Benedetta De Vito, la Poesia della Sardegna e il Canto a Tenore.

27 Luglio 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Carissimi StilumCuriali, la nostra Benedetta De Vito mi – anzi, ci- scrive dalla Sardegna un messaggio pieno di poesia. Buona lettura.

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Caro Marco, ti scrivo in un rosato pomeriggio di mezza estate, quando mancano alla mia partenza pochi giorni e ore appena, per dirti che, nonostante tutto, il cuoresardo, il mio cuoresardo, che amo, è  ancora vivo, fresco, radioso e batte forte, anche se tutt’intorno è arido consumismo e freddo calcolo, nonostante i vax e i no vax, nonostante le virostar e i politici premiati dall’Aspen institute (anche quando sono all’opposizione).

Sì e oggi, proprio oggi, ne ho avuta la prova e vado a raccontare a te e ai miei pochi lettori quanto accaduto. Dunque me ne stavo al mattino in boccio immersa nell’acqua color specchio d’argento, quando vedo da lontano una bella amica che mi chiama, sbandierando le braccia in segno di avvertimento. Le corro incontro e mi annuncia che quel mattino, alle undici, a Oliena, un paesino della Barbagia che siede sotto il monte Corrasi, beato nel ventaglio azzurro che lo sovrasta, si celebrerà un matrimonio e che i cantori del gruppo nuorese “Nugoro amada” canteranno la messa e che se desidero andare, occorre accendere i motori in fretta e trovarsi alla tale ora nel posto tal dei tali.

Non me lo faccio ripetere due volte e parto (insieme a mio marito) con Franco, che dell’amica è il marito, in direzione Nuoro dove lui e un altro del gruppo, Francesco, debbono indossare il costume che li rende, belli  o brutti, tutti incantevoli. Sicché, corriamo tra il niente pitturato di verde e d’azzurro, che corre tra il mare e Nuoro e poi, un salto a casa, ed eccolo comparire con il giubbetto azzurro e rosso, la camicia sparata in bianco e tutta plissettata. Porta i pantaloni neri e un gonnellino d’orbace alla maniera di un grembiule e un cinturone ricamato che è come la corona in capo a un re. Presto, presto, siamo ad Oliena, dove s’aprono per noi le porte della bella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola. Uno sguardo col compasso e m’innamoro delle statue lignee che mi fanno il girotondo intorno. Oh, c’è San Michele, nooo, così bello! Click click, lo fotografo il mio Generale, e avanti. La Santa messa è cominciata, parenti e amici seduti e i Cantori tutti radunati sotto a un bel Gesù che mostra il suo cuore infiammato d’amore. E il cuore mio s’infiamma e scende lo Spirito Santo che mi fa salire in volo lassù, quando i nostri intonano “Mama e su nie”, che dà inizio alla funzione e poi l’Alleluya, in profondità di pensiero e volo d’angeli. Il Santu fremono le corde vocali dei bassi e freme il cuore di mio marito che non è propriamente di burro fuso. Nel “Panis Angelicus” al momento della Santa Eucarestia, la chiesa si colora di fiori celesti e io immersa in Lui, tutta nelle voci. Cuore a cuore.

Prima dell’ite missa est, i cantori fanno corona intorno agli sposi, inneggiando a Maria, in un canto “Maria lassù” che scioglie l’anima e l’abbraccia all’assoluto. Ma bello, bello davvero! Aha, respiro, e quasi non mi importa quando il sacerdote, per dar la Comunione agli sposi, indossa una mascherina nera e, prima di farlo, si strofina fino agli avambracci con il puzzolente disinfettante. Mi stringo in me, sorrido e perdono. E vorrei che il gruppo “Nugoro amada” venisse a Roma a cantare a Santa Maria Maggiore, la Basilica del mio cuore. Fuori il sole splende, Oliena sorride lei pure e mostra, vanitosa, le sue piccole perle: i murales (alcuni belli altri meno) che vivacizzano l’intorno, la bella piazza dove il monte Corrasi pare sedersi a bere un caffè, il via vai allegro della gioventù e un negozio di vestiti per bambini che è di buon augurio per gli sposi.

