Caso Viganò. Perché Bergoglio si è Mosso soltanto Adesso? Guido Ferro Canale.
24 Giugno 2024
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’avvocato Guido Ferro Canale, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione alcune riflessioni sulla vicenda che vede come protagonista l’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Buona lettura e diffusione.
§§§
La recente notizia dell’apertura di un procedimento penale a carico di Mons. Viganò per l’accusa di scisma ha suscitato, oltre ad una reazione forte da parte di quest’ultimo, la prevedibile e comprensibile ridda di commenti. Non sentirei l’esigenza di aggiungere la mia voce al coro, se non fosse per alcuni punti che, almeno per quanto ho potuto vedere, non hanno ricevuto grande attenzione o non sono stati inquadrati correttamente, forse perché presuppongono una certa familiarità sia con il diritto canonico in genere, sia con la speciale materia dei delitti riservati al Dicastero per la Dottrina della Fede.
Ora, del decreto di apertura del procedimento, la parte più importante secondo me è il numero di protocollo.
Negli atti dei Dicasteri vaticani, infatti, esso non corrisponde al protocollo di uscita del singolo documento – nel qual caso sarebbe aggiunto in un secondo momento con un timbro, o altro metodo similare – bensì al numero della pratica. Il che significa che questo fascicolo è stato aperto solo nel 2024, sebbene Mons. Viganò rilasci dichiarazioni incendiarie ormai da diversi anni. Molti, in verità, si sono chiesti perché mai il Dicastero si muova proprio adesso o solo adesso, a seconda dei punti di vista. A mio parere, la ragione sta nel richiamo all’art. 1 §2 delle sue Norme di procedura (m.p. “Sacramentorum sanctitatis tutela” e successive modifiche e integrazioni): l’apertura di un fascicolo processuale vero e proprio richiede un mandato specifico del Romano Pontefice.
Ci sono pochi dubbi che il caso fosse sotto osservazione fin dall’inizio, ma quel fascicolo sarebbe un’altra pratica, con un altro numero di protocollo; una volta sopraggiunto il mandato, il suo contenuto è stato trasfuso nel fascicolo nuovo, come insieme di elementi di prova. L’eventualità, del resto, è espressamente prevista al n. 107 del Vademecum sulla procedura che, sebbene intitolato agli abusi su minori, sotto questi aspetti riguarda in realtà regole applicate a tutti i delitti riservati: “L’insieme di quanto sopra viene chiamato ‘prove’ perché, pur essendo stato raccolto in fase antecedente il processo, nel momento in cui viene aperto il processo extragiudiziale diventa automaticamente un insieme di prove.”. Del resto, è evidente che il Dicastero, per chiedere al Papa il mandato di procedere contro un Vescovo, deve pur presentargli elementi che ritiene tali da giustificare l’avvio di un processo: poco importa se li chiamiamo prove o no, devono almeno essere gravi indizi a carico.
L’importanza dei rilievi che precedono sta nel fatto che il numero di protocollo rispecchia l’avvenuta concessione del mandato, ma nulla ci dice su quando sia stato richiesto. Per quel che ne sappiamo, è perfino possibile che la relativa domanda pendesse da anni e che fosse stata ignorata fin qui; certamente sembra difficile immaginare fatti recenti che possano aver aggravato in maniera particolare la posizione di Mons. Viganò, così portando il DDF a presentarla ora. L’interrogativo generale, quindi, resta valido, ma credo che debba essere riformulato: non “Perché il Dicastero si muove solo adesso?”, bensì “Perché Bergoglio ha deciso di farlo muovere solo adesso?”.
Una delle possibili spiegazioni in cui mi sono imbattuto riguarda le voci secondo cui l’ex-Nunzio Apostolico si sarebbe fatto ri-consacrare sub condicione da Mons. Williamson, evidentemente al fine di collaborare con la sua “Resistenza Cattolica” proprio come Vescovo (e dunque ordinando, amministrando Cresime etc.). Egli non ha mai smentito e neppure confermato tali voci, che io sappia; ma l’ipotesi vuole che il Vaticano abbia acquisito di recente qualche prova del fatto, prima sconosciuta.
