Dio Può Abbandonare i Figli? Ipotesi Blasfemia nel Nuovo Padre Nostro.

6 Marzo 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, in uno degli articoli di questi giorni – non chiedetemi quale…- un amico fedele di STilum, R.S. ha pubblicato un commento che offriamo alla vostra attenzione, e meditazione. 

§§§

Oggi ero al parco e guardavo uno scoiattolo che frugava tra le foglie. Ad un certo punto si è messo in posizione eretta, con le zampette anteriori raccolte sul petto: pareva che pregasse. E’ rimasto in quella posizione parecchi secondi ed è notato da molte altre persone; alcuni lo fotografavano.

Oggi ho pregato poco e il Signore mi ha aiutato a ricordarmene con questo incontro per me inusuale.
Passeggiando ho rivisto una vecchia conoscenza, da tempo perduta di vista.
Tra l’altro abbiamo parlato della preghiera del Padre Nostro, che anche a lui non piaceva nella nuova versione, specialmente perchè ad abbandonare il padre è il figlio che se ne va di casa pretendendo la sua parte di eredità, come se il padre fosse morto. Quando poi, tornato in sé, si è reso conto della cavolata che ha fatto e torna a casa, il padre lo riabbraccia. insomma: il problema è che noi abbandoniamo il padre al momento della prova e non viceversa.
Peirasmos è una prova, prima di essere una tentazione.
Temptatio viene dal verbo tempto, da cui deriva l’andare a tentoni. Stiamo parlando di tentativi, esperimenti, verifiche: dunque prove! Dato che sappiamo la nostra impreparazione, che potrebbe trovarci inadeguati al ruolo, ci sta che chiediamo al Padre di non metterci alla prova, ma che ci liberi dal male. E’ una richiesta che però vorrebbe sempre rinviare il momento di dimostrare di essere cresciuti…
Strano che questo pare disturbare proprio coloro che si vantano “adulti nella fede”. Invece i piccoli non se ne vergognano affatto.
Alla fine la traduzione può aggiustare meglio la restituzione italiana delle parole in greco e in latino, ma non può inventarsi ciò che non esiste: un verbo abbandonare e soprattutto il messaggio che l’ipotesi di abbandono possa riguardare la responsabilità del Padre e non quella del figlio.
Già nella versione precedente, nel contesto della preghiera, è ovvio che il Padre non tenta al male: ma allora chi ha avuto (nella Chiesa) questo atroce dubbio? Chi li ha tentati nel pensare una simile bestemmia?
Si saranno messi un po’ alla prova? O, nella chiesadellamisericordia, l’essere verificati (ad esempio da un po’ di croce) è diventato un’assurdità anche in Vaticano?
A me viene in mente l’episodio di Cesarea di Filippo, con un indimenticabile “Vade retro Satana” rivolto a Pietro che in quel momento secondo Gesù “non pensava secondo Dio, ma secondo gli uomini”.

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35 commenti

  • MARASCIULO VITANTONIO ha detto:

    La Chiesa oggi ha bisogno del Calvario per purificarsi e per cogliere che da solo non può salire il calvario, deve affidarsi alla voce del mistero che risuona nell’uomo, a condizione che il suo cuore si faccia umile in obbediente servizio, come l’ancella del Signore. Il Padre nostro è quanto magnificamente chiarito da S. R. e dai commenti chiarificatori, i quali mettono in vera luce la preghiera per eccellenza, fatta sua da Cristo. Quanto al papa regnante, ci aiuta sapere che attraverso le distonie,,, l’uomo impara a vivere accordato alla volontà del Padre. Il mistero di iniquità ha un giudice supremo: il tribunale del tempo, scandito dal coraggio degli uomini di fede, come Stilum Curiae è significato.

