Il Matto. Lo Scrigno Purpureo del Redentore. Riflessione sul Cristo Ferito.
20 Aprile 2022
Marco Tosatti
Carissimi StilumCuriali, il nostro Matto ci ha inviato per il tempo pasquale, in cui siamo, questa riflessione che offriamo alla vostra attenzione. Buona lettura e meditazione.
§§§
LO SCRIGNO PURPUREO DEL REDENTORE
Il titolo del presente articolo è quello del capitolo XXI della stupenda opera di Louis Charbonneau-Lassay (1871-1946) Il giardino del Cristo ferito. Propongo tale capitolo convinto che sia interessante ed edificante specialmente in vista della Pasqua. In quanto cultore dell’Arte della Spada e dello spirito della Cavalleria, ci tengo a riportare un illuminante ed attualissimo passo dell’Introduzione a cura di Stefano Salzani e Pieluigi Zoccatelli: «… ci sembra che proprio il mito del tallone d’Achille – ma rovesciato –, possa illuminare un aspetto importante della simbolica cristiana: l’Eroe pre-cristiano, sia esso Achille, Demoofonte, il Siegfried del Nibelungenlied, il biblico Sansone o, per dare solo qualche esempio della diffusione di questo motivo, la donna-orso degli indiani Plains, si accomunano per essere stati resi invulnerabili ovunque, meno che in un punto, il che causa la loro rovina – laddove l’Eroe Cristiano è vulnerabile (e vulnerato) ovunque eccetto in quel luogo del Cuore in quo habitat omnis plenitudo divinitatis (Litanie del Sacro Cuore di Gesù) e su cui riposa il paradossale mistero del Cristianesimo. Questo mistero, che è il mistero del Cuore Trafitto significato dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù, secondo Attilio Mordini, ne Il tempio del Cristianesimo: “provvidenzialmente – nei tempi moderni – sta prendendo il posto di quella che nel medioevo era la devozione del Santo Graal, del calice di sangue e della punta di lancia che aveva aperto il costato di Gesù. Nel Graal e per il Graal, Dio parlava al mondo equestre, ché a Lui si ordinasse l’Impero; col Sacro Cuore, Gesù ormai negato dal mondo, si volge alle anime singole”». * * * * *
LO SCRIGNO PURPUREO DEL REDENTORE
Sin dall’inizio la Simbolica cristiana consacrò le pietre fini di colore rosso al culto del sangue che l’Uomo-Dio sparse per la salvezza del Mondo, e delle ferite attraverso le quali il sangue divino lasciò il cuore che lo aveva elaborato. Così si collocarono nello scrigno del Figlio di Dio, il Carbonchio che è un rubino rosso scuro, il Rubino balascio che è il rubino reale (dal greco balen, re, balénaios, reale) e che rappresenta il colore rosso chiaro del serum del sangue umano; il Granato, il Giacinto, l’Ematite, la Corniola, il Corallo rosso che rappresentano, con il Carbonchio, la tinta scura del coagulum del sangue. Non soltanto queste gemme furono di preferenza scelte per la decorazione dei reliquiari dedicati ai ricordi della Passione e per figurare le ferite sacre nel Signaculum Domini, ma anche per segnarne talvolta la collocazione anatomica sul corpo stesso del Cristo. Quando con queste pietre rosse sono utilizzati anche il diamante o il cristallo di rocca, suo parente povero, oppure il topazio dorato, ciò avviene per ricordare la natura divina della Vittima sacrificata e la sua sovranità. Un Cristo del XII o XIII secolo, di proprietà del Canonico Berjat, vicerettore di Fourvière, a Lione (1923), porta al posto della ferita del fianco una pietra fine rosso-chiaro e trasparente, probabilmente un rubino balascio. Questa bella opera d’arte medievale è alta in totale 35 centimetri, e il corpo del Salvatore, dai piedi alla sommità della corona, misura 14 centimetri. Un inventario del tesoro della