Geopolitica del caos: la Cina. Un Commento di AurelioPorfiri.

3 Giugno 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il maestro Aurelio Porfiri offre alla vostra attenzione questa riflessione sul ruolo attuale della Cina nel quadro geopolitico. Da ricordare che il maestro Aurelio Porfiri ha vissuto a lungo a Macao e a Hong Kong, e di conseguenza conosce di prima mano la realtà del Regno di Mezzo. Buona lettura.

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Geopolitica del caos: la Cina

La Cina vive e rivive il suo paradigma imperiale. In fondo nella sua storia non ha conosciuto altro. Pur adottando categorie politiche di vario tipo, come quella repubblicana o comunista, comunque è sempre il paradigma imperiale che viene vissuto. I cinesi ragionano sempre sul lungo termine, vedono sempre oltre quello che una certa mentalità pragmatica occidentale cerca di vedere o di afferrare. Come tutte le grandi nazioni sono molto concentrati sul loro interno, su loro stessi. Del resto questo lo abbiamo già visto per gli Stati Uniti, ed è questo il problema per cui queste due grandi superpotenze hanno difficoltà a comprendere le ragioni degli altri. Il loro punto di vista non lascia molto spazio ad altri punti di vista.

Lo studioso François Jullien dice: “Come si può sperare di far presa su questo noto sconosciuto divenuto inamovibile, dal momento che si pensa a partire da esso? Se il pensiero europeo è radicalmente incastrato in questi termini – ciascuno è un “termine”, nel senso che è anche un “arresto” – che tipo di inclinazione o sbieco, che tipo di astuzia si può trovare per iniziare a “disincastrarsene”? Spostarsi in Cina, trovarvi un altrove del pensiero, è una strategia dello spirito per non esserne più succube. Là ci si imbatte in un pensiero tanto elaborato quanto il “nostro” in Europa, ma senza che si possano sospettare influenze o contaminazioni tra l’uno e l’altro: un altrove indipendente dal sistema di scrittura alfabetico, in cui la scrittura corrisponde all’altra possibilità, quella ideografica e non più fonetica; un altrove che non ha detto l’“essere”, e che quindi non ha conosciuto la “questione” dell’Essere; che non ha dovuto porre (provare) l’esistenza di “Dio” e che quindi, senza aver misconosciuto il divino, non ha avuto “a che fare con Dio”; che non ha fatto della verità la posta in gioco e il criterio massimo del pensiero; che non ha sviluppato un pensiero del soggetto il cui principale attributo fosse la libertà ecc. Questa è la scelta strategica che ho compiuto per cercare infine di smarcarmi da quel noto sconosciuto. Ma che tipo di rapporto si delinea tra l’“Essere”, “Dio”, la “Verità”, la “Libertà”? Che edificio sostengono tutti questi “pilastri”? Sotto quale insegna sarebbero ospitati tutti i nostri pensieri, senza averne il minimo dubbio?”. Sono domande certamente importanti che forse ci facciamo noi, ma loro li affrontano da un pensiero “altro“. Quando si riflette sulla Cina, la prima cosa che bisogna tenere a mente è questo pensiero “altro“.non bisogna ragionare su di loro come se ragionassimo su noi stessi. Ecco perché molti sono perplessi sull’accordo fra Cina e Vaticano, perché il Vaticano sembra aver affrontato il problema cinese senza comprendere le profondità del loro modo di ragionare.