  • Gabriela ha detto:

    Solo gli apostati che militano nell’anti-chiesa lucifero-massonica di Bergoglio cambiano le parole del Padre Nostro.
    Non i veri cristiani.
    Gesù lo dice:”Le Mie pecore riconoscono la voce del Buon Pastore (Benedetto) e lo seguono”:

    PAPA BENEDETTO XVI in GESÙ DI NAZARETH:

    “Nella preghiera che esprimiamo con la sesta domanda del Padre nostro *:”E NON CI INDURRE IN TENTAZIONE”* deve così essere racchiusa, da un lato, la disponibilità a prendere su di noi il peso della “PROVA” commisurata alle nostre forze;
    dall’altro, appunto, la domanda che Dio non ci addossi più di quanto siamo in grado di sopportare; che non ci lasci cadere dalle sue mani. Pronunciamo questa richiesta nella fiduciosa certezza per la quale san Paolo ci ha donato le parole:
    «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla»
    (1 Cor 10,13).
    https://gloria.tv/post/QQuThbNfKDyY3yBVszt1YHnF7

  • Mario ha detto:

    “Non ci abbandonare nella tentazione”.
    Profezia della Chiesa sulla sua condizione.
    Inconsapevole. Come quella di Caifa (“è preferibile che muoia un solo uomo che perisca tutto il popolo”).

    In molti passi della Scrittura il tema dell’abbandono da parte di Dio è collegato alla durezza, impenitente , del cuore d’Israele.
    Esemplificativo, tra molti, il Salmo 80
    ” 12 Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
    Israele non mi ha obbedito.
    13 L’ho abbandonato alla durezza del suo cuore,
    che seguisse il proprio consiglio.”

    Non ci abbandonare nella tentazione è la pro-fezia (parlare a nome di Dio) che la Chiesa, inconsapevolmente fa su sé stessa, ma consapevole nello Spirito.
    Lei…che si è allontanata dalla volontà del Signore, che non ascolta più la sua voce, chiede a Dio di evitarle la sorte che accompagna chi segue “il proprio consiglio” di chi ha “il cuore indurito”.
    Quel cambio del termine nel Padre Nostro è una confessione della propria colpa che la Chiesa, in quanto istruita dallo Spirito Santo, fa su se stessa.
    Inconsapevolmente, forse.
    Come Caifa nel Sinedrio, che profetizza …. “perché era Sommo Sacerdote in quell’anno”…
    dice Giovanni.
    Questo consapevole abbandono di Dio per seguire il proprio consiglio, ha portato il mondo a non avere più il “katekon”.
    Ad oggi…la Chiesa resta con i “bontemponi” dilapidando l’eredità paterna..
    Ma anch’essa rientrerà in sé stessa.
    Quando arriverà a mangiar ghiande con i maiali

    Il mondo, la Chiesa per il mondo, si salveranno solo attraverso il Calvario e la Croce….della Sposa di Cristo.
    È la visione del terzo segreto di Fatima.
    È la via della Sposa per giungere splendente, purificata, alle nozze con Cristo.
    Lo sappiamo.
    Sarà così.
    Questa pandemia, questa guerra..sono solo il trailer…

  • Patrick Caminada ha detto:

    https://www.gliscritti.it/blog/entry/1890
    Vi invito a leggere questo commento. Dio ci illumini.

  • Brasi ha detto:

    Abbiamo Maria Valtorta! Gesù si è servita di lei per ribadire la verità tramandata dal Vangelo e per combattere proprio il modernismo! Ah già… ci sono i dottori del cavillo che dicono che è un romanzo 🤦‍♂️
    GESÙ: «Udite. Quando pregate dite così:
    “Padre nostro che sei nei Cieli,
    sia santificato il Nome tuo,
    venga il Regno tuo in Terra come lo è in Cielo,
    e in Terra come in Cielo sia fatta la Volontà tua.
    Dàcci oggi il nostro pane quotidiano,
    rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
    non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”».

  • Sergio Russo ha detto:

    Noi fedeli andiamo a messa e molti (non tutti però) nel recitare il Padre nostro sono costretti a pronunciare un’invocazione anticristica: Bergoglio ha disseminato, e sta disseminando la santa Messa di cose astruse e non cattoliche, rendendola di fatto, come una sorta di percorso ad ostacoli…
    Prima ha chiuso le chiese, non contento, ha fatto togliere l’acqua santa, ha costretto i sacerdoti a mascherarsi (con le mascherine), obbligandoli a corpargersi di disinfettante, dopo che le loro mani, consacrate, hanno toccato solo ed unicamente il Corpo del Signore (sic!).
    Ma cosa ci vorrà ancora, e cosa ancora dovrà fare Bergoglio, per convincere i credenti che mai nessun papa ha operato in questi termini, dimostrando così, senza ombra di dubbio, che egli non è papa, ma soltanto un vescovo/cardinale vestito di bianco?