cattedrale di Parigi, redatto il 23 luglio 1416, contiene la menzione seguente: «Una croce d’oro ha VIII grossi smeraldi e XXI balasci, quello del mezzo è più grosso degli altri. Su diadema del Crocifisso ha IIII grossi diamanti; nella corona del capo ha VIII piccoli diamanti, ed il posto vuoto di un balascio nella mammella… ecc.». Se il notaio che fece l’inventario del Tesoro metropolitano di Parigi precisò senza esitare che nel posto vuoto della mammella del Crocifisso mancava un rubino balascio, evidentemente sapeva da qualche testimonianza che in precedenza vi si trovava una pietra di questa natura, oppure lo confermavano altri elementi da lui conosciuti. Nel suo libro Le Rhin, Victor Hugo, descrivendo la cattedrale di Friburgo, scrisse: «… ciò che ho soprattutto ammirato è, in una cappella del fondo, un Cristo bizantino alto circa cinque piedi, portato dalla Palestina da un vescovo di Friburgo. Il Cristo e la croce sono in rame dorato, impreziosito da pietre brillanti. Il Cristo, lavorato con uno stile barbaro, è vestito con una tunica riccamente ornata; un grosso rubino non tagliato raffigura la piaga del costato. La statua del vescovo, addossata al muro vicino, lo contempla con adorazione». Sull’incontestabile testimonianza del conte Claude de Monti de Rezé, posso citare con tutta sicurezza un altro Cristo medievale trovato nella terra vicino a Plougasnou (Finistère), che egli ebbe fra le mani e che portava, incrostata nel mezzo del petto, una pietra rossa oblunga, non translucida, probabilmente ematite o corniola. Questo Cristo era in bronzo. Fra le pietre fini, soprattutto il Carbonchio e il Rubino balascio attirarono l’attenzione degli antichi simbolisti: si raccontavano cose meravigliose di queste preziose gemme! Le vecchie favole dei naturalisti dell’Antichità dicevano che i carbonchi si formavano nella testa delle vipere più temibili, e che soltanto dei potenti incantesimi potevano permettere di rubarle loro: «E sappiate che l’aspide porta nella sua testa la lucentissima e preziosa pietra chiamata carbonchio. E quando l’incantatore che le vuol togliere la pietra dice le sue parole, e la feroce bestia se ne accorge, essa ficca una delle due orecchie nella terra e chiude l’altra con la coda, in modo tale che diventa sorda e non sente gli scongiuri che quello dice» (Brunetto Latini, Li livres dou tresor). E si assicurava che «par voulenté de notre Sire Ihus Xrist» la pietra Carbonchio brilla nelle tenebre; così Guillaume de Machault (1282-1370), scrivendo all principessa Agnese di navarra, le diceva: «Tutti coloro che vi hanno visto, vi paragonano al carbonchio che illumina le notti oscure». (Le livre dou veoir dit). Se si deve credere a Estienne Binet che scriveva nel 1600, dal rubino balascio zampilleranno dei raggi luminosi: «il rubino posato, getta un fuoco circondato di nubi, sospeso in aria fiammeggia, e perciò si chiama rubino balascio. Baleno in Italia vuol dire lampo». (Mervelilles de la nature). Così, le nostre “chansons de gestes” e le leggende delle nostre province sono piene di queste favole meravigliose. In esse i cavalieri epici rapiscono con la punta della lancia o della spada il carbonchio purpureo. Altrove, dei carbonchi celesti, racchiusi in seno a cibori di cristallo, illuminano durante la notti dei santuari di sogno e dei castelli fantastici ove invincibili e formidabili guerrieri prosternano la fronte nella polvere davanti agli angeli che portano il Graal. Vedremo in seguito che nel XV secolo i mistici de L’Estoile Internelle (Confraternita nata nel XV secolo ndc) pensando sicuramente a questo