Il Filo a Cui è Appeso il Concilio. Mons. Viganò.

22 Gennaio 2023 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo testo dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Buona lettura.

§§§

“IL FILO A CUI È APPESO IL CONCILIO”

Una risposta a Reid, Cavadini, Healy, Weinandy.

Et brachia ex eo stabunt,

et polluent sanctuarium fortitudinis,

et auferent juge sacrificium:

et dabunt abominationem in desolationem.

 

Dan 11, 31

Ho seguito con interesse il dibattito in corso su Traditionis Custodes e il commento di Dom Alcuin Reid (qui) nel quale confuta Cavadini, Healy e Weinandy senza giungere tuttavia ad una soluzione dei problemi rilevati. Con questo mio contributo desidero indicare un possibile sbocco alla crisi presente.

 

Il Vaticano II, non essendo un Concilio dogmatico, non ha inteso definire alcuna verità dottrinale, limitandosi a ribadire indirettamente – e in forma peraltro spesso equivoca – dottrine precedentemente definite in modo chiaro e inequivocabile dall’autorità infallibile del Magistero. Esso è stato indebitamente e forzatamente considerato come “il” Concilio, il “superdogma” della nuova “chiesa conciliare”, al punto da definirla in relazione a quell’evento. Nei testi conciliari non vi è alcuna menzione esplicita di ciò che fu poi fatto in ambito liturgico, spacciandolo come compimento della Costituzione Sacrosanctum Concilium. Sono invece molteplici le criticità della cosiddetta “riforma”, che rappresenta un tradimento della volontà dei Padri conciliari e dell’eredità liturgica preconciliare.

Dovremmo piuttosto interrogarci su quale valore dare a un atto che non è ciò che vuole sembrare: se cioè possiamo moralmente considerare “Concilio” un atto che, al di là delle sue premesse ufficiali – ossia negli schemi preparatori lungamente e dettagliatamente formulati dal Sant’Uffizio – si è dimostrato eversivo nelle intenzioni inconfessabili e doloso nei mezzi da impiegare da parte di coloro che, come poi è avvenuto, volevano usarlo per uno scopo totalmente opposto a ciò per cui la Chiesa ha istituito i Concili Ecumenici. Questa premessa è indispensabile per poter poi valutare oggettivamente anche gli altri eventi e atti di governo della Chiesa che da esso derivano o che ad esso fanno riferimento.

Mi spiego meglio. Sappiamo che una legge viene promulgata sulla base di una mens, ossia di una finalità ben precisa, che non può prescindere dall’intero sistema giuridico nel cui ambito essa nasce. Queste quantomeno sono le basi di quel Diritto che la saggezza della Chiesa ha acquisito dall’Impero Romano. Il legislatore promulga una legge con uno scopo e la formula in modo che essa sia applicabile solo per quello scopo specifico; egli eviterà pertanto ogni elemento che possa rendere la legge equivocabile rispetto al destinatario, allo scopo, al risultato. L’indizione di un Concilio Ecumenico ha come scopo la convocazione solenne dei Vescovi della Chiesa, sotto l’autorità del Romano Pontefice, per definire particolari aspetti della dottrina, della morale, della liturgia o della disciplina ecclesiastica. Ma ciò che ogni Concilio definisce deve in ogni caso rientrare nell’alveo della Tradizione e non può in alcun modo contraddire il Magistero immutabile, perché se lo facesse andrebbe contro la finalità che legittima l’autorità nella Chiesa. Lo stesso vale per il Papa, il quale ha piena, immediata e diretta potestà sull’intera Chiesa solo nei confini del suo mandato: confermare i fratelli nella Fede, pascere gli agnelli e le pecorelle del gregge che il Signore gli ha affidato.

Nella storia della Chiesa, sino al Vaticano II, non è mai accaduto che un Concilio potesse de facto cancellare i Concili che lo hanno preceduto, né che un Concilio pastorale – un ἅπαξ del Vaticano II – potesse avere più autorità di venti Concili dogmatici. Eppure è accaduto, nel silenzio della maggioranza dell’Episcopato e con l’approvazione di ben cinque Romani Pontefici, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI. In questi cinquant’anni di rivoluzione permanente nessun Papa ha mai messo in discussione il “magistero” del Vaticano II, né ha osato tantomeno condannarne le tesi ereticali o precisarne quelle equivoche. Al contrario, tutti i Papi da Paolo VI in poi hanno fatto del Vaticano II e della sua attuazione il fulcro programmatico del loro Pontificato, subordinando e vincolando la propria autorità apostolica ai diktat conciliari. Essi si sono distinti per una netta presa di distanze dai loro Predecessori e per una marcata autoreferenzialità da Roncalli a Bergoglio: il loro “magistero” inizia con il Vaticano II e lì si esaurisce, e i Successori proclamano santi gli immediati Predecessori per il solo fatto di aver indetto, concluso o applicato il Concilio. Anche il linguaggio teologico si è adeguato all’equivocità dei testi conciliari, giungendo ad adottare come definite delle dottrine che prima del Concilio erano considerate eretiche: pensiamo alla laicità dello Stato, oggi data per acquisita e lodevole; all’ecumenismo irenista di Assisi e di Astana; al parlamentarismo delle Commissioni, del Sinodo dei Vescovi, della “via sinodale” della Chiesa tedesca.

