Silere Non Possumus. Cantoni, Bergoglio, e l’Indulgenza verso Preti Abusatori.

7 Settembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici  e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante rilanciare questo articolo del sito Silere Non Possumus, che ringraziamo per la cortesia, che parla di come il neo-cardinale Cantoni di Como abbia cercato a suo tempo di salvare un sacerdote condannato per abusi, don Inzoli. A questo aggiungiamo qualche riga di un sito Bishops’ Accountability, che parla di come l’allora arcivescovo Bergoglio nella sua Buenos Aires abbia gestito casi analoghi. E ricordando il caso McCarrick, Zanchetta e altri stupisce la “tenerezza” del Pontefice regnante verso questi personaggi. Non voglio farmi pubblicità, ma proprio di questo tema tratta in maniera più completa un mio libro. Buona lettura e riflessione.

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Mentre in Belgio il vescovo salesiano Van Looy ha rinunciato alla nomina cardinalizia, consapevole che sarebbe scoppiato un caso che avrebbe creato non pochi grattacapi al Papa, in Italia Oscar Cantoni è stato celebrato da tutta la stampa locale e nazionale come unico cardinale elettore italiano di questo concistoro. Basta scorrere le pagine dei giornali lombardi per vedere quanto incenso è stato speso per un uomo che, parafrasando il vescovo Delpini, non si è ancora capito per quale motivo sia stato elevato alla dignità cardinalizia. Una risposta pare esserci e assomiglia molto alla vicenda Zanchetta.

 

Le medesime “colpe” che potevano essere contestate a Van Looy sono le medesime che troviamo nello scarno curriculum di Oscar Cantoni. Non solo il vescovo di Como ha ordinato sacerdote, don Martinelli, giovane che era conosciuto in tutto lo Stato della Città del Vaticano per i suoi modi ben poco amabili e con pesanti accuse di molestie su un confratello, ma, nella vicenda che vede protagonista don Mauro Inzoli, Cantoni voleva salvarlo dandogli solo 5 anni di “pena medicinale”.

 

La vicenda Inzoli

Il 29 giugno 2016, don Mauro Inzoli, per quindici anni presidente del Banco Alimentare, veniva condannato dal tribunale di Cremona a 4 anni e 9 mesi per abusi sessuali ai danni di cinque minorenni. Il più piccolo aveva 12 anni e il più grande 16. In ambito canonico il procedimento nei confronti del sacerdote era partito da un bel pezzo. Ed un ruolo chiave lo ebbe proprio Oscar Cantoni, allora vescovo di Crema, diocesi dove il sacerdote era incardinato.

La sentenza della Congregazione per la Dottrina della Fede (oggi Dicastero) dice chiaramente “il 21 luglio 2011 questo Dicestero affidò al Vescovo di Crema, quale proprio Delegato, il compito di svolgere un processo penale amministrativo ex can. 1720 CIC nei confronti del chierico”.  A capo della diocesi di Crema c’era proprio Oscar Cantoni, il quale ricevette le denunce nei confronti di don Mauro Inzoli già nel 2010.

Il Cardinale Muller continua: “nell’istruttoria furono raccolte le denunce di 11 minori maschi, due minori femmine ed emersero gli indizi di possibili abusi su altri sette minori”. Stiamo parlando di venti minorenni!

Alle contestazioni Inzoli risponde confessando. “Vista la parziale confessione dei fatti addebitati da parte del reo e la sua impossibilità di presentare elementi a proprio discolpa, nonché considerate la gravità e imputabilità dei delitti, che, manifestando una strategia diuturna e costante, per quanto influenzata dalla struttura psicologica della persona, era chiaramente riferibie a dolo, il Vescovo di Crema – dopo essersi consultato con i propri Assessori – ritenne raggiunta la necessaria certezza morale circa il compimento degli abusi”. Quindi, Inzoli confessa e il Vescovo Oscar Cantoni ritiene che gli abusi sono stati perpetrati.

 

Nonostante questo, Cantoni firma un decreto, il 25 agosto 2012, che condanna Inzoli ad una pena di soli 5 anni. Addirittura si rivolgeva ai fedeli di Crema dicendo: la finalità dello “spirito ecclesiale è sempre di accompagnare maternamente i suoi figli, anche quando sbagliano, piuttosto che far prevalere giudizi di condanna”.

Sì, le accuse nei confronti del sacerdote furono ritenute da Cantoni provate ma non pensò di dimetterlo dallo stato clericale. Gli impose di vivere fuori dalla diocesi di crema, gli tolse ogni impegno pastorale e gli impose la celebrazione della Santa Messa in privato. Per soli 5 ANNI.

