Cannarozzo. I Re Magi, il loro Mistero, la loro Avventura.

28 Dicembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Antonello Cannarozzo offre alla vostra attenzione questo articolo che riguarda tre dei personaggi che più destato l’interesse di studiosi e artisti nel corso dei secoli. Buona lettura.

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Ancora tanti enigmi su tre personaggi raccontati tra storia e leggenda

I misteriosi Re Magi e la loro meravigliosa e avventura

 

Antonello Cannarozzo

In un mondo come quello attuale, dove Dio, con tutto ciò che esso rappresenta, è diventato, quando va bene, un optional, tant’è che ormai da anni nel periodo natalizio si festeggia con solennità solo Babbo Natale, mentre il vero protagonista di questa ricorrenza, Nostro Signore Gesù, è praticamente dimenticato e basta accendere la televisione per avere la visione del baratro spirituale in cui siamo caduti.

Raccontare il Natale, con le sue tradizioni e suoi significati allegorici diventa così, sempre più spesso una impresa ardua per l’ignoranza e l’indifferenza che alberga in tanta gente eppure nel presepio, specialmente quello napoletano, abbiamo un vero e proprio libro di sapienza che va solamente contemplato nello splendore dei suoi personaggi, ognuno con una sua storia e un significato spesso trascendente.

Fatto questo breve preambolo, tra le tante figure che hanno rivestito una profonda simbologia spirituale ed anche una curiosità storica, ci sono certamente i Re Magi, figure avvolte da sempre in un fitto mistero fin dal loro apparire nei Vangeli ed anche nei nostri presepi.

Una storia che per approfondirla non basterebbero certo interi volumi, ma scrivendo un articolo sarà utile riportare solo, a parer nostro, i fatti più salienti e anche controversi.

Nella nuova esegesi cattolica, o ciò che ancora ne rimane per molti attuali biblisti, la storia dei Magi è considerata più che altro una pia invenzione o una composizione midrashica, cioè un metodo tipico della tradizione ebraica per indicare un genere o una “costruzione” letteraria dove il racconto non considera tanto la sua storicità quanto all’insegnamento che esso può offrire a chi legge, così la loro storia è considerata spesso il retaggio di altre storie parallele, pur in altri contesti storico-leggendario, in definitiva un tema che ancora crea un dibattito tutt’ora aperto tra gli esperti.

Per raccontare la storia dei Re Magi la cosa migliore è iniziare dalle vicende raccontate dal Vangelo prendendo come spunto il secondo capitolo di san Matteo dove si racconta che: “Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”.

La storia prosegue con l’interessamento del re Erode per questi accadimenti straordinari e dell’incontro con i Magi ai quali raccomanda, una volta trovato il Bambino, di riferirgli dove era per poterlo onorare. Fatto questo si avviarono verso Betlemme accompagnati da una Stella che “si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, fecero ritorno al loro paese per un’altra strada”.

Con questa semplicità, conosciamo un evento che di lì a poco avrebbe cambiato il destino del mondo, infatti, il valore di questo scritto evangelico, pur nelle sue linee assai scarne, non sfuggì ai cristiani fin dai primi secoli della Chiesa.

Si trattava della prima manifestazione del Salvatore, non più rivolta solo alla nazione che più di ogni altra lo avrebbe dovuto accogliere, il “popolo eletto “cioè gli ebrei, ma a degli uomini forestieri ed estranei alla legge mosaica. Una prova, eloquente del carattere universale della nuova religione o della Nuova Alleanza fin dai suoi primi accadimenti. Un messaggio di salvezza rivolto a tutti i popoli senza alcuna distinzione di razza, di sangue o di casta. I confini della Giudea, dove risiedeva il “popolo di Dio”, si erano aperti misticamente per cingere in un abbraccio ideale tutti i popoli della terra.

Il racconto scarno, essenziale nei suoi punti salenti, fin da subito, vide il moltiplicarsi delle indagini intese a completare il racconto evangelico e a precisare la personalità dei Saggi, o Magi, venuti dall’Oriente o Anatolè, termine usato nel testo greco, ma espressione piuttosto vaga e indeterminata.