Tutto questo nasce da un postulato che quasi tutti danno per scontato: che il Vaticano II possa rivendicare l’autorità di un Concilio Ecumenico, dinanzi alla quale il fedele dovrebbe sospendere ogni giudizio e piegare umilmente il capo alla volontà di Cristo, espressa infallibilmente dai Sacri Pastori, anche se in forma pastorale e non dogmatica. Ma così non è, perché i Sacri Pastori possono essere tratti in inganno da una colossale cospirazione che ha come scopo l’uso eversivo di un Concilio.

 

Quanto è avvenuto a livello globale con il Vaticano II avvenne in forma locale con il Sinodo di Pistoia, nel 1786, dove l’autorità del Vescovo Scipione de’ Ricci – che egli poteva legittimamente esercitare convocando un Sinodo diocesano – venne dichiarata nulla da Pio VI per il fatto di averla usata in fraudem legis, ossia contro la ratio che presiede e orienta qualsiasi legge della Chiesa[1]: perché l’autorità nella Chiesa appartiene a Nostro Signore, che ne è il Capo, che la concede in forma vicaria a Pietro e ai suoi legittimi Successori solo nell’alveo della Sacra Tradizione. Non è quindi un’ipotesi ardita supporre che una conventicola di eretici possa aver organizzato un vero e proprio colpo di stato nel corpo ecclesiale, allo scopo di imporre quella rivoluzione che con analoghi metodi venne organizzata dalla Massoneria, nel 1789, contro la Monarchia di Francia, e che il modernista Card. Suenens salutò come realizzata al Concilio. Né ciò è in conflitto con la certezza dell’assistenza divina di Cristo sulla Sua Chiesa: il non prævalebunt non ci promette l’assenza di conflitti, di persecuzioni, di apostasie; esso ci rassicura che nella furiosa battaglia delle portæ inferi contro la Sposa dell’Agnello queste non riusciranno a distruggere la Chiesa di Cristo. La Chiesa non sarà vinta finché essa rimarrà come il Suo Eterno Pontefice le impose di essere. Inoltre, la speciale assistenza dello Spirito Santo sull’infallibilità papale non è messa in discussione, quando il Papa non ha alcuna intenzione di impegnarla, come nel caso dell’approvazione degli atti di un Concilio pastorale. Sotto un profilo teorico, dunque, l’uso eversivo e doloso di un Concilio è possibile; anche perché gli pseudochristi e gli pseudoprophetæ di cui parla la Sacra Scrittura (Mc 13, 22) potrebbero ingannare anche gli stessi eletti, tra cui buona parte dei Padri conciliari, e con essi una moltitudine di chierici e fedeli.

Se dunque il Vaticano II fu, com’è evidente, uno strumento di cui venne usata fraudolentemente l’autorità e l’autorevolezza per imporre dottrine eterodosse e riti protestantizzati, possiamo sperare che prima o poi il ritorno sul Soglio di un Pontefice santo e ortodosso sani questa situazione dichiarandolo illegittimo, invalido, nullo, al pari del Conciliabolo di Pistoia. E se la liturgia riformata esprime quegli errori dottrinali e quell’impostazione ecclesiologica che il Vaticano II conteneva in nuce, i cui artefici si ripromettevano di rendere palesi nella loro portata devastante solo dopo la sua promulgazione, nessuna ragione pastorale – come vorrebbe Dom Alcuin Reid – potrà mai giustificare alcun mantenimento di quel rito spurio, equivoco, favens hæresim e del tutto disastroso nei suoi effetti sul popolo santo di Dio. Il Novus Ordo non merita quindi alcun emendamento, alcuna “riforma della riforma”, ma la sola soppressione e abrogazione, quale conseguenza della sua insanabile eterogeneità rispetto alla Liturgia cattolica, al Rito Romano di cui vorrebbe essere presuntuosamente unica espressione e alla dottrina immutabile della Chiesa. «La menzogna va confutata, come insiste san Paolo, ma chi è invischiato nelle sue trappole deve essere salvato, non perduto», dice Dom Alcuin: ma non a detrimento della Verità rivelata e dell’onore dovuto alla Santissima Trinità nell’atto supremo del culto; perché nel dare un peso eccessivo alla pastoralità si finisce col mettere l’uomo al centro dell’azione sacra, quando egli dovrebbe invece porvi Dio e prostrarsi dinanzi a Lui in adorante silenzio.