Per fortuna gli atti del processo, come prevedeva il Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, dovevano essere trasmessi alla Congregazione per la Dottrina della Fede per ottenere conferma del decreto. Il 09 novembre 2012 (regnante il Sommo Pontefice Benedetto XVI) la Congregazione si rivolge al vescovo Oscar Cantoni e dice: “considerata la gravità, la diuturnità e la continuità degli abusi perpetrati” devi riformulare il decreto imponendo la pena della dimissione dallo stato clericale e non le pene temporali che hai dato.

Il Cardinale Gerhard Ludwig Müller e il suo Dicastero, sostanzialmente dicevano a Cantoni: se è provato il delitto, se ha confessato, se ha anche reiterato il tutto, per quale assurdo motivo bisognerebbe essere clementi? La domanda quindi è: perchè Cantoni voleva salvare don Mauro Inzoli nonostante avesse la certezza che aveva abusato di minori?

Solo dopo che la Congregazione glielo impose, Cantoni emise il decreto di dimissione allo stato laicale di don Mauro Inzoli. Il sacerdote, il 30 gennaio 2013, fece ricorso alla Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede e i Membri, il 29 maggio 2013, lo rigettarono con 14 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario.

La richiesta al Papa

Inzoli non si scoraggiò e grazie anche al suo vescovo, riuscì ad arrivare al Papa. Francesco, eletto da pochissimo, decise di fregarsene altamente di ciò che decise la Congregazione e avocò a sè la causa. Non solo, addirittura decise di concedere ad Inzoli il perdono, proprio come voleva Cantoni, e “in considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo”, invitava Mons. Inzoli “a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza”. Pertanto, il Pontefice non imponeva la pena più grave ad un prete pedofilo ma, addirittura, lo salvò “dalle grinfie” della Congregazione per la Dottrina della Fede.

L’ex Sant’Uffizio rimase sconvolto. Con tutto ciò che stava emergendo in merito agli abusi sessuali commessi dai presbiteri, il Papa appena eletto graziava un sacerdote che aveva abusato una ventina di bambini? “Rimanemmo sbalorditi quando ci arrivò la richiesta, da parte del Papa, di emettere il decreto 665/2010. Evidentemente qualcuno ebbe accesso privilegiato a Santa Marta” riferisce a Silere non possum uno dei quattordici votanti della Congregazione.

«Chi viene condannato per abusi sessuali sui minori può rivolgersi al Papa per avere la grazia, ma io mai ho firmato una di queste e mai la firmerò. Spero che sia chiaro», diceva così Francesco alla Pontificia Commissione per la Tutela dei minori nel 2017. Eppure il 06 giugno 2014 il Papa dava mandato alla Congregazione per la Dottrina della Fede di emettere un decreto con il quale salvava don Inzoli e gli imponeva solo delle pene temporali proprio come gli chiese il Vescovo Oscar Cantoni, oggi promosso cardinale di Santa Romana Chiesa.

Quella firma Francesco l’ha messa eccome. Già nel 2014 il Papa si affidava al giudizio degli amici e non di chi, con competenza, tentava di mettere fine agli abusi sui minori commessi da un uomo potente.

Costretto a tornare sui suoi passi

A Francesco era stato detto che Mons. Inzoli aveva la passione per il lusso, il suo soprannome era “don Mercedes”, ma decise comunque di salvare quel prete che aveva sulla coscienza la vita di numerosi giovani di cui aveva abusato rovinando la loro vita per sempre. Il giudice italiano scriveva che Inzoli abusava dei minori “approfittando con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso così confondendo ulteriormente i giovani”.

Solo dopo che il vescovo Oscar Cantoni uscì di scena, vennero raccolte ulteriori testimonianze ed emerse che Inzoli aveva reiterato gli abusi nonostante le pene che gli erano state comminate (come ha riferito lo stesso Pontefice alla Pontificia commissione per la tutela dei minori nel 2017). Sostanzialmente, proprio grazie ai provvedimenti che Francesco gli concesse, Mons. Inzoli potè continuare ad abusare di alcuni minori. Il nuovo vescovo di Crema, Daniele Gianotti, raccolse le testimonianze e le inviò a Roma. A quel punto il Papa non potè far altro che dimettere dallo stato clericale Mons. Inzoli. Ma sulla coscienza il Papa ha la vita di quei giovani che fra il 2014 e il 2017 si ritrovarono ancora Inzoli fra le coperte.

