Marian Eleganti sul Primato di Pietro e il Nuovo Documento Vaticano: l’Unità è solo nella Verità.
1 Luglio 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mons. Marian Eleganti, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni finali nello scambio con il card. Kurt Koch, a proposito del nuovo documento sul primato di Pietro. Buona lettura e condivisione.
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Personalmente faccio una distinzione tra Vaticano I, che presentava una dogmatizzazione infallibile, e Vaticano II, che voleva essere (solo) dichiaratamente un concilio pastorale. È comprensibile che si sia voluto incorporare le affermazioni chiave del Vaticano I nella collegialità dei vescovi per raggiungere un certo equilibrio nel rapporto tra Papa e vescovi. Questo non significa che il contenuto del Concilio Vaticano I potesse o possa essere ridotto.
Tuttavia, da giovane ho notato che molti passaggi del testo di Vaticano II sono aperti all’interpretazione e hanno in gran parte il carattere di un compromesso o di una certa mancanza di chiarezza, cosa che già allora mi dava fastidio. Ero un novizio di vent’anni. Come chierichetto ho sperimentato in che modo brutale ed esagerato sia stata attuata una riforma liturgica che non era né voluta dai padri conciliari né deducibile dai testi. Come chierichetto, sono stato riqualificato dal vecchio al nuovo rito. A lavorare erano le commissioni (Bugnini) e non i padri conciliari. Certamente alcuni sono tornati a casa dal Concilio per interpretare nel modo più ampio possibile la portata offerta dai testi conciliari. Col passare del tempo anche Ratzinger e Wojtyla ne hanno probabilmente assunto una visione più critica. Oggi, purtroppo, molti si allontanano dai testi stessi, anche quando dovrebbero attenersi al Concilio. Penso che all’epoca (anni ’60), come in ambito laico (credenza nel progresso), ci fosse un eccessivo entusiasmo e una fiducia nell’ecumenismo. Non possiamo più andare avanti con questa generazione. I giovani fedeli di oggi, come ho potuto vedere molto chiaramente come vescovo dei giovani, sono completamente all’oscuro del Concilio e non sono interessati ad esso. Non hanno letto quasi nessuno dei testi, ma si sentono attratti dalla vecchia liturgia senza essere ideologici. C’è anche una chiara svolta conservatrice nel clero giovane, come reazione agli ultimi 50 anni di “riforma della Chiesa”.
Credo che i Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI fossero ancora troppo legati biograficamente al Vaticano II per poter affrontare la generazione di domani con una maggiore libertà interiore. Ho una visione critica di alcuni aspetti del pontificato e del carattere di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Tuttavia, con il suo appello a un’ermeneutica della continuità in contrapposizione a quella della rottura, quest’ultimo ha chiaramente colto il problema dal Vaticano II . Il cardinale Suenens ha parlato di una rivoluzione simile a quella francese, che ha distrutto l’ordine sociale cattolico dell'”Ancien régime”.
Per quanto riguarda l’ecumenismo, non condivido più l’ottimismo del Concilio. Gli sforzi hanno solo migliorato l’atmosfera, ma non hanno portato all’unità. Abbiamo anche smantellato gran parte della nostra sostanza cattolica ovunque e l’abbiamo messa in discussione, senza che emergesse una vera unità ecclesiale. Le divisioni continuano addirittura (cfr. la Chiesa anglicana; il ritiro della Chiesa copta dopo Fiducia supplicans; la spaccatura tra la Chiesa greco-ortodossa (Bartolomeo) e quella russo-ortodossa (Cirillo); l’Ucraina/Kiev e Mosca/Cirillo; le divisioni all’interno della Chiesa cattolica sotto questo pontificato (cfr. ad esempio le reazioni di intere conferenze episcopali a Fiducia supplicans). Tutto questo potrebbe peggiorare ulteriormente.
Il Vaticano II, con il suo approccio pastorale e piuttosto antidogmatico, va inteso nel suo tempo e deve essere letto oggi in modo un po’ più differenziato, mentre d’altra parte (questo è il punto) la dogmatizzazione del ministero petrino conserva una certa normatività atemporale alla quale non possiamo fare alcuna concessione per sviluppare un esercizio del ministero petrino al di sotto del contenuto e della formulazione del dogma. Una rilettura storica di questo Concilio, che pure è possibile, non deve quindi buttare via il bambino con l’acqua sporca attraverso una cosiddetta riformulazione. Non sarebbe un progresso. Sono convinto che l’unità esista solo nella (piena) verità. Finché quest’ultima non viene raggiunta, rimane inesistente. L’amore non può cambiare questo fatto.
In tutti i dialoghi, dobbiamo partire dalla verità e rimanere al suo interno. Tuttavia, proprio come nella società, spesso prevalgono i sentimenti e gli interessi (il potere), non la verità oggettiva.
Personalmente, preferirei sforzarmi di lavorare insieme e propagare questo accordo in questioni come la pace, dove è possibile raggiungere un accordo. Ma pensare di poter riportare le denominazioni (comunità) della Riforma all’unità di fede con noi attraverso colloqui di consenso senza che si convertano alla fede cattolica rimane per me un’illusione. Dopo tutto, essi vogliono dichiaratamente rimanere protestanti e non tornare all’Ecumene. “Quindi non hanno fatto nulla di male nel XVI secolo”. Anche per gli ortodossi la situazione è altrettanto disperata. Se non riescono a raggiungere l’unità tra di loro, come possono raggiungere l’unità con noi, tra tutti, con un patriarcato in più? Credo che anche “Vicario di Cristo” sia elencato tra i titoli storici nell’Annuario Pontificio. Perché? E perché vi compare di nuovo “Patriarca d’Occidente”? I pentecostali si espandono con sicurezza e probabilmente sono convinti che noi cattolici secolarizzati non crediamo più veramente. Gli ortodossi, che spesso ci trattano come una setta di base, almeno quando siamo in viaggio, la pensano allo stesso modo. Sono sicuro che voi ne sapete più di me.
