La Guerra NATO-Russia: Quale Strategia per l’Italia? Laporta.

21 Maggio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, per una volta rompiamo la regola che cerco di impormi di non lavorare la domenica perché il generale Piero Laporta offre alla vostra attenzione questa spassionata analisi sulla situazione della guerra, e sul nostro sciagurato Paese in essa. Buona lettura e diffusione.

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QUALE STRATEGIA PER L’ITALIA

Le notizie svolazzanti sulle nostre teste, sulla guerra della NATO contro la Russia, sono (paradossalmente, ma non troppo) insignificanti allo scopo di stabilire qual è la strategia conveniente agli interessi nazionali italiani – non della NATO o della UE, né degli USA e tanto meno della Russia – ma conveniente solo agli interessi nazionali dell’Italia.

Nelle scorse puntate abbiamo dato una definizione di «Interesse Nazionale: tutte le risorse – materiali e immateriali – concorrenti alla sicurezza sociale, alla sicurezza economica, alla sicurezza personale». Sarebbe possibile dimostrare che la sicurezza militare è inclusa nelle tre grandi sicurezze che producono “Interesse nazionale”. Risparmiamo al lettore una noiosa dissertazione e ricordiamoci che poi abbiamo dato una definizione operativa di «Strategia: l’arte di conservare la libertà di decisione».

Quanto avvenuto negli anni, in particolare dal Trattato di Maastricht in avanti, ha segnato la completa spoliazione della libertà di decisione dell’Italia in quanto Paese sovrano, quindi la sua fine quale soggetto strategico, imploso in mero gregario delle strategie altrui.

In precedenza avevamo messo nelle mani della NATO la sicurezza militare, con una decisione “strategica” giustificata dalla contrapposizione militare col Patto di Varsavia. Crollata l’Unione sovietica, il 25 Dicembre del 1991, la NATO non avrebbe avuto ragione di continuare a esistere. Piuttosto sarebbe stata opportuna – quanto meno più congrua – l’integrazione militare dell’Unione Europea, di pari passo a quella economica.

Fra il 2008 (prima crisi bancaria statunitense) e il 2012 (la defenestrazione di Gheddafi) anche il più ingenuo ha dovuto rendersi conto che: 1) da un lato gli USA utilizzavano la NATO e la UE come pattumiere per ripulire la propria politica monetaria e di sicurezza; 2) d’altro canto Germania, Gran Bretagna e Francia, senza rinunciare al proprio “Interesse Nazionale”, scaricavano sulla UE – e soprattutto sulla Grecia e sull’Italia – le conseguenze di tale perversa asimmetria.

La Germania, in particolare, si adattò alle pretese statunitensi costituendo con la Russia e con la Cina un collettore commerciale e finanziario, del quale beneficiava la Germania, il BENELUX e i paesi Scandinavi; le briciole arrivarono pure all’Italia e non erano briciole di cui si poté fare a meno.

Prima la pandemia e poi la guerra NATO-Russia hanno fatto saltare tutti questi precari equilibri. A ben vedere la crisi era annunciata fin dalle guerre balcaniche e con l’Iraq, motivate con fanfaluche come l’«autodeterminazione» (poi negata alla Crimea e al Donbass) e con le inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.

In realtà si dava l’assalto alla fortezza orientale e a quanto rimaneva del vecchio impero sovietico e, allo stesso tempo, si voleva controllare il petrolio irakeno (giacimenti inferiori solo a quelli sauditi e mai sfruttati in pieno) per tenere il “barile” agganciato a una ragionevole (ragionevole per i petrolieri statunitensi) quotazione del Dollaro; meccanismo, quest’ultimo impostatosi con la guerra di Yom Kippur del 6 Ottobre 1973, una guerra finta coi morti veri.

Alla fine della giostra, mentre Donald Trump ha mostrato la volontà di negoziare con la Russia e con la Cina un equilibrio sostenibile, Joe Biden rappresenta la piattaforma militare industriale-petrolifera, decisa a mettere le mani su tutte le ricchezze del Pianeta, incluse quelle della Russia e dell’Africa, dove però Cina e Francia si frappongono.

La Gran Bretagna è uscita dalla UE per seguire le cricche dei Bush-Clinton-Biden in questa avventura, rompendo una quantità di equilibri faticosamente raggiunti dalle guerre napoleoniche in poi.