Per gli amici non ci son santi in paradiso

In Cassazione don Mauro Inzoli è stato condannato a 4 anni, 7 mesi e 10 giorni di reclusione. In Italia il processo si era ridotto a contestare gli abusi su cinque ragazzi, per via della prescrizione: il più piccolo di 12 anni, il più grande di 16, il tutto avvenuto fra il 2004 e il 2008.

Nonostante questo episodio, il quale si aggiunge alla vicenda del Preseminario San Pio X, dove Cantoni ha dimostrato completa incompetenza, Francesco ha elevato il vescovo di Como alla dignità cardinalizia. Ancora una volta il Pontefice dimostra che fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

M.P.

Silere non possum

***

Interrogativi sul ruolo di Bergoglio in cinque casi di abuso

 

I fattori che hanno portato alla rivelazione di vescovi e superiori religiosi in altri Paesi – azioni civili da parte delle vittime, indagini sulla Chiesa da parte dei pubblici ministeri e inchieste governative – si sono verificati poco o per nulla nella capitale federale di Buenos Aires, che è il territorio dell’arcidiocesi. Di conseguenza, non è emersa quasi nessuna informazione sulla gestione diretta del cardinale Bergoglio dei sacerdoti accusati. Solo un sacerdote dell’arcidiocesi di Buenos Aires, Carlos Maria Gauna, è stato accusato pubblicamente. Ma nei casi di alto profilo di quattro molestatori di bambini provenienti da ordini religiosi o da altre diocesi – Grassi, Pardo, Picciochi e Sasso – ci sono prove che Bergoglio ha consapevolmente o inconsapevolmente rallentato le vittime nella loro lotta per denunciare e perseguire i loro aggressori. Le vittime di tutti e quattro i colpevoli dicono di aver cercato l’aiuto del cardinale. Nessuna di loro l’ha ricevuto, nemmeno quelle che erano povere e in difficoltà alla periferia della società – le persone che Papa Francesco ha sostenuto. (Secondo l’ex portavoce di Bergoglio, il cardinale ha rifiutato di incontrare le vittime).

 

– Padre Julio César Grassi – Grassi è stato condannato nel 2009 per aver molestato un ragazzo che viveva in una casa per bambini di strada fondata da Grassi. Dopo la condanna di Grassi, Bergoglio ha commissionato uno studio segreto per convincere i giudici della Corte Suprema dell’innocenza di Grassi. Si ritiene che l’intervento di Bergoglio sia almeno in parte il motivo per cui Grassi è rimasto libero per più di quattro anni dopo la sua condanna. Alla fine è stato mandato in carcere nel settembre 2013. Vedi il nostro riassunto dettagliato del caso Grassi con i link agli articoli.

 

– Don Rubén Pardo – Nel 2003, un sacerdote malato di AIDS che aveva ammesso al suo vescovo di aver abusato sessualmente di un ragazzo fu scoperto mentre si nascondeva dalle forze dell’ordine in una canonica dell’arcidiocesi di Buenos Aires, allora guidata da Bergoglio. Pardo avrebbe anche ascoltato le confessioni dei bambini e insegnato in una scuola vicina. Uno dei vescovi ausiliari di Bergoglio, con il quale si incontrava ogni due settimane, sembra aver vissuto nella canonica nello stesso periodo. In genere, un ordinario deve dare il permesso a un sacerdote di vivere e lavorare nella sua diocesi. È improbabile che Pardo abbia vissuto e lavorato a Buenos Aires senza l’approvazione di Bergoglio. Si veda il nostro riassunto dettagliato del caso Pardo.

 

– Fratel Fernando Enrique Picciochi, S.M. – Dopo che una vittima ha scoperto che il suo abusatore era fuggito dall’Argentina negli Stati Uniti, eludendo le forze dell’ordine, la vittima ha chiesto l’aiuto di Bergoglio per essere liberata dall’ordine di riservatezza imposto dall’ordine religioso del religioso. Ha presentato la sua richiesta in incontri con il segretario privato di Bergoglio e con il vescovo ausiliare, l’attuale arcivescovo Mario Poli. L’arcidiocesi non ha voluto aiutarlo. Vedi il nostro riassunto dettagliato del caso Picciochi.