Le domande che si posero i primi studiosi cristiani furono del perché si erano posti in viaggio, qual era la loro filosofia e da quali terre provenivano?

 

Terre lontane

 

Con il nome di Oriente, le Sacre Scritture designavano tutta la vasta distesa delle regioni asiatiche ad est della Palestina, dunque all’Asia e più precisamente alla Caldea e alla Persia fino ad arrivare addirittura alla “favolosa” India.

Ancora nei primi secoli del cristianesimo San Giustino, Tertulliano, Epifanio di Ancira, san Pietro Cristologo o san Massimo di Torino, basandosi sull’importanza dell’apparizione della Stella, indicarono come la loro probabile patria fosse la Caldea dove la scienza astrologica era tenuta nel massimo onore.

Ciononostante, la maggior parte degli studiosi antichi fu più propensa a credere che i Magi venissero dalla regione della Persia e precisamente dalle genti dei Medi, antico popolo pre-iranico che già nella prima metà de I° millennio a.C. avevano invaso la parte centrale e settentrionale dell’altopiano a sud del Mar Caspio mantenendo il potere fino all’ascesa dei Persiani guidati dal re Ciro.

Purtroppo, non sono arrivati fino ai giorni nostri testi in lingua meda e tutto ciò che conosciamo di questo popolo si deve a fonti assire, neo-babilonesi o greche ed in particolare agli scritti dello storico Erodoto di Alicarnasso, dunque molto poco per conoscere le vere origini dei Magi e, pertanto, dobbiamo avanzare a tentoni nel buio della storia.

 

La dottrina di Zaratustra e la nascita del Messia

 

Ancora dallo storico greco sappiamo che i Magi appartenevano alla casta sacerdotale, ricca di dottrina ed anche di grande di prestigio tra il popolo dei Medi. Il loro consiglio era di fondamentale importanza specie nelle gravi questioni di Stato e, anche quando la supremazia politica passò ai persiani, la casta dei Magi mantenne sempre inalterato il proprio prestigio.

Per comprendere come questi personaggi entrino nella storia della Natività, bisogna conoscere la loro religione dove si troverà una certa sintonia con quella ebraica.

Dal punto di vista religioso, questo popolo si professava seguace di Zaratustra (per i greci Zoroastro. Ndr) considerato il loro capostipite e del quale ne tramandavano gli insegnamenti attraverso il loro libro sacro: l’Avesta. Sostanzialmente il pensiero zoroastriano era monoteista con Ahura Mazda il Sommo Signore e la fonte dell’essere dell’universo. Nel suo divenire nella vita degli uomini, la loro dottrina verteva sul principio del male, radice del dolore e della morte, in eterna lotta con quello del bene, in sostanza due forze contrapposte impegnate con in una lotta perpetua.

Gli uomini, così provati in questa continua divisione tra bene e male, guardavano alla fine dei tempi con la venuta di esseri straordinari che avrebbero precorso la venuta di un Sausyant, il Soccorritore o il Predestinato, per affrettare il trionfo del bene in un mondo finalmente purificato. Tuttavia, con il trascorrere dei secoli e il contatto con altre civiltà, il pensiero originale subì cambiamenti a volte contraddittorio con quello originale del loro Maestro.

Secondo queste linee di pensiero, i Magi mantenevano il segreto di quando sarebbero giunti i tempi maturi che avrebbe dato vita all’Essere supremo, il Soccorritore, per la salvezza dell’umanità.

Un aspetto da approfondire e non secondario, è il rapporto con la magia, assai influente in quei secoli, ma per il suo aspetto spesso più superstizioso piuttosto che spirituale tra occultismo e la divinazione, i seguaci dell’Avesta se ne disinteressarono, lasciando queste conoscenze ai Caldei e ai maghi d’Egitto, ma, nonostante questo rifiuto, i Magi conciliavano la dottrina di Zaratustra con la scienza astrale, considerata nel suo aspetto non solo di conoscenza pratica, ma anche nel suo aspetto esoterico, una disciplina che da sempre esercitava un profondo influsso in tutto l’ Oriente.

