Summa Pagliologiae. Eutanasia Portami Via. Mastro Titta.

24 Aprile 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, le dichiarazioni del presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Vincenzo paglia, hanno causato questa reazione del nostro Mastro Titta, che offriamo alla vostra attenzione. Buona lettura e condivisione.

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Il contributo di Mons. Vincenzo Paglia  al “dibbattito” sul suicidio assistito, un trattatello pubblicato sul giornale diretto da Matteo Renzi (primo scoop l’estinzione del Cattolicosaurus Servilis, complimenti), merita di essere commentato frase per frase.

Anzitutto vorrei precisare che la Chiesa cattolica non è che abbia un pacchetto di verità prêt-à-porter, preconfezionate, come se fosse un distributore di pillole di verità.

La verità (in pillole) è morta, e Paglia non ha nulla da mettersi per festeggiare.

Il pensiero teologico si evolve nella storia, in dialogo con il Magistero e con il vissuto del popolo di Dio (sensus fidei fidelium), in una dinamica di reciproco arricchimento.

Vorrei dire evergreen, ma mi sovviene solo everbrown.

L’intervento e la testimonianza della Chiesa, in quanto anch’essa partecipa nel dibattito pubblico, intellettuale, politico e giuridico, si collocano sul piano della cultura e del dialogo tra le coscienze.

Domandare al portinaio filippino a che piano si trova il dialogo fra le coscienze.

Il contributo dei cristiani si dà all’interno delle differenti culture, né sopra – come se essi possedessero una verità data a priori – né sotto – come se i credenti fossero portatori di un’opinione rispettabile, ma svincolata dalla storia, «dogmatica» appunto, dunque inaccettabile –.

Kamasutrico e vagamente promiscuo.

Tra credenti e non credenti c’è una relazione di apprendimento reciproco.

Occasionalmente capita di apprendersi a legnate nei denti.

Pensiamo ad esempio a quanto avvenuto per la questione della pena di morte: per il cambiamento delle condizioni culturali e sociali, per la maturazione della riflessione sui diritti, il Papa ha modificato il catechismo.

Più che la pena di morte, mi turba la pena di vita. Sarebbe stato meglio se il Catechismo avesse modificato il papa.

Mentre prima non si escludeva che ci fossero delle circostanze per cui la si poteva legittimare, oggi non la consideriamo più ammissibile, in nessun caso.

Come si cambia per non morire (Fiorella Mannoia).

In quanto credenti ci poniamo quindi le stesse domande che riguardano tutti, nella consapevolezza di trovarci in una società democratica pluralista.

Sintesi perfetta dello sfacelo che incombe nelle nostre teste cattoliche.

In questo caso, circa la fine della vita (terrena), ci troviamo come tutti davanti a una domanda comune: come è possibile raggiungere (insieme) il modo migliore di articolare il bene (piano etico) e il giusto (piano giuridico), per ciascuno e per la società?

Metodo socratico. Cameriere, una tazza di cicuta al tavolo 5. Stabilire un affetto stabile con il portinaio filippino, che vi sappia indicare l’uscita da questo groviglio di papparole prima che sia tardi.

Per rispondere a questa domanda un primo punto fondamentale è come intendiamo la libertà.

Se la libertà è una torta di zucca, va bene uguale.

La riflessione teologica ha maturato una concezione della persona che parte da un dato per tutti riconoscibile, cioè che noi siamo fin dall’inizio inseriti in un contesto di relazioni che ci rende solidali gli uni con gli altri.

Siate solidali. Se non fornicate, almeno vaccinatevi.

La nostra identità personale è strutturalmente relazionale.

La nostra identità personale è essenzialmente dono e grazia di Dio.

Ce ne siamo accorti con evidenza quasi brutale durante la pandemia: i comportamenti di ciascuno hanno (avuto) ricadute sugli altri.

Jacques de La Palice è vivo e si vaccina insieme a noi.

Anche la vita umana, che ognuno di noi (in quanto generato) riceve da altri, non è quindi riducibile solamente a oggetto di una decisione che si limita alla sfera privata e individuale: ne siamo responsabili verso altri, su cui le nostre scelte hanno un impatto (e viceversa).

Se dovete crepare, almeno sia messo ai voti.

La libertà umana, per esercitarsi correttamente, deve tener conto delle condizioni che le hanno consentito di emergere e assumerle nel suo operare: in quanto preceduta da altri, è responsabile di fronte a loro.

Sei libero se fai quello che dicono Draghi o papa Francesco.

