Quando a Sinistra Difendere i Gay non era Politically Correct.

19 Maggio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Antonello Cannarozzo, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sullo spostamento che la sinistra, e in particolare quella che si ispira al comunismo, ha compiuto verso l’omosessualità. Buona lettura e diffusione.

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Quando nella sinistra difendere i gay non era politically correct

 

Antonello Cannarozzo

 

Da parte della intellighenzia sinistrese è ormai un susseguirsi di lodi sperticate in favore di Elly Schlein e, come dei nuovi ‘laudatores’, sono pronti a decantarne l’intelligenza, la sagacia, il politically correct e di come il PD stia risorgendo, dopo anni di smarrimento, grazie all’ impegno di questa giovane donna nel voler abbracciare, oltre i lettori di Vogue, anche la causa omosessuale contro una presunta forma di discriminazione che ancora oggi subirebbero coloro che hanno una diversa visione della  sessualità.

Su questo argomento ricordiamo la sua celebre frase «Si, sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre, ma non per questo sono meno donna perché non siamo uteri viventi»pronunciata durante la sua campagna elettorale per la segreteria del Partito Democratico.

Certamente uno slogan d’effetto, più che un progetto politico, ma ugualmente efficace per distinguersi ed affermare il valore della diversità, oggi unico vero caposaldo, a quanto pare, della politica dei democratici che, secondo una recente vulgata, è da sempre una battaglia nel Dnadella sinistra, non solo la difesa dei diritti dei proletari (categoria ormai in via di estinzione, ndr), ma proprio degli omosessuali in primis.

Peccato, per loro, che la storia racconta un’altra verità.

Se questa è la moderna sinistra, incarnata oggi, dal Partito Democratico e dalla sua giovane segretaria, non dimentichiamo che le sue radici affondano nell’ ingombrante storia del Partito Comunista Italiano, il più importante tra i Paesi occidentali nel secolo scorso.

All’epoca vigeva ciò che potremo definire una specie di “bigottismo civile” nel partito di Gramsci dove la morale, almeno in apparenza, doveva essere adamantina per non sconvolgere i compagni e, soprattutto, non fornire il fianco a critiche da parte degli avversari.

 

Maria Goretti esempio per le giovani comuniste

Pensiamo a due illustri predecessori dellaSchlein, Palmiro Togliatti e un giovane segretario della gioventù comunista, Enrico Berlinguer, i quali nel lontano 1953, ancora vivente Stalin, indicavano niente meno: «Quale modello di virtù e il suo coraggio nel difendere la propria purezza» una giovane, martire della castità, santa Maria Goretti, salita agli onori degli altari solo due anni prima: insomma, un esempio da seguire per le ragazze militanti comuniste.

Oggi, dove l’impudicizia è diventata la norma, sarebbe certamente uno scandalo citare la purezza come un valore, considerata ormai quasi alla stregua di un vizio o di un disturbo mentale, ma la sinistra d’allora era una cosa seria dove nel suo codice politico vigeva la lotta di classe contro lo sfruttamento delle masse operaie, ma per quanto riguardava la sfera sessuale era peggio del tanto vilipeso Torquemada.

Ne sapeva qualcosa la futura presidente della Camera, Nilde Iotti, che dovette nascondere il suo legame affettivo con l’allora potente segretario del partito,Palmiro Togliatti che, ancora legalmente sposato, viveva con lei in maniera uxorio, nascondendo per anni la loro vita privata a via delle Botteghe Oscure, sede del partito.

L’argomento sesso, dunque, non era solo un tabù formale, ma politico, in quanto solo il parlarne era considerata una forma di ‘libertinaggio borghese’ così come l’adulterio, per non parlare poi dell’omosessualità, simbolo della “decadenza capitalista” tanto che i comunisti di allora ne erano talmente scandalizzati da guardare a coloro che avevano questa tendenza, con disprezzo e dura condanna.

Ancora nel 1979, Antonio Roasio, tra i fondatori del Partito comunista a Livorno, criticava l’Unità per «l’eccessivo rilievo dato all’omosessualità in un numero del quotidiano e che comunque la si giudichi, l’omosessualità non può essere considerata un aspetto della libertà sociale».

