Scambio Epistolare fra una Monaca di Clausura e mons. Carlo Maria Viganò.

7 Novembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo questo scambio epistolare fra una monaca di clausura e l’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Buona lettura.

§§§

 

 

  “Pacificus * vocabitur,

et thronus eius erit firmissimus in perpetuum”

(I Ant., II Vespri, Solennità di Cristo Re).

 

19 Ottobre 2022

Eccellenza Reverendissima,

Le scrivo in occasione dell’approssimarsi della festa di Cristo Re e mi permetto di condividere con Lei qualche interrogativo fondamentale:

ha ancora senso celebrare e invocare la grazia che questa festa liturgica tanto aspirava quando venne istituita?

Se il Re dei re e Signore dei dominanti (cfr. 1 Tim 6,15; Apoc. 19,16) tornasse oggi nella Sua gloria, riconoscerebbe ancora la Sua sposa, la Chiesa?

Con queste domande le sembrerò irriverente e poco fiduciosa in quella promessa “le porte dell’inferno non prevarranno” (Matteo 16,19), in quella promessa che risuona come speranza a cui aggrapparsi da quei pochi sopravvissuti al vento di apostasia mortale che ha invaso la Chiesa. Ebbene, il tono di provocazione di tali interrogativi riassume il sentimento di confusione dei pochi fedeli rimasti, fedeli in cerca di qualche riferimento di Magistero, Sacramento valido e coerenza di vita dei pastori. Mi rivolgo a Lei, come alla “Voce nel deserto”, che tante volte ha illuminato tanti smarriti e sfiduciati.

Volevo raccontarle questo piccolo episodio che mi è successo:

pochi giorni fa una signora che ha portato un po’ di provvidenza al monastero mi ha detto: “Ma sa, io non seguo molto queste cose, però mi sembra che la direzione che ultimamente ha preso la Chiesa non è tanto buona…”! Dalla ruota, nel tono di voce, percepivo l’imbarazzo di colei che si esprimeva a qualcuno che riteneva rappresentasse proprio quella “Chiesa” appena messa in dubbio. Non potevo fare grandi discorsi: la mia risposta fu un semplice appellarmi alla necessità di intensificare la preghiera personale, lasciando la signora nella sua ignoranza e lasciandomi “identificare” con quella “chiesa” che non sento proprio di rappresentare… La sensazione fu di una grande impotenza, nell’impossibilità di poter dare risposte esaurienti e di verità. Pochi minuti prima avevo letto l’esortazione del Pontefice Pio XI, quando, cent’anni fa, nell’Enciclica Ubi arcano Dei esortava i cattolici al dovere di affrettare il ritorno alla regalità sociale del Cristo. Una sorta di “dovere morale”, di impegno personale e collettivo.

È ancora valido questo impegno?

E come metterlo in pratica se la “Chiesa” non è più “Chiesa”?

La Ubi arcano Dei fu l’incipit per l’istituzione della festa della Regalità di Cristo avvenuta poi nel 1925 proprio per evitare lo scatafascio che verifichiamo in questi anni. In quell’Enciclica, la Regalità di Cristo veniva intesa come il rimedio al laicismo e a tutti quegli errori che – a distanza di cento anni – sono stati accolti generosamente da molti prelati, vescovi, cardinali e perfino da colui che si presenta come rappresentante di Cristo e che sotto tale insegna ha promosso l’accelerazione rovinosa del gregge “ingannevolmente” a lui affidato.

Francesco è considerato papa, se pur apostata, ma è papa? Lo è mai stato?

Quando Pilato domandò a Gesù che cos’era la verità, pur avendoLa davanti, lo sguardo del Cristo giudice del mondo penetrò la mediocrità di quell’uomo debole che aveva difronte. Pilato tremò per un momento ma prevalse l’annebbiamento del proprio orgoglio personale. Il Cristo Re torna oggi nelle stesse sembianze e guarda negli occhi vescovi e cardinali che non riconoscono quella Corona di spine che Lui ha indossato al posto loro, assumendo il prezzo del loro tradimento, della loro superbia, del loro indegno accecamento.