Credo che questa spiegazione non sia fondata.
Intanto, per quanto ne so, nessuna delle consacrazioni senza mandato compiute da Mons. Williamson o dai Vescovi consacrati da lui ha portato a provvedimenti romani dichiarativi della scomunica latae sententiae, né ad altre sanzioni purchessia: sarebbe molto strano che si reagisse proprio in questo caso, dove il fatto non è notorio e neppure indubbio. Inoltre, la consacrazione senza mandato è un delitto specifico, di per sé distinto dallo scisma, quindi la contestazione dovrebbe indicarlo a parte. Per giunta, non è affatto scontato che i fatti asseriti integrino gli estremi di quel reato: la fattispecie incriminatrice è volta ad evitare che qualcuno diventi Vescovo senza il consenso del Romano Pontefice, che, almeno secondo il diritto vigente della Chiesa latina, deve essere espresso in apposito atto scritto, detto “mandato” perché ordina che Tizio sia consacrato Vescovo (assegnandogli anche una sede, residenziale o titolare). Ma Mons. Viganò ha ricevuto un mandato del genere nel 1992, mandato che resta valido – come tutti gli atti di governo – anche dopo la morte del Papa che lo ha firmato: sarebbe assai facile sostenere che, eliminando un dubbio sulla validità della consacrazione, egli e i “ri-consacranti” non han fatto altro che rendere certo che il mandato pontificio fosse stato eseguito correttamente; tanto più che, supposto che il fatto sia avvenuto, si è evitata con cura ogni forma di pubblicità che potrebbe essere interpretata come un gesto di sfida alla S. Sede.
Proprio questa mancanza di pubblicità, peraltro, mi porta alla ragione che considero decisiva per escludere che la ventilata “ri-consacrazione” rientri nell’oggetto del procedimento: il decreto informa che l’indagine previa è stata ritenuta superflua; ciò significa che il Dicastero ritiene di disporre di solide prove documentali, poiché lo scopo dell’indagine stessa consiste nell’appurare se sia probabile che il delitto sia stato commesso – dalla verità alla certezza si passa mediante la fase successiva, in contraddittorio con l’interessato – e mi sembra difficile che, rispetto ad una voce non confermata né smentita dal diretto interessato, siano stati acquisiti agli atti elementi adeguati.
Ciò mi porta a spendere qualche parola sia sul tipo di procedimento avviato sia sulla presa di posizione di Mons. Viganò, che parla di “condanna già scritta” e non intende partecipare in alcun modo alla procedura stessa.
Innanzitutto, il lettore ha il diritto di non sapere, e di voler capire, cosa sia un “processo penale extragiudiziale”. In termini semplici, la differenza principale rispetto al processo che un po’ tutti abbiamo in mente è che non si tengono udienze: si tratta sempre di un processo, quindi – schematicamente – l’accusa dice la sua, basandosi sulle prove agli atti e sul diritto; la difesa ribatte, sulle stesse basi; e un soggetto terzo decide, non a capriccio e nemmeno secondo criteri di opportunità, bensì secondo il dettato della legge e il materiale probatorio. Solo che: 1) tale contraddittorio si svolge in forma scritta; 2) il provvedimento finale ha la forma di un atto amministrativo, non di una sentenza. Nondimeno, può essere il caso di precisare, resta un atto di applicazione del diritto e può essere impugnato.
