubato nell’Eden da Eva.

    Fu la Donna della semplicità, nell’assenza di alcun desiderio e senza alcuna voluttà, quando invece Eva volle sapere, conoscere e provare. Maria credette senza voler sapere e senza chiedere il perchè. Rifiutò di conoscere i piaceri umani compresi quelli degli istinti e della gola.

    Fu la donna della perfetta castità, al contrario di Eva che passò alla lussuria dopo aver usato la gola, e dopo aver tentato e perso Adamo con la gola, lo portò al piacere del senso. Al contrario di Eva, Maria fece di Giuseppe, già Giusto, un santo e mentre Adamo fu corrotto da Eva, Giuseppe fu confermato casto dalla sua Vergine sposa tanto da essere degno padre terreno per il Figlio divino.

    Davvero la donna è stata redenta e rinnovata da Maria, perdendo ogni connotazione corporea e, rimanendo madre solo nello spirito; mentre suo Figlio moriva, Maria moriva anch’essa come donna e come femminilità umana, rimanendo solo la Sposa dello Spirito e Madre di Dio, la perfetta abitante del Cielo, una nuova Eva: Santa come era Eva prima del tradimento.
    Altro che Eva, progenitrice del genere umano, nel dolore e nel peccato. Davvero Maria è la Grazia di Dio, nuova figura di donna che su volere del Figlio è Madre spirituale per ogni uomo nella pace spirituale e nella santità.

    • il Matto ha detto:

      Caro Fritz,

      apprezzo la sua esposizione, ma … a ognuno il proprio occhio.

      Se per lei “ogni rappresentazione del passo di Cacciari è fredda e insoddisfacente”, per me, invece, è molto significativa.

      Siccome sono Matto, sono in grado di apprezzare quel che dice lei, quel che dice R.S. e quel che dice Cacciari.

      Le auguro un Buon Natale.

      • Fritz ha detto:

        Niente di mio, caro Matto, Maria è un mistero sul quale non si può che balbettare, bisogna ammetterlo e io poi ho copiato da altri, non ho alcuna capacità personale.
        Non ti dispiacere ma Cacciari resta una tua scelta infelice e inadeguata, non tanto perchè (come nessuno al mondo) può definire la grandezza di Maria ma solo perchè non la ama affatto e, per questo, cerca di cristallizzarla in numeri che non possono rendere l’infinità della sua Grazia.
        RS invece si è tenuto ben oltre questa linea approssimata per difetto ma purtroppo si è trattenuto dal dire “ti amo Mamma mia”, come però traspare da ogni suo rigo. Una omissione voluta più dalla durezza dei cuori dei cuori di noi lettori, che dallo stesso RS.
        Ma tu, Matto, che dici di Lei?

        Un augurio dall’Austria di buon Natale a TOSATTI, a te, a RS e a tutti i lettori.

  • Orso Garibozzi ha detto:

    Bravo bravo bravo. Bravissimo!

  • Giampiero ha detto:

    Grazie per questo edificante omaggio. Penso abbia compiuto il miracolo di avvicinare fino a rendere quasi Intercambiabili le nostre posizioni (tra Cielo e terra). Ancora auguri.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    “” mi faccio da parte “”.
    Eh, no! caro il mio Matto. Nel momento in cui proponi qualcosa (anche se scritto da altri) ti metti in mostra, non ti fai da parte.
    Chi si fa da parte, tace.
    E tacere e contemplare è l’unica cosa seria che possiamo fare di fronte al mistero di Dio che si fa uomo rendendo miracolosamente madre una vergine senza che questa “conosca uomo”.
    Buon Natale a te e a tutti gli amici e nemici di Stilum Curiae !

  • il Matto ha detto:

    Caro R.S.,

    constato che lei ha approfittato del brano che ho proposto per ripetere abbondantemente la dottrina ufficiale.

    Nulla da eccepire, sennonché all’inizio del suo commento si premura di deprezzare lo scritto di Cacciari contaminato da “cosmogonie pitagoriche dei dodecaedri e dei pleromi che ammiccano alla gnosi”.