Ricordo di aver letto nel diario di santa Faustina Kowalska – la santa della Misericordia –  che un giorno Gesù le apparve tutto flagellato, insanguinato e coronato di spine: la guardò negli occhi e le disse: “La sposa deve essere simile al Suo Sposo”. La santa comprese bene cosa voleva dire quel richiamo di “sponsalità”, di condivisione. Probabilmente è questa la forma di riconoscimento della Regalità di Cristo che il nostro momento storico sta richiedendo personalmente ad ogni vero cattolico.

Sì, mi pare che questa sia la vocazione della “vera Chiesa” nel nostro tempo: di quel piccolo resto che, incrociando lo sguardo di Cristo Re maltrattato e sfigurato dalla blasfemia e dalla perversione, ha ancora il coraggio di una risposta di amore, fedeltà e coerenza di coscienza che non può rinnegare, perché altrimenti rinnegherebbe Cristo Re come fece Pilato, Erode e tutti i capi del popolo.

 

Non le nascondo che con queste righe volevo sollecitare uno dei suoi interventi, pieno di speranza cristiana per quel piccolo resto che è smarrito perché senza Pastore, senza quel rappresentante di Cristo che dovrebbe custodire e difendere la Chiesa a lui affidata.

Le ho posto delle domande che molti si fanno con tanto dolore nel cuore e sono sicura che lo Spirito Santo saprà darle quelle risposte che riaccendono l’attesa al ritorno del trionfo del Regno di Cristo sulla società, in ogni cuore, su tutta la faccia della terra!

 

“Pacificus * vocabitur, et thronus eius erit firmissimus in perpetuum”!

 

una monaca di clausura.

 

***

 

Reverenda e carissima Sorella,

ho letto con vivo interesse e con edificazione, la lettera che Ella mi ha fatto recapitare. Mi permetta di risponderLe in quel che posso.

La Sua prima domanda è tanto diretta quanto disarmante: «Se il Re dei re e Signore dei dominanti tornasse oggi nella Sua gloria, riconoscerebbe ancora la Sua sposa, la Chiesa?» Certo che la riconoscerebbe! Ma non nella setta che eclissa la Sede di Pietro, bensì nelle tante anime buone, specialmente nei sacerdoti, nei religiosi e nelle religiose, in tanti semplici fedeli, che, pur senza portare in fronte le corna di luce come Mosé (Es 34, 29), sono comunque riconoscibili come membra vive della Chiesa di Cristo. Non la troverebbe a San Pietro, dove è stato reso culto a un idolo immondo; non a Santa Marta, dove la povertà artefatta e l’umiltà tronfia dell’Inquilino sono un monumento al suo ego smisurato; non al Sinodo sulla Sinodalità, dove la finzione della democrazia serve a completare lo smantellamento dell’edificio divino della Chiesa Cattolica e per imporre condotte di vita scandalose; non nelle Diocesi e nelle Parrocchie in cui l’ideologia conciliare ha sostituito la Fede cattolica e cancellato la Tradizione. Il Signore, come Capo della Chiesa, riconosce le membra pulsanti e vive del suo Corpo Mistico e quelle morte e putrescenti strappate a Cristo dall’eresia, dalla lussuria, dall’orgoglio, ormai soggiogate a Satana. Quindi sì: il Re dei re riconoscerebbe il pusillus grex, dovesse pure cercarlo intorno all’altare in una soffitta, in una cantina, in mezzo ai boschi.

 

Ella accenna al fatto che la promessa del Non prævalebunt possa suonare «come speranza a cui aggrapparsi», e che «il tono di provocazione di tali interrogativi riassume il sentimento di confusione dei pochi fedeli rimasti, fedeli in cerca di qualche riferimento di Magistero, Sacramento valido e coerenza di vita dei pastori».

