Korazym. L’Armenia vuole la pace e l’Azerbajgian vuole l’Armenia.

15 Settembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra giusto e opportuno portare alla vostra attenzione questo articolo pubblicato da Korazym.org, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura.

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L’Armenia vuole la pace e l’Azerbajgian vuole l’Armenia

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.09.2022 – Vik van Brantegem] – Oggi, la situazione è rimasta ancora molto tesa nel Caucaso, con continua attività belliche da parte delle forze armate azerbajgiane contro l’Armenia e ripetute bombardamenti azeri soprattutto nei pressi di Jermuk, Verin Shorza e Sotk (30 case distrutte), anche con l’utilizzo di droni turche e israeliani. Gli Azeri hanno anche centrato una caserma di guardie di frontiera russe. Questa nuova invasione dell’Armenia da parte dell’Azerbajgian ha provocato già molte vittime da entrambe le parti. Il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato che l’Armenia conta già 105 vittime, molti feriti e migliaia di civili armeni evacuati.

«Nuovi fatti confermano che oggi le forze armate azere hanno ampliato la geografia dei bombardamenti e dei crimini di guerra nella direzione delle comunità civili dell’Armenia. Nel Gegharkunik, in addition a Sotk, Verin Shorzha, Norabak e Kut, anche i villaggi di Azat, Airk, Tretuk e Kutakan sono stati presi nel mirino. La gente ha perso il bestiame» (Arman Tatoyan).

Durante la sessione di domande e risposte odierna in Parlamento a Yerevan, il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato che l’Azerbajgian ha occupato una porzione di 10 chilometri quadrati, a seguito del suo ultimo attacco al territorio sovrano dell’Armenia. Il Primo Ministro ha affermato che durante le incursioni di maggio 2021, le forze armate azerbajgiane avevano già occupato 40 chilometri quadrati di territorio dell’Armenia. «Mi sono preso la responsabilità di prendere decisioni pesanti per il bene della pace. Ma decisioni pesanti non significano decisioni contrarie agli interessi statali dell’Armenia. Dobbiamo prendere queste decisioni per garantire la sicurezza, la stabilità duratura e la pace dell’Armenia. Non possiamo scrivere un “trattato di pace” sotto i titoli oggi, firmarlo, a seguito del quale una nuova guerra inizierà 6 anni dopo. Vogliamo firmare un documento a seguito del quale molte persone ci criticheranno, molte persone ci insulteranno, molte persone ci chiameranno “traditori”, le persone potrebbero anche decidere di rimuoverci dal potere. Saremo soddisfatti e grati se grazie a ciò la Repubblica di Armenia con un territorio di 29.800 chilometri quadrati riceverà pace e sicurezza durature. La decisione che garantirà questo, lo dico molto chiaramente, la firmerò. Non mi interessa cosa accadrà a me, mi interessa cosa accadrà all’Armenia», ha detto. Ha elogiato il fatto che in Armenia vi sia una maggioranza parlamentare che gli consente di assumersi tale responsabilità.

La dichiarazione di Pashinyan oggi in Parlamento, di voler firmare un accordo con l’Azerbajgian per la pace di 29.800 chilometri quadrati (la superficie di Armenia) senza citare il territorio di Artsakh. ha provocato delle reazioni immediate, con una manifestazione anche davanti all’Assemblea nazionale.

Nessuna circostanza può distoglierci dal percorso che abbiamo scelto, dal riconoscimento internazionale dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh sulla base primaria e non negoziabile del diritto all’autodeterminazione del popolo di Artsakh, ha affermato in un post su Twitter il Presidente della Repubblica armena di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, in risposta alle parole di Pashinyan. «L’Artsakh non può e non deve far parte dell’Azerbaigian, perché, in primo luogo, il popolo dell’Artsakh decide il proprio destino nella propria patria e, in secondo luogo, non abbiamo un popolo da sottoporre al genocidio e al rimpatrio», ha scritto. «Lo abbiamo affermato molte volte e ora riaffermiamo che tutti i documenti che possono riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian sono per noi inaccettabili. D’altra parte, dovremmo tutti renderci conto che il percorso della nostra lotta in questa difficile situazione è lungo e pieno di sfide, ma sono sicuro che alla fine raggiungeremo i nostri obiettivi con sforzi a livello nazionale», ha dichiarato il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Nella capitale di Armenia, Yerevan la folla chiede le dimissioni di Pashinyan [il video QUI]. Proteste anche in piazza della Rinascita a Stepanakert, la capitale della Repubblica di Artsakh (foto sopra).