Mi aspetto l’unità da Cristo, che tornerà nella gloria. Argomentando, come nella precedente forma di ecumenismo, che presuppone sempre che gli altri possano rimanere con se stessi, proprio come noi, questa unità semplicemente non si può avere o raggiungere (argomentando; discussioni di consenso). Non sono mai stato in grado di convincere qualcuno con un’argomentazione, se la grazia non gli avesse dato una visione interiore prima ancora che io gli aprissi la bocca. Saulo fu convertito dalla luce interiore, non dagli argomenti di Anania.
Non dobbiamo decostruire la verità a qualche aspetto (parziale) di essa, ad esempio scomporre la risurrezione a “la causa di Gesù continua” per conquistare gli Ateniesi (fino a questo punto probabilmente sarebbero stati d’accordo), per i quali la verità intera e cruda della risurrezione corporea di Gesù era la ragione per lasciare il dialogo (di questo parleremo un’altra volta). Se dovessimo fare lo stesso con il ministero petrino, per me sarebbe sicuramente un errore. In altre parole: primato d’onore; ministero d’amore; presiedere sinodi e concili; moderazione; mediatore; portavoce; primus inter pares, ecc. ecc: Tutto questo sì (cioè accettato), ma senza potere chiave nel senso del Vaticano I, cioè senza giurisdizione e potere di definizione su tutta la Chiesa (in questo caso intesa piuttosto come communio ecclesiarum).
Per me, si tratterebbe di una verità decostruita e declassata nel modo descritto sopra, che è stata anche definita infallibilmente al Vaticano I, ma che non è accettata dai cristiani separati (richiesta massima).
I sostenitori potrebbero rispondere: “Ma almeno abbiamo ottenuto qualcosa, un primato d’onore”. La mia risposta: ma non l’unità nella verità. E anche in molti altri ambiti visibili rimaniamo divisi e contraddittori come prima. Se questo è ciò che Giovanni Paolo II aveva in mente con la sua offerta (Ut unum sint 95), allora secondo me ha sbagliato come quando ha baciato il Corano. A meno che non si faccia tipicamente astrazione dalla verità anche in questo gesto (cioè dalla propria pretesa di verità) e si veda in questo gesto solo una dichiarazione d’onore verso ciò che è sacro per l’altro (ma non per me). Tuttavia, come si può baciare l’Evangeliario nella liturgia e il Corano in una riunione, soprattutto quando si sa come i musulmani lo vedono o lo interpretano?
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Categoria: Generale
Caro E.A., tu citi il versetto 13 del salmo 19:
“Nel salmo 19, 13 è contenuta quest’affermazione, sempre meritevole di ponderazione: “Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!”. Qui non si tratta di oggettivismo veterotestamentario, ma della più profonda saggezza umana;”
La Bibbia ebraica a cura di Rav. Diario Disegni traduce così per l’italiano:
“Chi può accorgersi degli errori involontari?”
La bibbia delle cattoliche paoline:
“Da cose involontarie [= inavvertenze] chi-discerne? Da-nascoste purifica-me.”
La LXX ha due termini molto chiari e significativi: paraptòmata e ek ton kryfìon mou cioè “errori” e “dalle (cose) nascoste di me”.
Il termine “paraptòmata” lo troviamo poi una volta in Mt ed in Mc e due volte in Rm di Paolo.
La Vulgata: “Delicta quis intelligit? Ab occultis meis munda me”.
Tutto depone per errori umani che sfuggono senza piena coscienza e deliberato consenso.
Detto ciò, il travagliato salmo 19 è tra i più a tichi ed interessanti canti dell’umana cultura dei tempi antichi.
Dal v. 5 al v.9 si tratta di un inserimento di un arcaico inno cananeo al [dio] Sole, che ad Ugarit era [una dea] Sapsu (SPS) al servizio di Ba’al. Il “dio Sole” è Samas mesopotamico.
“Entrò (la dea) SPS essendo Resep il suo portiere”(Cat 1. 78:2).
E qui si adombra ( versetto 6) la bellissima immagine di un giovane uomo che dopo il coito si ritira ancora in vigore come un eroe in trionfo.
Fatti salvi gli involontari e non conosciuti errori umani dai quali chiede di essere liberato nella sua sete profonda di saggezza umana! Sì saggezza umana!
Grazie.
Per E.A.
“La coscienza rimane un ‘dono’ infallibile, da ascoltare o da rigettare, da soffocare, o mettere a tacere”.
Secondo lei, per rimanere a questo blog, sarebbe possibile discernere per ogni autore e commentatore se di volta in volta sta usando di questo “dono” (perché fra virgolette?) infallibile’? Ovvero se si sta esprimendo secondo la famosa “verità” o se sta rigettando e mettendo a tacere la coscienza?
