Korazym. Razzolando Male e Predicando Bene ci Portano verso la Guerra Mondiale.

4 Ottobre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, mi sembra opportuno offrire alla vostra attenzione questo articolo pubblicato su Korazym.org, che ringraziamo di cuore per la cortesia. Buona lettura e meditazione.

§§§

Razzolando male e predicando bene ci portano verso la guerra mondiale (e forse l’ultima), circondati da utili idioti e scimmie urlatrici. Maledetta complessità

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.10.2022 – Vik van Brantegem] – Tre riflessioni prese “a caso” dal Web. Per riflettere in questo mondo del “nulla cosmico messo sotto vuoto spinto”. Lo zero avvolto dal niente. Si astengono a continuare a leggere – e, quindi, di commentare – coloro che non sono in grado di riflettere e che non intendono affrontare la “maledetta complessità”, gli analfabeti funzionali in genere, gli utili idioti, le scimmie urlatrici, e coloro che osannano chi predica bene e razzola male. Qui siamo uomini e donne, non pupazzi. Non siamo idioti (utili). Siamo navigati e abbiamo esperienza. E per dirlo con dei termini comunicativi americani: non ci facciamo confondere dai red herring [2] e sappiamo come muoverci nei rabbit hole [2].

Siamo circondati da utili idioti

«l problema vero, quello centrale, al momento non risolvibile, è l’esercito di utili idioti, condizionati fino al midollo, sul quale possono sempre contare. Per una che ne azzeccano, in genere per convenienza o perché toccati nella propria sfera individuale, dieci ne toppano. Sono inservibili, generano confusione, non hanno la capacità di abbracciare la complessità o quantomeno di avvicinarvisi. Non notano le contraddizioni. Inseguono il piccolo guadagno di credibilità, in cambio della visione d’insieme.

Sono il nulla cosmico messo sotto vuoto spinto. È una fatica immane starli a sentire. Non tanto per le fesserie sparate a nastro, quanto piuttosto per l’effetto demoralizzante derivante dal loro numero. Sono tanti, troppi. Si moltiplicano per partenogenesi. Una moltitudine suddivisa in un’infinità di sottoclassi, tutte omologate a puntino e perfettamente funzionali alla frammentazione della società e dell’opinione pubblica.

Bisogna prendere atto del fatto che nello scontro delle opinioni purtroppo non ci troviamo davanti ad un fronte. Siamo circondati» (Giorgio Bianchi – Telegram, 3 ottobre 2022).

Maledetta complessità e le scimmie urlatrici

«Primo, non ho mai detto che la Russia avrebbe vinto la guerra facilmente in pochi giorni. Ho fatto una previsione opposta. Sin dal primo giorno dell’invasione, ho parlato di “sirianizzazione” della guerra, ho previsto una guerra tutt’altro che breve. Mille volte ho detto che l’Ucraina rischiava di diventare la Siria d’Europa, l’opposto della guerra lampo.

Secondo, la frase che pronunciai a marzo a Piazza Pulita, “Putin ha già vinto in Ucraina, ci ha già sconfitti”, non significa, né è equiparabile, alla frase “l’esercito russo ha già sconfitto l’esercito ucraino”. Suggerisco di accostare le due frasi sul quaderno per fare i dovuti riscontri logici. Fornisco aiuto.

Frase 1: “Putin ha già vinto in Ucraina, ci ha già sconfitti” (l’ho detto)
Frase 2: “Putin ha sconfitto l’esercito ucraino e ha già vinto militarmente sul campo” (non l’ho detto).

Ecco le differenze.

La frase 1, “Putin ha già vinto in Ucraina, ci ha già sconfitti”, non parla di sconfitta dell’Ucraina. Il “ci” è riferito a noi, al blocco occidentale, alla Nato. La frase si legge come segue (maledetta complessità): “Con la sua invasione, Putin ha già sconfitto il nostro progetto, il progetto occidentale di trasformare l’Ucraina in una succursale della Nato. Qualunque cosa accada, l’Ucraina non diventerà una grande base della Nato”. Che la mia frase abbia questo significato si comprende anche dal contesto discorsivo in cui l’ho volutamente calata (maledetta complessità). La mia frase, “Putin ha già vinto in Ucraina, ci ha già sconfitti”, è preceduta da un paragone con la Siria (stramaledetta complessità). Che cosa significa? Quando, il 30 settembre 2015, la Russia avviò la campagna militare in Siria, pronunciai la stessa frase: “In Siria, Putin ci ha già sconfitti”, nel senso che Putin, inviando l’esercito, aveva sconfitto il progetto occidentale di rovesciare Bassar al Assad per sostituirlo con un presidente filo-americano. Per conoscere la mia logica di ragionamento, bisognerebbe avere letto gli articoli che pubblicavo sul Messaggero nel 2015-2018 sulla Siria e le interviste che rilasciavo a SkyTg24 in quegli anni. Bisognerebbe anche avere letto i miei libri, ma non è che possa chiedere tanto ai miei detrattori.