In seguito Pashinyan ha smentito. Nessun documento è stato firmato e non sarà firmato, ha affermato in un post su Twitter. «Si tratta di un sabotaggio informativo diretto da forze esterne ostili, volto a spezzare la resistenza del Paese», ha affermato.

L’abbiamo raccontato ieri: L’odierna aggressione dell’Azerbajgian contro l’Armenia: una manifestazione della politica espansionistica e armenofobica a livello statale azera – 13 settembre 2022.

«Paradossi di guerra. C’è una notizia di cronaca che si sta perdendo nell’aria come un palloncino della cui sorte non interessa nessuno. L’acchiappiamo prima che si perde. Le forze armate dell’Azerbajgian sconfinano nel territorio sovrano dell’Armenia, ma nessuno reagisce. Ne fanno le spese i cristiani armeni, abbandonati come se valessero meno degli Ucraini. Nella notte tra lunedì e martedì, precisamente 5 minuti dopo mezzanotte (22.05 ora italiana), l’Azerbajgian ha attaccato proditoriamente l’Armenia. L’ha invasa con un’operazione che Ilham Aliyev non chiama “speciale”, ma semplicemente “liberazione”. Abbiamo l’idea che questa stessa idea ce l’abbiano l’Europa e l’Italia, ma sì facciamola corta con gli Armeni, che ci fanno lì da duemila anni cristiani in mezzo a musulmani che ogni tot di anni ne sfoltiscono il numero e ne restringono il territorio» (Renato Farina – Libero Quotidiano, 14 settembre 2022).

Papa Francesco mentre è in Kazakhstan fino a domani, viene costantemente informato (è accompagnato da tutti e tre massime autorità della Segreteria di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato e l’Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati) e segue la situazione creatosi con la nuova aggressione dell’Azerbajgian all’Armenia, e da Piazzale dell’Expo (Nur-Sultan) dove ha celebrato la Santa Messa, ha lanciato suo appello: «Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Soccorriamo chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace. Che cosa deve accadere ancora, quanti morti bisognerà attendere prima che le contrapposizioni cedano il passo al dialogo per il bene della gente, dei popoli e dell’umanità? L’unica via di uscita è la pace e la sola strada per arrivarci è il dialogo. Ho appreso con preoccupazione che in queste ore si sono accesi nuovi focolai di tensione nella regione caucasica. Continuiamo a pregare perché, anche in questi territori, sulle contese prevalgano il confronto pacifico e la concordia. Il mondo impari a costruire la pace, anche limitando la corsa agli armamenti e convertendo le ingenti spese belliche in sostegni concreti alle popolazioni».

Il Ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Hossein Amir-Abdollahian, ha sottolineato che i confini tra Iran e Armenia devono essere preservati senza alcun cambiamento, riferisce Mehr News. Ha fatto le osservazioni in una conversazione telefonica questa sera con il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, durante la quale ha anche affermato: «Consideriamo il confine Iran-Armenia come una via di comunicazione storica che deve essere preservata senza alcun cambiamento». Pur esprimendo la sua grande preoccupazione per l’inizio di una nuova escalation tra Azerbajgian e Armenia, Amir-Abdollahian ha sottolineato che la Repubblica Islamica dell’Iran è pronta ad aiutare a risolvere la questione pacificamente e con mezzi politici. Sottolineando che la regione non può più tollerare una nuova guerra, ha affermato che la Repubblica Islamica dell’Iran invita entrambe le parti in conflitto a esercitare l’autocontrollo.

L’aggressione di ieri dell’Azerbajgian contro l’Armenia è una grave violazione del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e dell’Atto finale di Helsinki. Nelle attuali condizioni geopolitiche, l’Azerbajgian, infatti, cerca di realizzare le sue pretese e aspirazioni mediante l’uso della forza e la minaccia dell’uso della forza. Il suo comportamento selvaggio è anche il risultato delle dichiarazioni non affrontate della comunità internazionale durante le precedenti aggressioni, ha affermato il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, in un incontro con i capi delle rappresentanze diplomatiche accreditate a Yerevan.

Di seguito il testo integrale delle osservazioni del Ministro degli Esteri, dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, nella nostra traduzione italiana:

«Cari colleghi,

come già sapete, intorno alla mezzanotte del 13 settembre, le forze armate dell’Azerbajgian hanno lanciato un attacco su larga scala nelle direzioni sud e sud-est della Repubblica di Armenia, sconfinando di fatto nell’integrità territoriale della Repubblica di Armenia. L’aggressione è stata condotta con l’uso di artiglieria, mortai e UAV [droni], anche nell’area di confine tra Armenia e Azerbajgian, ma anche nelle aree degli insediamenti di Sotk, Vardenis, Goris, Kapan, Artanish e Ishkhanasar e le loro infrastrutture civili nelle regioni di Gegharkunik, Vayots Dzor e Syunik.