Questo è il motivo per cui l’autodeterminazione è fondamentale, ma allo stesso tempo non è assoluta, ma sempre relativa (agli altri).

L’auto inquina. La monopattin-terminazione è sostenibile.

Per quanto riguarda le decisioni sul morire, questo non significa ritornare al vecchio paternalismo medico, bensì sottolineare un’interpretazione dell’autonomia relazionale e responsabile.

Ultracazzola. Quinta dose fatta?

Accentuare astrattamente l’autodeterminazione porta a sottostimare la reciproca influenza che si realizza attraverso la cultura condivisa e le circostanze concrete: richieste apparentemente libere sono in realtà frutto di un’ingiunzione sociale [spesso sotto la spinta di convenienze economiche].

Ipercazzola. Si fa quello che dicono Draghi e il papa.

Come si vede dall’esperienza dei Paesi in cui è consentita la «morte (medicalmente) assistita» la platea delle persone ammesse tende a dilatarsi: ai pazienti adulti competenti si aggiungono pazienti in cui la capacità decisionale è compromessa, talvolta gravemente [pazienti psichiatrici, bambini, anziani con decadimenti cognitivi].

Nell’era dei tutorial a pagamento per friggere le uova, un corso che ti renda competente nel crepare manca. Ma sul decadimento cognitivo di certi anziani, Paglia mira bene e centra il bergoglio. Cioè se stesso.

Sono così cresciuti i casi di eutanasia involontaria e di sedazione palliativa profonda senza consenso.

Il caro vecchio omicidio, accompagnato da dadolata di topinambur in crosta di pancetta di grillo.

Il risultato complessivo è che assistiamo a un esito contradditorio: in nome dell’autodeterminazione si arriva a comprimere l’esercizio effettivo della libertà, soprattutto per coloro che sono più vulnerabili; lo spazio dell’autonomia viene gradualmente eroso.

La fragilità va bene per vaccinarsi, meno bene se ti rifiuti di levarti dal mondo.

Nel tempo in cui la morte si avvicina ritengo che la risposta principale sia quella dell’accompagnamento.

Non risulta che Marco Cappato abbia mai accompagnato nessuno nell’aldilà.

E il primo passo per accompagnare è ascoltare le domande, spesso molto scomode, che si presentano in questa fase delicatissima.

Prima le domande. Le risposte te le danno quando sei morto.

Dobbiamo ammettere che non siamo preparati a morire, anzi forse potremmo dire che una certa superficialità nel modo di affrontare le fondamentali domande di senso dell’esistenza ci rende anche impreparati a vivere.

La confessione definitiva: non sappiamo nulla, non abbiamo nulla da dire. Sempre più utili, questi alti prelati.

Comunque il rimanere vicini (farsi prossimo) conduce a mettere in causa se stessi.

Morire accanto a gente come Paglia che ti accarezza la manina. Da fargli causa.

Chi accompagna è investito dagli stessi interrogativi vissuti da chi è accompagnato: il senso della vita e della sofferenza, la dignità, la solitudine e la paura di essere abbandonato.

Spiace sempre un po’ che muoia soltanto l’accompagnato.

Certamente si tratta di alleviare il dolore e di promuovere la cultura della medicina palliativa, che rinuncia a guarire e continua a prendersi cura della persona malata, con tutte le sue esigenze, e della sua famiglia.

Vaccinazione palliativa per voi e i vostri parenti. Altrimenti morirete tutti.

Sappiamo che così in molti casi la domanda di eutanasia scompare; ma non sempre.

Il coniglio torna nel cilindro, ma non sempre.

Ed è una domanda con molte implicazioni, in cui giocano diversi fattori riguardanti la colpa, la vergogna, il dolore, il controllo, l’impotenza.

L’impotenza è nulla senza controllo (vecchia pubblicità Pirelli rivisitata).

Il gioco di proiezioni tra il malato e chi se ne prende cura è molto intricato: distinguere tra il «soffre troppo» e il «soffro troppo a vederlo così» non è per nulla facile, come del resto è molto esigente assumere seriamente la richiesta di una relazione che aiuti a vivere la radicale solitudine del morire.

Megacazzola. Si sono accorti che si muore da soli. Perbacco.

L’accompagnamento in questo contesto richiede quindi un grande lavoro su di sé, non solo sul piano personale, ma anche su quello sociale e culturale, sul proprio essere solidali nel limite, nella separazione e nel passaggio della morte.

Dovete diventare amici fraterni del portinaio filippino.