Dallo scritto del XIII secolo di Ludovico di Sassonia nella ‘Vita di Gesù’, apprendiamo che: “I tre re pagani vennero chiamati Magi non perché fossero versati nelle arti magiche, ma per la loro grande competenza nella disciplina dell’astrologia. Erano detti magi dai Persiani coloro che gli Ebrei chiamavano scribi, i Greci filosofi e i latini savi

Un’altra peculiarità essenziale era il profondo senso di giustizia, riconosciuto da tutti i popoli circostanti, e la volontà di collaborare al suo trionfo.

Affermava il gesuita Padre Messina, noto studioso di orientalistica e di studi moderni iraniani, che: “Le catastrofi politiche e religiose, che si abbatterono in diverse epoche sulla nazione iranica, lungi dall’affievolire, resero più acuta l’attesa di tempi più prosperi, e gli sguardi si appuntavano verso l’epoca in cui un Soccorritore sarebbe apparso per ridare al mondo una nuova spinta al bene”.

In una profezia attribuita a Zaratustra, riportata successivamente alla fine del VIII da Teodoro bar Konai, patriarca della Chiesa d’Oriente, si racconta della venuta di un gran Re e della lotta scatenata contro di lui dall’Antico Avversario, delle sue sofferenze e della sua morte per la redenzione degli uomini, ma anche del suo ritorno “su candide nubi con l’esercito di luce”.

Un linguaggio che potremo definire biblico e non fa certo meraviglia che molti tra i primi autori cristiani onorassero Zaratustra addirittura come un profeta della venuta del Messia.

Per fare un esempio, ma ce ne sarebbero molti da proporre, il Vangelo arabo dell’Infanzia di Nostro Signore, che racconta: “Ecco che i magi vennero dall’Oriente a Gerusalemme, come predetto da Zaratustra”.

Fu, probabilmente, proprio questa teoria del futuro Soccorritore, gelosamente tramandata dai magi, che costituì il principale punto di contatto fra le dottrine mazdee e la religione israelitica.

Dalla cattività di Babilonia in poi le relazioni tra Giudei e Persiani furono costanti, favorite soprattutto da una lingua, all’epoca internazionale, come l’aramaico, assai familiare ai popoli del Mediterraneo, ma anche della Mesopotamia e dell’altopiano iranico, sviluppatasi probabilmente dalle colonie ebraiche rimaste fra persiani e i caldei ancora dopo la fine della cattività babilonese.

Proprio la presenza di questi insediamenti possono interpretare alcune analogie tra il pensiero dei Magi e quello della Bibbia che, grazie alla comune attesa del Soccorritore, formarono un legame capace di riunione i saggi iranici ai giudei in una comune speranza.

Quanto all’epoca dell’evento epifanico, i Magi indicavano la fine del primo millennio dopo la venuta di Zaratustra e, se è esatta la notizia dello scrittore lidio Xanthos, considerato nell’antichità ispiratore di Erodoto, esso pone l’epoca del Maestro 600 anni dalla spedizione di Serse contro la Grecia 482 a.C., il tempo auspicato dai Saggi viene a coincidere più o meno con l’inizio dell’era volgare.

 

Ma erano veramente dei Re?

 

La regalità dei Magi è un altro argomento assai discusso, il Vangelo, infatti, non fa nessuno accenno a questa pretesa regalità. L’idea sembra essersi formata all’alba del medio Evo, probabilmente nel VI secolo, e trasmesso alle arti figurative dal VIII secolo dove troviamo raffigurate le immagini dei Magi adorne di attributi regali.

La qualifica di re potrebbe essere sorta da una confusione con la carica, come già accennato, di consiglieri del Sovrano, né si devono dimenticare vari passi delle Scritture, che parlano della venuta di Re apportatori di doni.