Ad oggi, 105 Armeni sono stati confermati uccisi. Gli Azeri pubblicano video sui social network, dove si vedono nuovi prigionieri di guerra armeni. In questo contesto, la reazione della comunità internazionale è importante per prevenire la tortura, la violenza, le uccisioni extragiudiziali e le sparizioni forzate di prigionieri di guerra armeni come nella guerra di 44 giorni.

Va notato che l’aggressione scatenata dall’Azerbajgian è stata preceduta da mesi di retorica guerrafondaia e dichiarazioni che mettevano in discussione l’integrità territoriale della Repubblica di Armenia, le rivendicazioni al nostro territorio sovrano ai massimi livelli, nonché le recenti provocazioni contro l’Armenia.

L’Azerbajgian, come abitualmente, accusa la parte armena di lanciare provocazioni su larga scala. Naturalmente, presumo che le vostre conoscenze sulla regione e le informazioni a vostra disposizione siano sufficienti per determinare quale parte abbia avviato azioni aggressive, ma ritengo necessario attirare la vostra attenzione sugli sviluppi che hanno preceduto questa aggressione su larga scala.

A partire dal 2 settembre, il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso quotidianamente false informazioni secondo cui la parte armena ha aperto il fuoco con armi di vario calibro in direzione delle basi azerbajgiane. Questa informazione è stata ufficialmente smentita dal Ministero della Difesa dell’Armenia più volte durante quei giorni.

Abbiamo costantemente ricevuto informazioni sui voli cargo militari dalla Turchia all’Azerbajgian. E dal 5 al 9 settembre, le forze aeree di Turchia e Azerbajgian hanno svolto un’esercitazione militare congiunta, il cui compito dichiarato era la distruzione di obiettivi aerei e terrestri del nemico convenzionale.

Il 10 settembre, durante un incontro con lo Stato Maggiore, il Ministro della Difesa dell’Azerbajgian ha dato istruzioni di essere pronto a rispondere immediatamente e con decisione alle provocazioni. Ha anche dato ulteriori istruzioni per migliorare l’assistenza medica dei militari al confine con l’Armenia.

La logica di passi simili è stata seguita anche nel periodo precedente la Guerra dei 44 giorni nel 2022.

Riferendosi alle ragioni principali, va sottolineato che l’Azerbajgian ritiene che l’Armenia accetti tutte le sue condizioni senza negoziazione.

Durante l’incontro svoltosi a Brussel il 30 agosto, Ilham Aliyev ha infatti dichiarato, con ultimatum, che non parlerà con la Repubblica di Armenia della soluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh perché, secondo lui, il Nagorno-Karabakh e il conflitto del Nagorno-Karabakh non esiste e la questione degli Armeni dell’Artsakh è una questione interna dell’Azerbajgian, che sarà risolta se necessario, sulla base della Costituzione dell’Azerbajgian. Naturalmente, questo approccio è assolutamente inaccettabile per la parte armena, e non è affatto simile a negoziati di pace, ma è una manifestazione di una politica massimalista.

Un quadro simile è sfociato nei lavori della commissione trilaterale per lo sblocco delle infrastrutture regionali e delle comunicazioni di trasporto, dove l’Azerbajgian, infatti, tenta di ottenere un corridoio extraterritoriale. La parte armena ha ripetutamente affermato la sua posizione sulla disponibilità a fornire canali di comunicazione all’Azerbajgian dopo il chiarimento del regime di trasporto su strada, che dovrebbe garantire la sovranità e la giurisdizione del Paese sulle strade che attraversano il suo territorio. Nel frattempo, l’attuazione dell’accordo raggiunto sulla ripresa della ferrovia è ostacolata dallo stesso Azerbajgian.

L’aggressione dell’Azerbajgian è una grave violazione del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite e dell’Atto finale di Helsinki. Nelle attuali condizioni geopolitiche, l’Azerbajgian, infatti, cerca di realizzare le sue pretese e aspirazioni mediante l’uso della forza e la minaccia dell’uso della forza.

Voglio osservare con dolore che il comportamento selvaggio dell’Azerbajgian è anche il risultato delle dichiarazioni non affrontate della comunità internazionale durante le precedenti aggressioni iniziate il 24 marzo 2021. Sono grato a tutti quei Paesi che sono stati diretti nelle loro dichiarazioni fatte durante questi due giorni e mi aspetto una posizione equa simile anche da altri Paesi partner.

