La Chiesa e gli Anni ’70. Paolo VI e Moro. Aurelio Porfiri.

19 Novembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione queste considerazioni del maestro Aurelio Porfiri sulla recente serie televisiva di Bellocchio, e sulle vicende della Chiesa in quel periodo. Buona lettura. 

 

Chiesa e anni ‘70

In questi giorni sulla RAI è stata trasmessa una serie televisiva che ricostruisce la vicenda del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, uno dei punti più caldi della nostra storia recente. Alcuni hanno criticato questa serie, che si chiama “Esterno notte”. Il regista Marco Bellocchio ha dichiarato che non era sua intenzione rappresentare la verità storica di cui, aggiungo io, non sappiamo ancora abbastanza. Poi, tutti coloro che si occupano di storia professionalmente sanno o dovrebbero sapere che la “verità storica” è forse chiedere troppo, ci si dovrebbe accontentare di una certa plausibilità della ricostruzione che è sempre parziale, visto che una parte dei fatti, incontri, documenti rimangono per sempre sommersi.

Uno degli episodi era incentrato su Paolo VI, interpretato dall’attore Toni Servillo. Stiamo parlando di un bravissimo attore, ma a me sembrava più Pio XII che Paolo VI. Non c’era la voce cavernosa di Paolo VI, il viso scavato, tutti aspetti importanti per comprendere la personalità di questo enigmatico Pontefice, un Papa che ha dovuto affrontare uno dei periodi più tempestosi nella storia della Chiesa, quegli anni ‘70 in cui molti sembravano in rivolta contro i valori tradizionali, una rivolta che, secondo alcuni osservatori, Paolo VI denunciò, ma non con la necessaria fermezza e con alcune ambiguità. Ovviamente sarebbe facile per me citare gli abusi liturgici, ma la liturgia non è il tema su cui desidero soffermarmi.

Gli anni ‘70 furono il periodo in cui si scatenò tutto quello che era stato in incubatzione negli anni ‘60, fu il tempo in Italia di divorzio e aborto, il tempo delle enormi tensioni sociali che portarono al terrorismo di estrema sinistra ed estrema destra. Il tempo in cui Gesù Cristo era Superstar e in cui manifestazioni e proteste sconvolgevano l’Italia e coinvolgevano la Chiesa. Non dimentichiamo che uno dei luoghi simbolo della rivolta studentesca fu l’Università Cattolica di Milano (i cui studenti  il 15 gennaio 1968 arriveranno a manifestare in piazza san Pietro), e che nel 1964 le rivolte studentesche a Berkeley negli Stati Uniti vedevano fra i leader uno studente italo americano di orientamento cattolico, Mario Savio. Come del resto l’estremismo di sinistra non fu certo immune da collegamenti con certo cattocomunismo.

Paolo VI fu da alcuni soprannominato “Amleto”, perché fu un Papa in parte enigmatico. In lui ancora si ritrova parte di quell’eloquenza che apparteneva a Papi come ad esempio Pio XII,  penso alla drammatica lettera che scrisse alle BR per la liberazione di Aldo Moro: “Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo. Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d’un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore”. Certamente una lettera che ha toni accorati e sinceri.

Ma quando si pensa a Paolo VI si deve anche pensare alla sua fascinazione per la cultura francese, una cultura che da una parte ha molto contribuito all’approfondimento dei valori cattolici, ma che dall’altra è stata anche un avamposto di certo pensiero progressista e di certe idee che si muovevano in direzione contraria rispetto ai valori perenni del Cristianesimo.

Insomma, la serie televisiva mi ha fatto pensare ad un tempo di cui ricordo poco, perché ero poco più che un ragazzino, ma che può insegnarci ancora molto sulle direzioni prese dal Cattolicesimo.

 

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2 commenti

  • piero laporta ha detto:

    Montini, la prosecuzione di Roncalli con altri mezzi.
    La fiducia di Moro in lui è stato il peggiore errore di valutazione che mai avrebbe potuto fare.

  • Maura ha detto:

    Ma davvero dobbiamo commentare l’operato di Paolo VI ? Non si commenta da solo ?