Entriamo a bere un sorso di fresco in un bar elegante sul corso e mentre mio marito e io ci intratteniamo con il Maestro del Coro, Gianni Garau, loro, i cantori, continuano a cantare (divertendosi un mondo) e questa volta sono canzoni d’amore e d’amicizia, con ritornelli che anche non significano un bel nulla e sono deliziosi alle orecchie e al ritmo interiore. E viene anche voglia di ballare! Ma sentite un poco come nasce il “canto a tenore” che è l’anima ancestrale, remota, antichissima di questa arte antica. Le  voci sono quattro e la prima è quella del pastore che, nella solitudine, canta e chiacchiera con i suoi animaletti. La seconda voce, infatti, leggera è quella dell’agnellino e la terza, più potente, è del vitello. La quarta voce, quasi rauca, (difficilissima da fare!) è quella del maiale. Dai, ma è fantastico! Il pastore domina le sue bestiole, che gli rispondono con i loro dolci versi.

E anche se non l’ho ascoltato, il canto a tenore, in questa bella festa che si prolunga dalla chiesa al bar, mi perdo, ascoltando i loro canti, nei campi e nei vigneti (qui il vino, buonissimo, fu battezzato Nepente  da Gabriele D’Annunzio nel 1910, memore della bevanda che Elena dava a Menelao e ai suoi ospiti per toglier loro la tristezza) e nelle lontananze azzurre della Barbagia e ringrazio per questo dono del Cuoresardo che mai, e ripeto mai, smetterà di battere forte. E ora, mentre la sera dipinge a pennellate scure il cielo e il mare sereno indossa il suo pigiamino blu, ti mando un saluto portato in un cestino bianco dalle due ghiandaie che abitano nel mio giardino sardo, ciao nel Signore, Benedetta

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7 commenti

  • PACK ha detto:

    Gli amici del Nugoro Amada cantano a voci pari, ( virili) a 4 o piu voci. Nasce dal modello dei cori alpini, mentre il canto a tenore è quello ancestrale. Un complesso di 4 elementi, con suoni gutturali. Sa oghe, sa mesu oghe, sa contra e su basciu.
    In Sardegna si canta parecchio. C’è una forte presenza di cori nel territorio sardo. Grazie a Dio

  • Roberto ha detto:

    La bellezza è ancora viva, si è solo nascosta un po’ per via dei tempi molto brutti

  • Paoletta ha detto:

    Nel corso delle mie vacanze in Corsica ho avuto modo di ascoltare canti analoghi…c’e’ un canto che mi ha colpito, si chiama “io prego”. Inoltre sono venuta a sapere che a Sartena ogni venerdi’ santo si svolge la processione “u catenacciu”, dove un uomo rivive la Passione di Cristo portando una croce pesante sulle spalle e cadendo tre volte durante il percorso. Per poter effettuare la processione i turni sono prenotati per decenni.
    La sensibilita’ religiosa nelle due isole ancora non si e’ perduta.

  • piero laporta ha detto:

    Grazie col cuore. Ho iniziato questa giornata con gli Angeli, grazie a queste righe.
    È reperibile una riproduzione di quei canti?

  • Priscilla ha detto:

    Mai pensato che la tradizione dei tenores possa giungere fino a noi dal primo millennio di storia della chiesa ?
    Tra le varie dominazioni del primo millennio ci fu anche quella bizantina . E quando in Africa ci fu la dominazione ariana molti santi sacerdoti furono esiliati in Sardegna, vedi Fulgenzio di Ruspe.
    Arrivarono in Sardègna perfino i resti di Agostino di Ippona !

    • Gianni ha detto:

      Per quanto riguarda le origini , nonostante nessuno abbia la verità in tasca , si dibatte su una data più o meno prossima al 1800 a.c in periodo nuragico …

  • Mimma ha detto:

    Dolce incanto!
    Grazie signora Benedetta, di nome e di fatto.
    Il Signore l’ama molto…