Terzo, la mia frase: “L’Ucraina è fondamentalmente persa”, che pronunciai nei primi giorni dell’invasione alla Radio Svizzera Italiana, non significa: “L’esercito ucraino ha perso la guerra sul campo”. Significa: “L’Ucraina è fondamentalmente persa dalla Nato, è persa da noi occidentali, che non possiamo più trasformare l’Ucraina in una base della Casa Bianca”. Anche in questo caso, affiancate sul foglio di carta, le frasi appaiono in tutta la loro diversità.

Frase 1, che ho pronunciato: “L’Ucraina è fondamentalmente persa”.
Frase 2, che non ho mai pronunciato: “L’Ucraina ha perso la guerra”.

Per concludere.

1) Ho previsto una guerra lunga e non breve.
2) Non ho mai previsto che la Russia avrebbe vinto facilmente senza subire alcuna sconfitta militare.
3) Ho previsto che la Russia avrebbe subito pesanti sconfitte, tant’è vero che ho sempre detto che Putin avrebbe usato l’arma nucleare se la Nato lo avesse posto in una condizione disperata a suon di sconfitte militari.
4) Ho previsto che, a ogni sconfitta della Russia, sarebbe seguito un aggravamento della guerra e non la pace, come il fronte di Mario Draghi ha sempre sostenuto, giornalisti succitati inclusi.

Infine, non ho mai cancellato un solo tweet sulla guerra in Ucraina perché non ho mai scritto un tweet sulla guerra. Semplicemente non uso twitter.
Dopo sette mesi di guerra, non ho mai incontrato un mio detrattore che abbia criticato ciò che ho detto realmente e ringrazio tutti coloro che, anche sulle mie pagine Facebook, cercano di far ragionare le scimmie urlatrici. Grazie di cuore dell’affetto, ma più di bloccare i troll non posso fare» (Alessandro Orsini – Facebook, 2 ottobre 2022).

Razzolare male e predicare bene

Lezioni americane di guerra
Signori dell’interventismo – Joe Biden sostiene che i referendum di annessione russa nel Donbass sono una farsa. Ma dimentica centinaia di operazioni militari USA che hanno calpestato il diritto internazionale.
di Fabio Mini
Il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2022

Il coro intonato dal presidente Biden unisce tutti gli alleati, o quasi, e si amplifica mediante la solita propaganda: il referendum russo nei territori occupati in Ucraina è una farsa, l’annessione è illegale e viola il diritto internazionale.

Gli Stati Uniti non ne riconosceranno la validità e perciò nessun paese alleato o amico può obiettare, altrimenti guai. Con l’annessione, Putin ha sancito l’esclusione di qualsiasi negoziato futuro. Quindi la guerra continua.

Sommessamente: ma sanno di cosa stanno parlando? Certo e anche bene. Noi cosiddetti “occidentali” siamo i paladini del diritto internazionale, che non definisce farsa nessuno strumento di consultazione popolare e noi italiani siamo specialisti di referendum anche se poi se ne ignorano i risultati. L’annessione russa non è uscita dal cilindro del mago: è il primo risultato di un processo bellico che tende a sottrarre tutto o parte del territorio alla sovranità di uno stato avversario. Quando poi, come nel caso del Donbass, si tratta di territori sottratti a uno Stato che perseguita e massacra una minoranza localizzata, si può perfino parlare di “liberazione” e invocare la “responsabilità di proteggere”.

