Luca Del Pozzo, le BR, Bellocchio e Adinolfi. Ma Quella DC Rinunciò alla Cultura…

20 Novembre 2022 Pubblicato da 3 Commenti

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Luca Del Pozzo, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul post di Mario Adinolfi che Stilum Curiae ha pubblicato qui e qui. Buona lettura. 

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Ognuno, com’è noto, porta acqua al suo mulino. Non sfugge a questa legge neanche Adinolfi, co-fondatore di quel Pd che è stato a tutti gli effetti l’onda lunga del progetto di Aldo Moro, ossia la traduzione a livello politico di ciò che a livello culturale ha rappresentato quella stagione devastante sotto ogni profilo che è stato il cattocomunismo. Definendo la Dc il “miglior partito di governo della storia d’Italia, che assicurò al Paese libertà, piena occupazione, welfare, pace e prosperità”, Adinolfi compie la stessa, irricevibile operazione agiografica, solo di segno opposto, con cui è stata costruita un’iconografia delle Br lontana anni luce dalla realtà e che anche il film di Bellocchio alimenta.

La verità, come talune volte accade, sta nel mezzo. Ma andiamo con ordine. Intanto va ricordato che se oggi ci ritroviamo una società completamente secolarizzata e nichilista questo non è frutto del caso, ma lo si deve – come aveva lucidamente descritto in epoca non sospetta Augusto Del Noce – al fallimento della cultura che tentò di opporsi al marxismo conservandone il momento materialistico, ed anzi opponendo ad esso un materialismo compiuto. E spiace dirlo ma è un dato di fatto indisponibile a qualsivoglia critica che nell’affermarsi di questo fenomeno non poca parte di responsabilità ebbe l’allora partito dei cattolici.

La miopia culturale della Dc – il non aver messo a fuoco la vera essenza del marxismo per aver assunto acriticamente la lettura neoilluminista della storia contemporanea – comportò l’errore di voler combattere il marxismo sul suo stesso terreno opponendogli un materialismo “buono”, inteso come benessere diffuso. E’ vero, grazie alla Dc l’Italia ha vissuto il “miracolo economico”, è divenuto un paese ricco e prospero che oggi siede nel ristretto consesso dei potenti del mondo cosiddetti.

Peccato solo che il prezzo da pagare, a livello culturale, sia stato altissimo. Perché è stato esattamente a causa di quell’errore prospettico nei confronti del marxismo – speculare alla stravagante figura di un cattolicesimo “adulto” che nella misura in cui riduce la fede a fatto privato, spiana la strada all’assunzione di categorie altre, in alcuni casi manifestamente anti-cattoliche, con cui interpretare la realtà – se in Italia la sinistra gode da decenni di un’incontrastata egemonia culturale in ogni ambito della società.

Egemonia culturale senza la quale ieri difficilmente avremmo avuto – nota bene: sempre con governi democristiani, dice niente? – l’introduzione del divorzio (1974), la riforma del diritto di famiglia (1975) e la famigerata legge sull’IGV (1978), tre iniziative che in meno di un decennio hanno assestato un colpo mortale alla famiglia tradizionale, con le ben note conseguenze. Ma anche senza la quale oggi non ci ritroveremmo l’ideologia gender e il pensiero unico del politicamente corretto e suoi derivati woke e cancel culture, che lo stesso Adinolfi meritoriamente combatte (oltre, naturalmente, allo stesso film di Bellocchio).

Quanto all’affaire Moro: se è vero che le Br, con buona pace di certa narrativa tossica tuttora in circolazione, furono un’organizzazione criminale che seminò morte e terrore uccidendo cittadini innocenti in preda ad un nefasto furore ideologico (a scanso di equivoci: per quanto mi riguarda i terroristi che hanno ancora un conto aperto con la giustizia italiana andrebbero semplicemente cercati, stanati e riportati a casa con le buone o le cattive, esattamente come fecero gli ebrei con i gerarchi nazisti), è altrettanto vero che all’interno della Dc c’era , eccome, tutta un’area che osteggiava Moro e il suo progetto.

A partire da Andreotti. Così come non è certo un segreto di stato che in piena guerra fredda quel progetto politico che Moro perseguiva fosse malvisto, per usare un eufemismo, tanto dagli Usa che dall’allora Russia sovietica, ovviamente per motivi diversi ma alla fine convergenti. Dire questo significa forse sminuire gli indubbi meriti accumulati dalla Dc nella sua lunga stagione alla guida dell’Italia? Nossignore. Significa forse voler gettare l’ennesima palata di fango addosso ad Andreotti e a tanti altri esponenti della Dc? Neanche.