E anche se ciò può destare stupore nei fautori dell’ermeneutica della continuità concepita da Benedetto XVI, ritengo che Bergoglio abbia per una volta perfettamente ragione a considerare la Messa tridentina come una intollerabile minaccia per il Vaticano II, dal momento che quella Messa è talmente cattolica, da sconfessare qualsiasi tentativo di convivenza pacifica tra le due forme del medesimo Rito Romano. Anzi, è un’assurdità poter concepire una forma ordinaria montiniana e una forma straordinaria tridentina per un Rito che, in quanto tale, deve rappresentare la sola voce della Chiesa Romana – una voce dicentes – con l’eccezione limitatissima dei riti venerandi per antichità quali l’Ambrosiano, il Lionese, il Mozarabico e le minime variazioni del Rito Domenicano e simili. Lo ripeto: l’estensore di Traditionis Custodes sa benissimo che il Novus Ordo è l’espressione cultuale di un’altra religione – quella della “chiesa conciliare” – rispetto alla Religione della Chiesa Cattolica di cui la Messa di San Pio V è perfetta traduzione orante. In Bergoglio non c’è alcuna volontà di comporre il dissidio tra la stirpe della Tradizione e la stirpe del Vaticano II. Al contrario, l’idea di provocare una rottura è funzionale all’estromissione dei Cattolici tradizionali, siano essi chierici o laici, dalla “chiesa conciliare” che si è sostituita alla Chiesa Cattolica e che di essa mantiene appena (e di malavoglia) il nome. Lo scisma auspicato da Santa Marta non è quello dell’ereticale cammino sinodale delle Diocesi tedesche, ma quello dei Cattolici tradizionali esasperati dalle provocazioni bergogliane, dagli scandali della sua Corte, dalle sue dichiarazioni intemperanti e divisive (qui e qui). Per ottenere il quale, Bergoglio non esiterà a portare alle estreme conseguenze i principi posti dal Vaticano II, cui egli incondizionatamente aderisce: considerare il Novus Ordo come unica forma del Rito Romano postconciliare, e coerentemente abrogare qualsiasi celebrazione in Rito Romano antico, in quanto del tutto aliena all’impianto dogmatico del Concilio.

Ed è verissimo, oltre ogni possibile confutazione, che non vi sia possibilità di conciliazione tra due visioni ecclesiologiche eterogenee, anzi opposte. O sopravvive l’una e l’altra soccombe, o soccombe l’una e sopravvive l’altra. La chimera di una convivenza tra Vetus e Novus Ordo è impossibile, artificiosa, ingannatoria: perché ciò che il celebrante compie perfettamente nella Messa apostolica lo porta naturalmente e infallibilmente a compiere ciò che vuole la Chiesa; mentre ciò che il presidente dell’assemblea compie nella Messa riformata è quasi sempre inficiato dalle variazioni autorizzate dal rito medesimo, anche se in esso si realizza validamente il Santo Sacrificio. Ed è proprio in questo che consiste la matrice conciliare della messa nuova: la sua fluidità, la sua capacità di adattarsi alle esigenze delle più disparate “assemblee”, di poter essere celebrata tanto da un sacerdote che crede nella Transustanziazione e lo manifesta con le genuflessioni prescritte quanto da uno che crede nella transignificazione e dà la Comunione in mano ai fedeli.

 

Non mi stupirei quindi se, in un futuro molto prossimo, chi sta abusando dell’autorità apostolica per demolire la Santa Chiesa e provocare l’esodo in massa dei Cattolici “preconciliari”, non esitasse non solo a limitare la celebrazione della Messa antica, ma giungesse anche a proibirla del tutto, perché in quella proibizione si compendia l’odio settario contro il Vero, il Buono, il Bello che ha animato la congiura dei Modernisti sin dalla prima Sessione del loro idolo, il Vaticano II. Non dimentichiamo che, coerentemente con questa impostazione fanatica e tirannica, la Messa tridentina fu disinvoltamente abrogata con la promulgazione del Missale Romanum di Paolo VI, e che quanti continuarono a celebrarla vennero letteralmente perseguitati, ostracizzati, fatti morire di crepacuore e sepolti con funerali in rito nuovo, quasi a suggellare una miserabile vittoria su un passato da dimenticare definitivamente. E a quei tempi a nessuno interessavano le motivazioni pastorali per derogare alla durezza della legge canonica, così come oggi nessuno si preoccupa delle motivazioni pastorali che potrebbero indurre molti Vescovi a concedere quella celebrazione in rito antico a cui chierici e fedeli mostrano particolare attaccamento.

Il tentativo conciliatore di Benedetto XVI, lodevole nei suoi temporanei effetti di liberalizzazione dell’Usus Antiquior, era destinato al fallimento proprio perché nasceva dall’illusione di poter applicare la sintesi di Summorum Pontificumalla tesi tridentina e all’antitesi di Bugnini: quella visione filosofica influenzata dal pensiero hegeliano non poteva avere successo in ragione della natura stessa della Chiesa (e della Messa), che è cattolica o non è. E che non può essere allo stesso tempo ancorata saldamente alla Tradizione e scossa dai flutti della mentalità secolarizzata.