“Nessuno può agire contro le sue convinzioni, come già San Paolo aveva detto (Rm 14, 23). Tuttavia il fatto che la convinzione acquisita sia ovviamente obbligatoria nel momento in cui si agisce, non significa nessuna canonizzazione della soggettività. Non è mai una colpa seguire le convinzioni che ci si è formate, anzi uno deve seguirle. Ma non di meno può essere una colpa che uno sia arrivato a formarsi convinzioni tanto sbagliate e che abbia calpestato la repulsione verso di esse, che avverte la memoria del suo essere. La colpa quindi si trova altrove, più in profondità: non nell’atto del momento, non nel presente giudizio della coscienza, ma in quella trascuratezza verso il mio stesso essere, che mi ha reso sordo alla voce della verità e ai suoi suggerimenti interiori. Per questo motivo, anche i criminali che agiscono con convinzione rimangono colpevoli. Questi esempi macroscopici non devono servire a tranquillizzarci nei nostri confronti, ma piuttosto risvegliarci e farci prendere sul serio la gravità della supplica: “liberami dalle colpe che non vedo” (Sal 19, 13).……Ma con questo non tutto è stato ancora detto. Noi dissolveremmo il cristianesimo in un moralismo se non fosse chiaro un annuncio, che supera il nostro proprio fare.…..Ora questa è proprio la novità specifica del cristianesimo: il Logos, la Verità in persona, è nello stesso tempo anche la riconciliazione, il perdono che trasforma oltre tutte le nostre capacità e incapacità personali. In ciò consiste la vera novità, su cui si fonda la più grande memoria cristiana, la quale è nello stesso tempo anche la risposta più profonda a ciò che l’anamnesi del Creatore attende in noi. Laddove questo centro del messaggio cristiano non viene sufficientemente proclamato o percepito, là la verità si trasforma di fatto in un giogo, che risulta troppo pesante per le nostre spalle e dal quale dobbiamo cercare di liberarci. Ma la libertà ottenuta in tal modo è vuota. Essa ci porta nella terra desolata del nulla e così si distrugge da sola. Il giogo della verità è divenuto “leggero” (Mt 11, 30), quando la Verità è venuta, ci ha amato ed ha bruciato le nostre colpe nel suo amore. Solo quando noi conosciamo e sperimentiamo interiormente tutto ciò, diventiamo liberi di ascoltare con gioia e senza ansia il messaggio della coscienza.”*********************************************Dopodiche’ ognuno è libero di pensarla come “meglio” crede, ma in questa libertà rimane la propria coscienza e una Verità Assoluta, da cui tutti proveniamo e di cui ogni anima “sente” il Richiamo, sta a ciascuno accoglierlo e aderirvi o ignorarlo.Punto
Caro E.A.
Il Logos, la Veritas uguale Pax et Reconciliatio nostra.
Cioè XPICTOC
“Laddove questo centro del messaggio cristiano non viene sufficientemente proclamato o percepito, là la verità si trasforma di fatto in un giogo, che risulta troppo pesante per le nostre spalle e dal quale dobbiamo cercare di liberarci.”
A parlare di “giogo leggero” è proprio la buona nuova che di fatto da leggero è diventato un macigno di cui umanamente viene spontaneo liberarsene.
Cerco alla buona di dare di seguito elementi perchè ciascuno si dia una risposta coerente con le eccezioni dall’articolo stesso, che in realtà è un coacervo di pensieri slegati e inconcludenti e le domande quelle portate da Enrico e Adry, Fantasma…
Premetto che in verità trovo molto calzante l’intervento doppio esplicativo di E.A. e per l’aver introdotto l’argomento “coscienza” che, come ci viene indicato Catechismo della C.C., è la “voce di Dio in noi” e aggiungerei io: quel Dio è Verità! Dunque la coscienza ci rammenta che la verità è innata o infusa ab ovo in noi e ne siamo tendenzialmente “coscienti”, sia che siamo cattolici sia che siamo animisti o atei.
Chiaramente, per le loro questioni, gli amici hanno bisogno dell’intera meditazione di Ratzinger che possono leggere qui:
https://www.notedipastoralegiovanile.it/questioni-etiche/elogio-della-coscienza.
Direi che la lettura dovrebbe dare subito una risposta all’articolista circa la giusta interpretazione del concetto di “ecumenismo” piuttosto che perdersi nelle sue varie seghe mentali, compresa quella del Bacio del Corano ( era davvero il Corano o una Bibbia antica? )
Credo che alla Adry possa interessare cosa sia quella coscienza “deviata o erronea”, messa a tacere con un atto di comodità individuale:
Estrapolando:
“La coscienza si degrada a meccanismo di decolpevolizzazione, mentre essa rappresenta proprio la trasparenza del soggetto per il divino e quindi anche la dignità e la grandezza specifiche dell’uomo. La riduzione della coscienza alla certezza soggettiva significa nello stesso tempo la rinuncia alla verità.”
Quanto a Enrico (per motivi che forse lo riguardano personalmente? Forse che la coscienza lo rimorde e lui cerca una scusa per giustificare le sue azioni? ) al solito tira fuori la storia del “libero arbitrio” che non è più libero quando verrebbe obbligato… Naturalmente disconosce la storia dei martiri che hanno resistito alla violenza e hanno scelto “arbitrariamente” gli artigli dei leoni. Ma quello che egli ancora non vuol vedere sono quelle scelte “secondo coscienza” che (benchè in effetti siano atti di coraggio sempre più rari ormai) sono scelte pienamente libere che non vengono da principi personali, frutto di esperienza o dell’ambiente ma dovrebbero derivare dall’adesione alla “verità” e sono prese di posizione comcrete di un uomo intellettualmente libero e niente quindi può impedirle. Sicuramente Enrico troverà beneficio dalla bellissima meditazione di Raztinger.
Credo che E. A, nell’aver tirato fuori “L’elogio della coscienza” abbia suggerito un ottimo modo per capire cosa guida (dovrebbe guidare) le decisioni degli uomini e come la Chiesa e gli uomini di Chiesa possano e debbano sviluppare loro la “presa di coscienza”.