  • R.S. ha detto:

    La misericordia di Dio è come una porta (stretta: Gesù): per entrarci bisogna servono volontà e impegno. E’ una porta alla luce del vangelo, perciò non vi si passa di nascosto. A chi bussa verrà aperto. Chi volesse entrare scassinandola, chi se ne vergogna o chi fa il furbo, non la farà franca.

    La misericordia di Dio sconsiglia i presunti detentori della chiave di essere inutilmente zelanti. Lo scopo della porta della misericordia non è di chiudere fuori, ma di accogliere. “Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11,52).

    Il problema della misericordia-nebbia che tutto avvolge, è di togliere luce alla scena e di togliere il volto riconoscibile alla porta. Abbattendo tutti i muri, la porta non serve proprio più (non c’è più neanche la casa).

    Su che cosa si può giudicare? Certamente sul peccato. Il criterio c’è, perchè della legge non si cancella nemmeno uno iota. Ma la legge è per l’uomo, non viceversa. Allora la legge permette di identificare una direzione, non di bollare a vita un cuore. Nessuno deve presumere perduto o peggio condannare chi ancora potrebbe bussare in cerca di salvezza. Questa è la misericordia.

    Chi abolisce il peccato, cioè chi “si fa come Dio” nel riscrivere la storia della salvezza, siamo sicuri che stia agendo da seguace del Maestro e nel nome del Padre?
    Quando Gesù guarisce il paralitico, in giorno di sabato, sfida i mormoratori chiedendo loro se sia più difficile rimettere i peccati o far camminare un paralitico. E poi li sorprende, avendo il potere di rimettere i peccati.

    Appunto: rimette i peccati. Agisce la misericordia.
    Non abolisce il peccato, agendo il caos e confondendo il cuore.

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    In certi oscuri momenti parrebbe proprio di sì… ma certamente a noi suoi disegni risultano imperscrutabili…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Tempi bui ha detto:

    È da quando è stata introdotta la nuova formulazione del Padre Nostro che non faccio altro che lamentare l’insulto rivolto al Padreterno dalla totalità delle persone che, o nel recitare il rosario, o durante la messa, si sono passivamente adeguate senza minimamente riflettere su ciò che dicono. Il colmo è poi il Padre Nostro cantato che, arrivato al dunque, indugia in una tiritera che oltre tutto è insopportabile musicalmente. Farò forse un ragionamento maligno, ma credo che i nemici della Santa Religione abbiano appositamente imposto il “non abbandonarci alla tentazione” per offendere quanto più possibile e bestemmiare Dio,i il quale mai potrebbe abbandonarci, mentre metterci alla prova sì, per tastare la nostra fedeltà.
    Personalmente mai detto il nuovo Padre Nostro e mai lo dirò. Ma agli ingenui e ai distratti qualcuno apra gli occhi.

    • Marchetti Antonio ha detto:

      Per me sarebbe stato meglio non tradurre lasciando per tutti i cristiani la stessa versione plurisecolare in ossequio alla versione evangelica (parola di Dio) e in segno di unità almeno con la preghiera. Unità affermata in tal modo anche nella lingua latina tanto oggi vituperato. Qualcuno mi sa dire come la Chiesa ha deciso che si deve tradurre per esempio in cinese? Buona sera io traduco “sia lodato Gesù Cristo “

  • Federico ha detto:

    La traduzione corretta sarebbe: non permettere che cediamo alle tentazioni (prove). Tutti capirebbero e nessuno avrebbe dubbi.

    • Maria Grazia ha detto:

      @ FEDERICO – IN questo caso qualcuno potrebbe obiettare: “Secondo Lei Dio può “permettere” che qualcuno cada in tentazione?”. Anche nel Padre Nostro francese (prima della riforma del 2020) la frase in oggetto che, a mio parere, era più vicina alla nostra approvazione, comunque era stato contestata.
      La frase era: “Et ne laisse pas nous soccomber alla tentation” perchè i fedeli commentavano : ” Come può Dio, che è Provvidenza, permettere che noi soccombiamo alla tentazione, non ha mica bisogno della nostra sollecitazione per agire?”.
      Con qualsiasi verbo si cerchi di sostituire la frase, c’è sempre un senso di impreciso e di incompiuto che permane. Se avessimo avuto il verbo in aramaico forse non ci trascineremmo il problema da più di duemila anni!