Ora, il Codice vorrebbe che il processo penale giudiziale fosse la regola, l’extragiudiziale l’eccezione (cfr. can. 1342 §1); nella prassi è vero piuttosto il contrario, per molte ragioni, e la stessa legge speciale amplia le possibilità di utilizzo della via extragiudiziale presso il DDF. La ragione principale è che il contraddittorio scritto costituisce la forma più sensata per la celebrazione di un processo che, di regola, approda a Roma dopo che le prove sono già state raccolte in sede locale e dopo che è stato emesso un primo giudizio; anche quando il Dicastero proceda direttamente – come in questo caso, anzi, a termini di SST art. 1 §2, in tutti i casi che riguardano Vescovi – la forma scritta, evitando onerosi spostamenti al personale o alle parti, è tanto più raccomandabile quanto minore l’esigenza di sentire testimoni, ispezionare luoghi o compiere attività analoghe. In particolare, non solo la prassi, ma anche i canonisti ritengono superfluo il processo giudiziale quando il fatto contestato, nella sua materialità, sia notorio.
Su queste premesse, mi sembra piuttosto chiaro che Mons. Viganò – che, se non vado errato, è dottore in utroque iure, quindi anche in diritto canonico – ha torto quando afferma che la scelta del processo penale extragiudiziale dimostra di per sé che la condanna è già scritta. Qui diventa cruciale una distinzione che spesso tende a sfuggire: un conto sono i fatti, tutt’altra faccenda la loro valutazione morale o giuridica. Che, generalmente parlando, Mons. Viganò abbia contestato la legittimità di Bergoglio come Pontefice, rotto la comunione con lui e rifiutato il Concilio Vaticano II è notorio, indiscusso e, anzi, rivendicato da lui stesso come un merito: in questo senso, appare difficile dissentire dalla scelta di considerare superflua l’indagine previa. Dove c’è, invece, o ci dovrebbe essere ragionevole margine per un contraddittorio – al di là dei singoli specifici episodi che dovrebbero suffragare l’addebito di scisma (e su cui, allo stato attuale, non siamo informati) – è sul piano della qualificazione giuridica dei fatti in parola.
Non solo: per le “condanne già scritte” esiste una procedura apposita, quella di cui all’art. 26 SST. Quando il Dicastero ritiene che “const[i] manifestamente il compimento del delitto” (non solo del fatto, si badi, ma del delitto in tutti i suoi elementi giuridici, incluso il dolo) e che il caso sia “di particolare gravità”, può proporre direttamente al Papa di ridurre allo stato laicale il chierico sotto processo, dopo avergli comunque data la possibilità di difendersi. Almeno per il momento, e quali che possano essere i motivi (compreso magari l’intento di evitare o rimandare un coinvolgimento diretto di Bergoglio, che è il “giudice naturale” di tutti i Vescovi), questa carta resta nel mazzo.
Naturalmente, Mons. Viganò potrebbe avere ottime ragioni per considerare sospette le persone di coloro che saranno chiamati a giudicarlo. E difficilmente si può immaginare che dal Palazzo del Sant’Uffizio esca una pronuncia di assoluzione. Ma, con tutto questo, non mi sento di condividere la sua scelta di non partecipare al procedimento, quando invece, a mio avviso, sia Mons. Viganò sia la Chiesa avrebbero solo da guadagnare. Quanto alla sua persona, egli priverebbe la condanna di un argomento facile e di forte presa, che il suo atteggiamento di pubblico, sprezzante rifiuto nei confronti del Tribunale costituisce la miglior prova che egli è uno scismatico; e se fin qui potrei anche fare spallucce e dire “Affari suoi”, lo stesso non vale per le difese che potrebbe addurre e su cui sarebbe interesse generale che il Dicastero dovesse prendere una posizione ufficiale, nero su bianco. In particolare:
- il delitto di scisma consiste nel rifiuto di sottomissione al Romano Pontefice (cfr. can. 751; non mi sembra applicabile al caso l’altra ipotesi ivi prevista, cioè il rifiuto della comunione con coloro che al Papa sono soggetti), ma gli autori escludono che sia tale la contestazione sulla legittimità dell’elezione, almeno quando sussista un dubbio probabile o non si tratti di un chiaro pretesto; per condannare Mons. Viganò, quindi, il Dicastero dovrebbe escludere non solo che sussistano ragionevoli margini di dubbio in proposito, ma anche che egli potesse incolpevolmente ritenerli tali;