In merito alla sottrazione di sovranità ai danni di un paese membro delle Nazioni Unite, possiamo tranquillamente dare lezioni al mondo intero: abbiamo sottratto alla sovranità della Serbia una parte di proprio territorio creando un danno enorme a parte della sua popolazione. Con le armi abbiamo sottratto sovranità all’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia, alla Siria, al Libano ecc. Le guerre o le “operazioni militari” tipo quelle dell’Onu e della Nato nei Balcani e in Asia Centrale, quelle delle varie “coalizioni di “volenterosi” o di “recalcitranti” in Medioriente e Africa, quelle unilaterali come l’Arabia Saudita nello Yemen, la Francia in Chad, Israele in Libano, Siria e Iraq o gli Stati Uniti in tutto il mondo, da sempre.

Quando nel 1963 Dean Rusk, segretario di stato di J.F. Kennedy, si presentò al Congresso per perorare l’autorizzazione all’intervento militare e della Cia a Cuba, un membro si azzardò ad affermare che gli Stati Uniti “non fanno queste cose”. Rusk allora tirò fuori dal suo carteggio l’elenco di 168 operazioni militari all’estero svolte dagli Stati Uniti dal 1780 al 1945 con e senza l’autorizzazione del Congresso.

Questo dato sorprendente relativo a un secolo e mezzo di storia americana, quando gli Usa non erano ancora una superpotenza, impallidisce di fronte a quello dei periodi successivi. Dai rapporti del Congressional Research Service aggiornati nel 2009 e nel 2021 risultano effettuate altre 100 operazioni militari dal 1945 al 1999 (54 anni) e ben 184 dal 1999 al 2021 (22 anni). E questo senza contare le centinaia di operazioni coperte effettuate dalla Cia con personale e fondi non militari. Rusk concluse la sua esposizione dichiarando che “l’intervento militare all’estero è una costante geopolitica degli Stati Uniti”, ma non convinse il Congresso.

Dopo di lui la costante si è trasformata in esigenza e la politica militare statunitense non è la stampella della politica estera ma la sua guida. La costante è anche diventata il motivo di orgoglio nazionalistico che ha giustificato e consentito l’enorme spesa militare e l’ingerenza in tutti gli affari del pianeta. Per questo la presidenza degli Stati Uniti ha ottenuto l’appoggio bipartisan o quello maggioritario per ogni tipo di intervento militare.

Se da un lato sappiamo bene come sottrarre sovranità, dall’altro disconosciamo il fatto che tale sottrazione manu militari segue sempre la minaccia e/o l’occupazione.

Quest’ultima è uno degli istituti più antichi del Diritto internazionale bellico (così si chiamava giustamente fino a quando non fu ipocritamente cambiato in Diritto internazionale umanitario).

Il termine “occupazione” non è una esagerazione, una interpretazione ideologica o un crimine. I Regolamenti dell’Aja del 1907 (inclusi nelle Convenzioni di Ginevra) definiscono l’occupazione militare come la situazione “de facto” (ovvero che prescinde da qualsiasi dichiarazione formale) nella quale forze militari di qualsiasi natura ed entità di un paese esercitano in un altro paese o parte di esso le funzioni di sicurezza. La potenza occupante ha degli ovvi diritti, ma ancor più stringenti doveri di protezione e sussistenza nei confronti della popolazione civile occupata. L’occupazione de facto attuata durante tutte le operazioni citate raramente ha tenuto conto di questa responsabilità. Anzi proprio per evitarla si è sempre cercato di “restituire” alle forze armate del paese occupato il compito della sicurezza anche se in condizioni di dipendenza e incapacità.
Referendum e annessione non saranno riconosciuti e quindi non validi. Sbagliato: i referendum (e quindi i risultati) sono automaticamente riconosciuti quando sono monitorati da organi internazionali. In ogni caso tale riconoscimento non è necessario ai fini della validità. Ogni paese può dire e condannare quello che vuole, ma è il paese che ha indetto il referendum ad assumersene la responsabilità. Il parere degli altri è prettamente politico e non giuridico.

Dell’occupazione e annessione russa in Georgia, Crimea e Donbass possiamo deprecare i metodi solo dimenticando le nostre “occupazioni”, ma esse sono tra i rarissimi esempi in cui l’occupante, tramite l’annessione, previo o senza referendum, si accolla la piena responsabilità della sicurezza militare, la protezione dei civili e il sostentamento della popolazione. Anzi, cambiando lo status dei territori da “occupati” a “propri”, la Russia ha assunto responsabilità e impegni ancora più forti. Obblighi che la stessa Ucraina ha violato per otto anni di seguito trattando i “propri” cittadini del Donbass come canaglie.

