In Ricordo di Sant’Asella, Romana, Monaca del Deserto nel Frastuono della Città. Benedetta De Vito.

6 Dicembre 2024 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la nostra Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione questo ricordo di una santa antica, nel giorno in cui la Chiesa celebra il suo nome. Buona lettura e condivisione.

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Molti anni fa, una crociera famigliare piena di rose e di spine mi portò nella stupenda città bianca di Bari. Ricordo, oggi che si festeggia San Nicola, la Santa Messa (bellissima) celebrata nella bianca Basilica e bianche erano le stradine della città vecchia piene di piccole botteghe e scorci poetici di cortili e panni stesi. Sì, oggi è San Nicola. Ma la Santa Chiesa, che nel suo grembo contiene tantissimi Santi e ognuno con il suo prezioso carisma, si festeggia una Santa sconosciuta ai più che io ho avuto il privilegio di conoscere, anni orsono, seguendo le orme di Santa Marcella. E la piccola-grande Santa si chiama Santa Asella. Asella, asinella, mite come il dolce destriero di Nostro Signore quando entrò a Gerusalemme…

E ora, se ne avete voglia in questo bel martedì di sole acceso (almeno fino a un’ora fa) salite con me sul mantello volante di San Francesco da Paola e torniamo ai primi secoli dopo Cristo, quando Roma si trasformava da imperiale a cattolica. Ed ecco, alta e bellissima sull’Aventino, la domus di Marcella, discendente dei Marcelli, famiglia imparentata con i Cesari, dove Marcella riuniva tante matrone dell’aristocrazia di allora che cominciavano ad assaggiare la buona novella. Il Vangelo entrava nella loro anima con l’aiuto di un Padre spirituale d’eccezione, cioè San Gerolamo. Ed è proprio lui, in una delle sue lettere, che ci racconta di Asella, che a dodici anni si consacra a Dio.

Il severo traduttore della Bibbia in latino (e ubi maior minor cessat)  scrive di Asella nella lettera XXIV a Marcella: “Chiusa in una sola cella, per di più stretta, lei si gode la vastità del paradiso. Quattro palmi di terra battuta le servono come luogo di preghiera e di riposo. Il digiuno lo considera un divertimento e l’astinenza il suo cibo. Anzi, quando è portata a mangiare, non dal desiderio di nutrirsi, ma dalla debolezza, più che saziare l’appetito lo accresce con pane, sale e acqua fresca. Stavo quasi per dimenticare un fatto che avrei dovuto dire all’inizio: cioè che non appena decise di darsi a questa vita, vendette all’insaputa dei genitori la sua collana d’oro, detta popolarmente murenula (è una specie di catena di fattura flessibile per un intreccio di fili pieghevoli di metallo). Vestitasi poi d’una tunica grossolana, che non avrebbe mai potuto avere da sua madre se non si fosse servita di un ingenuo stratagemma di permuta, si consacrò subito al Signore. In tal modo tutta la parentela ebbe modo di convincersi che da lei non si poteva esigere altro. Vestendosi a quel modo, aveva ormai lanciato la sua condanna al mondo”.

Una piccola monaca di clausura del quarto secolo, che si ispirava ai monaci del deserto che proprio allora portavano la loro esperienza nel mondo occidentale. Continua il Santo del leone raccontandoci la vita silenziosa di Asella che digiuna, prega, salmodia in onore dello Sposo Celeste, visita le tombe dei martiri e “vive tra il frastuono cittadino, eppure ha saputo trovarvi il deserto dei monaci”.

Anche di Asella ho scritto nel mio “Non è così” che è il seguito di “C’ero una volta” e le due Sante che inseguo per le strade di Roma sono questa volta Marcella, appunto, e Santa Emerenziana, martire, lapidata bambina sulla tomba di Santa Agnese, sua sorella di latte. Non so se troverò un editore, ma il cammino è stato di luminosa bellezza e c’era anche la piccola, dolce Asella…

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