Christos anesti! Alithos anesti!   Surrexit Christus vere!

11 Aprile 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, un amico fedele del nostro blog offre alla vostra attenzione questa riflessione sul tempo che stiamo vivendo, quello della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. Buona lettura e meditazione.

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Regína caeli laetáre, allelúia. Quia quem merúisti portáre, allelúia.

Resurréxit, sicut dixit, allelúia. Ora pro nobis Deum, allelúia.


Abbiamo celebrato ancora una volta la Pasqua cristiana, ma molti dubitano della veridicità storica del fatto e dell’attendibilità dei resoconti evangelici, ritenuti incoerenti tra loro. Abbiamo lasciato Gesù posto nel sepolcro, frettolosamente, prima dell’inizio del sabato. Per timore che i discepoli prendessero il corpo del Signore dicendolo risorto, i sommi sacerdoti ottennero da Pilato il permesso di vigilare la tomba con le proprie guardie, facendole lavorare di sabato, un sabato solenne. Così riferisce San Matteo, spiegando che poi le guardie vennero pagate per dire d’essersi addormentate, così da accreditare lo stesso la versione del trafugamento di cadavere nella notte tra il 2 e il 3 aprile dell’anno 33 d.C., tra il sabato e la domenica, nel 16 nisan del calendario ebraico, festa degli azzimi.

Dei quattro evangelisti, il solo Giovanni ha presenziato in gran parte ai fatti narrati: gli altri redattori hanno raccolto e ordinato i ricordi e il racconto di chi ha riferito l’accaduto, ciascuno dal proprio punto di vista (del testimone e del giornalista di cronaca). Tutti e quattro gli evangelisti però non rendono un vago complesso di simbologie o di racconti risalenti a decenni prima, tramandati secondo l’intendimento pastorale. No: è cronaca.

Sincronizziamo l’orologio e il calendario su Gerusalemme e i suoi usi e costumi. Il giorno ebraico inizia dopo il tramonto, quindi il 14 nisan prese avvio in corrispondenza delle 18 circa del nostro giovedì (orario in cui il sole scompare all’orizzonte a Gerusalemme, a fine marzo). Il 14 nisan, venuto il primo “giorno” (dopo il tramonto) degli azzimi (Mt 26,17; Mc 14,12; Lc 22,7) corrisponde al nostro giovedì sera. Inizia con la “preparazione del luogo” per la cena. Bisognava accuratamente spazzare la casa per eliminare ogni traccia di lievito. Siamo in un orario in cui è ancora chiaro; almeno per un’ora ancora si può leggere all’aperto senza ausilio di luce artificiale. Gesù e i discepoli si sedettero a tavola “venuta la sera” (Mt 26,20; Mc14,17): gli Ebrei avevano una prima sera al declinar del sole (dopo la metà del pomeriggio) e una seconda sera al sopraggiungere dell’oscurità, tra le 18 e le 21, la prima vigilia dei quattro turni di guardia delle sentinelle. Tanto per intenderci, quando invece Giuda uscì dal cenacolo era notte (Gv 13,30): erano quindi già passate le 21.

Il venerdì santo, le “prime luci” citate da Luca (Lc 23,54) dopo la deposizione di Gesù dalla croce -ancora durante “parasceve” (quindi ancora di 14 nisan, venerdì)- si riferiscono all’orario tra le 17 e le 18. Quando Matteo (27,62) afferma che “il giorno seguente” quello successivo alla parasceve “si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei”, siamo già dopo le 18 del venerdì sera. A conferma leggiamo Marco 15,42: egli afferma che “essendo ormai giunta la sera” essendo la parasceve (quindi ancora nel 14 nisan, dunque prima delle 18), Giuseppe di Arimatea andò da Pilato etc. Come già spiegato, al modo ebraico la “sera” non è da intendersi solo con l’orario dopo le 18 (dopo il tramonto), ma è l’intervallo che racchiude una fase prima del tramonto, dopo che il sole inizia a declinare (attorno alle 15) e dura fino al buio completo (dopo il termine del crepuscolo astronomico, attorno alle 20,30 quando il sole è ben al di sotto dell’orizzonte e inizia il buio notturno).