  • Sandro ha detto:

    Per un contributo alla discussione…
    Il salmo 22 inizia proprio con. “Mio Dio, mio Dio, non mi abbandonare” e poi nel seguito: “ma tu Signore … libera dalla spada la mia vita…”.
    Questi versetti sembrano essere richiamati nell’ultimo passo della preghiera.
    Anch’io preferisco la versione vecchia del Padre Nostro, tuttavia anche la nuova versione non sembra tuttavia così campata per aria.
    saluti.

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    Io non ne farei tanto una questione di vocabolario o di etimologia greca piuttosto che latina.
    L’idea che Dio possa abbandonare il suo popolo (e quindi anche noi) non è molto ricorrente ma si trova anche in altri passi della Bibbia. Per la verità nella Bibbia è più frequente il caso in cui il Signore rimprovera l’uomo di aver abbandonato Lui, ma ci sono, sia nei libri storici, sia nei libri sapienziali, sia nei libri profetici , passi in cui è detto chiaramente che è il Signore che ha abbandonato l’uomo, o si esprime il timore che possa farlo. Sulla croce Gesù Cristo stesso esclamò (recitando il Salmo 22) : “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” . Gesù bestemmiava?
    Clamorosa è poi l’implorazione di Geremia (14, 20-21) :

    – [20] Riconosciamo, Signore, la nostra iniquità,
    l’iniquità dei nostri padri: abbiamo peccato contro di te.

    [21] Ma per il tuo nome non abbandonarci,
    non render spregevole il trono della tua gloria.
    Ricordati! Non rompere la tua alleanza con noi. –

    NB: ho scritto di getto questo commento non per criticare R.S. ma per offrire una controproposta alla sua riflessione.

    • miserere mei ha detto:

      Il Salmo 22 inizia, ma continua.

      Gesù in croce pregava: il Salmo 22 è la fotografia di quel che gli stava capitando. Fu composto nove o dieci secoli prima. Chi doveva capire, ha avuto l’occasione per farlo. E il Salmo 22 si conclude con un potente atto di fede e di speranza.

  • R.S. ha detto:

    La misericordia di Dio-Padre è tale perché il rapporto con i figli non è “prestazionale”.
    Il Padre non ama il figlio perché è perfetto, ma perché è figlio. Di qui la festa per il ritorno a casa del figlio “che era perduto” (addirittura “morto”!). Il Padre infatti è molto buono, ma è anche molto realista.

    Il perdono, che al Padre è consono, Gesù ci raccomanda non solo di chiederlo per noi, ma anche di riservarlo a chi ha mancato verso di noi.

    La sospensione del giudizio tuttavia non è volta a cancellare il peccato, o a perderne il senso, ma a permettere la conversione del peccatore, che torna alla vita. Alla donna adultera salvata dalla lapidazione, Gesù dice di non peccare più.

    La misericordia divina non è per abolire il peccato, ma per salvare il peccatore, dandogli sempre una possibilità di convertire le sue scelte sbagliate (e che sono tali).

    Il tutto si gioca nella transitorietà della vita presente, compreso il suo disordine creaturale, non certo nel giudizio finale che ne conseguirà, la cui giustizia divina ricondurrà all’ordine ciò che la permissione divina ha concesso al nostro disordine.

    Il nostro giudizio sarebbe un rischio per il fatto che la nostra stessa natura è imperfetta e peccatrice.

    Nel suo magistero, “la Chiesa è intransigente sui principi, perché crede, ma è tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono tolleranti sui principi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non amano”. (p. Garrigou-Lagrange). A qualcuno viene facile riconoscere la chiesa attuale nel suo misericordismo?

    La richiesta di non essere messi alla prova è il riconoscersi deboli, fallaci per la condizione ferita della nostra natura (lo spirito è pronto, ma la carne è debole).
    Il diavolo accusa l’uomo davanti a Dio, ma lo fa per schernire Dio (“l’uomo è un misero calcolatore, che ti serve solo per interesse”… così disse il demonio di Giobbe). Diffamando l’uomo, Satana cerca di diffamare Dio.
    Ma Dio, da Padre, non abbandona l’uomo nella prova, anche se la permette, nel mistero di una sofferenza purificatrice e redentrice. La prova serve per questo passaggio non secondario, seppur misterioso.
    Nella Santa Messa celebriamo i Santi Misteri, non un teorema. Se tutto fosse riconducibile alla scienza o alla filosofia, Dio sarebbe materia o idea, manipolabile dall’uomo capace di “contenerlo”.
    Invece l’uomo è capace di Dio quanto basta perché l’uomo conosca sé stesso e si riconosca come figlio di un Padre, dal momento che è Dio a venirci incontro e a lasciarsi incontrare. Non si propone come un messaggio o un ideale, bensì con un volto, il volto di Cristo: chi vede Lui, vede il Padre.