- è innegabile che egli abbia “rotto la comunione” con Jorge Mario Bergoglio, se con ciò si intende riconoscere come atti del Romano Pontefice quei suoi atti che dovrebbero appunto essere ufficiali; tuttavia, nella misura in cui ciò dipenda dal dubbio sulla sua valida elezione (vuoi riferito alla rinuncia di Benedetto XVI vuoi al “vizio del consenso” del neo-eletto), vale quanto detto sopra, mentre se dipende dalla nota tesi secondo cui il Papa eretico perderebbe ipso factol’ufficio ricoperto, il Dicastero dovrebbe necessariamente escludere, non solo che Bergoglio sia un eretico, ma anche che possa ragionevolmente sembrar tale;
- infine, ma non esattamente da ultimo, in sé l’addebito di “rifiuto del Concilio Vaticano II” non ha nulla a che fare con il delitto di scisma, perché quest’ultimo – come detto – consiste semplicemente nel rifiuto di sottomissione al Romano Pontefice, mentre il Dicastero, nel decreto, sembra trattare come tale una più generica “rottura della comunione” con il Papa; altrimenti detto, lo scisma corrisponde alla rottura di uno solo dei tre vincoli in cui si articola la comunione ecclesiastica (cfr. can. 205), quello dell’unità di governo sotto un solo Pastore, mentre i disaccordi dottrinali rompono la comunione solo se arrivano al livello dell’eresia vera e propria; se non vado errato, la posizione ufficiale di Roma è che il Vaticano II, non avendo pronunciato dogmi, di per sé impegni solo l’autorità del Magistero autentico (cfr. can. 752); ma, per definizione, il dissenso da tali atti, anche quando sia del tutto ingiustificato, non costituisce eresia e, si può aggiungere, ancor meno scisma, infatti è punito come delitto a sé stante (vecchio can. 1371, attuale can. 1366), oltretutto con una pena meno grave; il Dicastero dovrebbe, quindi, spiegare molto, ma molto bene perché mai quello che normalmente non costituisce scisma verrebbe, nel caso concreto, ad essere quantomeno una sua “figura sintomatica”, per così dire.
Qualcuno può dubitare dell’importanza di vedere simili questioni poste, discusse e affrontate?
Se poi la motivazione del provvedimento di condanna fosse men che precisa su uno qualunque di tali tre punti, Mons. Viganò avrebbe, ex post, ben altre ragioni per denunziare la pronunzia come già scritta. Invece, la posizione da lui assunta una volta ricevuto il decreto mi sembra particolarmente deleteria per la posizione di qualcuno che, salvo mio errore, sulla valida elezione di Bergoglio si è espresso (diversamente p.es. dal noto Minutella) in termini di dubbio e non di certezza, visto che nel dubbio si presume la legittimità, non il suo contrario, a maggior ragione quando non si tratti di comparire dinanzi a Bergoglio in persona, bensì al Dicastero.
Ci si può chiedere, in realtà, se gli sarebbe stato moralmente possibile assumere un atteggiamento diverso: uno degli effetti più disastrosi dello sviluppo di Internet e dei social come canali attraverso cui ogni “personalità cattolica” di un certo spessore nel variegato mondo degli opinionisti si forma una “base” di seguaci consiste, a mio parere, nel rischio molto concreto che di quella stessa “base” gli interessati rimangano prigionieri. La massa, anche o forse soprattutto quando sia spinta da motivazioni religiose, brama un eroe senza macchia e senza paura, un Bianco Cavaliere che cavalca verso la guerra totale, “verso la rovina e la fine del mondo”; chiunque offra qualcosa di meno verrà ben presto surclassato su un mercato dove la competizione per le coscienze, nonché per le donazioni, è serrata. Ma la massa è una cosa, la Chiesa un’altra, di ben diversa importanza. E per la Chiesa, purtroppo, visto che ormai sembra piuttosto sicuro che i predetti punti non verranno affrontati, questa è un’occasione persa.