 

– Rev. Mario Napoleon Sasso – Nel 2001, dopo una diagnosi di pedofilia in un centro di cura gestito dalla Chiesa, Sasso è stato nominato parroco di una parrocchia molto povera con una mensa comunitaria nella diocesi di Zarate-Campana. Nel 2002-2003, ha aggredito sessualmente almeno cinque bambine nella sua camera da letto vicino alla mensa dei poveri. Nel 2006, con Sasso in carcere ma non ancora condannato, i genitori delle bambine avrebbero cercato l’aiuto di Bergoglio. Bergoglio era allora presidente della Conferenza episcopale argentina e la mensa dei poveri distava appena 25 miglia dall’arcidiocesi di Buenos Aires. Bergoglio non volle incontrarli. Vedi il nostro riassunto dettagliato del caso Sasso.

 

– Rev. Carlos Maria Gauna – Gauna era un sacerdote arcidiocesano sotto la diretta supervisione di Bergoglio. Nel 2001, due ragazze di una scuola hanno presentato una denuncia penale affermando che Gauna le aveva toccate in modo inappropriato. Secondo quanto riferito, Bergoglio si sarebbe occupato della questione. Gauna lavora ancora nell’arcidiocesi di Buenos Aires. In particolare, ora è diacono e cappellano di un ospedale – possibili indicatori del fatto che Bergoglio ha ritenuto credibili le accuse ma ha deciso di degradarlo piuttosto che rimuoverlo dal ministero. Vedi il nostro riassunto dettagliato del caso Gauna.

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6 commenti

  • Roberta ha detto:

    È incredibile. Il Papa sceglie i cardinali in maniera del tutto sconclusionata. Per fortuna Silere non possum parla di queste cose.

  • Per i conservatori puritani ha detto:

    Forse non lo avete visto, oggi lo saprete!
    Il buon Tosatti disse: “ma probabilmente Ratzinger non e’ stato ascoltato'”!
    Verissimo. E perché gli altri lo sarebbero stati?

    https://youtu.be/VdePHukr9kk

    • Veronica Cireneo ha detto:

      Nel loro stile di vita satanico, che tiene Cristo come scusa per le loro malefatte e Lo tiene sotto i piedi, si lasciano corrompere da quelli che nel loro menzognero linguaggio chiamano benefattori, quando sanno che sono malfattori.
      E con essi si alleano alla faccia del Vangelo.

      Viva libertà?

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Tarantella, facennoce ‘e cunte, Tarantella, facendoci i conti
    nun vale cchiù a niente non serve più a niente
    ‘o ppassato a penzá… pensare al passato…
    [che, poi, è il presente….
    .
    .
    “‘o ppeccomme e ‘o ppecché…” al per come e al perché
    [e vabbè…
    .
    .
    .
    Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…
    chi ha dato, ha dato, ha dato…
    scurdámmoce ‘o ppassato,

    Tolleranza zero. Deve continuare. Ha ripetuto per l’ennesima volta il papa, nel corso dell’intervista (l’ennesima!) rilasciata per l’emittente televisiva portoghese CNN e trasmessa lo scorso lunedì sera, 5 settembre. «Io soffro – ha confidato – ma – ha concluso – voi dovete affrontarlo».
    Non ho capito (e non credo a causa della traduzione con Google) a chi abbia inteso rivolgere l’ammonimento, con l’obbligo a rispettarlo, con quel “voi”, indistinto.

  • Mimma ha detto:

    Vergogna infinita.
    Viene da vomitare.
    Preghiamo

  • Veronica Cireneo ha detto:

    Nel Suo libro “GALLERIA NEOVATICANA” che è tanto bello quanto raccapricciante, anche se la realtà, a volte è anche peggiore e radica nel passato scrupolosamente dettagliato nei testi di Mons Villa, vi è una pagina consolatoria.
    La prima. Quella introduttiva di M. Viganò che indica e ricorda la strada sempre valida, per gli uomini di buona volontà, con queste parole:
    “…] E forse, proprio perché costretti a guardare nell’abisso di immoralità di una parte del Clero, i buoni potranno esser spronati a moltiplicare l’impegno di santità, di umiltà e di sacrificio, in modo da attirare sulla Sposa dell’Agnello quelle benedizioni e quelle grazie che altri oggi tengono lontane. Tempora bona veniant. Alle anime innamorate di Dio queste pagine ispirino sentimenti di riparazione e di espiazione, invocando al Sommo ed Eterno Sacerdote il dono del pentimento e della conversione per i traviati che continuano a crocifiggerLo rinnegando le solenni promesse che hanno fatto, nelle mani del Vescovo, il giorno della loro Ordinazione. Sia loro di aiuto la Vergine Santissima, Refugium peccatorum, Madre del Sacerdozio». (Breve estratto dalla prefazione di Mons. C. M. Viganò)