Lo stesso Jullien può aggiungere: “Si potrà cominciare, un giorno, a fare dell’altro? Si potrà finalmente smettere di scrivere sempre una “Storia del pensiero cinese”, come si ripete da un secolo a questa parte imitando la storia della filosofia europea, senza nemmeno chiedersi se i modi della storicità siano gli stessi, prendendo in prestito in modo acritico le categorie filosofiche occidentali ormai globalizzate (“metafisica”, “estetica”, “ontologia” ecc.)? Oppure si finisce sempre per comparare: X e Y, Wang Yangming e Descartes. Si dispongono su una tavola le “differenze” e le “somiglianze” sottomettendo l’uno alla lingua-pensiero dell’altro, che lo si faccia dalla Cina o dall’Occidente – come se la lingua fosse trasparente, come se l’intervento della traduzione fosse neutro, non relegasse in secondo piano qualcosa o non aggiungesse nulla; senza quindi elaborare alcuna mediazione, senza costruire un confronto che dispieghi un comune dell’intelligibile in grado di far dialogare. Si sarà capito che per me – o piuttosto per ciò che ne faccio – il pensiero cinese è un immenso territorio del pensiero, non ancora sufficientemente esplorato; un grande cassetto di schede e un’occasione di erudizione, che però può servire come operatore teorico. In questo senso dico “pensare con il pensiero cinese”: in sua compagnia, una compagnia sempre attiva anche quando non la menziono, che elargisce le sue infinite risorse per condurmi – o meglio per provocarmi – a pensare”. Una provocazione interessante quella dello studioso francese, una provocazione su cui bisognerebbe riflettere seriamente quando si parla di Cina. Questo non significa che non dobbiamo giudicare certi loro modi di agire e di fare ma bisogna sempre capire che il giudizio etico e morale che noi diamo può essere per loro non così comprensibile. Cioè non dobbiamo sempre presupporre che loro siano consapevoli di fare qualcosa di sbagliato perché quello “sbagliato“ lo è giudicato secondo i paradigmi della nostra cultura e del nostro pensiero ma loro potrebbero percepirlo differentemente. Come trovare allora un terreno comune per convivere con questa grande nazione? Credo questa sia la domanda che si pongono ogni giorno coloro che desiderano una convivenza pacifica con il gigante asiatico. Certamente, dal loro paradigma imperiale, non credo apprezzino le dimostrazioni di debolezza. Con la Cina bisogna sempre trattare da una posizione di forza perché in questo modo otterrai il loro rispetto.

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5 commenti

  • Nicola ha detto:

    Dal sito Antidoti dello scrittore Rino Cammilleri. Parate. Visto la parata militare del 2 giugno con medici e sindaci, poi visto la parata contemporanea dell’esercito inglese . Poi chiedetevi perché loro vincano tutte le guerre e noi mai.

  • Virginio ha detto:

    Condivido pienamente le considerazioni del maestro Porfiri, dettagliate e profonde.
    Nel premettere che, al di là delle differenze storiche e culturali, esistono valori universali naturali e divini, condivisi intimamente da tutti e trasversali a tutte le altre categorie, è necessario evidenziare che tutti i tentativi di contatto e scambio culturale con la Cina sono difficoltosi, non solo per le troppe differenze di pensiero fra i due mondi, ma per l’azione di disturbo e di confusione che l’approccio aggressivo delle potenze statali e delle compagnie commerciali europee hanno generato nella visione cinese della nostra alterità; quell’istinto predatorio ha impressionato negativamente la memoria dei cinesi che ricordano molto bene le profonde ferite e umiliazioni subite, di conseguenza non vanno troppo per il sottile nel giudicarci, riducendo ad “uno” tutto ciò che proviene dall’europa: cultura, diritto e religione.
    Non dobbiamo comunque disperare; al tempo di Mao, nei campi di lavoro – centri di rieducazione, gli studenti ribelli riuscivano ad organizzare segretamente circoli culturali intitolati a Dante Alighieri, oppure ad altri grandi artisti italiani o europei: dovremmo ricambiare con un senso di reciprocità.
    Un discorso simile si dovrebbe fare per il confronto con l’islam.

  • Signor Brega ha detto:

    ”La Cina vive e rivive il suo paradigma imperiale.”

    Imperiale ma non ”imperialista”. Da quel poco che so intorno alla Cina, mi sembra di aver capito che questa nuova propensione dei cinesi a sfidare l’egemone globale (gli USA) è un fatto appunto nuovo per loro che – tutto sommato – hanno sempre avuto una mentalità strategicamente isolazionistica… Per ora è solo guerra economica (dicono quelli che sanno).

  • laura cadenasso ha detto:

    …la forza di Caligola oppure la forza della Verità di Gesù Cristo ? Certamente un pensiero “altro” il loro mentre universale è il messaggio Evangelico : un “altro” pensiero ?

  • paola caporali ha detto:

    Idem per quanto riguarda il mondo islamico.