 

La promessa di Nostro Signore a San Pietro è provocatoria, in un certo senso, perché parte da due presupposti: il primo è che le Porte degli Inferi non prevarranno, il che nulla ci dice sul livello di persecuzione che la Chiesa dovrà sopportare. Il secondo, logicamente conseguente dal primo, è che la Chiesa sarà perseguitata ma non vinta. Per entrambi, ci è chiesto un atto di Fede nella parola del Salvatore e nella Sua onnipotenza, assieme a un atto di umile realismo nella nostra debolezza e nel fatto che saremmo meritevoli dei peggiori castighi, tanto tra i “modernisti” quanto tra i “tradizionalisti”.

 

Ella mi chiede come mettere in pratica l’appello di Pio XI per la restaurazione della Regalità sociale di Cristo, «se la “Chiesa” non è più “Chiesa”». Certamente la chiesa visibile, a cui il mondo riconosce il nome di Chiesa Cattolica e della quale considera Bergoglio come Papa, non è più Chiesa, quantomeno limitatamente ai Cardinali, ai Vescovi e ai sacerdoti che convintamente professano un’altra dottrina e si dichiarano appartenenti alla “chiesa conciliare”, in antitesi alla “chiesa preconciliare”. Ma siamo Lei e io, e i tanti sacerdoti, religiosi e fedeli, parte di quella chiesa o della Chiesa di Cristo? fino a che punto possiamo sovrapporre la chiesa bergogliana e la Chiesa Cattolica, ammesso che siano sovrapponibili in qualcosa? Il problema è che la rivoluzione conciliare ha strappato il vincolo di identità tra Chiesa di Cristo e Gerarchia cattolica. Prima del Vaticano II era impensabile che un Papa potesse contraddire sfrontatamente i suoi Predecessori in questioni dottrinali o morali, perché la Gerarchia aveva ben chiaro il proprio ruolo e la propria responsabilità morale nell’amministrare il potere delle Sante Chiavi e l’autorità del Vicario di Cristo e dei Pastori. Il Concilio, ad iniziare proprio dalla definizione anomala che ha dato di sé e dalla rottura col passato rappresentata dall’eliminazione dei Canoni e degli anatèmi, ha mostrato come sia possibile, a chi non ha senso morale, ricoprire un ruolo sacro nella Chiesa pur essendo indegno nei tre aspetti che Ella ha puntualmente enumerato: «Magistero, Sacramento valido e coerenza di vita dei pastori». Costoro, deviati nella dottrina, nella morale e nella liturgia, non si sentono vincolati al fatto di essere vicari di Cristo, e di poter quindi governare la Chiesa solo se la loro autorità è esercitata coerentemente con i fini che la legittimano. Per questo abusano del proprio potere, usurpano un’autorità di cui negano l’origine divina, umiliano l’istituzione sacra che in qualche modo si fa garante dell’autorevolezza di quei Pastori.

 

Questa rottura, questo strappo violento, si sono consumati a livello spirituale nel momento in cui è stata secolarizzata l’autorità dei Prelati, al pari di quanto accaduto nella sfera civile. Dove l’autorità cessa di essere sacra, sancita dall’alto, esercitata in vece di Colui che assomma in Sé l’autorità spirituale di Sommo Pontefice e l’autorità temporale di Re e Signore, lì essa si corrompe in tirannide, si vende con la corruzione, si suicida nell’anarchia. Ella scrive: «Cristo Re torna oggi nelle stesse sembianze e guarda negli occhi vescovi e cardinali che non riconoscono quella Corona di spine che Lui ha indossato al posto loro, assumendo il prezzo del loro tradimento, della loro superbia, del loro indegno accecamento». In quelle stesse sembianze, cara Sorella, dobbiamo riconoscere la Santa Chiesa. E come eravamo scandalizzati nel vedere umiliato e sbeffeggiato il suo Capo, flagellato e sanguinante, con la veste dei pazzi, la canna e la corona di spine; così siamo scandalizzati ora, nel vedere prostrata in modo analogo l’intera Chiesa militante, ferita, coperta di sputi, insultata, derisa. Ma se il Capo volle affrontare il Sacrificio umiliandoSi sino alla morte, e alla morte di Croce; per quale motivo dovremmo noi presumere di meritare fine migliore, essendo Sue membra, e se davvero vogliamo regnare con Lui? su quale trono è assiso l’Agnello, se non sul trono regale della Croce? Regnavit a ligno Deus: questo fu il trionfo di Cristo, questo sarà il trionfo della Chiesa, Suo Corpo Mistico. Giustamente Ella glossa: «La Sposa deve essere simile al suo Sposo». E prosegue: «Sì, mi pare che questa sia la vocazione della “vera Chiesa” nel nostro tempo: di quel piccolo resto che, incrociando lo sguardo di Cristo Re maltrattato e sfigurato dalla blasfemia e dalla perversione, ha ancora il coraggio di una risposta di amore, fedeltà e coerenza di coscienza che non può rinnegare, perché altrimenti rinnegherebbe Cristo Re come fece Pilato, Erode e tutti i capi del popolo».