Come l’articolarsi della “sera” consta di una serie di momenti e dura alcune ore, allo stesso modo avviene per le ore attorno all’alba. Possiamo così leggere i racconti evangelici della resurrezione con questa sensibilità e gustarli pienamente: è il “terzo giorno” dal 14 nisan; siamo già -come data- nel 16 nisan. Il giorno della settimana è certo, lo stesso nei quattro racconti: finito il sabato (Mt 28,1), passato il sabato (Mc 16,1), il primo giorno della settimana (Lc 24,1) e il primo giorno dopo il sabato (Gv 20,1). Anche l’ora della scoperta della tomba vuota (che non necessariamente coincide con quella della resurrezione) è ben delineata: quando già albeggiava (Mt 28,1), di buon mattino, al levar del sole (Mc 16,2), prestissimo all’alba (Lc 24,1), la mattina che era ancora buio (Gv 20,1).

E’ importante intendere il “farsi giorno”, con il significato dei fenomeni con cui la luce subentra all’oscurità, dal “diluculum” (a Gerusalemme, ad inizio aprile, circa le 4,30) al levar del sole (le 5,30). Quanto descritto dai vangeli avviene proprio in questo lasso di tempo, per nulla vago. Per i soldati è in corso l’ultimo turno di guardia (la quarta veglia o vigilia, tra le 3 di notte e le 6 del mattino).

Il luogo è certo, a nemmeno duecento metri dalla cinta muraria, in un giardino alle prime pendici del Gareb. In Geremia si fa riferimento all’altura del Goa, mentre Golgoatha significa colle delle esecuzioni. Era esterno alla città, ma Geremia profetizza che verrà il tempo in cui le mura lo faranno rientrare nel perimetro di Gerusalemme: accadrà con Erode Agrippa, circa otto-dieci anni dopo la Pasqua della nostra redenzione.

Le donne si avviano al sepolcro, presso il Calvario: sono Maria di Magdala e l’altra Maria (Mt 28,1). Da Marco sappiamo che c’è anche Salome (Mc 16,1), madre di Giacomo e Giovanni; è citata anche Giovanna (Lc 24,10) e non è esclusa la presenza di “altre”. La loro principale preoccupazione riguarda la possibilità di rimuovere la pietra (Mc 16,3) con la quale è stato sigillato il sepolcro il venerdì sera. Dai Vangeli (Mt 27,61 e Mc 15,47) si evince che erano presenti le stesse due donne, che perciò fecero da guida per le altre. Luca (Lc 23,55) dice la stessa cosa, senza fare nomi. Giovanni nomina solo gli uomini coinvolti nella sepoltura: Giuseppe di Arimatea e Nicodemo.

Non è storicamente ed esegeticamente corretto confrontare i quattro resoconti come se si ponessero in alternativa, mentre è più logico cogliere i diversi particolari di ciascuno, ricavandone un quadro assai logico, nonché realistico: non vende al lettore facili certezze e opinioni al posto della cruda realtà, con tutte le sue emozioni. E’ “il bello della diretta”, una freschezza che nessun “simbolismo” potrà mai eguagliare. Solo fatti.

Ancor prima delle 5 di quel primo giorno della settimana che diventerà la domenica, le donne per strada sentono una scossa di terremoto (Mt 28,2), di forte intensità. Difficile pensare che non abbia svegliato le guardie, caso mai si fossero appisolate. Le donne giungono tutte insieme al sepolcro. E’ ancora abbastanza buio. La scena descritta è questa: la grossa pietra è rotolata via, il sepolcro è aperto e le guardie sono come tramortite. Dai nomi riferiti le donne sono almeno quattro: Maria Maddalena, Maria di Cleofa, Salome e Giovanna. Pur nella semioscurità, constatano l’assenza del corpo di Gesù all’interno del sepolcro (Lc 24,2). Sapevano bene che cosa avrebbero dovuto trovare, dato che il venerdì sera avevano osservato il luogo della sepoltura. Adesso, con il cuore già gonfio per il lutto prima e poi per lo spavento del terremoto, si imbattono nelle guardie tramortite, la pietra rotolata, la scoperta del sepolcro vuoto, lo sconcerto al pensiero che il cadavere di Gesù sia stato trafugato: le donne vivono un misto di delusione, rabbia, sospetti e indignazione. La gioia? Non c’è ancora.