Genova, li 22 giugno 2024
Guido Ferro Canale
§§§
IBAN: IT79N0 200805319000400690898
BIC/SWIFT: UNCRITM1E35
§§§
Condividi i miei articoli:
Tag: bergoglio, ferro canale, scisma, vigano
Categoria: Generale
Ferro Canale non capisce che Viganò non può mandare una memoria difensiva ad un Dicastero di cui non riconosce l’autorità, perché se lo facesse riconoscerebbe implicitamente tale autorità.
Mi sembra che tutto l’articolo sia abbastanza ingenuo, un po’ scollegato dalla realtà in genere, ma anche e soprattutto dalla situazione vaticana attuale, in cui il diritto canonico viene costantemente calpestato oppure usato a senso unico come clava per bastonare quei cattivoni che non si prostrano al nuovo messia JMB e al suo turiferario TBM (Tucho Besame Mucho).
Matteo, 20:
«Che cosa vuoi?».
Gli rispose: «Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù:
«Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?»
– – –
Con la mia esperienza in diritto amm. vo e con i vv organi della P.A., l’aver rapprensentato spesso la P.A., (anche in giudizio) la mia conoscenza di avvocati, di magistrati, della Corte dei Conti, della Avvocatura dello Stato, delle Procure e Tribunali, compresi quelli militari, (…escuse eccezioni, se ce ne sono ancora), dico per voi amici del blog sicuramente qualcosa più e forse più sentita e vera di molti articolisti, se siete in grado di giovarvene e di sentirvene degni.
Cosa c’entra (ehi, qui ci sta l’apostrofo!) la P.A., la magistratura o il diritto italiano col penale canonico? Forse niente, forse molto ma qui non ci sta chi possa e riesca a contraddirmi. E non potrebbe perchè gli uomini, avvocati, giudici e imputati restano uomini, corruttibili,anzi spesso ben corrotti, vili, in gran parte con un animo peccaminoso e tanto ignoranti (nonostante i titoli) quanto presuntuosi e… la legge? La norma rimane una opinione di cui non v’è mai certezza che venga onestamente applicata erga omnes, ma solo agli amici. Questa è la vera realtà nei processi davanti al Tar, dabanti al giudice ordinario, davanti alla C.d.C., davanti alla Corte di giustizia ecclesiastica: non il diritto e l’innocenza contano ma se sei un amico degli amici!
Ebbene, prima di dir la mia, vi dico che l’articolo è un classico esempio per lettori ingenui, esempio di diarrea dialogica, ovvero logorroico senza grande contenuto: tanto parlare per dire a malapena tre, forse due concetti e pure di poca valenza, insomma una “broda lunga”.
Questa è la merce legale, se vi troverete a cercare un avvocato che possa siutarvi a far valere le vs ragioni, questo è ciò che trovate al supermarket del diritto: tante parole, moltissime chiacchiere, pochi concetti, pochissime soluzioni e infima capacità giuridica e per di più strafottenza per ciò che passa il cliente rappresentato, cioè che passa m.Viganò, per quanto sia eretico sin nelle midolla. Conclusione? Questo è un articolo ma con pochi concetti: aria fritta sull’argomento “protocollo”, completa disconoscenza della dottrina cattolica, completa ignoranza della storia della Chiesa, incapacità di vedere oltre degli articoli di legge, ulteriore ignoranza del principio “papa dubbio papa nullo” e la più completa strafottenza di ciò che subisce m.Viganò, stanco ed anziano nel suo cuore e nel fisico.
A parte il fatto che fra tante chiacchiere questo legale (“legale” non significa idonea capacità difensiva) dimentica di dire che un procedimento stragiudiziale NON puo concludersi con una scomunica: cosa molto importante! E inoltre direi che l’unica cosa che ha una (minima) importanza nel prolisso articolo (o si dice prolasso?) è questa frase:
“per le difese che potrebbe addurre e su cui sarebbe interesse generale che il Dicastero dovesse prendere una posizione ufficiale”.