divino Graal, rappresentarono la Piaga del costato di Gesù con una massa che, posta dentro un ciborio, ne supera il bordo in altezza, e che può essere tanto la figura di un carbonchio, o di una qualsiasi pietra rossa, quanto di un grumo di sangue. (Dagli archivi di Charbonneau Lassay, ndc) Dal colore del sangue, a cui si avvicina realmente il colore del carbonchio e del rubino, dalla loro luminosità notturna e dalla loro irradiazione, che sono pura leggenda, procede tutti ciò che i simbolisti hanno immaginato per glorificare, attraverso queste pietre preziose, il «Preziosissimo e divino Sangue di Gesù Cristo»: non è dal trauma della lancia e dal suo Cuore ancora pieno di sangue che è sgorgata la luce promessa «ad ogni uomo che viene in questo mondo» (San Giovanni, Vangelo I, 9), promessa ai popoli antichi che, per parlare come la Chiesa, «sedevano all’ora nell’ombra e nelle tenebre della morte»? Senza dubbio è per evocare il Cuore di Gesù, fonte sanguinante e focolare luminoso, che alla fine del XV secolo un pittore della scuola dei paesi Bassi, la cui opera è a Bruxelles, fece zampillare contemporaneamente dei raggi e del sangue dalla ferita al fianco di Cristo. E sin dal XII secolo gli araldisti, per simbolizzare questo sangue e questa luce, hanno raffigurato sui loro scudi nobiliari il Carbonchio con un anello centrale, dal quale partono otto raggi molto stilizzati e fiorenti. Questa figura fu chiamata il “Raggio di Carbonchio”, ossia l’irraggiamento del Carbonchio. Nel XII secolo i Plantageneti, conti sovrani d’Anjou, l’adottarono per i loro stemmi personali, come lo si vede sullo scudo di Goffredo Plantangeneto, sul grande smalto di Le Mans. Nel portale reale della cattedrale di Chartres, sul grande scudo che è sorretto dai Gemelli è riprodotto ugualmente il “Raggio di Carbonchio”, con la preziosa gemma tagliata a cinque facce, nel suo centro. Il “Raggio di Carbonchio” decora anche lo scudo che Thibaut de Champagne porta sul suo grande sigillo equestre (Archivi Nazionali, Parigi). L’Abbazia di Saint-Victor di Parigi lo aveva nelle sue armi: da lì è passato recentemente nel blasone di Fontenay-sous-Blois, vicino a Parigi, il cui territorio un tempo dipendeva dall’abbazia (Cfr. P. Le Cour, L’Arbre sacré). Questo favore accordato al Rubino-carbonchio dalla simbolica medievale e cristica, spiega perché san Pietro d’Alcantara, parlando della ferita al fianco e del Cuore di Gesù, la chiama: «questo rubino d’inestimabile valore» (Traité de l’Oraison et de la Méditation). Talvolta, il “Raggio di Carbonchio” fu trasposto allo Smeraldo, al Topazio, allo Zaffiro, ma, anche in questo caso, conserva nel linguaggio araldico il suo nome di “raggio di carbonchio”, sebbene esprima l’irraggiamento diurno delle suddette pietre e che il suo centro sia nel loro colore. Si dice allora che è “acceso” di verde per lo Smeraldo, d’oro per il Topazio e d’azzurro per lo Zaffiro. Ad esempio i duchi di Clèves blasonano “di rosso al raggio di carbonchio, d’oro accesso di verde” e gli Schomberg “di rosso al raggio di carbonchio acceso d’azzurro”. E ciò prova all’araldista di oggi che questa trasposizione del “Raggio” alle pietre fini diverse dal Carbonchio e dal Rubino cristici, è una licenza posteriore ad una regola antica. Del resto, questa licenza si giustifica per il fatto che la Simbolica medievale consacrò tutte le pietre preziose al Dio fatto uomo. Nel suo spirito, il Diamante, la Perla, il Cristallo di rocca bianco, raffigurarono la sua divinità, la purezza della sua vita terrestre, e così il Vino, che è il suo sangue eucaristico; il Topazio