Circa alla trita e ritrita solfa sui danni del Concilio V. II, credo che due sono le cose: o che questa venga da un lettura dei documenti conciliari oppure da un modo pensare copiato dalla moda comune. Nel primo caso ci troveremo con delle persone che hanno chiuso il personale dialogo con la verità e la loro coscienza individuale tende a giustificare l’ego per non essere capace di voler capire o peggio di non essere più in grado di capirne i valore universali. Circa quelli che parlano “per sentito dire”, è chiaro che hanno affogato la coscienza nella loro nullità individuale e non sono neanche in grado di sentire il minimo senso di colpa o di essere vapaci di vergogna per se stessi, non sanno cosa è la verità in loro e non possono riconoscerla fuori di loro scegliendo piuttosto di giudicare senza “prendere coscienza” di ciò che non vogliono conoscere.
Carissima Signora di tutti i popoli, non poteva centrare meglio e dare meglio risalto a questa fondamentale tematica… e per questo il mio ennesimo grazie! Ho trovato e trovo questo testo di Papa BXVI a dir poco illuminante, un capolavoro di saggezza e di Grazia, e mai come adesso di una attualità disarmante, un messaggio urgente, diretto, limpido e cristallino, come Lui era, e che mira dritto ai problemi e ai cuori, piegati dal torpore…dalle convenienze… dai timori… affinché si ridestino, escano allo scoperto… e solo il Signore sa quanto ce n’è bisogno!!! ( Grazie anche per il link!). Un abbraccio.
In tutto il *suo* pasticcio, cara signora, almeno scriva “gli” rimorda, non “lo” rimorda….sempre che lei non si senta un cane da lotta clandestina.
È vero me ne scappano tante, anche in latino. Me ne accorgo dopo e me ne vergogno un po’. Digitare su un piccolo android e con problemi di vista non mi è facile, ma comunque tutto ciò non mi scusa se sono distratta e non mi rileggo.
Mi consola il fatto che i miei errori grossolani non costituiscono peccati e non intaccano la mia coscienza e di fronte a Dio non sono come la sua presunzione sulla lingua italiana degli altri, come il suo malanimo, il suo livore e cattiveria verso di me e tutto ciò la rende quella che è: vuota, sterile di amore, incapace di comprensione, Adriana. E me ne dispiace perchè in passato ho sempre cercato un contatto positivo con lei.
Vede, gentile SIGNORA DI TUTTI I POPOLI, io da lontano la seguo e creda queste sue parole: “di fronte a Dio non sono come la sua presunzione sulla lingua italiana degli altri, come il suo malanimo, il suo livore e cattiveria verso di me”. Mi è sembrata tale quale la preghiera del Fariseo davanti a Dio di cui parla Gesù…
Con un occhio sembra rendere eusebeia al Dio di propria verità, ma con tutti due guarda al Pubblicano di cui si sente superiore in Verità.
E con ciò rende pessima testimonianza alla causa, a mio modo di intendere. Mi perdoni. Sono un grande fallax.
Cara signora,
veda di usare -una tantum- la “sua” coscienza…Lei riserva la sua letteraria affettività esclusivamente a chi le dà ragione su ogni sua virgola.
Lo so che dà molto fastidio all’amor proprio perfino una minima correzione grammaticale…Ma: “Rem tene, verba sequentur”, e questo non per far disdoro a lei, bensì per far onore all’argomento, tanto più se l’argomento vorrebbe trattare di Verità divina, per non far ridere della medesima, mescolando un linguaggio pomposamente aulico ed apodittico con uno emotivamente e costruttivamente fragile.
Certo che questa “signora” usa le parole come se fossero clave e perciò in maniera incosciente (a proposito di “coscienza”).
Mostra poi, da una parte, un apprezzamento per l’articolista, e, dall’altra, la taccia di abbandonarsi a “seghe mentali”.
Di poi, la “signora” si perde sotto una fantasmagorica pioggia di “coscienza” e “verità” di cui riempie il suo intervento, immaginando, ovviamente, che in quanto a “coscienza” e “verità” a lei non si contano balle.
Mah!
Resistite fortes in fide quia Diabolus adversarius vester circuit quaerens quem devoret.
C’è chi ha la spada e chi lo scudo forgiato dal Dio!
Amabile SIGNORA DI TUTTI I POPOLI.
Lei scrive:
“non sanno cosa è la verità in loro e non possono riconoscerla fuori di loro scegliendo piuttosto di giudicare senza “prendere coscienza” di ciò che non vogliono conoscere.”
Com’è possibile che accada un miracolo così sbalorditivo a degli umani?
Trattare con gli ortodossi richiede un’enciclopedia storica alla mano. Perché è matematico che prima o poi tireranno fuori uno specchietto lungo come la barba di Matusalemme con le date “1054” e “1204” cerchiate in rosso.
La questione è: «pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione» (Ut unum sint) secondo quanto stabilito nel Vaticano I, è pensabile e giusto che il Papa di Roma chieda loro di convertirsi in ultramontanisti?
Giovanni Paolo II ha sbagliato a baciare il Corano, soprattutto sapendo come i musulmani intendono quel gesto: tristissimamente vero. Definirla un’imprudenza molto grave è il minimo. Come, al di là delle intenzioni, imprudenze gravissime furono l’organizzazione e peggio ancora la gestione dell’evento mediatico Assisi ’86.
La domanda che è l’orizzonte degli eventi bergogliani: pur con tutti gli errori, qualcuno ha mai potuto realmente interpretare o vedere in Giovanni Paolo II un’abiura al ruolo di Vicario di Cristo e alla fede nell’unico Salvatore?