In questo contesto non è da escludersi che nella nostra società sia praticabile una mediazione giuridica che consenta l’assistenza al suicidio nelle condizioni precisate dalla Sentenza 242/2019 della Corte costituzionale: la persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

 

Obbedire alle autorità. L’ho già sentita. Bingo.

 

La proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati (ma non dal Senato) andava fondamentalmente in questa linea.

 

Sarà mica perché i senatori sono di solito dei vecchi di melma?

 

Personalmente non praticherei l’assistenza al suicidio, ma comprendo che una mediazione giuridica possa costituire il maggior bene comune concretamente possibile nelle condizioni in cui ci troviamo.

 

Personalmente, da Paglia non prenderei nemmeno l’Unzione degli Infermi, ma comprendo che un’educazione cattolica possa costituire il maggior bene comune concretamente auspicabile nelle condizioni in cui si trovano.

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3 commenti

  • Gian Piero ha detto:

    Paglia :Personalmente non praticherei l’ assistenza al suicidio ma comprendo ecc. ecc

    Personalmente non desidero piu’ sentire un prete parlare cosi’ ma comprendo che chi lo ha messo a capo deall’ Accademia per la vita e’ come chi ha messo Di Maio a commissario europeo per i paesi del Medio Oriente : come ha detto Travaglio sistema mafioso.

  • Mimma ha detto:

    Le frasi di apertura , nel contributo di questo pericoloso cardinale, contengono tutta intera ( trovo perfetta infatti la definizione di ” Summa ” data ad esso dall’insuperabile nostro Mastro Titta) l’eresia del suo pensiero.
    Egli afferma che il contributo dei cristiani non deve porsi al di sopra delle culture , come se avesse una verita a priori da distribuire… e che la Chiesa non ha verità pret a porter…
    Al, no?
    Allora io, che sono convinta che la Verità è solo Cristo e che ogni altra verità è impostura, dunque non ho capito niente.
    Se non leggo e non professo le minchiate dei teologi moderni, non sono in linea coi tempi e quindi non sono cattolica à la page ! Forse non sono neanche cattolica!
    Spero che ci rendiamo conto, tutti quanti, del grado di delirio cui è giunto certo clero e chi gli dà spago .
    Dirò la mia senza dolcificante: il pensiero teologico non conta un fico secco: è paglia, minuscolo, paglia , anche se distribuita da un Paglia maiuscolo.
    Può evolversi nei secoli come vuole e quanto vuole, ma paglia resta, come restano gonfi pagliai tutti costoro che confondono i semplici e buoni fedeli di Gesù Cristo.
    Si ricordino che la paglia, da sola, non nutre neanche i giumenti, che abbisognano di sostanze nutrienti per non perire.
    Non esiste evoluzione per la Parola di Dio, in quanto essa è eterna, perfetta e perciò Immutabile.
    ” i cieli e la terra passeranno, ma le Mie Parole non passeranno ” ha precisato il Signore, che conosce i suoi polli e i suoi pagliai.
    Le culture e le civiltà più raffinate sono impallidite e poi morte , davanti all’Anatolè , perché l’uomo stesso non è che un nulla senza Dio. Anche questa nostra presente, che si ritiene adulta perché pretende di criticare il Vangelo e persino di puntualizzarlo e adattarlo alla miseria corrente, finirà miseramente, se non depone superbia e orgoglio.
    Prima del Vaticano Secondo, non c’erano tutti questi parolai che pretendono di interpretate la Parola a modo loro.
    Prima, per due milenni, chi avesse un ingegno un poco più vivace del consueto, andava ad abbeverarsi e a schiarirsi qualche dubbio alle fonti dei Santi Padri della Chiesa e ai grandi Dottori che, senza uscire dal Dettato del Maestro, tuttora spezzettano il Cibo per i fedeli senza denti.
    Rutto il resto del discorso cardinalizio vorrebbe nascondere dietro il fumo di contorcimenti verbali ciò che invece traspare a ogni rigo, che cioè l’eutanasia non è un male assoluto e che, quando giova, praticarla va accettato.
    È la stessa, identica tattica, con la quale i cristiani nonimi hanno accettato, perché sono aperti accoglienti e inclusivi, il divorzio, l’aborto, le unioni civili e incivili, e sono pronti ad accettare tutte le altre perversioni in voga tra i cristiani anonimi.
    Dio ama tutti così come siamo, diceva Ranher.
    Questi qua, che comandano a TRASTEVERE, sono tutti figliolini suoi.

  • Don Z ha detto:

    Eccezionale ! Bravo mastro Titta