rappresentò la sua sovranità universale e la sua trionfale resurrezione; tutte le pietre rosse simbolizzarono il suo Sangue ed evocarono la sua passione dolorosa e la sua morte; lo Zaffiro, il Turchese, lo Smeraldo, l’Olivina, l’Acquamarina, furono l’emblema della sua regalità e della sua azione sul cielo e sulla terra; il Giaietto e le pietre scure figurarono la sua discesa agli Inferi, ecc. Le pietre di valore secondario, come l’Ematite, il cui nome viene dalla parola greca haima = sangue, il Giacinto, la Corniola, il Corallo, maggiormente usate rispetto al rubino e al granato, più cari e preziosi, raffigurano soltanto il sangue del Redentore. Sia all’ematite che alla corniola le credenze popolari del Medioevo attribuivano diverse virtù, la cui principale era di fermare il flusso di sangue delle ferite: ce lo assicura il vescovo di Rennes, Marbodio, che morì nel 1123 (Cfr. Marbodio, Il lapidario). Il simbolismo mistico di tali pietre derivava dai testi sacri applicati dalla Chiesa a Gesù Cristo: «Era vestito con un mantello tinto di sangue» (Apocalisse). «Le tue labbra sono come un nastro di porpora» (Cantico dei cantici). «Chi è colui che viene da Edom, che viene da Bosra in abiti scarlatti… Perché le tue vesti sono rosse?» (Isaia) ecc. E quando il Corallo era picchiettato di macchie bianche, interveniva il Cantico di Salomone: «Il mio beneamato è bianco e rosso» (Cantico dei cantici). Nella gioielleria antica le perle di corniola, di ematite, di diaspro rosso, di corallo, lavorate in forma di gocce e incastonate in montature d’oro, d’argento e di bronzo, erano portate in pendenti, in “pentacols” come si diceva in quel tempo, e la devozione collegava questi oggetti al simbolismo del Sangue di Gesù. Dei gioielli di questo genere realizzati negli ultimi secoli, formati non da una ma da tre gocce, hanno probabilmente un rapporto con il culto delle tre gocce di sangue di Cristo, contenute in un reliquiario di valore scoperto a Mantova nel 1605, in onore del quale Vincenzo IV di Gonzaga, duca di Mantova, istituì nel 1608 l’Ordine militare dei Cavalieri del Prezioso Sangue. Ad eccezione del Carbonchio, l’Araldica raffigura generalmente tutte le altre pietre preziose con delle piccole losanghe, o rettangoli traversati da alme o quattro linee, o con grani semi-sferici. Sul Signaculum Domini de “L’Estoile Internelle”, le Cinque Piaghe sono raprresentate così: L’emblema è accompagnato da queste parole le quali indicano che il Salvatore è stato ferito per le nostre iniquità: «Ipse autem vulneratus est propter iniquitates nostras».
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Tag: charbonneau, cristo, matto
Categoria: Generale
“Speriamo che l’unione scientifica debelli i valori dolosi. Contrariamente, a nulla serve la coscienza umana. Anch’essa vanità delle vanità come recita il siracide.”
Il siracide, temo, abbia ragione.
Un veramente caro saluto Rolando, il nostro padrone di casa, l’ottimo Tosatti, ha tolto il link per le risposte. ma comunque grazie di tutto, e se per caso volesse un giorno venire nelle Marche a mangiare del pesce e a bere del Verdicchio, sarei immensamente lieto di averLa mio ospite.
Mi scriva per questo e per ogni cosa ritenga opportuna alla mail che il dott. Tosatti conosce e che gia’ autorizzo , su sua eventusle richiesta , a fornirLe.
Non ho tolo nulla, io…è Word Press che ogni tanto fa cose strane, e su cui non ho poteri…
IUSTUS EX FIDE VIVIT. Il Giusto vive della fedeltà alla propria scelta di fiducia. Abacuc. Ossia la Fedeltà rende giusto l’uomo. La Fedeltà a chi/che cosa? Alla nostra “samenza”?
