Benedetta De Vito Ricorda Enrichetta Beltrame Quattrocchi.

2 Settembre 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Benedetta De Vito offre alla vostra attenzione questo ricordo di Enrichetta Beltrame Quattrocchi. Buona lettura.

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Dopo aver preparato la cena e rigovernato la cucina, nelle quotidiane cure domestiche che sono la mia vita, eccomi seduta davanti al computer (che ho avuto in dono di seconda mano e finalmente posso scrivere quando voglio io senza dover chiedere il permesso a chi mi ama…) a rimettere a posto, nella libreria della memoria,  questi tre giorni che mi hanno vista, in un triduo (ma io sono stata presente solo a due Sante Messe su tre) in ricordo della Venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi, figlia di una coppia di sposi entrambi beati e sorella di molti religiosi.

A tutte e due le funzioni religiose sono andata con l’amica Gosia, alta, bionda, polacca,  che di Enrichetta è stata amica, braccio destro e sorella nella fede. Si incontrarono, loro due, dieci anni prima che Enrichetta volasse in cielo e per dieci anni sono state inseparabili. Un vero, prodigioso scambio di cristiana amicizia. Bello. Tanto diverse, loro due: Gosia, giovane, moglie, mamma, Enrichetta una donna di ottanta e passa anni e sola. Chiudo gli occhi e rivedo passeggiare per il Corso e risalire lungo via Rasella fino alle Quattro Fontane la dolcissima, mia, Elisabetta Canori Mora e la sua amica Anna Maria Taigi. Anche loro diverse, nel loro caso per ceto sociale, eppure unite nell’amore del Signore. Bello.

Così sono in chiesa e la prima Santa Messa si celebra a Santa Prassede, dove Enrichetta riposa in una bella cappella a lei dedicata. Il celebrante è un sacerdote d’altri tempi, dolcissima e semplice la sua predica e appena può, zacchete, infila il latino. Sanctus, Agnus Dei, Gloria… E alla fine il Salve Regina. No, dai, fantastico! Io, perduta nella messa, sono naso a naso con l’abside della stupenda basilica romana e, si sa, la bellezza è come un favo di miele e io lassù mi perdo nell’oro del mosaico e mentre Gesù sembra sorridermi, nella ieratica postura bizantina, scorgo, appollaiata sull’albero (che è l’albero di cui noi siamo i tralci) la piccola, deliziosa araba fenice, con la codina nera che pare il ritaglio di un frak. Sì, sì, il simbolo della rinascita e della resurrezione di Nostro Signore. Il cuore nel miele anche se la chiesa, a dire il vero, è piuttosto vuotina e addirittura, dalla nostra parte, ci siamo soltanto io e la Gosia… Pazienza, il mondo, si sa, è distratto e non sa che cosa si perde: la vera gioia, la croce che si fa leggera, una vita di libertà nella volontà del Signore. Questi e altri sono i miei pensieri mentre, in sacrestia, scattiamo una foto ricordo.

La seconda Messa è a San Vitale. Oh, la bellezza di questa chiesa sacra a così tanti martiri: Vitale, sua moglie Valeria e i due figli gemelli Gervasio e Protasio! Fermi fermi, prima di continuare ecco il frecciarossa diretto a Milano, prendetelo con me e scesi alla stazione centrale, via a Sant’Ambrogio, dove troviamo la cappella di Gervasio e Protasio. E sapete perché? I due figli di Vitale erano gemelli e così pure Ambrogio aveva un gemello, Satiro, che è santo pure lui. Ma presto torniamo a Roma sta per iniziare la Santa Messa delle 18 e 30 con il parroco, che è un bel giovane con la barba, tutto opposto al celebrante di Santa Prassede, dolcemente canuto.

La Messa corre via e io, anche in questa stupenda chiesa tutta affrescata e ricca di finti marmi (che mi fanno pensare al mio amico pittore Bruno Caruso,  maestro in quest’arte) mi perdo nell’abside e vedo! Vedo il demonio, con un caschetto rosso in testa e le orecchie a sventola, finge di aiutare Nostro Signore durante la Via Crucis, vedo la dolce Madonna, inondata già dallo Spirito Santo e vedo, in una nuvoletta, tanti angioletti che, curiosi e pettegoli, guardano la scena, pur drammatica, indicando con il grasso ditolino chi la Madre del Signore chi gli altri bizzarri personaggi raffigurati. Non sono sconvolti né turbati gli angioletti, anzi sembrano divertirsi a osservare tutto da lassù. Per forza, mi dico, perché sanno che il Signore, pur patendo, presto risorgerà come l’araba fenice…

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5 commenti

  • Matta ha detto:

    Francamente Enrichetta Beltrame Quattrocchi meritava un ricordo in cui fosse ricordata per quello che era e per quello che ha fatto. Specialmente si poteva cogliere l’occasione per ricordare anche la qualità e le caratteristiche della vita della sua famiglia che hanno formato la sua spiritualità e il suo spirito di servizio. Ho conosciuto di persona Enrichetta e la sua Mamma che era molto amica della mia mamma . Francamente meritavano di più dell’espressione, sia pur piacevole e suggestiva, delle impressioni personali riportate dall’autrice durante le messe in ricordo di questa donna speciale.

  • Veronica Cireneo ha detto:

    Bello avere a che fare con i santi!!!

    Però: “Presto Risorgera’ non credo sia corretto.
    Gesù è risorto nella carne 2022 anni fa.

    Presto tornerà nella Gloria.
    Questo sì.
    E il Suo Regno non avrà fine.

    Buon pomeriggio Benedetta, dalla penna leggera

    • Viviana Castelli ha detto:

      Il “risorgerà” è corretto, nel suo contesto. Che è quello della descrizione della scena dipinta nell’abside: la Crocifissione. Gli angeli che nel dipinto assistono alla Crocifissione non sono tristi perché sanno che il Signore risorgerà. Nella scena dipinta la Resurrezione non è ancora avvenuta. Onde il futuro. 🙂

    • Chedisastro ha detto:

      Ma non mi pare che “risorgerà” sia detto nel senso di una nuova risurrezione, come se il Signore dovesse realmente risorgere un”altra volta. In quel suo “risorgerà come l’araba fenice” la Signora Benedetta credo voglia significare che Cristo rinascerà nei cuori della gente, tornerà ad essere amato come Gli è dovuto e riconosciuto come Re dell’universo. Sarà dunque l’unico punto di riferimento sicuro a cui volgerà gli occhi questa povera umanità così stravolta e dolente.

      • Veronica Cireneo ha detto:

        Questo senz’altro, ma nella fattispecie è corretto il commento sopra. 👍👍👍