Con gli Occhi di un Bambino. Come Specchi Limpidi. Il Matto.

8 Gennaio 2023 Pubblicato da 1 Commento

 

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto offre alla vostra attenzione queste riflessioni – e esperienze poetiche – sulla purezza del sapere e del sentire dei bambini, e di chi vuole essere come loro. Buona lettura e meditazione.

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CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO

«D’in su la vetta della torre antica,
passero solitario, alla campagna
cantando vai finché non more il giorno;
ed erra l’armonia per questa valle».

* * * * *

Come il passero solitario, che il nostro Giacomo ci presenta con versi di raffinata musicalità, me ne sto con Omero alla finestra di primissima mattina, contemplando «Aurora dalle rosee dita» che annuncia il Sole, mentre il mio canto matto e muto va errando nel cielo cittadino e ancor più in là, oltre i monti, oltre l’orizzonte, oltre le nuvole … oltre … laddove il mio anelito s’infínita …

Certo, sostituendo l’io al tu, non posso negare che

«io pensoso in disparte il tutto miro;
non compagni, non voli,
non mi cal d’allegria, schivo gli spassi;
canto, e cosí trapasso
dell’anno e di mia vita il piú bel fiore»,

ma, paradossalmente, il mio canto è anche felicemente commosso, e scaturisce da sé, come acqua di ruscello dalla fonte, il mio io – ciò che io sono – essendo purificato da ogni contaminazione. Il mio io-specchio, cioè la mia mente, dopo il sonno ristoratore e liberatore dalla mandria di pensieri ed immagini che di giorno la calpestano e la ottundono, è rinnovata e riflette i fenomeni – cioè le apparizioni – con gli occhi puri di un bambino, prima che in me l’adulto e la sua saccenza riprendano il sopravvento e releghino il bambino in castigo per tutto il giorno. Perciò il contrario di come dovrebbe essere:

 

«In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli»,

 

«La lampada del tuo corpo è l’occhio; se l’occhio tuo è limpido, anche tutto il tuo corpo è illuminato».

 

E soltanto i bambini hanno gli occhi-specchi limpidi! Ed i Poeti hanno gli occhi-specchi dei bambini che, innocentemente e con immediata delicatezza, colgono la Bellezza del Creato irradiandosene:

 

«Il profumo dell’orchidea
penetra come incenso
le ali di una farfalla».

Basho Matsuo

 

Come il passero, «il tutto miro», contemplo con occhi infantili, con mente svincolata dall’intralcio dell’erudizione, ancora una volta di ogni fenomeno, dacché ogni concetto, sillogismo ed immagine non sono che apparizioni, e per questo necessitanti di uno Schermo permanente su cui prendere forma: ARGOMENTO, QUESTO, DI RILEVANZA ASSOLUTA PER OGNI ESSERE UMANO, perciò per ogni IO-OCCHIO-SPECCHIO, altrimenti chiamato ANIMA. Infatti, senza Schermo nessun film, senza Occhio nessun visibile, senza Specchio nessun riflesso, e, ancora, senza Permanente nessun impermanente, senza Immobile nessun mobile, senza Mente nessun pensiero, senza Vuoto nessun pieno, senza Centro nessun cerchio, senza Mozzo nessuna ruota, senza Uno nessun numero, senza Assoluto nessun relativo. In sintesi, senza Spirito nessuna vita fenomenica.

 

Un’apparizione non può essere colta da un’apparizione. Il fenomeno che (ci) accade, non può essere colto dal fenomeno del pensiero, che può soltanto oggettivarlo e dirne qualcosa, ossia descriverlo, anzi circo-scriverlo soltanto dopo il suo repentino accadere in Questo momento: senza il Momento presente, senza il Kairos, nessun tempo può darsi per l’accadere di ciò che (ci) accade.

 

Una volta descritto/circoscritto, vale a dire trasposto in parole, il fenomeno in sé si occulta, e nella coscienza non ne resta che il pensato, il formulato, il lessico, la traduzione allusiva, il simulacro. Ma una traduzione-allusione non è l’originale, non è il tradotto-alluso. La grammatica descrive, circoscrive il panorama, non è il panorama. L’apparizione non è lo Schermo, come l’oggetto riflesso non è lo Specchio, sebbene sia proprio tale diversità complementare a permetterne l’incontro non-duale.

 

È lo Specchio che suscita l’oggetto (persona, cosa, concetto, pensiero) riflettendolo, conferendogli la propria sostanza senza perderne, mentre l’oggetto c’è in quanto riflesso, ché altrimenti rimarrebbe inespresso. Lo Specchio è vuoto – il Vuoto è il suo (non) Essere – e sussiste (etimologicamente: sta fermo) anche senza l’oggetto da riflettere, mentre l’oggetto non può fare a meno dello Specchio, che è il Soggetto senza forma che dà forma, il Soggetto vuoto che permette al pieno oggettivo di esistere, ed al quale si può certamente riferire la rilevazione taoista di carattere trascendente universale, cioè cattolica, di Liezi (Maestro Lie):

 

«Fa sì che vi sia nascita ma non nasce; fa sì che vi sia trasformazione ma non si trasforma. Ciò che non nasce è capace di far nascere ciò che nasce; ciò che non si trasforma è capace di far trasformare ciò che si trasforma».

 

Ed ecco l’immediata, diretta, viva, pressante constatazione del fenomeno, dell’apparizione più importante: si nasce per morire. «Trapasso dell’anno e di mia vita il piú bel fiore». Per l’uomo, e non solo per esso, la vita terrestre è un’apparizione. Fugacissima! Un batter di ciglia! Apparizione degli oggetti e di «quel partito preso esistenziale dell’ego» (Frithiof Schuon), il soggetto-fenomeno posticcio (secondo l’etimo: aggiunto artificialmente) che incombe «finché non more il giorno»; morire del giorno che col soggetto posticcio porta via l’oggetto, ossia la vetta della torre, il passero canterino, l’armonia del canto che erra per la valle e la valle stessa.