Frase che avevo, ma molto meglio, detto io in un prec. post consigliando m.Viganò a comporre memorie difensive nelle quali spuxxanare (si può dire?) Bergoglio. Questa modus difensivo anesso ad una pubblicità per la opinione pubblica congelerebbe le mire intimidatorie di Bergoglio… ma questa mia è una visione da “avvocati” che dei principi umani non sanno cosa farsene. A loro interessa confrontarsi sulle spalle e sulle sentenze che subiranno gli altri: la verità è secondaria, anzi chi usa la verità perde in giudizio!
Al contrario dell’autore di questo articolo, però a me piace notare che m.Vigano non ha alcun interesse a bloccare il sistema che lo porterebbe (comunque) alla condanna ma sembra far valere il principio che Bergoglio e il sessopatico Fernandez non hanno su di lui alcuna autorità: l’uno falso Papa e l’altro falsa longa manus di un regime dittatoriale.
Sapete perchè?? Perchè chiaramente Viganò dice che questa gentaglia non ha ( anche per noi) alcuna autorità!
A condizione che Viganò sia davvero innocente e non una volpe che ha saputo sfangarsela in tutti questi anni si potrebbe dire che, se la condanna di Viganò sia stata già decretata , la cosa più importante sarebbe subirla per martirio spirituale che sicuramente produce più frutti di un procedimento, per altro amministrativo e non soggetto a pubblicità, anzi completamente riservato, che finisca pure con l’assoluzione.
Qualcuno dirà “tutto studiato e deciso a tavolino” sia dagli accusatori sia da Viganò. Può essere benissimo e lo si sospetta fortemente (e lo credo anche io ma per onestà applico il principio che la innocenza e la buona fede deve essere sempre garantita e presupposta) ma comunque vincerà non una sentenza bergogliana e neanche una intelligente mossa viganiana anche se opportunistica.
No, comunque finisca, vincerà la verità, che potrà anche non essere onorata ma tutti noi la vedremo e la capiremo, e chi ha orecchie la udrà
Vorrei sperare, per amore di un consacrato, che m.Viganò capisse, anche perchè è vecchio e non camperà a lungo, che un falso papato può essere un motivo di vero martirio e che, in questa rarissima possibilità elettiva per lui, bisogna essere davvero essere tutto per il Cristo e non attori opportunisti.
Mi avete almeno voi compreso amici? La verità è il nostro Dio e chi di voi non desidera morire nel gridarla? Dobbiamo essere però puri ed immacolati per essere scelti martiri.
Vi abbraccio tutti.
Perché l’avv Ferro Canale non esamina la questione dirimente dell’istanza depositata in tribunale appena due settimane prima? Mi pare ovvio che faccia parte di una strategia difensiva, no? Attaccare Viganò per mettere tutto nello stesso calderone e vincere facile.
L’avvocato l’ha esaminata da tempo. C’è il link in questa stessa pagina. Fa finta di non averlo visto?
Perché ha ricevuto disposizioni a G7!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/
Mi farei piuttosto un’altra domanda: la notifica via mail della convocazione e del procedimento è da considerarsi valida, nel senso che essa da’ la certezza giuridica della legittima provenienza e dell’esattezza del contenuto?
La risposta è no.
La mail non ha né può fornire la certezza giuridica di quegli elementi (e neppure, di norma, dell’effettiva conoscenza da parte del destinatario, cosa qui invece confermata dallo stesso monsignor Viganò che imprudentemente ne ha reso pubblico il contenuto, sanando così quel ulteriore vizio di nullità).
Perché dunque depositare le proprie difese o presentarsi, sanando così i vizi di un procedimento che rimane invece in questo modo invalido e suscettibile di fondata impugnazione e soprattutto resta in questo modo insanabilmente nullo?
A mio avviso bene ha fatto monsignor Viganò a non presentarsi, e credo che anche lui abbia ben presenti tali aspetti.
E se fosse una pec ?