“Fatti non foste a vivere come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
“Non è MAI accaduto nella Storia se non per sostituirli con peggiori.”
Perfetto.
Una delle prime traduzioni di greco che ci fecero fare in IV ginnasio fu quella della vecchietta che pregava per la salute di Dionigi Iii – enormemente peggiore dei suoi predecessori- dopo aver pregato , esaudita, per la morte dei primi due.
Ormai sapeva che poteva venire ancora peggio, e bisognava accontentarsi.
Confermo la IV ginnasio e la versione dal greco con la simpatica (adesso) vecchietta.
“Mi chiedo: ma per quale aspetto Caterina con un termine mal inteso, ma ben noto anche a quei tempi, arriva a disprezzare il mistero del corpo umano, cioè la Natura stessa? Avresti tu, un tuo parere in merito, magari tenendo presente quanto anche scritto in Dt 23, 14 e poi 15-18?”
Milan Kundera nel libro che lo ha reso celebre “L’insostenibile leggerezza dell’essere” ha un capitolo tutto dedicato all’argomento scatologico.
Gesu’ defecava?….. per poi argomentare della inconciliabilita’ degli escrementi con la serieta’ della creazione …. ma e’ , per quanto sia uno dei miei libri cult, un argomento chiaramente scherzoso/provocatorio, che nulla ha a che fare con la vita, la morte, e col senso di entrambe.
In merito alla Sua domanda sul disprezzo della materia … i Catari pensavano di avere le idee chiare, ma Cristo da risorto chiese del pesce. Ma lo stesso Cristo a sigillo del suo operato ha detto ” Io ho vinto il mondo”, la materia.
Ho tanto pensato a questo e sono arrivato alla ipotesi che potrebbe far quadrare il tutto : questa nostra vita e’ come un carcere di massima sicurezza da cui si esce solo da morti. Con una “pagella”.
Abbiamo commesso dei reati contro l’Amore e dobbiamo essere rieducati.
il male non e’ la materia – come appunto intendevavo i Catari e anche altri credi, es. il buddismo – ma l’uso che si fa della stessa, che di per se’ e’ “cosa buona”.
Questa mia idea trova conferma , a mio avviso, ma capisco che qui ormai siamo in un campo tanto scivoloso , nella gnosi spuria che poi ha dato origine alla massoneria, e che trova in qualche modo la sua sua sistemazione ideologica con madame Blavatsky : e’ Lucifero che ci libera dal carcere – per questo tenta di distruggere la Vita – , la creazione e’ opera di un demiurgo inferiore che vuole l’uomo schiavo, celando allo stesso che egli invece e’ come Dio.
ROLANDO scrive
“Tu, Luca Antonio , citi Protagora. Qui ti riporto le sue parole, sia quelle che hai citate, sia quelle che vengono immediatamente prima:
“πάντων χρημάτων μέτρον ἐστὶν ἅνϑρωπος, τῶν μὲν ὄντων ὡς ἔστιν, τῶν δὲ οὐκ ὄντων ὡς οὐκ ἔστιν”
” E soleva dire che l’anima non è nulla al di fuori dei sensi” (Diogene Laerzio IX, 51) Lasciamo a parte il parere di Diogene sull’anima. Si discute invece molto su quel secondo termine greco – kremàton – del detto di Protagora, che nella sua materialità ossia concretezza non significherebbe “valori” in senso allegorico, ma denari, ricchezze, oro.”
La crematistica nelle dottrine economiche( vedere, si’, Adam Smith ma sopratutto “La favola delle api” di Mendeville – uomo diavolo, nome omen !- )
espone esattamente quando riportato, oro, ricchezza….del resto come potrebbe essere diveramente da parte di chiunque ponga al centro l’uomo – e i suoi capricci – rispetto a tutto il resto?”
” ..se prostrandoti mi adorerai.”