 

Giorno che muore e cancella anche ogni mediazione, ogni costrutto mentale, ogni traduzione, ogni sillogismo ed ogni immagine, ossia, ancorché inconsapevole, il prodotto faticoso della mente, e, insieme, estingue l’io posticcio, l’individualista che si nutre del triplo attaccamento: 1) alle apparizioni, 2) al pensato con cui le occulta, 3) al piacere o dispiacere che ne prova.

 

«More il giorno» e con la notte ecco il sonno ristoratore, preannuncio della morte liberatrice, della conclusione del passaggio terreno, cioè del fenomeno, dell’apparizione, e finalmente del ritornar bambini, immortalmente giovani per l’assorbimento nell’Oltre, nel Non-Fenomeno, nel Non-concepibile, nel Non-pensabile, nel Non-nominabile, nel Non-immaginabile: nell’Ineffabile al Quale ogni pensiero e linguaggio, per quanto ispirato, forbito, raffinato e rigoroso, non può che alludere e mai possedere: «Tanto il linguaggio quanto il pensiero razionale si fondano sull’ineffabile» (Attilio Mordini). L’Ineffabile è il Soggetto Reale Vuoto Onnipervadente, mentre tutto il resto non è che fenomeno, apparizione fugace, impermanenza, realtà relativa che col suo repentino, fitto e continuo apparire, sembra assoluta e permanente alla coscienza che vi resta irretita.

 

Per i pochi minuti (povertà del linguaggio!) che all’alba mi sveglio e resto bambino, anzi infante (in fari: non parlante) ciò è di una chiarezza inusitata. Il Permanente, cioè il Reale, è oltre  l’intermittenza del pensiero, quindi FRA pensiero e pensiero, FRAparola e parola. Come anche FRA inspirazione ed espirazione, e FRA diastole e sistole, sicché il FRA è sempre il MEDESIMO INTERVALLO SACRO che, per dirla con l’Islam, una volta è Al-Bȃsid: Colui che espande (i polmoni e il cuore)  e una volta è Al-Qȃbid: Colui che contrae (i medesimi). Sicché respirazione e battito cardiaco sono testimoni di Al-Adhîm: L’Immenso, Al-Wahid: L’Uno, Al-Ahad: L’Unico.

 

La ragione e la logica: strumenti impermanenti, anche se necessari per l’impermanente, relativa vita terrestre. Necessità dell’impermanenza! Impermanenza della necessità! Nell’Oltre, nessuna ragione e nessuna logica, bisognose di nomi e concetti da concatenare nel discorrere, «che nell’età bassa passò dal suo significato primitivo di correre qua e là, all’altro di parlare, quasi vagare con le parole» (etimo.it): nell’Oltre nessuna divagazione, soltanto il Nessun nome, il Non concetto, soltanto l’Assoluto, coè la (vera) Libertà, se Ab-soluto significa Sciolto.

Lo stupendo verso: «trapasso dell’anno e di mia vita il piú bel fiore», non può non evocare tanto l’erba e il fiore del campo di cui in Isaia:

«Ogni uomo è come l’erba
e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.
Secca l’erba, il fiore appassisce
quando il soffio del Signore spira su di essi»

quanto il sakura (fiore di ciliegio), emblema della cultura e spiritualità nipponiche, che si stacca dal ramo dopo brevissima apparizione, quindi stupendo e prezioso simbolo dell’impermanenza, della provvisorietà della vita terrestre nonché della bellezza, tanto più da gustare quanto più fuggevole! Per altro verso, come la Spada Invisibile (il Soffio del Signore) recide il sakura, nella sua caduta facendolo assurgere ai vertici della Poesia:

«Senza rimpianti
cadono e si disperdono …
fiori di ciliegio»

Kobayashi Issa

(che potenza quel virile «senza rimpianti»!), allo stesso modo la Mente Invisibile – Contemplante – recide alla radice i fenomeni, ossia le apparizioni del molteplice che tende la sua rete occultando la distinzione eppure la non-dualità della Mente col molteplice, nel segreto del coinvolgimento e distacco.

«Per noi la realtà del mondo è fatta del nostro attaccamento. È la realtà dell’io, trasferita da noi nelle cose. Non è affatto la realtà esteriore. Questa non è percepibile che attraverso il distacco totale. Se ne resta anche solo un filo, c’è ancora attaccamento» (Simone Weil).

«Una passione bruciante abbinata a un assoluto distacco è la chiave di ogni successo» (Mahatma Gandhi).

Immobili, silenti, presenti, ardenti, distaccati: questo è richiesto perché l’adulto con il suo sapere indietreggi per l’incedere del bambino con il suo sapere, con i suoi occhi puri e innocenti. Infatti, altro è il sapere, cioè il cumulo delle informazioni di qualunque specie acquisite, e altro è il sapere, il sentir sapore. L’adulto sa ma non assapora. Il bambino assapora e perciò sa. Il bambino è il vero sapiente. Ancor prima di essere “educato”. Per questo il Sapiente per eccellenza ama i bambini.

«Lasciate che i bambini vengano a Me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».

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1 commento

  • Carmela ha detto:

    Bellissimo articolo, bellissimi esempi e paragoni. E tutto reale più del visibile e necessario per sottrarsi al turbinio di un’esistenza vuota.. Grazie

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