Con l’arrivo dell’inverno, della vendetta ucraina e delle armi occidentali la popolazione delle province annesse non avrebbe avuto scampo. Che poi la Russia rispetti gli obblighi sarà da vedere ma anche in questo non possiamo dare lezioni.

Con l’annessione, Putin si è posto in una situazione irreversibile: è vero, ma non significa che si siano esaurite le possibilità di negoziato e sorprende che proprio i responsabili della diplomazia internazionale continuino a dire che non ci sono alternative. Con l’annessione si è tuttavia ribadito che il negoziato deve partire da basi nuove. Ora sta alla politica occidentale e alla diplomazia trovare delle basi comuni. Rinunciare a questo modesto sforzo conduce soltanto alla guerra mondiale. Forse l’ultima.

Corollario

1. Il caso Piperno

«Iran, ragazza romana arrestata a Teheran. Alessia Piperno: “Vi prego, aiutatemi”. Il padre: “Stava solo festeggiando il suo compleanno”. Il fermo venerdì insieme a un gruppo di amici che erano con lei. La Farnesina al lavoro sulla sua liberazione. Sui social l’allarme lanciato da papà Alberto Piperno: “Alessia stava facendo un viaggio in Iran. Non avevamo notizie da quattro giorni, poi ci ha chiamato disperata”. Detenuta a Teheran da cinque giorni, dal giorno del suo trentesimo compleanno, senza riuscire a dare notizie fino alla telefonata ai suoi genitori di ieri mattina: “Vi prego, aiutatemi”. È la storia di Alessia Piperno, romana, spirito libero, viaggiatrice solitaria, nomade digitale arrivata luglio in Iran dopo aver vissuto in giro per il mondo – Australia, Messico, India, Pakistan, Marocco, Honduras, Guatemala, Sri Lanka, El Salvador, Panama – rinchiusa ora in una prigione di Teheran» (Giuliano Foschini e Viola Giannoli – La Repubblica, 3 ottobre 2022).

Dunque noi dovremmo credere che questa ragazza, Alessia Piperno, cognome notoriamente comune tra gli ebrei romani, fosse in Iran soltanto per “festeggiare il suo compleanno”. Non è un posto un po’ insolito l’Iran per festeggiare il compleanno specialmente nel mezzo di tumulti? Il governo iraniano ha arrestato Alessia Piperno perché la ritiene responsabile di attività eversive e sediziose (C.S.).

«Chi è la ragazza italiana arrestata? Vado in Iran dal 1980: i visti sono brevi e devono essere rinnovati con una trafila. I visti lunghi li hanno solo chi studia o lavora lì. La donna italiana arrestata in Iran era lì da due mesi (22 luglio). Cosa faceva? In ogni caso ora serviranno soldi e tempo per riportala a casa. Ma qui non siamo degli idioti» (Alberto Negri).

«Sull’arresto della “nomade digitale” italiana in Iran. I travel bloggers sono usati da tempo, a volte a loro insaputa, in attività “semplici” per le quali i servizi di intelligence non vogliono rischiare i loro agenti. Tra queste attività figurano ad esempio i contatti con attivisti locali, riprese video e foto. A volte l’arresto del pollo di turno serve ancora di più della sua attività in quanto permette di orchestrare una campagna mediatica attraverso la quale demonizzare il paese in cui è detenuto. Non so se la Piperno sia stata reclutata in Pakistan, dove sono molto attivi i servizi anglo-americani, o se sia stata contattata altrove, ma è sicuramente stata scelta in quanto italiana. Aveva fatto bene la Farnesina a chiedere alla famiglia di non divulgare la notizia dell’arresto, quindi ora chiediamoci perché il padre invece lo abbia fatto» (Laura Ru – Telegram, 3 ottobre 2022).

[1] Un red herring (termine giornalistico americano, che si può tradurre con “falsa pista”) è un errore logico in cui informazioni irrilevanti vengono presentate insieme a informazioni rilevanti, distogliendo l’attenzione da tali informazioni rilevanti. Questo può essere fatto intenzionalmente o meno.