 

La Sua lettera, carissima Sorella, è per tutti noi un’opportunità di riflessione sul mistero della passio Ecclesiæ, così vicino a quanto accade in questi tempi terribili. E concludo richiamando la “provocazione” del Non prævalebunt: come il Salvatore ha conosciuto l’ombra del sepolcro, così dobbiamo sapere avverrà alla Chiesa, e forse sta già avvenendo. Ma Egli non lascerà che il suo Santo conosca la corruzione (Sal 15), e la farà risorgere come risorse Egli stesso da morte. In questo senso, le parole «La Sposa deve essere simile al suo Sposo» acquistano il loro pieno significato, mostrandoci come solo seguendo lo Sposo divino sull’erta del Golgota potremmo meritare di seguirLo nella gloria alla destra del Padre.

 

La esorto a trarre profitto spirituale da questi pensieri, mentre imparto a Lei e alle Sue care Consorelle la mia più larga e paterna Benedizione.

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

  

4 Novembre 2022

S.cti Caroli Borromæi, Pont. Conf.

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6 commenti

  • andrea cionci ha detto:

    Ma Bergoglio è il papa?
    Risposta non pervenuta.
    Dopo il codice Ratzinger e il codice Bergoglio, ora anche il codice Viganò: contorsionismi dialettici per eludere la domanda ultima e fondamentale.

  • Gabriela Danieli ha detto:

    Mons. Viganò, se satana continua a distruggere la Chiesa di Cristo e le anime é per colpa di quell’ EPISCOPATO APOSTATA che per orgoglio o per vile interesse si ostina a NON RICONOSCERE PAPA BENEDETTO, COLUI CHE ANCORA OGGI RAPPRESENTA LA PERSONA DI GESÙ CRISTO IN TERRA, perché mai ha revocato il perenne Mandato di Successore di Pietro, riservatogli da Cristo.

    ▪️Verifichi lei stesso quanto dichiarato ufficialmente dal Santo Padre Benedetto XVI in data 27 febbraio 2013  dal min.14.
    https://youtu.be/dLiGTk3YunY

    Solo chi è vittima della potenza d’inganno di satana odia la VERITÀ e nega L’EVIDENZA.

  • Gabriela Danieli ha detto:

    Chi sono i veri responsabili dello SCISMA attuale nella Chiesa ?
    Lo spiega Papa Leone XIII nella sua enciclica: “SATIS COGNITUM”:

    🔴Dice il Signore a Pietro: Io ti dico, che tu sei Pietro… Sopra UNO SOLO edifica la Chiesa.
    E benché a tutti gli Apostoli, dopo la sua risurrezione, dia uguale potestà, e dica: Come il Padre ha mandato me…, tuttavia per manifestare L’UNITÀ DISPOSE AUTOREVOLMENTE CHE L’ORIGINE DELLA STESSA UNITÀ COMINCIASSE da UNO SOLO_”[65].
    E Ottato di Milevi dice: (anche a Lei Eccellenza)
    🔴 “Non puoi negare di sapere che nella città di Roma A PIETRO (BENEDETTO XVI) PER PRIMO FU CONFERITA la CATTEDRA EPISCOPALE, sulla quale sedette il capo di tutti gli Apostoli, PIETRO, (chiamato CEFA, cioè ROCCIA, PIETRA); AFFINCHÉ in QUELLA SOLA CATTEDRA, L’UNITÀ FOSSE MANTENUTA DA TUTTI,
    🌟 E COSÌ NEPPURE GLI ALTRI APOSTOLI DIFENDESSERO LE “PROPRIE” CATTEDRE “CONTRO” QUELLA DI PIETRO, tanto da essere “SCISMATICO” e in PECCATO CHI ne PONESSE UN’ALTRA CONTRO L’UNICA CATTEDRA❗ ”[66]._

    Perciò Cipriano afferma che sia l’ERESIA sia lo “SCISMA” NASCONO DAL FATTO CHE NON SI PRESTA LA DOVUTA OBBEDIENZA ALLA SUPREMA POTESTÀ:
    “Non da altro infatti sono sorte le ERESIE e sono nati gli SCISMI, se non PERCHÉ NON SI OBBEDISCE al SACERDOTE DI DIO, E NON SI PENSA CHE NELLA CHIESA VI È UN SOLO SACERDOTE E UN SOLO GIUDICE VICARIO di CRISTO❗️ ”[67].

    🌟 NESSUNO dunque CHE NON SIA UNITO A PIETRO PUÒ PARTECIPARE DELL’AUTORITÀ, essendo assurdo pensare che possa comandare nella Chiesa chi è FUORI di essa.

    Perciò Ottato di Milevi rimproverava i Donatisti, dicendo:
    “Leggiamo che contro le porte (dell’inferno) ricevette le chiavi della salute Pietro, nostro Principe, a cui fu detto da Cristo: A te darò le chiavi del regno dei cieli, e le porte dell’inferno non le vinceranno.
    🔴 PERCHÉ DUNQUE PRETENDETE DI USURPARE LE CHIAVI DEL REGNO DEI CIELI, VOI CHE MILITATE CONTRO LA CATTEDRA di PIETRO?”[68].

    🔔 PERTANTO si deve credere che L’ORDINE EPISCOPALE, COME CRISTO DISPOSE, SIA UNITO A PIETRO SOLTANTO SE È SOTTOMESSO a PIETRO e GLI OBBEDISCE❗

    Altrimenti diventerà necessariamente una moltitudine confusa e disordinata.
    Per ben conservare l’unità della fede e della COMUNIONE non basta un primato di onore, né una sopraintendenza nella Chiesa, MA È ASSOLUTAMENTE NECESSARIA UNA VERA E SOMMA AUTORITÀ, A CUI TUTTA LA COMUNITÀ OBBEDISCA❗️

    https://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_29061896_satis-cognitum.html

  • Lucia Buttaro ha detto:

    Colgo l’occasione per ringraziare ancora Mons Viganò e porgere cordiali Auguri di Onomastico. Ho provato a vedere se era possibile farle sentire tutto il mio affetto nella preghiera: penso di sì. Che bella la Comunicazione dei Santi! Viva la Chiesa Cattolica! Amen!

  • Stefano ha detto:

    Come sempre, come tutti, ancora una volta, perfino Monsignor Viganò non risponde a una sola domanda tra le tante poste da questa sorella Monaca:
    MA BERGOGLIO È IL PAPA?

  • Simplicio ha detto:

    Non trova, monsignore, che la devianza di Bergoglio e dei suoi dalla retta fede non sia affatto percepita dalle autorità civili che hanno il governo della nostra nazione ?
    Sia la senatrice Segre che il senatore La Russa si sono rivolti con fiducia al pontefice regnante nei loro discorsi il primo giorno della nuova legislatura in Senato.
    Lo stesso ha fatto Giorgia Meloni nel suo discorso di presentazione del nuovo governo.
    Forse potremmo considerarli omaggi dovuti, ma proprio erano necessari ?