Ricordiamo in proposito il Salmo 71, composto da Davide e inneggiante al futuro Messia: “Si getteranno ai suoi piedi gli Etiopi e i nemici di lui baceranno la terra” e ancora “i re di Tharsis e le isole a lui faranno offerte, i re degli Arabi e di Saba porteranno loro dei doni e lo adoreranno tutti i re della Terra e le genti tutte a lui saranno serve”. Con il nome di Tharsis alludeva alla remota India, con l’espressione Arabi si intendeva l’Arabia Petra, mentre Saba comprendeva i territori della Arabia Felix, di Efa e di Median.

Tutto il passo è molto suggestivo e queste immagini di Re, carichi di doni, non potevano che non colpire la fantasia popolare. Anche il profeta Isaia (60,1-22) traccia un quadro dell’arrivo dei sovrani nella città santa.

Le genti cammineranno alla tua luce e il Re allo splendore che nascerà da te. Una moltitudine di cammelli ti coprirà, i dromedari di Madian e di Efa, verranno tutti quelli di Saba recando oro e incenso e annunceranno le lodi del Signore “.

Oro, incenso, cammelli, dromedari portati dai Re completano di fatto il quadro dell’epifania che ritroviamo ancora oggi nei nostri presepi.

Doni simbolici che hanno un alto valore spirituale così la mirra, dice sant’Ireneo, perché dovrà morire per il genere umano, l’oro perché egli è Re, il cui regno non avrà fine, l’incenso perché egli è Dio

 

Il numero dei Magi

 

Quanto al numero dei Magi è sicuro che fossero proprio tre? Poiché l’evangelista, anche a questo proposito, non dà precisazioni, sembra che si tratti solo di un’antichissima e pia credenza è testimoniata da Origene, da S. Leone, da san Massimo di Torino ed ancora da san Celso di Arles.

L’origine numerica è forse da ricercarsi nel numero dei doni che sono effettivamente tre: oro incenso e mirra, un richiamo, più o meno frutto di molti studi anche recenti, sulle famose triadi della scrittura, che enumerano tre uomini giusti al principio del mondo: Abele, Enoc e Set, poi, tre antenati del genere umano dopo il Diluvio: Sem, Cam e Jafet, prole di Noè e, infine, i tre progenitori del popolo eletto, Abramo, Isacco e Giacobbe. Un richiamo alla Tradizione primordiale ribadita in molti studi anche da Renè Guenon sulla sacralità di questi doni che sanciscono l’investitura regale del Salvatore.

A questa tradizione si allineano le più antiche rappresentazioni artistiche, con cui due sole eccezioni conosciute: l’una, in un affresco di santa Domitilla e l’altra in san Pietro e Marcellino, sempre a Roma, dove i Magi sono raffigurati nella prima in numero di quattro e nella seconda di due, ma la rimanente iconografia, dai primi secoli fino alle età moderne, è rimasta fedele al numero di tre.

 

I nomi dei Magi

 

I loro nomi sono menzionati per la prima volta come Bithisara, Melchior e Gathaspa, in un manoscritto che risale all’inizio del VIII secolo conservato presso la biblioteca di Parigi, ma è lo storico Angello, X secolo, nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a modifica questi nomi in Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.

Dice in proposito lo storico Ignazio Schuster, nel suo Manuale di storia biblica, che:” Nell’arte cristiana e dopo il secolo XII, essi sono raffigurati come i rappresentanti delle tre età dell’uomo e come i rappresentanti delle tre razze umane dopo l’imperversare del peccato. Melchiorre, grigio con barba lunga  rappresenta la discendenza di Jafet, l’Europa, e offre l’oro, Gasparre, giovane rossiccio  di capelli, rappresenta la discendenza di Sem, Asia, e offre incenso, Baldassare, bruno con la barba  rappresenta la discendenza di Cam, l’Africa, e offre la mirra” il mistico richiamo ai tre figli di Noè , l’ultimo dei quali fu appunto il progenitore degli africani ciò spiega come mai la tradizione  iconografica sia solita attribuire a Baldassare l’aspetto fisico di un Moro e di un Etiope  e ad un tempo svuota di ogni pretesa storica questa leggenda”.