    Un volto che la cattiveria operante nel mondo, a causa del peccato, giunge a sfigurare.
    Però in Cristo la morte non ha l’ultima parola.
    Nemmeno il peccato ha l’ultima parola sulla vita di un uomo: se quest’uomo coglie l’opportunità della misericordia di rientrare da dove è uscito, per vivere la comunione con il Vivente, proiettato ai beni eterni.

    C’è un mistero, ma l’ordinamento finale, la giustizia di Dio, non è priva di senso, e non vanifica la realtà quotidiana.

  • laura cadenasso ha detto:

    Splendido commento : RINGRAZIO !

  • Maria Grazia ha detto:

    Sì, forse il “NON ABBANDONARCI alla tentazione” dà un senso di maggiore disagio del “NON INDURCI alla tentazione”. Nel ” NON INDURCI” non c’è quel senso di “assenza del divino” di “solitudine” presente nel “NON ABBANDONARCI”. Secondo me, è difficile trovare il verbo giusto che sostituisca sia il “NON CI INDURRE” che il “NON ABBANDONARCI”.
    Papa Bergoglio, in occasione della sostituzione obbligatoria relativa alle parole del Padre Nostro del 2020, così ne aveva spiegato il motivo ” … non è che Lui mi butta in tentazione, un padre non fa questo, AIUTA AD ALZARSI SUBITO”:
    anche se, personalmente, non ritengo che il “NON ABBANDONARCI” corrisponda ad un “AIUTACI AD ALZARCI SUBITO”.
    Penso che da sempre per noi pronunciare nel Padre Nostro l’ “INDURRE” abbia generato un senso di malessere, di … poco chiaro… in quanto per noi tale verbo significa “Istigare, spingere”.
    Il verbo “INDURRE” era stato inserito nel Padre Nostro in quanto fedele e letterale traduzione dall’originale verbo greco (lingua nella quale ci sono pervenuti i Vangeli) “EIS – FERO” – ” porto dentro” , tradotto in latino con “IN – DUCO” da cui l’italiano “indurre”. Non si sa la parola “esatta” che abbia usato Gesù in aramaico o in ebraico in quanto il vocabolario, in entrambi i casi, era assai limitato ed i singoli termini ricoprivano un vasto spettro di significati. Fin dai primi secoli, il verbo “INDURRE” ha creato difficoltà interpretative.
    Già Tertulliano (155-230 circa) aveva sentito il bisogno di specificare che, probabilmente, Cristo voleva dire di “non permettere che siamo condotti alla tentazione da colui che tenta in tutti i modi” (La preghiera – Cap. VIII). Tertulliano ha certamente presente la “Lettera di San Giacomo” quando afferma ” Nessuno quando è tentato dica – Sono tentato da Dio –
    Talvolta la Bibbia, ci presenta Dio che mette alla prova i suoi eletti ( V. Abramo, Geremia, Giobbe) , non dimentichiamo, tuttavia, che è la nostra natura che è incline al male: spesso dobbiamo opporci strenuamente ai nostri istinti, alle nostre passioni che ci spingono a dover scegliere, quotidianamente, tra il bene e il male.

  • Cristina Maria ha detto:

    Mentre qualcuno discute con gli scoiattoli, è bene evidenziare alcune cose. Il tema dell’abbandono è presente in molti commenti dei padri della Chiesa e di San Tommaso d’Aquino. Quest’ultimo in particolare sentenzia che Dio “tenta”un l’uomo incitandolo al bene (quindi non ha senso pregare perché non lo invito) mentre il diavolo e il mondo tentano per fare commettere il male (qui ha senso pregare).
    Dio può abbandonarci o non abbandonarci, nel senso di lasciarci a noi stessi o di darci la grazia per non soccombere: la grazia ce la da se gliela chiediamo, se no ci lascia soli e da soli soccomberemmo.
    La traduzione non è affatto blasfema ma volta ad enfatizzare il bisogno della grazia e l’insufficienza delle proprie forze, quindi è da intendersi in chiave anti pelagiana (eresia tipica dei tradizionalisti e contro la cui riproposizione, accoppiata alla gnosi, Francesco ha già calato la scure con Gaudente et exsultate che i tradizionalisti non ha caso hanno deriso). Vi lascio agli scoiattoli (augurandovi di costruire un buon rapporto almeno con madre natura).