Nel suo libro autobiografico, ‘L’isola’, pubblicato nel 1980, Giorgio Amendola, importante esponente dell’ala ‘migliorista’ del partito, raccontava l’esperienza vissuta nelle carceri fasciste dal 1932 al 1937 a Ponza, rivelando come in quella situazione, pur così drammatica, si potevano contare sulle dita di una mano, pur tra i tanti internati, coloro che avevano tendenze omosessuali e se poi venivano scoperti, subivano anche l’allontanamento sociale e politico da parte degli stessi detenuti.

 

La persecuzione per André Gide

Esempio di questa mentalità che regnava nella sinistra d’allora, fu la feroce critica al comunista francese e premio Nobel, André Gide, colpevole di aver collaborato alla pubblicazione di un libro critico nei confronti del comunismo sovietico, Il Dio che è fallito’, scritto da un altro comunista, considerato eretico, Ignazio Silone, e altri cinque autori.

Lo stesso Togliattiscriveva su Rinascita, la rivista del partito, con lo pseudonimo di Rodrigo di Castigliafrasi del tipo: «Al sentire Gide, di fronte al problema dei rapporti tra i partiti e le classi, dare tutto per risolto identificando l’assenza di partiti di opposizione, in una società senza classi, con la tirannide e relativo terrorismo. Vien voglia di invitarlo ad occuparsi di pederastia, dov’ è specialista, anziché di politica».

L’omosessualità era «mal tollerata da un partito che non a caso definisce ‘‘invertiti’’ tutti coloro che escono – osserva la storica Anna Tonellidai caratteri stereotipati della fisicità e della virilità maschile, con l’uso della medesima terminologia discriminatoria adottata da fascisti e neofascisti». Un pensiero che correva anche, come avremo più avanti di dire, tra gli altri partiti comunisti europei.

Il 20 febbraio 1951, all’indomani della morte di Gide, l’organo ufficiale dei comunisti d’Oltralpe, Humanité, pubblicò un necrologio che già nel titolo esprimeva tutto il suo disprezzo “Un cadavere è morto”.

Fu però Jean Kanapa anni prima, nel 1947, a riassumere, come segretario del Partito comunista francese, la versione ufficiale su questo tema in un saggio intitolato “L’esistenzialismo non è un umanesimo”, dove si arriva a sostenere che «il significato sociale dell’esistenzialismo è la necessità attuale per la classe sfruttatrice di addormentare i suoi avversari – e che Jean-Paul Sartre era – un pederasta che corrompe la gioventù». Roba da essere immolato oggi sulla pubblica piazza ed esposto al pubblico ludibrio.

 

Pasolini e la sua cacciata dal partito

Tra i casi italiani più eclatanti di emarginazione per colpe di carattere sessuale, abbiamo quello di Pier Paolo Pasolini, esempio tipico dell’aria che si respirava in quegli anni.

Nel 1949 era stato cacciato dalla federazione comunista di Pordenone per la sua dichiarata omosessualità dopo lo scandalo di corruzione verso dei minori.

Nel 1948 era divenuto giovanissimo segretario di sezione della città friulana, ma nonostante il suo impegno politico regionale, davanti all’accusa di oscenità non ci fu nulla da fare.

Con un comunicato ufficiale pubblicato dall’Unità, alla fine di settembre del 1949,come anni dopo troveremo, come accennato, sul giornale comunista l’Humanitéper il caso Gide, si denunciavano, «…ancora una volta le deleterie influenze di certe correnti ideologiche e filosofiche dei vari Gide, Sartre e di altrettanto decadenti poeti e letterati, che si vogliono atteggiare a progressisti, ma che in realtà raccolgono i più deleteri aspetti della degenerazione borghese».

A questo cacciata Pasolini rispose da par suo con una lunga difesa dove concludeva:«Malgrado voi, resto e resterò comunista nel senso più autentico di questa parola». Non fu ovviamente mai più lo stesso comunista, meglio sarebbe definirlo un libertario.

La scelta nei confronti di Pasolini è certamente esemplare della norma punitiva accettata nei confronti di quei compagni che sbagliano, non attenendosi alle disposizioni del partito, in base alle norme di “condotta esemplare” contenuta nello statuto comunista e dove certo l’omosessualità non era considerata tale.

Da ricordare poi, sul piano pseudo-scientifico, per lungo tempo furono seguite le astruse teorie biologiche del russo Andrei Lissenko, che affermava niente meno la superiorità ‘razziale’ del proletariato che rimane puro da ogni ‘devianza’, presente invece nel mondo capitalista e borghese.