Nell’articolo di denuncia si parla di mail non di PEC e dubito fortissimamente che monsignor Viganò abbia la PEC per ragioni che dovrebbero essere note.
Confermo: l’articolo con la dichiarazione di monsignor Viganò parla testualmente di “semplice mail”. Vale pertanto quanto già scritto: la notifica ha i vizi di validità sopra descritti e certamente monsignor Viganò lo sa: altrimenti non avrebbe neppure rimarcato che si trattava di una “semplice mail”.
Ma ha poi tutta questa importanza stabilire se si tratti di una mail o di una PEC, se lo stesso Viganò si è espresso così chiaramente? La sua scelta meriterebbe rispetto e non il coinvolgerlo in strategie che, evidentemente, non lo interessano affatto.
Guardi che è proprio monsignor Viganò ad aver sottolineato il fatto che gli sia pervenuta una “semplice mail” ed è sempre lui a parlare di un “processo farsa”. Se le parole hanno un senso ..
Non ritengo che lei abbia l’esclusivo dono di interpretare le intenzioni di Viganò.
E poi, mi permetta: secondo lei una notifica (quindi l’avvio di un processo) per l’accusa di scisma è davvero una cosa irrilevante, per cui potrebbe iniziare con una “semplice mail” o persino con un messaggino whatsapp? E ci meravigliamo di come vanno le cose nella Chiesa….
Forse mi sono espressa male. Intendevo dire che, da quanto lui stesso ha detto, Viganò non è interessato al processo perché non riconosce quel tribunale, espressione della Chiesa conciliare di cui lui non vuole essere parte. Non interpreto il pensiero di Viganò: è ciò che ha detto lui!
La mail è un fatto secondario rispetto ad una decisione così radicale (e, immagino, sofferta per un uomo di Chiesa). Poi, certo, è una comunicazione un po’ irrituale, ma, pensandoci bene, può anche essere dovuta al fatto che il luogo di residenza di Viganò non è conosciuto (a quale indirizzo spedire la raccomandata?). Una PEC sarebbe stata meglio, ma avrebbe cambiato poco.
Cosa vuoi dire? Che la mail è fasulla e doveva finire nelle SPAM ?
La fantasia galoppa, ma la realtà rimane nella m***a.
Non si inoltri in sabbie mobili; ci fa solo brutta figura.
Grazie all’avvocato delle precisazioni.
In effetti se Viganò, pur non riconoscendo autorità al Dicastero e ai suoi ufficiali, inviasse una memoria difensiva e costringesse il Dicastero ad argomentare in punta di diritto (ma lo faranno poi davvero?) sarebbe anche questa una vittoria, seppur parziale. Tuttavia abbiamo già conosciuto la spudoratezza con cui certi personaggi bergogliani calpestano, oltre che la Verità, anche il principio di non contraddizione, cosa inconcepibile per la vera scienza giuridica.
Avvocato, lei in astratto ha ragione. In concreto, però, pensa davvero, visto il precedente processo/farsa al card. Becciu, che il Dicastero si prenderebbe il mal di pancia di rispondere in modo esaustivo alle questioni da lei sollevate, oppure si limiterebbe al nostro “,Dagghe a u bagun” (Dagli allo scarafaggio)?
Ormai, con questo pontificato, il diritto nella Chiesa è cosa assai aleatoria e, visto l’appoggio mediatico pressoché incondizionato di cui gode Francesco, sarebbe facilissimo fagocitare Viganò, facendolo passare per un esaltato, un pazzo o un disonesto, come è già accaduto ai tempi delle rivelazioni su McCarry. Con questo, non prendo posizione sul suo operato, ma sono d’accordo con lui sul fatto che qualunque processo oggi equivarrebbe ad uno di quelli celebrati nei Paesi dell’Est al tempo dell’Urss.
Interessante la descrizione del processo canonico ma forse hanno ragione i parolieri che inondano di stornelli il blog di Valli.