Significa semplicemente dire le cose come stanno. Parafrasando il celebre aforisma del grande Joseph De Maistre, una contro-ideologia non è un’ideologia di segno contrario, ma il contrario dell’ideologia. Per questo credo che non si vada lontano dal vero se si afferma, sulla base di quelle che all’epoca erano le dinamiche politiche interne alla Dc – a tutti note –  e il contesto geopolitico in cui la vicenda Moro va necessariamente inquadrata,  che la linea della fermezza che la Dc e lo stato adottarono in quel drammatico frangente, oltre alla volontà di non concedere alcun riconoscimento politico ai terroristi, risentisse anche del fatto che Moro era visto da molti più come un problema che come un’opportunità.  Con tutto ciò che ne è venuto.

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3 commenti

  • Raffaele Vargetto ha detto:

    La crisi morale e politica dell’Italia inizia prima del ’68 con la svolta dell’apertura a sinistra negli anni 1961-62, i cui garanti furono Moro e Fanfani. Furono estromessi e messi a tacere quelli, fra i democristiani, che intendevano opporsi a questo disegno. Non dimentichiamo che la svolta fu il frutto della situazione venutasi a creare dopo i moti sovversivi e rivoluzionari messi in opera dal PCI di Togliatti nel luglio 1960, quando i militanti comunisti misero a ferro e fuoco le principali piazze italiane scontrandosi con le forze dell’ordine. Perché tanta violenza? Per impedire – cosa che poi accadde, in barba alla libertà e alla democrazia – lo svolgimento del congresso nazionale del MSI a Genova e far cadere il governo monocolore DC presieduto da Tambroni con l’appoggio del MSI. Fu l’ultimo governo espressione del centro della DC con la collaborazione della Destra. La DC si piegò al ricatto comunista e da allora, progressivamente, l’aria cominciò a diventare irrespirabile in Italia per coloro che volessero opporsi al disegno di egemonia della sinistra. Iniziò ad essere usato per fini politici ed ideologici l’odio nei confronti della Destra con la scusa dell’eredità fascista: abbiamo toccato con mano negli anni ’70 fino a che punto si sarebbe spinto questo odio. La DC – a causa anche della concomitante crisi di fede nella Chiesa dopo il Concilio – ha lasciato di conseguenza alla militanza comunista di occupare i gangli vitali dello Stato, la scuola, l’università, con il risultato dell’indottrinamento di intere generazioni di giovani e di diffusione dell’ateismo nei centri di studio. Non intendo giudicare la coscienza di Moro, anche perché egli si è già presentato davanti a Dio. Se attualmente viviamo tempi di tenebra in Italia, lo dobbiamo anche a quel frangente storico.

  • Marcella ha detto:

    Le conseguenze dell’approvazione della legge sull’aborto nella scuola italiana non credo siano mai state studiate. Fino alla data del referendum abrogativo la scuola di ogni ordine e grado aveva vissuto un periodo di espansione.
    Ogni anno aumentava il numero delle classi e i provveditorati agli studi dovevano assumere nuovi insegnanti per garantire il diritto allo studio . Ma quando iniziò a farsi sentire l’effetto dell’introduzione dell’aborto il numero delle classi smise di crescere e iniziò la contrazione. Due quinte elementari completavano il ciclo quinquennale ? Ma se l’anno successivo ci sarebbe stata solo una prima elementare a quale dei due insegnanti sarebbe toccata ?
    Così iniziò una lotta civile dentro la scuola.
    I comunisti sobillarono i genitori affinché accusassero i non allineati alle direttive di sinistra delle più fantasiose nefandezze.
    Il funzionario del provveditorato, complice dei genitori sinistresi inventò una specie di tribunale per discutere le accuse mosse dai genitori, accuse che venivano sistematicamente accolte da lui. Nel sindacato autonomo ci fu chi si proclamò avvocato difensore dei colleghi ingiustamente accusati e iniziò ad accompagnarli alla commissione disciplinare gestita dal funzionario del provveditorato .
    Peccato che anche per questo valente lottatore le potenze oscure riuscirono ad eliminarlo all’età di 46 anni.
    Ma non fu il solo tra i sindacalisti non di sinistra a morire giovane. Un valente sindacalista degli autoferrotranvieri che aveva minato l’egemonia dei sindacati confederali morì anche lui accidentalmente in un’incidente stradale.
    All’epoca si poteva andare in pensione anticipata e furono molti che scelsero questa via di fuga.

  • Nico ha detto:

    Non ho visto il telefilm, ma ho vissuto quegli anni. La DC costituiva un’oligarchia senza contatti col mondo reale. Gli onorevoli DC non si rendevano conto che le università venivano occupate da professori di fede marxista.
    Ricordo la campagna elettorale di un aspirante onorevole DC in cui venne illustrato con chiarezza il cancro che stava invadendo la nostra università. Il candidato ebbe il mio voto ma non ero il solo ad aver sentito la sua conversazione. Poco tempo dopo l’elezione morì in uno strano incidente stradale lasciando la moglie e tre orfani.

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