Con questo stato d’animo vedono (le vedono davvero!) delle figure luminose (chi una, chi due: come nelle apparizioni mariane, in cui uno vede, l’altro sente etc etc… le teofanie non sono mai percepite da tutti allo stesso modo) che ripetono loro (Mt 28,6; Mc 16,6 e Lc 24,6) che Gesù è già risorto (non si dice esattamente quando). E’ un’emozione da impazzire. Da brividi! Sono questi interlocutori angelici (non Gesù!) a ripetere alle donne quanto Gesù aveva detto ai dodici durante l’ultima cena (Mt 26,31-32 ; Mc 14,27-28): “vi scandalizzerete, ma quando sarò risuscitato vi precederò in Galilea”.

Gli angeli ripetono ciò che Gesù, evidentemente poco compreso, aveva già detto: una “frase in codice” che serviva come “prima prova” perché a dirla poteva essere stato solo Lui! Se per le donne essa poteva suonare enigmatica, agli apostoli avrebbe dovuto subito rinfrescare la memoria! Le donne intanto reagiscono all’incontro probabilmente secondo indole ed età; non si sono sedute a confrontarsi tra loro: corrono! C’è chi scappa, allontanandosi quasi senza meta. La Maddalena invece scatta a perdifiato verso l’abitazione degli apostoli, probabilmente nel quartiere sede dell’ultima cena: un percorso di circa un chilometro.

Scossi da quanto ella riferisce, Pietro e Giovanni si precipitano a loro volta. Giovanni è più giovane e veloce, ma attende Pietro prima di accedere al sepolcro. Quando entrano, Giovanni nota qualcosa che lo induce razionalmente a credere (il sudario ancora legato, ma afflosciato, come svuotato senza essere svolto? Se i vangeli sono l’articolo di cronaca, la sindone ne è la fotografia!). I due poi si allontanano, pensierosi. Nel frattempo è sopraggiunta ancora la Maddalena, che resta sola. Il suo rapido andirivieni dovrebbe essere durato meno di mezz’ora. Sono appena passate le 5 di mattina. La donna piangente nel giardino incontra Gesù risorto (Gv 20,11 e Mc 16,9). E’ una successione logica di eventi: Gesù ha “preparato” la notizia con gli angeli e le donne, ha smosso i discepoli, adesso incontra per prima la Maddalena. E lei corre ancora per dirlo ai discepoli (Gv 20,18).

Gesù risorto incontra in seguito anche le altre donne (non ne sappiamo i nomi), a loro volta ritornate al sepolcro poco dopo la Maddalena, mosse da una curiosità di capire superiore allo spavento iniziale; questione di minuti. Esse non riferiscono subito di questa apparizione (Mc 16,8); ma evidentemente lo faranno in seguito (Lc 24,10), tanto che i vangeli ce ne danno notizia. Tutto succede prima del sorgere del sole (a Gerusalemme il 3 di aprile, ora solare, attorno alle 5,30) in nemmeno un’ora. I vangeli sono racconti indipendenti, ma coerenti: i dettagli si incastrano come in un puzzle, integrandosi, non smentendosi e raramente ripetendosi.

I due discepoli di Emmaus riferiscono un’interessante variante di ciò che gli angeli hanno detto alle donne: “ricordatevi in qual modo vi parlò mentre era ancora in Galilea” (con la predizione della morte e resurrezione). La questione dell’incontro con il risorto in Galilea merita un approfondimento, perchè essa oggettivamente stride con le apparizioni attestate il giorno stesso a Gerusalemme.  Infatti non è peregrina l’ipotesi che la Galilea fosse anche una zona così denominata di Gerusalemme, il cosiddetto “campo dei Galilei” -citato tra l’altro più volte negli scritti di Maria Valtorta- che è un’area storicamente attestata che si trovava a ridosso della città, verso Betania. Una zona effettivamente abitata da Gesù e i suoi in quei giorni, poiché fungeva da accampamento per i Galilei in pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione delle feste di Pasqua, Pentecoste e delle Capanne.