Per questo provo grande sgomento nel leggere che la Messa apostolica è considerata da Dom Reid «espressione di quella legittima pluralità che fa parte della Chiesa di Cristo», perché la pluralità delle voci si esprime nella sinfonia complessiva, e non nella compresenza dell’armonia e del frastuono stridente. Vi è qui un equivoco che dev’essere chiarito quanto prima, e che con ogni probabilità verrà sanato non tanto dal timido e composto dissenso di chi chiede tolleranza per sé riconoscendola a propria volta a chi rivendica principi diametralmente opposti, ma dall’azione intollerante e vessatoria di chi crede di poter imporre la propria volontà andando contro la volontà di Cristo Capo della Chiesa, presumendo di poter governare il Corpo Mistico al pari di una multinazionale, come giustamente ha evidenziato il Card. Mueller in un suo recente intervento.

Eppure, a ben vedere, quanto accade oggi e quanto avverrà in un prossimo futuro non sono altro che la logica conseguenza delle premesse poste nel passato, il gradino successivo in una lunga serie di passi più o meno lenti, al superare dei quali molti hanno taciuto, hanno accettato, hanno subito il ricatto. Perché chi celebra la Messa tridentina abitualmente ma continua a celebrare saltuariamente il Novus Ordo – e non parlo dei sacerdoti sottoposti a ricatto ma di quanti potevano imporsi o avevano la libertà di scegliere – ha già ceduto sul fronte dei principi, accettando di poter celebrare indifferentemente l’uno o l’altro, come se entrambi si equivalessero, come – appunto – se uno fosse la forma straordinaria e uno quella ordinaria dello stesso Rito. E non è ciò che, con metodi analoghi, è avvenuto in ambito civile, con l’imposizione di restrizioni e violazione dei diritti fondamentali, accettate in silenzio dalla maggioranza della popolazione, terrorizzata dalla minaccia di una pandemia? Anche in quelle circostanze, con motivazioni diverse ma finalità analoghe, i cittadini hanno subìto un ricatto: «O ti vaccini o non puoi lavorare, viaggiare, uscire al ristorante». E quanti, pur sapendo che si trattava di un abuso dell’autorità, hanno obbedito? Credete che i sistemi di manipolazione del consenso siano molto diversi, quando chi li adotta proviene dalla stessa schiera nemica ed è guidata dallo stesso Serpente? Pensate che il piano del Great Reset ideato dal World Economic Forum di Klaus Schwab abbia scopi differenti da quelli che si prefigge la setta bergogliana? Il ricatto non sarà sullo stato sanitario, ma su quello dottrinale, e chiederà di accettare unicamente il Vaticano II e il Novus Ordo Missæ per poter avere diritti nella chiesa conciliare; i tradizionalisti saranno bollati come fanatici al pari dei no-vax.

 

Quando da Roma dovesse essere proscritta la celebrazione della Messa antica in tutte le chiese dell’Orbe, quanti credevano di poter servire due padroni – la Chiesa di Cristo e la chiesa conciliare – scopriranno di esser stati ingannati, come prima di loro avvenne ai Padri conciliari. A quel punto dovranno compiere quella scelta che si erano illusi di poter eludere, e che li costringerà a disobbedire a un ordine illecito per obbedire al Signore, o piegare il capo al volere del tiranno venendo meno ai loro doveri di Ministri di Dio. Ci pensino bene, nell’esame di coscienza, quanti hanno evitato di sostenere i pochi, pochissimi confratelli fedeli al proprio Sacerdozio, quando venivano additati come disobbedienti o inflessibili solo perché avevano previsto l’inganno e il ricatto.

Qui non si tratta di travestire la Messa montiniana da Messa antica, cercando di nascondere con paramenti e canti gregoriani l’ipocrisia farisaica che l’ha concepita; non è questione di togliere la Prex eucharistica II o celebrare ad orientem: la battaglia si combatte sulla differenza ontologica tra la visione teocentrica della Messa tridentina e la visione antropocentrica della sua contraffazione conciliare.

Questa non è altro che la battaglia tra Cristo e Satana. Una battaglia per la Messa, che è il cuore della nostra Fede, il trono in cui il divino Re eucaristico discende, il Calvario su cui si rinnova in forma incruenta l’immolazione dell’Agnello immacolato. Non una cena, non un concerto, non una rassegna di eccentricità o un pulpito per eresiarchi, non un podio per comizi.