[2] Un rabbit hole (tana del coniglio), in senso metaforico, è un percorso esplorativo lungo e tortuoso con molte connessioni e propaggini. Il termine è spesso usato per descrivere le attività online. Il Web è stato essenzialmente progettato per funzionare come una tana del coniglio a causa del modo in cui funzionano i collegamenti ipertestuali e la navigazione sul Web in generale può essere considerata un viaggio volontario nella tana del coniglio. Esempi più mirati di attività che tendono a seguire tali percorsi includono analisi web, analisi dei dati e vari tipi di ricerca. I sistemi di risposta vocale interattiva e le chiamate all’help desk sono tra gli altri tipi di tane del coniglio in cui le persone entrano intenzionalmente, anche se con riluttanza. In una caduta nella tana del coniglio, un individuo si avvia per il sentiero con un obiettivo, viene sviato da vari eventi e cambia direzione più volte lungo il percorso, finendo infine in qualche posto inaspettato, in genere senza aver soddisfatto lo scopo originale della ricerca. Tuttavia, il percorso porta spesso a scoperte fortuite. Inoltre, secondo il principio dell’obliquità, il percorso tortuoso potrebbe alla fine risultare più produttivo di uno più diretto. Il termine tana del coniglio deriva da Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll, in cui Alice cade nella tana del coniglio, incontra molte strane creature e vive molte esperienze surreali.

2. Il caso Nordstream 1 e 2

«Amper enkele dagen na het opblazen van de strategische Nord Stream-pijpleidingen is het al een “detail van de geschiedenis” geworden en lees je er amper nog iets over in “onze” pers. Wat duidelijk aangeeft wie (niet) de daders waren. Thank you, Poland. Thank you, UK. Thank you, USA [Solo pochi giorni dopo aver fatto saltare in aria i gasdotti strategici del Nord Stream, è già diventato un “dettaglio della storia” e ci si legge ancora a malapena sulla “nostra” stampa. Il che indica chiaramente chi (non) erano gli autori. Grazie, Polonia. Grazie, Regno Unito. Grazie, Stati Uniti]» (Fernand Keuleer).

«Europa: l’assurda calma del naufragio
Tutto sembra finalmente calmo, mortalmente calmo come in uno stato comatoso: con il sabotaggio dei gasdotti che tanto rassomiglia all’incendio del negozio di chi non vuole pagare il pizzo, in Germania sono cessate le manifestazioni, le polemiche, le speranze di un rovesciamento del governo di traditori che si è insediato a Berlino. Non c’è più possibilità di scelta: il gas russo non potrà comunque più arrivare in Germania anche se ciò fosse imposto da una rivolta popolare. Gli USA sono finalmente al sicuro perché con un’Europa in via di rapida deindustrializzazione, dal momento che in qualunque geometria possibile l’energia, anche ammesso di trovarne a sufficienza, costerà molto più rispetto alle aree concorrenti. non c’è più da temere che gli scambi commerciali e tecnologico con la Russia creino una nuova concorrenza per Washington: in pochi anni la produzione europea sarà fuori gioco, così come del resto qualsiasi conquista sociale: tutto ciò che rimane andrà via e rimarranno solo le rovine.
Purtroppo i Tedeschi come del resto gli altri abitanti del continente, sottoposti a un lavaggio del cervello quotidiano, resi stupidi da decenni di propaganda tossica, non hanno compreso subito dove si andava a parere con la gloriosa guerra in Ucraina che si è risolta con il ritorno alla grande madre Russia di tutti gli oblast russofoni, salvo Odessa che alla fine si ricongiungerà alla sua vera patria. Adesso solo pensare di fare uno sforzo militare per respingere i Russi significherà immediatamente entrare in conflitto con Mosca e con la sua enorme potenza militare. Dunque una sonora, bruciante sconfitta che ha finito per tagliare i ponti con il passato e con la diplomazia: è troppo tardi per fare marcia indietro e ritornare sui propri passi perché anche volendo i gasdotti invasi dall’acquea salata finiranno per corrodersi e diventare del tutto inutili in breve tempo. Insomma qui non ci troviamo di fronte a un periodo di difficoltà da quale ci si potrà tirare fuori con operazioni di stabilizzazione di vario tipo perché la dipendenza energetica è strutturale. A peggiorare le cose, le regole economiche della zona euro limitano i suoi disavanzi di bilancio a solo il 3% del PIL. Ciò impedisce ai suoi governi nazionali di sostenere l’economia con la spesa in deficit. L’aumento dei prezzi dell’energia e del cibo – e il servizio di debito in dollari – lasceranno molto meno entrate da spendere per beni e servizi che alla fine verranno aboliti o dati in pasto a qualche multinazionale. E in fondo si può intravvedere la fine dell’euro, moneta ormai inservibile da cui tutto il resto del mondo si terrà ben lontano e che in definita è stato il veleno che ha ucciso il continente.
Certo fossimo in un altro mondo e in un altro momento si potrebbe anche pensare che i Paesi distrutti umiliati e schiacciati dal debito si potrebbero unire finalmente e davvero oltre la grottesca messa inscena dell’Unione Europea, anch’essa ormai lisa e in via di diventare superflua, per elaborare modi per ripristinare  prezzi accessibili del petrolio, del gas, dei fertilizzanti, del grano e di altri prodotti alimentari,  dei metalli e delle materie prime forniti da Russia, Cina e dai loro vicini eurasiatici, senza le “condizionalità” statunitensi che hanno posto fine alla prosperità europea. Può essere possibile, anzi è una delle grandi incognite per l’ordine neoliberista degli USA. Non si può risolvere il problema così facilmente come sabotare il Nord Stream 1 e 2. E il fatto che le aspettative di Washington su come avrebbero funzionato le sanzioni anti-russe siano state del tutto sconfessate dalla realtà fa sperare in un futuro meno miserabile: non c’è stato affatto quell’allineamento totale che ci si aspettava. E dunque una parte fortemente maggioritaria del pianeta non intende più farsi sfruttare e ricattare dagli Stati uniti e dalle sue corporation. Anzi ora chi è determinato a non cedere e a unirsi al progetto in qualche modo delineato da Putin nel suo discorso del 30 settembre [QUI], sulla sovranità e sulla collaborazione, potrà avere sotto gli occhi l’esempio perfetto di cosa voglia dire obbedire a un padrone fino in fondo e senza alcun sussulto di sovranità: basterà guardare la fine che ha fatto l’Europa. finalmente pacificata dalla sua definitiva sconfitta» (Ilsimplicissimus2.com, 2 ottobre 2022).