E’ davvero difficile pensare che Gesù non sia apparso anche alla Madre, forse prima ancora della scoperta della tomba vuota. Eppure di questo non c’è menzione. I vangeli semplicemente spiegano come si è avuta la notizia: sono asciutti, ma non privi di logica e sono ricchi di dettagli. È la nuda cronaca dei fatti, nella sua immediatezza, senza opinioni e commenti, se non “nell’edizione della sera” (ancora di quel 16 nisan, tra le 15 e le 18) quando i due di discepoli di Emmaus fanno un primo punto della situazione: a loro volta “spiazzati” da Gesù correranno verso gli apostoli, esattamente come quelle che avevano corso al mattino. Nel corso dello stesso “terzo giorno”, 16 nisan, 3 aprile (nel calendario gregoriano) del 33 dC, Gesù è visto anche da Pietro (“è apparso a Simone”, scrive Lc 24,34), dai due di Emmaus (Lc 24 e Mc 16,24) e poi da tutti gli undici riuniti (Lc 24,36 e Gv 20,19).
Non sappiamo nulla delle guardie, probabilmente dileguatesi. In Matteo (Mt 28,13-16) è spiegato come fu gestita la testimonianza delle guardie (guardie non romane, ma del sinedrio), pagate per accreditare la “versione ufficiale”.

Christos anesti! Alithos anesti!   Surrexit Christus vere!

R.S.

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4 commenti

  • licia buttarro ha detto:

    Mons. Gänswein afferma che Benedetto XVI ha letto “Traditionis Custodes” “con dolore nel cuore”

    “Togliendo questo tesoro alle persone, beh, non posso dire di sentirmi a mio agio.”

    Secondo lo storico segretario particolare del Papa tedesco, l’arcivescovo Georg Gänswein, ha letto il Motu Proprio “Traditionis Custodes” “con il dolore nel cuore”. Questo documento era un emendamento al Motu Proprio “Summorum Pontificum” di Papa Benedetto XVI.

    Gänswein ha descritto questa mossa come una “ferita” (Einschnitt) per Benedict.

    “Lo colpì molto duramente. Penso che Papa Benedetto abbia letto il nuovo motu proprio con il cuore pesante, perché la sua intenzione era stata quella di aiutare coloro che trovavano semplicemente una casa nella vecchia Messa a trovare la pace, a trovare la pace liturgica, a spingerli via. oltre a Lefebvre.

    Benedetto XVI, con la sua riforma del 2007, ha voluto far sì che i seguaci della messa con il messale del 1962, che si sentono a proprio agio in questa forma di liturgia, “trovino la loro pace interiore”, ha detto l’arcivescovo, cercando anche di «farli lontano da Lefebvre».

  • alessio ha detto:

    Più o meno , tutti noi che a diverso titolo interveniamo sul
    blog , abbiamo fede nella Resurrezione , ma questo ci
    può bastare quando Dio ci
    ripete che vuole che tutti si
    salvino ?
    E qui voglio scrivere due righe
    sulla “Divina Misericordia” che
    si dovrebbe celebrare Domenica ; dico così perché
    presto , almeno qui da noi
    dell’Arcidiocesi di Firenze ,
    già sotto il regno di Benedetto
    XVI ,è stato smesso di esporre ,
    in tale giorno ,l’immagine di
    Gesù Misericordioso e non si
    rammentano i benefici di
    questa festa , ma forse la
    moltitudine dei cattolici ,a
    cominciare dalla gerarchia ,
    pensano di essere così santi
    da andare direttamente in
    Paradiso senza nemmeno
    passare dal Purgatorio .
    Io parlo per me stesso , ma
    proprio in quel giorno ,
    indicato da Giovanni Paolo II ,
    tanti anni fa ,diventai cattolico
    e subito buttai via tutta la
    propaganda dei miei genitori
    contro la Chiesa e penso a
    quanti poveri figli sono ,e
    sono stati ingannati dai loro
    stessi genitori , ma se qualcuno
    di loro desidera credere , è
    già credere e Dio stesso prima
    o poi ,non mancherà di fargli
    Misericordia .
    Dobbiamo pregare noi tutti la
    Divina Misericordia , non solo
    per la nostra anima ,ma per
    tutti i nostri cari , parenti ,
    amici e conoscenti , specialmente i disperati , tenendo in buon conto che forse
    sono proprio loro i più vicini a ricevere
    da Dio Misericordia , come
    successe al popolo d’Israele
    schiavo in Egitto ,che per la
    sua disperazione fu liberato
    da Dio , seppure punito per
    aver tentato il Signore e per
    aver servito altri dei ,come
    fecero i vertici vaticani con
    pachamama ,inginocchiati
    nei giardini vaticani.
    Ringraziamo quindi Giovanni
    Paolo II che ci ha offerto la
    Divina Misericordia ,come
    dono di Dio , e Benedetto XVI
    che ci ha reso la Messa
    Tridentina ,davvero una
    grande Misericordia , che
    non è il trastullo nelle mani
    dei novatori vaticani che
    non sanno nulla dei novissimi,
    parlando a sproposito ,tutti i
    giorni ,di misericordia , che
    non pare quella di Dio , ma
    una parola abusata come la
    parola amore di sanremese
    memoria .