Una battaglia che si rafforzerà spiritualmente nella clandestinità dei sacerdoti fedeli a Cristo, considerati scomunicati e scismatici, mentre nelle chiese assieme al rito riformato trionferanno l’infedeltà, l’errore, l’ipocrisia. E l’assenza: assenza di Dio, assenza di santi sacerdoti, assenza di buoni fedeli. L’assenza – lo dicevo nell’Omelia per la Cattedra di San Pietro in Roma (qui) – di quella unità tra la Cattedra e l’Altare, tra l’autorità sacra dei Pastori e la loro stessa ragion d’essere, sul modello di Cristo, pronti a salire essi per primi il Golgota, ad immolarsi per il gregge. Chi rigetta questa visione mistica del proprio Sacerdozio finisce per esercitare l’autorità che ricopre senza la ratifica che viene solo dall’Altare, dal Sacrificio, dalla Croce: da Cristo che su quella Croce regna come Re e Pontefice anche sui sovrani temporali e spirituali.

Se questo è ciò che vuole Bergoglio per affermare il suo strapotere nel silenzio assordante del Sacro Collegio e dell’Episcopato, sappia che incontrerà l’opposizione ferma e decisa di tante anime buone, disposte a combattere per amore del Signore e per la salvezza della propria anima e determinate a non cedere, in un momento così tremendo per le sorti della Chiesa e del mondo, a chi vorrebbe cancellare il Sacrificio perenne, quasi a rendere più agevole l’ascesa dell’Anticristo ai vertici del Nuovo Ordine Mondiale. Comprenderemo presto il senso delle tremende parole del Vangelo (Mt 24, 15), in cui il Signore parla dell’abominazione della desolazione nel tempio: l’orrore abominevole di vederci proscritto il tesoro della Messa, di vedere spogli i nostri altari, chiuse le nostre chiese, costrette alla clandestinità le nostre funzioni. Questa è l’abominazione della desolazione: la fine della Santa Messa apostolica.

Quando, il 21 Gennaio 304, la tredicenne Agnese fu condotta al Martirio, molti tra i fedeli e tra i sacerdoti avevano apostatato la Fede dinanzi alla persecuzione di Diocleziano. Dovremmo noi temere l’ostracismo della setta conciliare, quando una bambina ci ha dato l’esempio di fedeltà e fortezza dinanzi al carnefice? Quella fedeltà eroica fu lodata da Sant’Ambrogio e San Damaso: facciamo in modo di poter meritare, ancorché indegnissimi, il futuro elogio della Chiesa mentre ci prepariamo a queste prove in cui testimoniare la nostra appartenenza a Cristo.

 

 

21 Gennaio 2023

Sanctæ Agnetis Virginis et Martyris



[1] Tre anni prima della Rivoluzione francese, il Sinodo di Pistoia formulò alcune dottrine ereticali significativamente anticipatrici degli errori del Modernismo che ritroviamo al Concilio Vaticano II: l’avversione verso le pie devozioni; l’insinuazione che la dottrina sulla Grazia e sulla predestinazione dovesse tornare alla purezza dell’antichità dopo secoli di travisamenti; l’adozione del volgare nella Liturgia e di molte preghiere ad alta voce; la soppressione degli altari laterali, dell’uso dei reliquiari e dei fiori sugli altari, delle immagini dei Santi non presenti nelle Scritture; insinuazioni circa la liceità di una Messa alla quale i fedeli non comunicano; l’uso di termini impropri nella definizione della Consacrazione. A tali errori Pio VI rispondeva: «Non sia mai che la voce di Pietro rimanga silenziosa in quella sua Cattedra nella quale egli vive e presiede per sempre, offrendo la verità della fede a coloro che la cercano (San Crisologo, Lettera ad Eutiche).

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9 commenti

  • Don Pietro Paolo ha detto:

    Ecc. Rev.ma, Lei domanda se “possiamo moralmente considerare “Concilio” un atto che, al di là delle sue premesse ufficiali…. si è dimostrato eversivo nelle intenzioni inconfessabili e doloso”, io le rispondo che, nel caso queste sue accuse fossero vere, a noi cattolici importa il finale. cioè gli atti votati da circa duemila vescovi, convocati cum Pietro e sub Pietro, e accettati e promulgati dal Romano Pontefice, il Papa. Vada a rivedere la storia della Chiesa e veda se in ogni Concilio della Chiesa non ci siano state persone con intenzioni inconfessabili e di atteggiamenti e piani eversivi. Queste certamente non hanno invalidato i Concili. Le voglio fare una domanda: in che cosa di dogmatico il Concilio Vaticano II ha “de facto” cancellato i Concili precedenti? Fin quando cambia il linguaggio o il modo pastorale, credo che questo sia un suo compito lecito. Sicuramente la sua augusta persona non si abbasserà a rispondere a un povero prete come me, ma almeno scriva un trattato dove elenca gli errori dogmatici contrari alla dottrina di sempre e poi, se ha il coraggio, accusi l i vescovi conciliari di essere caduti in eresia e di aver tradito della fede. Se i papi, da San Paolo VI in poi, hanno fatto del Vaticano II il fulcro del loro Pontificato evidentemente non hanno visto nel Concilio quello di cui lei lo accusa. Si può pensare che 5 papi siano stati così cattivi da tollerare e perorare idee, teorie e azioni tanto perniciose per la Chiesa di Dio tanto da farne addirittura il fulcro del loro servizio pontificale? Più che Servi di Cristo , allora dovremmo chiamarli servitori del maligno. Ma lei ci crede o non ci crede allo Spirito Santo? Poi, mi permetta, che ascrivere la canonizzazione di questi papi semplicemente “per aver indetto, concluso e applicato” il Concilio è veramente grave e inaccettabile. Mi verrebbe da dire: “ma guarda un po’ da che pulpito viene la predica!” Per elogiare il papa defunto, lei ha fatto entrare Benedetto XVI in Paradiso semplicemente perché il Signore lo premiava per aver promulgato il Summorum Pontificorum. Il suo mi pare un comportamento un po’ contraddittorio: Come mai non gli è stato amputato il grande errore di essere stato un protagonista di primo grado del Concilio che lei tanto avversa?… Non mi meraviglio che possa esserci stato qualcuno che si sia operato per un uso eversivo del Concilio; se lo fanno con la Sacra Scrittura, figuriamoci con gli atti di un Concilio. E’ vero che anche il concilio ha bisogno di essere riveduto soprattutto in quelle proposizioni che possono dare l’imput ad interpretazioni errate. Nonostante ci sia stato donato un testo chiaro ed esaustivo, Catechismo della Chiesa Cattolica, di tesi equivoche certamente ce ne sono state e ce ne sono, basta leggere le interpretazioni eretiche con le relative applicazioni che ne hanno fatto i modernisti, ma non di meno ci sono anche le sue, cara Eccellenza. Lei chiama considerazioni eretiche prima del Concilio ( la laicità dello Stato, l’ecumenismo irenista, il parlamentarismo delle Commissioni, il Sinodo dei Vescovi, la “via sinodale” della Chiesa tedesca), le faccio notare che tutte queste cose non erano dogmi e rispecchiavano la mentalità del tempo. Ormai non siamo nel tempo del “cuius regio eius religio”; viviamo in società multietniche e multiculturali; i sinodi, sebbene auspicati dal Concilio, erano presenti nella Chiesa fin dagli apostoli, tutto sta nel come si svolgono e se rispettano i canoni della Chiesa. Di sinodi locali ortodossi ed eterodossi nella Chiesa ce ne sono stati tanti e tra quest’ultimi potrà essere – speriamo di no – anche quello tedesco. I sinodi presieduti dal papa per noi sono concili (vedi quelli lateranensi) e quindi vincolanti. Per questo non capisco come lei possa mettere in relazione il sinodo locale di Pistoia del 1786 con il Concilio Vaticano II. Quello era presieduto da un vescovo, il Concilio Vaticano II, con quasi tutti i vescovi, presieduto dal Papa. “Dove c’è il vescovo c’è la Chiesa… e dove c’è Pietro lì c’è la Chiesa” scrive S. Ambrogio e dove c’è la Chiesa, lì c’è lo Spirito del Signore. I falsi cristiani e i falsi profeti possono ingannare alcuni eletti, ma non la Chiesa intera. J’accuse: le sue esternazioni virulente contro il N.O. saranno ancora una volta deleteri per quanti amano la Messa cosiddetta tridentina. Lei se ne deve assumere tutta la responsabilità. Chi stabilisce, riguarda al culto, qual’é “la voce della Chiesa Romana, non è lei, Caro Mons., ma il vescovo di Roma, capo visibile della Chiesa Cattolica. Se ha materia per confutarmi, lo faccia. La Messa cosiddetta Novus Ordo è la Messa della Chiesa Romana e come tale non è espressione culturale di una fantomatica chiesa che lei ha inventato. La Chiesa è Una, la stessa di quella che era prima del Concilio. Se lei, come scrive, dice che c’è un’altra chiesa, mi chiedo: qual’è la sua se non è la mia? Inoltre, se lei, come scrive, ritiene che la S. Messa N. O. “realizza validamente il sacrificio di Cristo”, per coerenza dovrebbe dire che la messa N.O. è la Messa degli Apostoli e basta.Punto. Diversamente , può fare contenti solo persone settarie e invece ferisce milioni e milioni di fedeli e soprattutto ministri che celebrano il Culto a Dio secondo le direttive che da la Chiesa. Se c’è uno scisma latente nella Chiesa non è solo quello tedesco , ma anche quello di persone “tradizionaliste” che possibilmente in buona fede ascoltano i suoi proclami rivoluzionari che certamente non danno gloria a Dio e sono perniciosi per la Chiesa. Attenti a non provocare scismi e guai a coloro che li fomentano. Tutti gli scismatici ed eretici che si sono staccati dalla Chiesa hanno ritenuto che le loro sette fossero la vera chiesa, ma rimangono solo sette. La Chiesa Cattolica è quella retta dal vescovo di Roma, il papa. Prenda esempio , invece di meravigliarsi di tanti suoi confratelli. Prelati, cardinali, vescovi e sacerdoti difendono il S.P., ma con quello che va raccontando lei non hanno niente a che vedere. La prego: la smetta, altrimenti il danno con nuove restrizioni al V.O. saranno ancora più drastiche. Se ne assuma tutte le responsabilità davanti ai fratelli e davanti a Dio a cui di questo dovrà rendere conto. Mi perdoni la schiettezza e il modo di pormi.