    • Marco Tosatti ha detto:

      Forse blasfema no, ma sbagliata di sicuro. Peirasmon è prova, tentazione. L’abbandono non c’entra nulla. La difesa che lei cerca di farne non ha senso. Inutile affastellare parole e veemenza per giustificare quello che è, al minimo, un errore grossolano.

      • Cristina Maria ha detto:

        Ne parli con Sant’Agostino e sant’Ambrogio che hanno sviluppato il tema articolando (affastellando?) gli argomenti “inutili” che porterebbero a quello che lei chiama errore grossolano. Lei pretende una traduzione univoca che è semplicemente impossibile e il greco antico è materia per filologi non certo per gente che discute di scoiattoli su un blog. Condivide? Se non condivide approfondisca con qualche esperto e scoprirà che di grossolana c’è solo questa polemica. Ciò detto, non si prega Dio di evitarci le tentazioni buone (che lui stesso dispone per incitarci al bene): questo sì sarebbe blasfemo. Lo si prega perché ci dia la grazia per evitare il male e fare il bene, cosa impossibile da fare senza le proprie forze. A chi chiede Lui dà, a chi non chiede Lui non dà (= abbandona). L’eretico pelagiano non chiede, viene abbandonato a sé stesso e soccombe (cade nella tentazione facendo il male e non il bene). Le auguro di trovare qualcuno di sua fiducia che sappia aiutarla a comprendere.

        • Marco Tosatti ha detto:

          Ne parlerò volentieri con Tommaso ed Agostino, se lei ne parla con Nostro Signore e lo convince che ha sbagliato a die “non indurci in tentazione” – peirasmon quello significa, prova o tentazione, non altro, guardi sul vocabolario. E come dicevo: affastella parole e concetti per fare ammuìna, come dicono al Sud. Legga questo e si schiarisca le idee. https://investigatorebiblico.wordpress.com/2020/11/01/indizio-n-7-bibbia-cei-2008-la-nuova-errata-traduzione-del-padre-nostro-in-matteo-613a-di-investigatore-biblico/

          • Cristina Maria ha detto:

            Nostro Signore non ha detto “non indurci in tentazione”: questa è una traduzione, sacrosanta e che continuo a usare per la preghiera privata, ma non l’unica possibile. Ogni traduzione contiene un’interpretazione e l’interpretazione sottesa al “non abbandonarci” marca maggiormente la necessità di ricevere aiuto ed evita fraintendimenti su chi sia artefice delle tentazioni. Piaccia o non piaccia, di sicuro non c’è né un sacrilegio né un errore grossolano. Infine, la suppongo non ci sia bisogno di un non meglio qualificato “investigatore biblico” per dirimere complesse questioni filologiche, teologiche e liturgiche.

          • Marco Tosatti ha detto:

            Già, non c’erano registratori…Chissà che cosa avrà detto mai Gesù. però quello che Matteo riporta è peirasmon…il teso sono come lei dice giustamente, elucubrazioni, lontane dal testo. Frutto di personali preferenze, magari anche un po’ modaiole. Ma perché continua a usarla per la preghiera privata, allora?

          • Cristina Maria ha detto:

            Gli antichi registravano molto meglio di noi contemporanei, specialmente perché sapevano ragionare e comprendere. Non capisco quindi la sua affermazione sui registratori. Boh. Comunque le segnalo che la diversa traduzione non riguarda il sostantivo peirasmon ma il verbo…..forse non le è chiaro questo passaggio…..

          • Marco Tosatti ha detto:

            Il verbo eisfero vuol dire condurre verso. E non certo abbandonare. Per Gesù e i registratori consulti il generale dei gesuiti, era una citazione.