  • Bibliomane ha detto:

    Del miracolo del fuoco sacro si parla anche in un libro . L’autore è un’architetto greco.
    Il cognome è Skarlakidis.
    Se andate su amazon e inserite questo cognome troverete le edizioni inglese, spagnola e tedesca del libro in questione. Raccoglie le testimonianze degli autori lungo i secoli riguardo al fuoco sacro. Esisteva anche una edizione italiana pubblicata da una associazione legata al Patriarcato di Costantinopoli ma sembra essere esaurita.
    Su amazon.fr c’è l’edizione francese .

  • R.S. ha detto:

    E’ significativo ciò che riguarda le guardie agli ordini dei capi dei sacerdoti (come si evince da Mt 27,65-66), messe a guardia del sepolcro con il permesso di Pilato.

    Non solo perché messe a lavorare in una data in cui non si sarebbe dovuto, tanto vincolante da giustificare tutta la fretta in tutte le fasi precedenti della crocifissione, deposizione e sepoltura di Gesù.

    Al modo umano un ipotetico “commando” di discepoli avrebbe potuto assalirle, ferirle o ucciderle per trafugare il cadavere. Gesù però aveva già detto al Getsemani che la “spada” non rappresentava la soluzione appropriata.

    Le donne non devono preoccuparsene: giungendo al sepolcro trovano le guardie “tramortite”. E gli angeli a “dirigere il traffico”.

    Di umano resta il tentativo dei responsabili delle guardie di sistemare tutto con i soldi, le menzogne e una versione ufficiale a beneficio dell’Autorità (Pilato).

    La resurrezione di Cristo fa luce su questa distanza tra la logica secondo Dio e quella secondo il mondo: la Vita, la luce, la Verità e la mitezza in contrasto alla morte, alla tenebra, all’inganno e alla forza (anche quella dell’ipocrisia).

    I sacerdoti hanno costretto le guardie a turni di lavoro nel sabato solenne e poi a dichiarare il falso. Gesù le rende innocue senza torcere loro un capello. Dio ha pazienza con i suoi nemici, mentre gli uomini perdono la pazienza con Dio.

    Il problema è tutto nostro. Non solo al momento della croce, ma anche quando Gesù risorge.
    Si fa fatica a capirlo: anche la Maddalena è là, ma pensando di doversi occupare di un cadavere.
    Giovanni è perspicace nel notare che è successo qualcosa che non ha a che fare con interventi umani, né della parte nemica, né di quella amica.

    E’ bello ricordare proprio in questi giorni il miracolo del fuoco sacro, alle 12 del sabato santo secondo il calendario giuliano. Se accadrà anche quest’anno, succederà tra quattro giorni. Una luce blu lampeggerà nella basilica del santo sepolcro e i ceri portati dal patriarca ortodosso -perquisito prima di entrare- si accenderanno senza l’ausilio di strumenti atti a produrre fuoco. Questo fuoco per 33 minuti sarà toccabile senza che bruci (si vedono fedeli che se lo mettono sotto la barba o sulle mani). Ed è così da secoli, mentre purtroppo si dubita della sindone e si vorrebbe ridurre la resurrezioni al culto di una tomba vuota. O l’Eucaristia a un simbolo, senza transustanziazione.

    Pover’uomo, l’uomo che paga le guardie per mentire…