    • OCCHI APERTI! ha detto:

      No, don Pietro Paolo, le cose stan molto peggio, sa? Forse si è perso, qua e là, qualche articolo…

      Nonostante Summorum Pontificum; nonostante la lotta aperta e concreta alla sporcizia della Chiesa, sostenendo a spada tratta i valori non negoziabili e denunciando apertamente la minaccia del relativismo e della cultura della morte; nonostante l’eredità spirituale tramandataci attraverso la sua Opera Omnia e innumerevoli testi di valore incommensurabile; nonostante la santità delle sue virtù messe continuamente alla prova dalla ferocia di certi sedicenti cattolici; nonostante i suoi continui profetici sforzi per prepararci in Fede, Speranza e Carità alla crisi che finalmente si è rivelata in tutta la sua gravità; nonostante l’evidente “nemo propheta in patria” che ha provato sulla sua pelle per gran parte della sua esistenza; nonostante una vita intera al servizio di Cristo e della Chiesa, beh…che hanno da dire certe lingue biforcute che si vantano di dare doverose informazioni?
      Che il Santo Padre Benedetto XVI era un eresiarca (Radaelli gli affibia ben 18 eresie!!!), che ha sulla coscienza la secolarizzazione del Papato, che era un modernista dichiarato quando non addirittura mascherato, che la rinuncia qui e la rinuncia là…che…che…che…
      SOLO CRITICHE!!! Anzi, accuse.

      Putroppo far salotto va di moda. I follower servono sempre, anche per sentirsi in buona compagnia. Eh sì…persino il cattolicesimo ha le sue “barbara d’urso”.
      Ed è spregevole ipocrisia dire di amare BXVI e vomitargli addosso ogni malevola allusione, quando non accuse appunto, confacenti solo a certa ideologia pseudotradizionalista da bar!

      Un commento fuori tema, il mio, don Pietro Paolo, ma certamente – almeno lei, almeno un vero sacerdote di Santa Madre Chiesa! – saprà collocarlo nel triste panorama odierno, dove pare che l’informazione non sia tale se non distrugga la reputazione del soggetto “esaminato”. O meglio, giudicato.
      Chisseneimporta del buono, del bello, del vero…ciò che conta, ciò che rimane impresso nella gente, ciò che fa notizia è parlare male a prescindere!
      Chi è essenzialmente manicheo, d’altronde, non arriva a comprendere che difetti ed errori ne abbiamo tutti.
      La retta intenzione e il cuore puro, invece, no…

      A proposito, ben tornato, don Pietro Paolo!

      • Don Pietro Paolo ha detto:

        Carissimo Occhi aperti, purtroppo gli impegni non mi permettono di scrivere sempre… in quest’ultimo tempo per la verità sono stato presente nel blog nuovo di stilum. Convengo perfettamente con lei. Ipocrisia delle ipocrisie, nonostante il prof. Radaelli sostenesse che Ratzinger fosse un eretico, e quindi non eleggibile o decaduto da papa, riteneva che Benedetto XVI fosse il legittimo papa e dichiarava Francesco antipapa, schierandosi decisamente con Cionci. Purtroppo molti anziché leggere la storia e gli eventi della Chiesa con l’occhio della fede e con la Sacra Scrittura scomodano la filosofia di questo o di qualche altro personaggio come se la verità si trovi nelle conoscenze umane più o meno colte. Tante posizioni di Viganò le trovo somiglianti a quelle di Radaelli.

        • OCCHI APERTI! ha detto:

          Non avrei mai, mai, mai creduto che dietro alla maschera di certo “tradizionalismo” – prettamente ideologico!, anche se si nega di voler essere settari nonostante l’evidenza dei fatti – si nascondesse un’eresia multiforme ben peggiore e subdola di quella modernista…Ma, guarda un pò, questo pericolo reale – di scisma, per giunta – non lo indaga nessuno!
          Già già… tutti a cercar la pagliuzza nell’occhio altrui!

          E’ proprio vero: CORRUPTIO OPTIMI PESSIMA.
          E lo disse un gran santo! Ma dei santi ne facciamo lettera morta e quelli odierni, da buoni ebioniti, non li sappiamo riconoscere.
          A cosa non ha portato la Superbia: trasformò Lucifero in Satana!

          Don Pietro Paolo carissimo, grazie. A presto, spero!