 

L’ astro misterioso

 

Quanto alla Stella che diede il segnale che “la pienezza dei tempi era giunta”, sembra che il mitico astro non fosse neanche una cometa, almeno per i primi esegeti cristiani, ma debba intendersi come una apparizione miracolosa in forma di stella piuttosto che come un vero corpo celeste.

Già san Crisostomo notava che non poteva trattarsi di una stella ordinaria, poiché, mentre la direzione normale degli astri è da Oriente a Occidente, questa, invece, si sposta dalla Persia alla Palestina, dunque, da settentrione verso mezzogiorno.

Lo stesso può dirsi anche per l’ultima parte del tragitto, da Gerusalemme a Betlemme, durante il quale, secondo le parole del Vangelo, la “Stella precedeva i magi finché, giunta sopra il santo Bambino si fermò”, ma come fatto notare da Schuster e Holzammer: “Non è possibile che una stella alta nel cielo possa indicare una determinata casa, essa poté fare solamente un’apparizione luminosa, in uno spazio dell’aria meno elevato “.

Tuttavia non è escluso che Dio, nella sua potenza, si sia potuto servire di una Stella realmente esistente o di un fenomeno celeste normale tale da richiamare l’attenzione dei Magi come: “li precedeva” oppure “si fermò sul luogo dove e c’era bambino” espressioni che forse vanno prese in senso meno letterale.

Comunque, l’illuminazione interiore o soprannaturale dei Saggi, di cui la Stella di Betlemme ne è un simbolo, è effettuata esclusivamente per la gloria di Dio che certamente li aiutò a discernere, per mezzo di indizi esteriori o di ispirazione interiore, il luogo esatto dove aveva preso dimora la Sacra Famiglia.

Sempre in tema astrologico, si è parlato della Stella anche come di un fenomeno celeste che sarebbe avvenuto sette anni prima della nascita di Cristo, e cioè della congiunzione di Giove e di Saturno nel segno dei Pesci, avvenuta per ben tre volte in sei mesi.

I Magi potrebbero avere osservato questo raro fenomeno nella loro patria e poi di nuovo in Betlemme, una ipotesi accettata da vari studiosi anche cattolici.

Tutto certamente interessante, ma bisogna osservare la discrepanza delle date e anche con il fatto che la parola greca aster, come osserva il gesuita tedesco Franz Xaver Kugler chimico, matematico ed anche assiriologo: “Non può in nessun caso designare due pianeti appaiati, in quanto fin dall’antichità ogni singolo pianeta aveva una importanza mitologica particolare e ben definita”.

La congiunzione fu nuovamente visibile ai tempi di Keplero,1604, e quel dotto astronomo fece notare come essa si fosse già prodotta alla nascita di Gesù.

Nell’ipotesi poi avanzata da altri astronomi, sembra si sia trattato di una vera e propria congiunzione tra i due pianeti Giove e Saturno, il moto apparente di essi può conciliarsi con il racconto evangelico (essendo percepibili a sud, questa è la tesi, i due pianeti erano innanzi ai Magi e quando raggiunsero l’apice allo zenit i pianeti sembravano essere fermi. Ndr), ma l’idea che l’astro possa essersi fermato proprio sulla casa sarebbe frutto della tradizione popolare.

Dal punto di vista simbolico, invece, Giove ben rappresenta il pianeta della regalità, identificato secondo una tradizione con Gesù stesso, come farà per esempio Dante Alighieri acclamando: “O sommo Giove che fusti in terra per noi crocifisso (Purgatorio VI, 118)

 

Il viaggio

 

In questa ricerca, un altro tassello importante della storia è certamente l’itinerario seguito dai Magi per arrivare alla grotta del santo Bambino, ma di esso manca qualsiasi notizia precisa.

Le tracce del loro passaggio dalla Persia giungendo in Mesopotamia per attraversare poi il deserto arabico fino alla regione del Giordano, di Gerusalemme e, infine, di Betlemme, se pur ve ne furono, sono state cancellate dal tempo.