    Mi chiedo perché mai, di fronte a visioni di ampio respiro che contribuiscono alla comprensione di un avvenimento, si debbano assumere atteggiamenti di sufficienza e, al fine, di implicita censura.

    E dire che nei confronti della “Donna”, Cacciari conclude con un cattolicissimo: “indubitabile realtà”.

    • R.S. ha detto:

      Buon Natale caro Matto.

      Se mi posso permettere, i tuoi paraocchi sono peggiori dei miei. Tu vedi “versioni ufficiali” dappertutto e questo ti basta per autorizzare le “versioni non ufficiali”.

      Non è così.

      Gesù dice che “chi non è contro di noi è per noi” (Mc 9).

      E dice anche: “chi non è con me è contro di me” (Lc 11).

      Quindi ci si deve preoccupare solo di chi è contro.

      Ed è logico: se Gesù è A, chi è contro è NON A e chi non è contro è NON NON A (che, ma non lo sa, è implicitamente ancora A).

      In quasi ogni filosofare c’è del buono, ma non significa che ogni filosofare sia tutto buono. L’unico certamente non buono è negatore del Bene, che è rivelato in Cristo.

      Tutto qui.

      Buon Natale!

  • R.S. ha detto:

    Nella IV Domenica di Avvento ascolteremo dal vangelo di San Luca l’incontro tra Elisabetta e Maria.

    Molto, ma molto, più in grado di cullare l’anima dell’uomo attento al mistero dell’Incarnazione del Verbo di quanto non consentano gli argomenti di Cacciari rilanciati su Avvenire nelle cosmogonie pitagoriche dei dodecaedri e dei pleromi che ammiccano alla gnosi.

    La donna che attende un figlio nel vangelo è centrale: Elisabetta porta in grembo, miracolosamente (per l’età) Giovanni e Maria ha già concepito (senza conoscere uomo) il bimbo se si chiamerà Gesù. Dio per farsi carne e poi per annunciarsi ha un precursore e una madre.

    Le due madri si incontrano e “appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo”.

    Con buona pace di chi non ha ancora concluso che l’aborto uccide un essere umano senziente… Giovanni SUSSULTA, a completare una triplice esultanza che passa da ciò che ESCLAMA Elisabetta e dal Magnificat di Maria, il cui spirito ESULTA in Dio salvatore!

    «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

    C’è tanta emozione, tanto sentire, tra la meraviglia e la lode, la sorpresa e la bellezza di cuori puri… altro che teologismi intellettualizzanti, alla ricerca di schemi!

    Giovanni è il precursore, ma non perchè stia davanti a Gesù, che va solo seguito! Maria è mamma, eppure segue il Figlio! Vista dall’ottica di Dio, eterno, il prima e il dopo degli umani fanno sorridere della pretesa di dare noi un ordine all’ordine eterno di Dio.

    La creatura umana è a immagine di Dio, maschio e femmina… Dov’è la novità? Ma Dio s’è fatto carne umana nell’uomo Gesù. Maria la sua mamma: concepita senza peccato in ordine a Lui.

    Libera dal peccato perchè anticipatamente liberata.
    Liberata e dunque liberante, per il genere umano che la scopre madre nella Chiesa, che è madre dei figli di Dio.

    Perchè l’uomo fosse liberato dalla schiavitù del peccato (che l’ha precipitato nella conoscenza del bene e del male e nello scorrere del tempo dei regni eterni soggetto al Principe di questo mondo che rende schiavi) serve un uomo libero che funga da liberatore liberante.

    Così la liberata liberante dà carne umana al libero liberatore, nell’ordine stabilito da Dio, mentre l’umano, sua immagine, maschio e femmina, può, a somiglianza di Dio, divinizzarsi nella santità che non c’è in natura, ma può esserci per Grazia.

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Che ci possiamo fare? Per gli intellettualoidi, produttori di carta straccia, di cui pullula un certo mondo, tutto è buono pour épater le bourgeois . E meno male che questo si è fermato al dodecaedro, ma c’è sempre il rischio che prima o poi arrivi all’esacisottaedro. E allora sai che guai !?

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