“La massa ama un eroe senza macchia e senza paura…”
Vero: ma ancor di più ama l’eroe trasformato in vittima.
In ogni caso, mi pare che Gesù,- pur allenato alla dialettica in uso tra Farisei, Sadducei, Ebioniti, Samaritani ecc…- se avesse avuto il sospetto che la predicazione della sua Buona Novella si sarebbe trasformata in un “foro” dottrinale talmente profondo da far concorrenza a quello del vecchio Tempio (e da superarlo ai punti), mi pare, -ripeto- che avrebbe fatto voto di mantenersi in silenzio a vita.
Articolo davvero interessante e pacato, pur se l’autore sembra rammaricarsi.
Segnalo un altro dotto articolo dell’autore, che spazza via in punta di diritto (e di conoscenza storica) alcune note e dannose stupidaggini. Sorprende che gli autori di tali stupidaggini si siano avventurati in istanze a dir poco temerarie pur essendo l’articolo che segnalo disponibile da tempo su internet… Ma forse la finalità dell’istanza non è quella di fare chiarezza. Mi auguro che chi ha promosso questa assurdità si assuma, poi, la responsabilità delle sue azioni, eventualmente anche “in solido”.
https://www.radiospada.org/2023/01/la-rinuncia-di-benedetto-xvi-la-parola-ad-un-giurista/
Cara Balqis,
grazie… Però, che tristitia, che avvilimento ridurre il ciceroniano Officium da dovere morale a definizione legislativa del Codice ecclesiastico.
Mi sembra che la vera questione centrale é evidenziata dall’autore con queste parole:
(..) sta rinunciando ad un ufficio, che è soltanto uno dei modi in cui un sacro ministro può assolvere al dovere di servizio che in lui è ontologico, in forza del carattere sacramentale, e sta a monte delle determinazioni giuridiche. Insomma, è proprio il contesto stesso della Declaratio a precisare in che senso vada e non vada inteso ministerium.
Evidente che al carattere sacramentale episcopale in quanro trasformazione ontologica non si puó rinuciare.
Con buona pace dell’esercito di canonisti fai da te che straparlano di munus ministerium e diritto canonico
Il problema è che alcuni novelli Le Bon per almeno due anni si sono cinicamente approfittati del senso di frustrazione ed inadeguatezza di quanti, per i più vari motivi, non hanno avuto la possibilità di studiare.
Se per noi e’ difficile sapere sè Vigano’ sia stato riconsacrato o no , non lo e’ certo per Bergoglio che , da buon gesuita, tiene sotto stretto controllo ĺa maggior parte dei vescovi dissidenti . Ovviamente parlare di dissidenza e’ riduttivo ma spero vogliate perdonare la mia ignoranza di diritto canonico.
Le vie degli eretici neo-modernisti sono criptiche per natura.
Ricordando quel che disse alcuni anni fa il francese socialista Hollande, e cioè che (vado a memoria) “se credi nella Repubblica, ad un certo punto devi passare dalla Massoneria” (cosa che può valere non solo per la Francia). Speriamo che non sia diventato così anche per la Chiesa cattolica.
Detto con semplicita’, nei primi secoli della Chiesa ci fu un tale , un certo Marcione, che desiderava semplificare iĺ cristianesimo nascente semplicemente cancellando il Vecchio Testamento. Marcione fu considerato eretico.
Sembra che Bergoglio , lo scorso mercoledi’ abbia affermato che non tutti i salmi sono adeguati al mondo d”oggi.
Si potrebbe forse accusare Bergoglio di Marcionismo ?
Non sembra ma è vero. Riporto testualmente le sue parole :
–Non tutti i salmi – e non tutto di ogni salmo – può essere ripetuto e fatto proprio dai cristiani e ancor meno dall’uomo moderno. Essi riflettono, a volte, una situazione storica e una mentalità religiosa che non sono più le nostre.–
Che questo sia marcionismo (e dai con gli ismi ) o no lo lascio dire ad altri.
Grazie del sostegno.
😇
Gesù intervieni presto!