L’archeologo Herzfeld, perlustratore dell’altopiani iranico, vide forse il punto di partenza della carovana, quando gli furono additati i ruderi del castello di Rustan Gundofarr, che la tradizione attribuisce ad uno dei Magi, sull’ appendice meridionale del monte Kùh j Khvaja, nella regione del Sistan, zona sud occidentale dell’odierno Afghanistan.

Kùh j Khvaja il cui nome significa ‘Monte del Signore’, si trova proprio nel cuore della regione che fu probabile teatro dell’attività di Zaratustra e non lontano dal lago Kayanseh, oggi Hamum, dove, secondo le profezie mazdee, si attendeva il Sausyant.

Vale la pena di notare come le genti del luogo, almeno fino alle recenti tragedie di questa terra martoriata, erano solite recarsi al Monte del Signore per un pellegrinaggio di tre giorni, in coincidenza con quella che era, nel calendario mazdeo, l’apertura dell’anno il 21 marzo.

Non esistono certo prove storiche su questi fatti e gli studiosi dibattono ancora se sia realmente accaduto. L’interpretazione storico-critica dell XIX secolo, ad esempio, ha presentato dei parametri per discernere i presunti fatti storici accaduti da altri racconti forgiati dalle primitive comunità cristiane, o dagli evangelisti stessi, come tra gli altri l’episodio dell’incontro dei Magi con la Sacra Famiglia, che può essere stato determinato da un avvenimento veramente accaduto e trasmesso poi dalla tradizione e in seguito riportato con alcune rielaborazioni da san Matteo.

 

Testimonianze dal passato

 

Nel Milione di Marco Polo, al capitolo XXII troviamo scritto un reportage, come diremo oggi, del viaggio dei Magi che si svolse proprio in questi territori, fatti raccontati del viaggiatore veneziano intorno al XIV secolo.

In Persia c’è una citta di Sabba, dalla quale si dice partirono i tre re che andarono ad adorare Dio alla sua nascita. In quella città sono seppelliti i tre re magi in una bella sepoltura e sono ancora si dice che i loro corpi sono ancora interi con barba e capelli intatti, l’uno ebbe nome Baltasar, l’altro Gaspar e il terzo Melquior”.

Preso dalla curiosità, Marco Polo domandò più volte di quella città ormai in rovina e dei tre personaggi illustri, ma nessuno seppe dirgli nulla solo che erano stati seppelliti molto tempo fa.

A tre giornate di galoppo, trovo un castello chiamato Calasata, cioè è a dire castello degli adoratori del fuoco ed è vero che quelli del castello adorano il fuoco ed io dirò il perché. Gli uomini di quel castello dicono che anticamente tre di loro andarono ad adorare un profeta appena nato portando in dono tre offerte: oro per sapere s’era un Signore terreno, incenso per sapere s’era Dio e mirra per sapere se era eterno. E quando arrivarono alla culla andarono a sincerarsi se quello era veramente un fanciullo come dicevano le tradizioni di 13 giorni. Allora offrirono l’oro, l’incenso e la mirra e il bambino accolse tutto e donò loro un misterioeo bossolo chiuso. E il re si misero per tornare nelle loro contrada”.

Forse è proprio il mistero che avvolge questi uomini che li rendono spesso fantastici, per non dire quasi fiabeschi, presenti in tanti racconti apocrifi attraverso i secoli, ma come hanno sottolineato molti ricercatori anche se la loro storia fosse leggenda per un vero credente non cambierebbe nulla, intravedendo in questa storia e nella sua allegorica, il significato arcano della vera dottrina della Salvezza.

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1 commento

  • Un bigliettino ha detto:

    Lo scorso anno, ovviamente di questi tempi , Aldo Maria Valli, sul suo blog DUC IN ALTUM pubblico’ un articolo dal titolo
    LE RELIQUIE DEI DONI DEI SANTI MAGI.
    Oro, incenso e mirra, sul Monte Athos.
    L’autore dell’articolo era Francesco Patruno.
    Avevo preso un appunto su di un bigliettino:
    la cosa strana è che il bigliettino è ricomparso sua sponte un paio di giorni fa.
    I due articoli si completano a vicenda.
    Da leggere entrambi.