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9 commenti

  • andreottiano ha detto:

    Il tallone di Achille.

    Ce l’hanno anche loro, quelli che si ritrovano a Davos o a Cernobbio, che bazzicano il Bilderberg e che posseggono quei due o tre mega fondi che controllano quasi tutto il cosiddetto mondo civile, le sedicenti democrazie, l’occidente con i suoi sempre meno identificabili valori, le fotoelettriche mondane che hanno illuminato il medioevo.

    Il tallone d’Achille è quando non funziona più il giochino, sul modello delle piramidi finanziarie che non riescono più a rastrellare quel che necessita per far credere a tutti di essere degli investitori avveduti e intelligenti.

    Il tallone d’Achille è quando vengono meno gli strumenti con i quali si è riusciti a manipolare il giochino. Ad esempio il potere di emettere moneta, il QE dei banchieri centrali. O il potere di certe monete (il dollaro, la sterlina o anche il franco CEFA, che se la passa male nell’Afrique).

    Viene meno la possibilità di barare e di vincere facile, perché a un certo punto le guerre scatenate da queste turpitudini (sostenute da un vuoto morale pari al pelo sullo stomaco) diventano differenti da quelle classiche della storia.

    Non è più un popolo con manie espansionistiche, o soggetto a problemi dinastici, chiamato a scontrarsi con altri circonvicini.

    No: è un manipolo di oligarchi globalisti, che hanno come maggiordomi gli organismi sovranazionali utili alle manipolazioni e come autisti e fattorini i vertici delle sedicenti democrazie, che -per salvare i loro culi- rischiano di far sprofondare nella preistoria miliardi di persone di ogni popolo e nazione.

    Il tallone d’Achille è quando il mainstream non riesce più a condizionare a sufficienza perchè sempre più teste arrivano a capire che non si può morire in miliardi per far stare sempre più ricchi 100 o 200 mila assatanati che si sono tirati dietro anche una parte di Chiesa, come Gesù stesso ebbe a dirci 20 secoli fa…

    Ci siamo.