Il consorzio USA-Gran Bretagna, propugnando un governo mondiale offre due certezze: 1) conferma la vocazione alla dittatura (il nazismo, che non è il fascismo, ha una potente radice anglosassone); 2) assicura l’inadeguatezza della NATO e della UE per garantire la difesa degli interessi globali delle nazioni che hanno avuto la ventura di aderirvi. In due parole: “crisi permanente”.

Come dicemmo nelle scorse puntate, il potere controlla le “risorse” e il “consenso”. Il potere globale che si vorrebbe instaurare non ha il controllo globale delle “risorse” e deve manipolare il “consenso”, mediante espedienti lessicali, propagandistici, terroristici. In tre parole “un castello di carte” inesorabilmente vocato al fallimento, che si vorrebbe imporre come i despoti i propri idoli e la propria sacra persona.

La guerra NATO-Russia è caratterizzata da tre postulati: 1) Vladimir Putin non può perdere; 2) Joe Biden non sa come vincere; 3) il mondo deve mantenersi indifferente alla propria sicurezza, in attesa che Mosca e Washington finiscano lo scontro.

Se Atene piange, Sparta non ride. La tenuta del fronte interno a Mosca è un’incognita, la cui soluzione, quale che sia, vedrebbe la Cina entrare pesantemente in gioco anche al di qua degli Urali. Non è una bella prospettiva.

Che cosa deve fare l’Italia? Nulla. Non è del tutto negativa tale condizione, se ci riflettiamo. La nostra situazione è quella di “vaso di coccio” nel G7 (e nel G20) fra vasi di acciaio temprato.

Quello che distingue la maggioranza dall’opposizione è che Giorgia Meloni obbedisce a Washington (e non potrebbe fare altrimenti) mentre Elly Schlein è sull’attenti davanti a Georgy Soros, Charles Schwab e le cerchie sioniste anticattoliche. Non è poi così male per l’Italia, a ben rifletterci, il potenziale scontro fra i padroni delle due signore.

In queste condizioni l’interesse nazionale italiano esige che i grandi continuino a farsi reciprocamente male, quanto più è possibile. Solo così potremmo risalire la china nella quale siamo precipitati dal 1978, prima lentamente e infine senza freni.

È ben chiaro che la guerra sia diventata insostenibile per ambedue i fronti e, proprio per questo, hanno ordinato al disciplinato Bergoglio di tentare una mediazione. L’Italia non ha d’altronde alcuna possibilità d’arrestare questa guerra e anzi, quanti più danni causasse a Biden, a Carlo III, a Putin e alle loro cerchie tanto più il peso italiano crescerebbe relativamente.

Il vero problema in questa strategia (che è una via obbligata) è l’assenza di politici per ora in grado di perseguirla. D’altronde dobbiamo ricordare l’impresa di santa Giovanna d’Arco, una contadinella analfabeta di sedici anni, che salvò la Francia e poi finì sul rogo. Per ora abbiamo solo gli analfabeti e molti che accenderebbero volentieri più d’una pira; accontentiamoci e speriamo in Nostro Signore.

Cristo Vince nonostante Biden, Putin e Carlo III.

www.pierolaporta.it

Gen. D.g.(ris.) Piero Laporta

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5 commenti

  • nuccioviglietti ha detto:

    Stare con vincitore… arte in cui primeggiamo da secoli!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • ugo bazzotti ha detto:

    Buongiorno Generale. Leggo sempre con particolare interesse le Sue analisi, mai banali sulle quali sarebbe necessario soffermarsi, comprenderne le ragioni o quantomeno alimentare un dibattito.
    Dibattito ? Ma per favore; e quali sono o sarebbero gli uomini, o le donne, in grado di accendere anche un vis polemica ?
    Mancano Andreotti, Craxi, De Michelis e tutta una congrega di canaglie politicamente attrezzate e con la schiena diritta.

    • Piero Laporta ha detto:

      Quelli da lei citati, oltre ai Cossiga, i Berlinguer, gli Amato, i Prodi, gli Agnelli, i Ciampi sono alla radice dei guai attuali.

      • Kira ha detto:

        Praticamente tutti, tranne La Porta 😂

        • Davide Scarano ha detto:

          Effettivamente il consenso a Maastricht ed all’Euro fu pressochè unanime. Unica eccezione, evidentemente non vincolante perchè Berlusconi inaugurò la cosiddetta “seconda repubblica” con la doppia coalizione, una al nord e l’altra al centro sud, fu la Lega di Bossi.