Se vedi un cristiano accusato con ugual violenza di essere Torquemada redivivo e contemporaneamente l’eretico degno di essere giudicato dallo stesso, è la volta che hai davanti un grande santo.
https://it.wikipedia.org/wiki/Dominus_Iesus#Reazioni
https://www.noisiamochiesa.org/Archivio_NSC/attual/Viottoli-Dominus.html
-L’ultima dichiarazione vaticana Dominus Jesus ha destato sorpresa e scalpore per la sua chiusura dogmatica e la sua arroganza culturale e teologica.
Ma chi si stupisce è ingenuo. L’ortodossia cattolica non è sostanzialmente cambiata e pensa di avere il monopolio della salvezza. L’enfasi e la retorica vaticana sul dialogo con l’ebraismo e le religioni del mondo sono prevalentemente discorsi tattici e di maniera, ma il cuore dei vertici cattolici è altrove, pensa altre cose. Negare che esistano altre vie di salvezza aventi pari dignità del cristianesimo sembra oggi un’affermazione incredibile per una persona sana di mente e di media cultura. Gran parte dei teologi e delle teologhe lo affermano con vigorose argomentazioni da almeno 30 anni in modo sempre più deciso.-
https://www.uaar.it/libri/sfida-oscurantista-joseph-ratzinger/
-L’accusa più forte che Flores d’Arcais rivolge a Ratzinger, sin dalle prime battute del libro, è quella di avere disfatto come “papa inquisitore” il cammino intrapreso dal “papa buono”. Se il Concilio Vaticano II è stato, in positivo, lo spartiacque tra il costantinismo teocratico condito dalla svolta reazionaria del Sillabo e una cattolicità intesa come dialogo con il mondo e recupero dei valori autentici di un vangelo non compromesso con il potere, il post-Concilio e in particolare gli ultimi due pontificati hanno sostanzialmente, in negativo, disatteso le speranze di quanti scommettevano in una nuova primavera di una Chiesa riconciliata con la modernità.
Non a caso il termine “oscurantista” è ricorrente in Flores d’Arcais che lo aveva già usato in Etica senza fede (e ancora ne L’individuo libertario), parlando di Karol Wojtyla, definito “il papa di una dichiarata crociata oscurantista contro lo spirito critico e l’eredità dei lumi”.-
-Nella sua visione restauratrice, che rimandano al Vaticano I se non al Concilio di Trento, Benedetto XVI tradisce un pessimismo di fondo riguardo alla capacità dell’uomo di autodeterminarsi: persino la democrazia sarebbe esposta al nichilismo perché in balia della legge del più forte; l’uomo senza Dio non è che una caricatura incapace di autentica libertà. Scrive Flores d’Arcais: “La diagnosi papale è stilata senza incertezze, l’oblio delle radici e dell’identità cristiane è il virus che sta minando l’Occidente”. Finanche l’ostilità che si manifesta con il terrorismo da parte delle frange estreme dell’islam contro l’occidente è secondo il papa un odio non già verso il cristianesimo ma contro la scristianizzazione. Paradossalmente, aggiunge il direttore di MicroMega, Benedetto XVI detesta il Grande Satana (l’occidente secolarizzato) allo stesso modo del fondamentalista islamico.-
-Beninteso, il libro chiarisce come la sfida ratzingeriana non intenda tornare sic et simpliciter ad una riedizione aggiornata del Sillabo; per certi versi la strategia è opposta: “colonizzare la modernità anziché respingerla”, con il tentativo di annettere la ragione, in salsa tomista-postmoderna; una ragione metafisica, vero ossimoro e blasfemia filosofica. I contenuti rimangono, ahimé, quelli anatemici del beato Pio IX.-
Interessanti queste parole:
“Ho una visione critica di alcuni aspetti del pontificato e del carattere di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Tuttavia, con il suo appello a un’ermeneutica della continuità in contrapposizione a quella della rottura, quest’ultimo ha chiaramente colto il problema dal Vaticano II .”
Insomma un modo nuovo di interpretare la semantica dei termini del dogma da parte di un contesto di mutate mentalità. Di un mutato ambiente, di mutate condizioni.
Se ho ben capito, è come se un concetto di ricchezza non fosse più quello inteso in una discussione tra soli ricchi, ma, improvvisamente, da poveri in un contesto ambientale di povertà. L’ermeneutica delle mutate condizioni evolutive mentali di una maggioranza piega la semantica dei termini verso questo nuovo modo di intendere la ricchezza, il valore della ricchezza del “depositum fidei”, dato per immutabile in tutte le condizioni e circostanze di luogo e di tempo..
Continuiamo a sperare che gli occupanti delle sedi apostoliche abiurino finalmente gli errori modernisti del CVII e delle riforme conseguenti. A quel punto, la loro azione sarà utile alla Chiesa tutta.
Fatti non foste a viver come signori, ma della fede praticar virtù e coraggio.
Strane coincidenze…CVII 1962-1965; Riforma Scuola media ( in pratica veniva tolto il latino ) 1962.
Giovanni XXIII promulgò il CVII nel 1959; dieci anni dopo, nel 1969, abbiamo il “Festival della Pace e del Rock” di Woodstock nella cittadina di Bethel, Festival poi replicato ogni 10 anni…
Bethel significa: “luogo sacro”, “città di Dio”.
I Padri Conciliari
– evidentemente- erano in procinto di mettersi in cammino dietro “Jesus Christ Superstar” (1971).
Ted Neely (l’attore di Gesù nella versione cinematografica del musical afferma in un’intervista che il Papa Paolo VI, dopo aver visionato in anteprima la pellicola ne fu entusiasta e spinse il cast perchè fosse rappresentato a Roma, nonostante le calde proteste
(Tradizionalisti ed Ebrei). L’Osservatore Romano smentì, il Vescovo di Roma tacque…però la Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI ne consiglia la visione in tempo di Quaresima.