  • Lucia Buttaro ha detto:

    Monsignor Viganò, è arrivato il momento di “chiudere” la partita. Vescovi di tutto il mondo, Cardinali, teologi, storici, si riuniscono in una commissione permanente finalizzata alla verifica delle conseguenze della pastorale conciliare sul clero ( Germania docet) sulla dottrina sociale della Chiesa Cattolica sui fedeli . Si studiano le encicliche conciliari alla luce dei dogmi della Chiesa Cattolica e se difformi si chieda un Concilio che condanni abusi, eresie per evitare di scismarsi alla buona. Troppe chiacchiere e poca voglia di affrontare con serietà la questione. L’esempio è il Concilio di Trento, seguiamo questo metodo di lavoro e ne usciremo. Ratzinger dovrà essere condannato per la istituzione del Papa Emerito il frutto finale del Concilio Vaticano II: Muller, Sarah, Burke Brandmuller devono essere i primi a scomunicare Ratzinger , avranno la forza di rinnegare se stessi pur di affermare la Verità? Ritengo di si.

  • Natoieri ha detto:

    bisogna essere infintamente grati a Sua Eccellenza ;Mgr. Viganò per avere con un linguaggio limpido e inequivoco denunciato i malfatti dell’ultimo Concilio. Essi sono stati dimostrati in modo magistrale da Paolo Pasqualucci nel suo scritto “Il Concilio parallelo” la cui lettura vivamente consiglio a chi vuole percepire la pathologia dell’ultimo Concilio sostenuta con tenacità da parte di Bergoglio.

  • OCCHI APERTI! ha detto:

    Per chi cerca la verità scevra da ogni visione parcellare, posto un link a Mons. Athanasius Schneider, nell’intento di insegnare il giusto approccio al Concilio con continue citazioni dai documenti dello stesso.

    https://youtu.be/h56kELAjAvM

    Buon ascolto e buona domenica nel Signore a tutti!

  • miserere mei ha detto:

    Dunque il frutto è insano.
    Ma Dio scrive diritto anche sulle righe storte.
    Ecco il motivo della continuità: c’è continuità tra Pietro che assicura fedeltà e le tre negazioni prima del canto del gallo.
    A quel Pietro lì comunque sono date e restano le chiavi.
    Parliamo di un Pietro legittimo, ovviamente. Non Bergoglio.
    Con un Benedetto XVI la misericordia e la fede riescono ancora a non far scismare la tesi e l’antitesi: è chiaro che alla lunga resterà la tesi (i cavoli) e si scioglierà l’antitesi (da capra a pecora), attendendone la conversione.
    Con un Francesco è impossibile e il caprone affamato mangerebbe tutti i cavoli, se non chè “Dio aveva altri progetti”.

    Il filo al quale è appeso il Concilio è un filo di speranza e carità, cioè di quell’umiltà con chi chi è nel vero della fede porta la croce anche per chi è nel menzognero.
    Non fu un errore cercare una sintesi, anche se Hegel resta incompatibile con l’alternativa Cristo/Belial.
    Non tutto il Concilio è Belial, ma ne ha sempre più preso le sembianze. Malgrado ciò anche in questi sessant’anni i santi veri ci sono stati, perchè lo Spirito Santo è superiore a ogni rimuginare.

    Chi troppo ragiona mal contempla, concluderebbe San Bonaventura nel suo mistico elevare l’anima a Dio.
    Contemplando Gesù crocefisso, anche la sua poco nota santa piaga della spalla, si vede che Lui non è così incapace di vedere il buono residuale.

    A non poter essere perdonato è solo il peccato contro lo Spirito Santo: ed è questo il frutto immangiabile del Conciliarismo terminale, che farebbe a meno di Cristo e del suo sacrificio, rendendo mensa la messa.

    Giusto per non buttare Benedetto XVI o Giovanni Paolo II con l’acqua sporca. Ma l’acqua sporca sì, quella buttiamola: definitivamente.

  • miserere mei ha detto:

    Gesù è sicuramente preconciliare.
    E’ l’unico Salvatore, il sommo sacerdote che fa da Pontefice assumendo la natura umana, eccetto il peccato.
    La creatura, orma di Dio, e l’anima, immagine di Dio, nella comunione con Cristo risalgono alla somiglianza perduta, le cui porte sono state riaperte sulla croce.
    La gloria della resurrezione restituisce alla vita un corpo spiritualizzato, che tuttavia non cancella e non si vergogna delle piaghe inferte dal supplizio, liberamente accettato.
    La santa messa rende culto e grazie a questo evento, innestato sull’Incarnazione, con Dio che assume la natura umana grazie al Fiat di una vergine, madre e poi corredentrice, preservata dal peccato originale e assunta in cielo, anima e corpo.
    Non c’è spazio per riti liturgici che non rendano questo culto, dicendo questa fede, la speranza della vita eterna e là carità vera in Cristo e non ideologica.
    Il frutto conciliare non è commestibile senza fortissimi mal di pancia e poi peggio…
    L’esperimento è fallito, pur avendolo imposto come una terapia senza alternative.
    Difficile salvare capra e cavoli. Lodevole il tentativo, per tutelare i cavoli dal caprone… Ma alla fine il caprone si rivela troppo cornuto.

    Dai frutti si riconosce l’albero.