Sullo stesso tono non possiamo non citare Maksim Gorkij,bandiera degli scrittori sovietici e padre del realismo socialista, che in un articolo, pubblicato il 23 maggio 1934 contemporaneamente sulla Pravda e sull’Izvestia, a dimostrazione dell’importanza del tema, sotto il titolo “Umanesimo proletario” scriveva: «Nei paesi fascisti – cioè tutto il mondo occidentale – l’omosessualità, vera rovina dei giovani, fiorisce impunemente. Qui, invece, dove il proletariato ha audacemente conquistato il potere, l’omosessualità è stata dichiarata crimine sociale e severamente punita. In proposito c’è già un detto in Germania: “Eliminate gli omosessuali e il fascismo scomparirà», niente male come pensiero progressista, ma, come la storia ha dimostrato, lo scrittore fu un pessimo profeta.

Non differenti erano i comportamenti sull’accettazione dell’omosessualità nel mondo delle cosiddette Repubbliche Democratiche. Per brevità diremo che solo in Cecoslovacchia, Congo e Mongolia troviamo una depenalizzazione di rapporti con lo stesso sesso, pur aspramente criticati pubblicamente, ma nel resto degli altri Paesi comunisti ogni forma di devianza era condannata con pene assai dure.

In questo ambito, un discorso a parte merita Cuba, simbolo per decenni della lotta contro l’imperialismo americano, ma che, fin dagli inizi della sua Rivoluzione si rese responsabile di una durissima repressione almeno fino alla fine degli anni ’70.

Nell’aprile 1971, il giornale del Partito comunista cubano, Granma, scriveva tra l’altro che «il carattere socialmente patologico delle deviazioni omosessuali va decisamente respinto e prevenuto fin dall’inizio – e ancora –  Non si deve più tollerare che gli omosessuali notori abbiano una qualche influenza nella formazione della nostra gioventù. Siano applicate severe sanzioni contro coloro che corrompono la moralità dei minori, depravati recidivi e irrimediabili elementi antisociali».

Ancora nel 1988 puniva chi “manifesta pubblicamente” la propria omosessualità con pene che variano tra i tre mesi a un anno di prigione o una multa, assai esosa per gli standard cubani, che va da cento a trecento cuotas per coloro che “infastidiscono in modo persistente gli altri con proposte amorose omosessuali”.

Insomma, mentre l’occidente comunista esaltava le conquiste cubane, ’omosessualità veniva trattata alla stregua di un virus patogeno.

 

La figura controversa di Che Guevara

Chi fu tra gli artefici di una guerra spietata contro i cosiddetti deviati è stato un altro campione della libertà comunista, ancora il suo volto è ostentato come un vessillo nelle manifestazioni di sinistra in tutto il mondo, parliamo di Ernesto Che Guevara.

Appena preso il potere con la sconfitta di Batista, nel 1959 Guevara divenne procuratore militare con il compito di sopprimere “gli oppositori della rivoluzione”.

Davanti ai tribunali e poi davanti ai plotoni di esecuzione finiscono, per sua espressa fermezza, molti religiosi, borghesi, intellettuali e tanti “mariçones”, cioè gli omosessuali.

Vengono realizzati dei lager di lavori forzati, con guardie armate e filo spinato elabora i regolamenti che fissano le punizioni corporali per i più facinorosi. Alcuni reduci racconteranno, ma qui non abbiamo prove tangibili, di alcuni “maricones” uccisi personalmente, con colpi di pistola alla tempia, dal leggendario Che tra i loro più feroci aguzzini.

Leggendo questi fatti, ma sono assai più numerosi tanto che non basterebbe un libro, dobbiamo solo ribadire che, pur con tutti i cambiamenti politici che ci sono stati lungo questi anni, la difesa tanto sbandierata degli omosessuali non è proprio nel Dna dell’ideologia di sinistra o, almeno, non lo è sempre stata.

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3 commenti

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    Già perché potrà sembrare incredibile ma… inappuntabile sinistra ha fatto pure questo!…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Per Augusto ha detto:

    I comunisti d’antan non hanno ragione perché aderiscono a una ideologia sbagliata ma che non è solo ideologia ma comporta una serie di reali e concrete persecuzioni nei confronti dei non aderenti.
    Si tratta della impellente necessità di modificare i ragionamenti di queste persone.

  • augusto zuliani ha detto:

    e se avessero ancora ragione quei comunisti d’antan
    che mai avrebbero gettato alle otiche la bandiera rossa
    per sostituirla con lo straccio arcoveleno ?