Che la Chiesa di Roma si sia trasferita a Bethel,( ossia nello Stato di New York )?
Mi faccia capire: a lei non piace la Chiesa postconciliare e a tratti su direbbe su posizioni “lebfevriane”. Però, quando si tratta di sé stessa e delle proprie idee, allora invoca la “Chiesa del dialogo”.. non le sembra una contraddizione? O forse aveva ragione Jean Guitton che diceva a Mons. Lefebvre, che in fondo stava applicando a sé stesso quella libertà di coscienza che dichiarava di voler combattere.
Caro don Ettore,
perchè mi paragona a un, comunque illustre, Monsignore? Non ne possiedo i titoli né la specifica cultura: neppure ho mai ambito di trovarmi in quel ruolo.
Mi sembra che il suo “lusinghiero” paragone celi un attacco insidioso quanto indiretto a un missionario che, come lei mi narra, è stato accusato di
mostrarsi straordinariamente incoerente ed egoico per non aver pensato alla felicità, o, almeno, alla serenità del gregge.
Non sono questi i miei compiti, né di mostrarmi graniticamente fissata per un determinato “partito” fideistico.
Nello scrivere qui- in una sede di libertà- mi pare sia lecito aprire il proprio cuore ed esprimere i propri dubbi: anzi, si potrebbero esprimere anche in quel medesimo latino di cui Paolo VI esaltò i fondamentali meriti per la Chiesa grazie ai quali- con somma coerenza- egli prese la decisione di eliminarlo. Purtroppo- bisognerebbe dire- Benedetto XVI lo rispolverò per la sua Rinunzia, dando modo a filologi più o meno esperti di sollevare un polverone nel polverone di un’Istituzione non sempre coerente con se stessa né con il messaggio che si ritiene debba trasmettere.
La libertà di coscienza si infrange sempre contro il muro della Verità. Si è liberi di sbagliare personalmente, ma non di stravolgere la incorruttibile Verità.
Quindi bisogna essere chiari: l’eresia modernista non era verità nell’ottocento e prima metà novecento, non lo è neppure quando governa la Chiesa.
Caro SERENO, cosa significano queste tue parole?:
“Sì è liberi di sbagliare personalmente, ma non di stravolgere la incorruttibile Verità.”
Come si può stravolgere personalmente ciò che non si conosce e che tu pure NON conosci eppure osi chiamare incorruttibile Verità perché ti sembra di averla in tasca?! E di poterLa indicare ed insegnare! Suvvia!
“E dalle nascoste purifica me”, dice il salmo 19, 13.
Caro don Ettore,
lei pone il dito sulla piaga: la “libertà di coscienza”.
Cos’è la “coscienza”? A me (ripeto: a me) risulta sempre più un abisso circa il quale stabilire criteri fissi ed esclusivi è una pia illusione.
Un caro saluto.
Caro Nippo, forse il problema non è tanto la coscienza, che in Filosofia morale è – come lei sicuramente sa – il giudizio pratico sulle azioni da compiere, ma come si forma questo giudizio.
Caro Don,
ma come si forma questo giudizio sulle azioni da compiere, in pratica sulla scelta da fare?
Da uomo. Cioè umanamente. Scelgo ciò che mi conviene e scarto ciò che mi costa tenendo presenti le circostanze relazionali di luogo e di tempo. E se assumo un “costo” è solo e soltanto una questione di luogo e di tempo in vista di un bene maggiore. Qui e adesso. Le dottrine si prestano solo a beneficio del più furbo. THE TRAGEDY OF THE COMMONS.
“In questo modo è diventato evidente che la questione della coscienza ci porta veramente al cuore del problema morale, così come la stessa questione dell’esistenza umana…..Ciò che mi turbò fu la concezione che la fede sia un peso difficile da portare e che sia adatto certo solo a nature particolarmente forti: quasi una forma di punizione, e comunque un insieme oneroso di esigenze cui non è facile far fronte..…La coscienza erronea, che consente di vivere una vita più facile e indica una via più umana, sarebbe dunque (per alcuni)la vera grazia, la via normale alla salvezza. La non verità, il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità. Non sarebbe la verità a liberarlo, anzi egli dovrebbe piuttosto esserne liberato. L’uomo starebbe a casa propria più nelle tenebre che nella luce;…….Stando così le cose, come dalla fede potrebbe provenire gioia? ……..La coscienza erronea protegge l’uomo dalle onerose esigenze della verità e così la salva…: questa era l’argomentazione. Qui la coscienza non si presenta come la finestra, che spalanca all’uomo la vista su quella verità universale, che fonda e sostiene tutti noi e che in tal modo rende possibile, a partire dal suo comune riconoscimento, la solidarietà del volere e della responsabilità…….L’essere convinto delle proprie opinioni, così come l’adattarsi a quelle degli altri sono sufficienti. L’uomo è ridotto alle sue convinzioni superficiali e, quanto meno sono profonde, tanto meglio è per lui……Görres mostra che il senso di colpa, la capacità di riconoscere la colpa appartiene all’essenza stessa della struttura psicologica dell’uomo. Il senso di colpa, che rompe una falsa serenità di coscienza e che può esser definito come una protesta della coscienza contro la mia esistenza soddisfatta di sé, è altrettanto necessario per l’uomo quanto il dolore fisico, quale sintomo, che permette di riconoscere i disturbi alle normali funzioni dell’organismo. Chi non è più capace di percepire la colpa è spiritualmente ammalato, è “un cadavere vivente, una maschera da teatro”, come dice Görres……Del resto anche solo uno sguardo alla Sacra Scrittura avrebbe potuto preservare da simili diagnosi e da una simile teoria della giustificazione mediante la coscienza erronea. Nel salmo 19, 13 è contenuta quest’affermazione, sempre meritevole di ponderazione: “Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!”. Qui non si tratta di oggettivismo veterotestamentario, ma della più profonda saggezza umana; il non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale. Chi non è più in grado di riconoscere che uccidere è peccato, è caduto più profondamente di chi può ancora riconoscere la malizia del proprio comportamento, poiché si è allontanato maggiormente dalla verità e dalla conversione…….il fariseo non sa più che anch’egli ha delle colpe. È completamente in pace con la sua coscienza. Ma questo silenzio della coscienza lo rende impenetrabile per Dio e per gli uomini. Invece il grido della coscienza, che non da tregua al pubblicano, lo fa capace di verità e di amore. . Per questo Gesù può operare con successo nei peccatori, perché essi non sono diventati, dietro il paravento di una coscienza erronea, impermeabili a quel cambiamento, che Dio attende da essi, così come da ciascuno di noi.”….( “L’Elogio della coscienza” di Papa BXVI, pubblicato nel 2009, Edizioni Cantagalli).