  • Stefano ha detto:

    Resto sempre molto colpito dalla profondità di analisi e dal buon senso dei nostri militari (in questo caso il gen. Fabio Mini) che la NATO, gli USA, la guerra, l’Europa e la Russia, li conoscono bene e hanno visto da vicino a cosa porta la mancanza di credibili sforzi diplomatici. Purtroppo quasi nessuno li ascolta. Mattarella per primo. Quando si tratta di agire il politico di turno, che di tutto questo non sa nulla, si basa sui luoghi comuni divulgati per veri dalla grande stampa e obbedisce supino alle direttive d’oltreoceano.

  • Paoletta ha detto:

    Non so se gli italiani in difficolta’ con le bollette provino apprezzamento per una “food blogger” che si fa mettere in gattabuia in Iran dove era a “festeggiare il compleanno” (forse…). Se si e’ fatta strumentalizzare per qualche rivoluzione colorata voluta dai soliti noti, peggio per lei. Regeni docet…

  • IL DISERTORE DI FRANCESCOI ha detto:

    PURTROPPO E’ VERO . NON SONO CON LA RUSSIA ,SONO SEMPRE PER IL DIALOGO , MA SE METTI L’ORSO ALL’ANGOLO LUI REAGISCE .DEVI SEMPRE LASCIARE UNA VIA DI FUGA .

  • acido prussico ha detto:

    Predicano bene e … razz…
    – 13 marzo 2013. Habemus Papam. Bergoglio si da il nome di Francesco… il “poverello” d’Assisi… Il mondo rimase a bocca aperta…
    – 24-30 Luglio 2022: Francesco va in Canada.
    – Ottobre 2022 balza la notizia:
    “Il costo del pellegrinaggio penitenziale di Papa Francesco in Canada è di 18,6 milioni di dollari, secondo il coordinatore della visita papale del luglio 2022, l’arcivescovo Richard Smith.” (https://presence-info.ca/article/actualite/religion/le-voyage-du-pape-a-coute-186-m/)
    18,6 milioni di dollari per un viaggio “francescano”?
    Il mondo “strangolato” storce la bocca.

  • Davide Scarano ha detto:

    Dottor Tosatti, mi scusi: cosa significa l’acronimo “C.S.”? A quale fonte corriponde? Credo sia importante per la comprensione del testo. Grazie.

  • ex : ha detto:

    A proposito di Referendum:

    Dopo la NATO e gli SUA (il che è la stessa cosa) a non poter parlare di referendum senza rimetterci la faccia seguiamo noi a ruota.

    Come è stata “fatta” l’Italia? A botte di referendum. Referendum che non possiamo neanche definire truccati, perché i trucchi si fanno di nascosto, senza che appaiano alla vista (Questo semmai riguarda il Referendum che determinò il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica), mentre le turlupinature con i quali furono condotti quei referendum, che sancirono l’ingresso nel Regno di Sardegna, (umoristicamente poi definito “d’Italia”) degli Stati aggrediti erano compiute alla luce del sole, anzi godevano nel mostrare come erano bravi a condurle bene. Come preparassero due urne con scritto sopra «SI’» sull’una e «NO» sull’altra, guardate a vista dai “liberatori” affinché quei poveracci (tra la popolazione che non ci teneva affatto ad essere “liberata”) che venivano trascinati per infilare la “loro scheda”, non sbagliassero urna altrimenti mal gliene incoglieva. E per sopperire alla ovvia carenza di votanti locali, ci pensavano i garibaldini ed altri “liberatori” (oltre ai traditori locali ovviamente) a giocare al girotondo tornando tre, quattro, dieci volte, quante ne necessitassero, ad infilare la loro brava scheda nell’urna (quale delle due, indovina…).

    Non so se Putin abbia dovuto ricorrere a questi democraticissimi metodi nell’organizzare i referedum lì nel Donbass, e se la popolazione sia stata costretta malvolentieri a parteciparvi.

  • unaopinione ha detto:

    “è troppo tardi per fare marcia indietro e ritornare sui propri passi perché anche volendo i gasdotti invasi dall’acquea salata finiranno per corrodersi e diventare del tutto inutili in breve tempo”.
    Non so se é proprio vero, ma questo articolo avanza alcune interessanti considerazioni.
    https://gibraltar-messenger.net/letters/the-nord-stream-pipeline-repair-dilemma/ (in inglese).
    Certo, se poi lo fanno saltare un´altra volta … ma stavolta ci sarebbe il grossissimo rischio di farsi scoprire in flagrante.