          • Marco Tosatti ha detto:

            Questo forse può aprirle gli occhi:
            Eppure, come Tommaso d’Aquino afferma nel sesto articulus del suo Commento al Padre Nostro, questa situazione, espressa dal termine peirasmos, sarebbe proprio un momento in cui l’uomo è messo alla prova da Dio affinché conosca la sua virtù. Non, quindi, una situazione in cui Dio si diverte sadicamente ad assistere alla caduta dell’uomo nel peccato, ma anzi un frangente in cui all’uomo, sostenuto dalla Grazia, è data la possibilità di sviluppare una fede matura e capire i propri limiti. A tal proposito troviamo in 1 Corinzi 10,13: “Nessun peirasmos, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con il peirasmō, vi darà anche il modo di uscirne per poterlo sostenere.” La richiesta di non metterci alla prova sarebbe dunque un riconoscimento delle nostre debolezze umane e della fragilità della nostra natura e una richiesta di non testare la nostra fede così come ha fatto con Abramo e Giobbe (chiedendo a uno di sacrificare il figlio Isacco e privando l’altro di ogni cosa), poiché, sempre in riferimento alla prova, “lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41).

            https://ilcambio.it/2021/01/22/e-non-ci-indurre-in-tentazione-parte-ii/

          • Enrico Nippo ha detto:

            Non oso pensare a cosa succederebbe se in qualche grotta si scoprissero dei registratori della voce di Gesù che parla in aramaico.

            Lo dico sul serio, non per fare dell’ironia.

    • luca antonio ha detto:

      Di tutti i commenti questo Suo e’ il piu’ illogico. Se dico mela per indicare un’arancia cambia…..e come se cambia!.
      Quanto a Pelagio tutti hanno riso del papa in quanto richiamo teologico completamente fuori luogo;
      ma per uno che non e’ mai riuscito a prendere il dottorato in teologia e’ normale amministrazione.

      • Mirko ha detto:

        È da supporre che lei non sappia cosa sia stato il pelagianesimo e cosa sia il neopelagianesimo. Nessuno è perfetto e quando uno è sciocco ride anche quando non deve. Saluti.

        • luca antonio ha detto:

          Bene, me lo spieghi Lei chi era Pelagio e in cosa consiste teologicamente l’accusa di Francesco, legga sant’Agostino sul punto, poi confronti il tutto con l’eresia luterana, rilevi da altre omelie di Francesco il peso delle opere e della fede nell’economia della salvezza, esponga cosa sia per lui il peccato originale, cosa intenda poi per peccato personale, e come ci possa salvare – sempre secondo il Nostro fenomeno argentino – dal fuoco della geennaa ….e mi faccia ridere ancora.

  • manuel ha detto:

    Concordo.
    Mario Pincherle (profondo conoscitore dell’aramaico antico) sosteneva inoltre che in aramaico il tempo imperativo dei verbi non esiste. Pertanto c’è un errore di traduzione importante, recitando il Padre Nostro con il tempo presente, assume un significato decisamente differente:
    “tu non ci induci in tentazione, ma ci liberi dal male”
    Diventa una costatazione e quindi un ringraziamento, non una richiesta!
    A questo punto anche la nuova “variante”, potrebbe essere accettabile pronunciata al tempo presente.

  • Il Matto ha detto:

    «A me viene in mente l’episodio di Cesarea di Filippo, con un indimenticabile “Vade retro Satana” rivolto a Pietro che in quel momento secondo Gesù “non pensava secondo Dio, ma secondo gli uomini”».

    È Gesù che dice a Pietro “vade retro”. Resta da vedere quale uomo può dirlo ad un altro. Appropriarsi di quel che dice Gesù per mettersi al posto di Lui è una grossa … tentazione! Alla quale è facilissimo cedere.

    Tentazione per la quale si può benissimo chiedere al Padre nostro di non abbandonarci, ovvero di non lasciarci senza la sua Grazia che soccorre la nostra debolezza nel momento della prova.

    Chi può dire se il figlio che ritorna dal padre lo fa per esclusiva sua decisione e non per un sottile richiamo d’amore del padre? E chi si converte lo fa per sua mera decisione o non anche “per grazia ricevuta”?

    Può darsi che questa storia del “non indurci” e del “non abbandonarci” sia davvero una questione di lana caprina.

    • Cristina Maria ha detto:

      In effetti è lana caprina. L’importante è che passi il concetto che noi da figli, chiediamo a Dio di darci la grazia di fare il bene e non il male, come un Padre che ci porta per mano e ci sostiene.

  • Paul Mayer ha detto:

    Spero che presto rendano conto a Dio delle loro malefatte.