L’argomento mi sembra più che delicato.
“Il fariseo non sa più che anch’egli ha delle colpe”.
Perciò non è un più peccatore poiché non ne ha, come recita la dottrina, “piena coscienza” e di conseguenza non agisce con “deliberato consenso” al peccare.
“Invece il grido della coscienza, che non da tregua al pubblicano, lo fa capace di verità e di amore”.
Perciò il pubblicano ha piena coscienza di essere peccatore e può non dare deliberato consenso al peccato.
Resta il fatto che il fariseo e il pubblicano sono due figure astratte ed estreme fra le quali si pongono miriadi di situazioni miste di farisaismo e pubblicanesimo, circa le quali non si può stabilire nettamente cos’è bianco e cos’è nero, e meno ancora quale criterio usa Dio per svegliare alcuni e lasciare altri nel sonno.
Caro Enrico,
guarda caso, nel film: “Le avventure di Robinson Crusoe”
di Bunuel, il Venerdì istruito sulla Bibbia da Robinson,
chiede come mai egli, da “innocente”, ora, sia stato tramutato in “peccatore” senza possibilità di ritorno. Nel film Robinson non sa rispondergli…nel
mondo delle Confessioni cristiane, invece, le repliche abbondano…ma è difficile che costituiscano delle risposte.
L’argomento più che “delicato”, andrebbe forse definito “scomodo”, come d’altronde lo è stato Papa BXVI! La centralità della coscienza rimane di primaria importanza e, senza dubbio, e oggi più che mai, di estrema attualità!!! Sempre dal Testo: ”c’è nell’uomo la presenza del tutto inevitabile della verità — di una verità del Creatore, la quale è stata poi anche messa per iscritto nella rivelazione della storia della salvezza. L’uomo può vedere la verità di Dio a motivo del suo essere creaturale. Non vederla è peccato. Essa non viene vista, solo quando e perché non si vuole vederla. Tale rifiuto della volontà, che impedisce la conoscenza, è colpevole. Perciò se la spia luminosa non si accende, ciò è dovuto ad un deliberato sottrarsi a quanto non desideriamo vedere……Abbiamo il compito di ricondurre la società ai valori morali eterni, cioè: il compito di sviluppare nuovamente nel cuore degli uomini l’udito ormai quasi spento per ascoltare i suggerimenti di Dio. L’errore, la “coscienza erronea”, solo a prima vista è comoda. Infatti, se non si reagisce, l’ammutolirsi della coscienza porta alla disumanizzazione del mondo e ad un pericolo mortale.”
Ma se non si sa cosa sia la coscienza erronea ( e quindi, nemmeno la coscienza tout-court ) come si fa a non seguirla? I casi sono molti.
Non tutti gli umani sono “pneumatici” o “psichici” (sotto il profilo morale), come queste parole sembrano sottintendere…ci sono anche- strano, ma fin troppo vero- gli “ilici” irrecuperabili.
Naturalmente queste sono denominazioni “classiste” da primo gnosticismo che danno molto fastidio all’egualitarismo cristiano, che però non ha saputo rispondere a tale “brutta” realtà.
“L’uomo può vedere la verità di Dio a motivo del suo essere creaturale. Non vederla è peccato”.
Questa mi sembra un‘affermazione gelidamente catechistica per la quale non vedere la verità di Dio “è peccato”. Ma chi può giudicare, per di più con una certezza sconcertante, ciò che accade in un’anima, o in una coscienza?
Se è vera (e non eccessivamente romanzata), la folgorazione di Paolo sulla via di Damasco non sembra sia accaduta ad un uomo che peccasse in “piena coscienza e deliberato consenso”. E nessuno vorrà affermare che Paolo ci ha messo del suo “vedendo la verità di Dio” e facendosi … scrupoli di coscienza pubblicani!
E qui ci ritroviamo davanti al Mistero di Dio che decide chi si e chi no. Non c’è concezione umana – e quindi non c’è dottrina – che possa penetrare tale Mistero e stabilire univocamente chi è santo e chi è dannato.
Altrimenti la trascendenza divina viene eliminata dalla coscienza … non erronea.
Questi Cattolici figli di Calvino…
E a lei chi glielo ha detto o come dare per scontato che la coscienza di Paolo ( il prima di Damasco), nel compiere così tante efferatezze contro i cristiani, ad un certo punto non gli demordesse, e non gli avesse già fatto ben comprendere la gravità, la gratuita ferocia contro esseri umani disarmati, inermi ed innocenti?!!! Ciò confermerebbe quanto detto da Papa BXVI, che “ il grido della coscienza…lo fa capace di verità e amore “, spegnerla o se preferisce non ascoltarla preclude ad ogni spazio divino di manovra, ed alla Verità stessa di essere accolta!