La Repubblica di Armenia, tenendo conto della gravità della situazione, ha deciso di utilizzare tutti gli strumenti diplomatici a sua disposizione per fermare l’aggressione azerbajgiana e riportare l’esercito azerbajgiano nelle posizioni di partenza. Di conseguenza, l’Armenia ha fatto appello alla Federazione Russa, al CSTO-Collective Security Treaty Organization (l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) e al Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Nella riunione del Consiglio di Sicurezza Collettiva della CSTO, tenutasi ieri sera, è stato deciso di delegare in Armenia Stanislav Zas, Capo della missione di monitoraggio della CSTO. La situazione attuale sarà discussa oggi nella sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Ci aspettiamo che l’Azerbajgian intraprenda immediatamente le seguenti azioni:

  • Completa cessazione delle ostilità
  • Ritorno delle forze armate dell’Azerbaigian nelle loro posizioni originarie
  • Liberazione dei prigionieri di guerra armeni».

L’Ambasciatore Armen Papikyan, il Rappresentante permanente dell’Armenia presso l’OSCE, ha partecipato e ha pronunciato osservazioni alla sessione speciale del Consiglio permanente dell’OSCE, convocata su iniziativa dell’Armenia, ha affermato il Ministero degli Esteri dell’Armenia in un comunicato stampa. Papikyan ha richiamato l’attenzione del Consiglio Permanente dell’OSCE sull’aggressione militare scatenata dall’Azerbaigian il 13 settembre contro il territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Papikyan ha osservato che le forze armate dell’Azerbajgian, in chiara violazione del diritto umanitario internazionale e delle Convenzioni di Ginevra, hanno bombardato numerosi insediamenti armeni utilizzando armi pesanti, tra cui artiglieria, missili e UAV [droni]. È stato sottolineato che l’aggressione azerbajgiana è una grave violazione dei principi e degli impegni fondamentali dell’OSCE, della Carta delle Nazioni Unite e dell’Atto finale di Helsinki. Riferendosi alla necessità di una risposta adeguata da parte della comunità internazionale, Papikyan ha sottolineato l’importanza di una condanna chiara e inequivocabile dell’aggressione dell’Azerbajgian contro l’Armenia da parte dell’OSCE e dei suoi Stati partecipanti. È stato sottolineato che solo una risposta chiara e un’adeguata valutazione delle azioni aggressive dell’Azerbajgian, compresi gli opportuni passi attivi da parte della comunità internazionale, possono prevenire una nuova guerra nella regione. Ha sottolineato che l’ulteriore uso della forza o la minaccia della forza compromette i processi in corso nella regione volti a stabilire la pace e la sicurezza nel Caucaso meridionale, nonché la risoluzione di tutte le questioni relative e derivanti dal conflitto del Nagorno-Karabakh. Il Rappresentante permanente dell’Armenia presso l’OSCE ha riaffermato l’impegno della Repubblica di Armenia nell’agenda volta a stabilire la pace e la stabilità nella regione. Ha sottolineata l’importanza degli sforzi della Co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE quale formato negoziale con mandato internazionale.

I partecipanti alle consultazioni a porte chiuse del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oggi sono stati unanimi nel loro sostegno al cessate il fuoco il prima possibile tra Armenia e Azerbajgian e alla soluzione della situazione con mezzi politici e diplomatici, ha detto ai giornalisti il Rappresentante permanente della Federazione Russa presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha riferito TASS. Ha affermato che la Russia ha informato i partecipanti sui propri sforzi e sul lavoro dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO) per porre fine al conflitto. «I partecipanti alle consultazioni a porte chiuse del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono stati unanimi nel loro sostegno al cessate il fuoco il più presto possibile tra Armenia e Azerbajgian e alla soluzione della situazione con mezzi politici e diplomatici. Ora i documenti stampa sono in discussione, gli esperti sono rimasti in sala riunioni per finalizzarli», ha detto Nebenzya. «Insistiamo sul fatto che questi elementi di stampa debbano necessariamente avere un riferimento alle dichiarazioni trilaterali adottate dai leader di Russia, Armenia e Azerbajgian del 2020 e del 2021, che sono la base per la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi», ha affermato Nebenzya.

Nella zona del conflitto, il fuoco si è quasi fermato in tutte le direzioni dalle ore 20.00 (ora locale), non sono stati registrati incidenti significativi, ha affermato in una nota il portavoce del Ministero della Difesa dell’Armenia, Aram Torosyan. «Le informazioni che circolano su Internet che alcuni insediamenti armeni sono passati sotto il controllo dell’Azerbajgian è una bugia assoluta», ha detto. Ha esortato ad astenersi dal diffondere tali notizie e ad essere guidato esclusivamente da informazioni ufficiali.

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