Mi scusi ma anche la sua è una supposizione, per di più influenzata dalla dottrina stabilita.
CHI può sapere in tutto e per tutto e giudicare cosa accade nella coscienza di un essere umano?
CHI sa con infallibilità cosa è successo nella coscienza di Paolo?
Le risposte “a tavolino” sono del tutto insufficienti.
La natura di un persecutore, di chi non sopporta che altri non la pensino come lui, non cambia mai.
Paolo da persecutore al soldo dei collaborazionisti romani, i sadducei, passa al soldo del campo contrario. Ora sta con i gesuani contro tutti gli altri. La spada di Paolo è l’emblema del suo carattere e dell’Istituzione Chiesa cristiana, romana da lui fondata.
Chi di spada ferisce, di spada perisce. E Paolo è l’emblema pietoso del detto di uno che mai aveva conosciuto e che si era ricostruito su misura propria come chiaramente dice quando difende “il vangelo di me secondo Gesù Cristo”. Il “suo” Cristo. Unto!
Il primo Inquisitore che giudica perfino gli angeli!
Quando si legge dei tre grandi impostori della Storia, il nome del secondo può legittimamente essere benissimo sostituito con quello di Paolo, tò moktheròs, come i suoi contemporanei lo hanno definito.
@Nippo.Supposizioni o meno, il discorso non. cambia di una virgola…la coscienza rimane un “dono” infallibile, da ascoltare o da rigettare,da soffocare, o mettere a tacere, e da cui passa e può concretizzarsi in pieno la stessa libertà umana. Il suo rigetto costituisce in ogni caso una colpa volontaria, che rimane tale pur non ponendo mai alcun “limite” al Potere Divino, cui Tutto è Possibile!Rimane comunque il fatto indiscutibile che una cieca ostinazione, trasformatasi in auto-giustificazione di se stessi in tutto e nel trovare ogni giustificazione al di fuori della verità, equivale ad un netto rifiuto ad accogliere la Verità stessa e decretare, in piena autonomia, volontà e libertà la propria condanna. La invito anch’io per un magistrale approfondimento e massima chiarezza espositiva a leggere il Testo completo di Papa BXVI.
Caro E.A.
“La coscienza …. rimane un “dono” infallibile, da ascoltare o da rigettare,da soffocare, o mettere a tacere, e da cui passa e può concretizzarsi in pieno la stessa libertà umana.”
Addirittura “infallibile”! Ma come può un onest’uomo ragionare a “botte d’infallibilità”?!!!…e mettere il termine dono tra virgolette ed il termine infallibile lasciarlo a briglie sciolte? Purtroppo può, ma appunto perché confonde sapere con fiducia.
” Il suo rigetto costituisce in ogni caso una colpa volontaria, che rimane tale pur non ponendo mai alcun “limite” al Potere Divino”.
Rigetto di che? Della coscienza che oso usare senza negare poteri superiori alla coscienza stessa?!
Suvvia un minimo di buon senso!
“Rimane comunque il fatto indiscutibile che una cieca ostinazione…”
Quale ostinazione?
“… al di fuori della verità, equivale ad un netto rifiuto ad accogliere la Verità stessa”
Quale “.erità”, visto che parli di due e le equipari pur equivocando su v e V?!!
“e decretare, in piena autonomia, volontà e libertà la propria condanna.”
Nessun umano sceglie il male, ciò che gli nuoce, se non fermamente convinto che tale scelta coscienziosa è invece un bene per sé. Altrimenti in cosa consisterebbe una “libera” scelta, dato ma non concesso che si possa parlare di libertà di scelta. Visto che l’uomo sceglie solo ciò che gli conviene e scarta ciò che gli costa qui e adesso. Ogni animal fa simili scelte!
Car* E.A.,
“scontato che la coscienza di Paolo…nel compiere tante efferatezze contro i Cristiani, ad un certo punto non gli demordesse…” Quindi, la coscienza- che lei intende sempre come la “buona coscienza”- di Paolo consisteva nel perseguitare i Cristiani? ( che ancora non si chiamavano, né erano chiamati tali, ma,
al più: Gesuani ).
Perciò, ad un certo (quale?) punto questa coscienza (buona) “demorde a lui”, ossia : viene meno, lascia la presa, desiste, cessa,(Treccani) e Paolo diviene “incosciente”.
Se le interpretazioni di quanto scritto da Ratzinger sono di tal fatta…povero Ratzinger.
Caro E.A., uccidere è un delitto non un peccato contro Dio.
Perché se è vero, come è vero, che vita e morte non solo sono indissolubili [CUI CONTIGIT NASCI INSTAT ET MORI], ma sono realtà create/volute dal Dio, l’uomo altro non può fare che ciò che fa Dio, la cui creazione se ebbe un inizio, quest’inizio è pur sempre e solo opera di Uno che opera sempre, come dice Gesù ebreo.
Il caos aumenterà se non si annulla il Vaticano 2, ci vuole Coraggio e Fede
Fare ed annullare! Cioè fare e pasticciare.
FACTUM INFECTUM FIERI NEQUIT. Mi sa che neppure un Dio lo può! Se è anche vero che il Padre di Gesù “opera sempre”.
Caro DINO BRIGHENTI, meglio sarebbe prendere le dottrine religiose e soprattutto quelle di supposta rivelazione come poesie di farse tragicomiche.
E piangere e ridere in unum. Piangere dalle risate o ridere dal pianto.