Da notare, e qui chiedo ancora aiuto al maestro Rolando, come in fondo, il “prostrandoti” sarebbe pleonastico – la semplice adorazione di satana e’ gia’ di per se’ condizione sufficiente alla perdizione dell’anima-
ma a mio avviso non lo e’ affatto in quanto il “prostrarsi”, l’aderire alla terra, al materialismo, e’ fattore indispensabile e prodromico per adorare satana…lui lo sa.
Da sempre.
Intanto, LUCA ANTONIO, grazie per la citazione di Adam Smith e Mendeville. Vedi, la semantica dei termini e la loro evoluzione ermeneutica nel vari ambienti della storia delle culture è una materia talmente vasta che, a mio modo di studiare ed approfondire l’argomento, cerco di tenermi ancorato a poche relative concrete certezze, almeno finché non intervengano nuove scoperte documentali ad arricchirle di significati ancor più concreti. Il termine “kremàton” di Protagora ermeneuticamente, cioè nell’interpretazione che subisce negli ambienti culturali successivi e diversi, viene assunto anche come simbolo per indicare i cosiddetti valori “spirituali”, “metafisici”. In parole povere, come l’oro è il metallo più prezioso come mezzo di scambio, similmente anche i diversi valori spirituali per l’Ethos. Qui lo scambio, qui l’equivoco che anche Aristotele sottolinea quando ad esempio nella logica del ragionamento si equivoca il termine “cane” passando a piacere tra una premessa e l’altra ( maior et minor ) intendendo alternativamente sia l’animale sia la costellazione del cane e la conclusione risulta falsa.
Ho già espresso cosa si deve intendere per “di conoscere bene e male ( toy ghinòschein kalòn kai poneròn)” in Gn 3,22. Pertanto mi è un po’ difficile seguire il tuo ragionamento che introduce Lucifer, la Stella del mattino, cioè Satana. O meglio qui il discorso cambia il capitolo di valori. Nell’ambito del principio antropico “ciò che conviene e ciò che costa” ( Jean Assmann, Potere e salvezza, Teologia politica nell’antico Egitto, in Israele e in Europa, Einaudi 2000) ciascuno ha la conoscenza e la scelta ( se scelta veramente libera può darsi ) che più conviene. O anche a che più lo induce il suo Ethos. Scrive Virgilio un verso mirabile: “Nisus [Luca Antonio] ait: Dine, hunc ardorem mentibus nostris addunt, Euryale [Rolando], an sua cuique deus fit dira cupido?”. Insomma, sono gli dei che infondono il fuoco nel nostro ‘mentare’ o ciascuno di noi due crea nel suo ‘mentare’ il proprio Dio? Con grande simpatia.
“Insomma, sono gli dei che infondono il fuoco nel nostro ‘mentare’ o ciascuno di noi due crea nel suo ‘mentare’ il proprio Dio?”
Grazie Rolando, ma non e’ forse questa la sintesi dellle Sue e delle mie convinzioni ? …Dio infonde il fuoco della ricerca del Vero.
Poi dopo ognuno si crea la sua “visione del mondo” sulla base della somma delle esperienze e, sopratutto, della scelte che ha fatto.
Poi tutto alla fine si riassume, ma solo per coloro che hanno fatto le scelte giuste, come ha detto Lei, nella poesia dell’accoppiamento in volo della farfalle, nel canto del grillo talpa.
Ma solo per coloro che hanno fatto le scelte giuste !.
E non sono molti.
Per gli altri, ne conosco a bizzeffe, solo recriminazioni e rimpianti.
Ah, che TRAGEDIA! “Le scelte giuste”! Ciò che “mi” conviene quindi sarebbe la scelta giusta? “JUSTUS EX FIDE VIVIT”. Di fedeltà a che? Al suo “mi conviene” o al costo che deve pagare per una convenienza post mortem? E poi, la mia scelta di ciò che mi conviene soggettivamente anche nel rispetto delle regole sociali della cooperazione che talvolta possono avere un costo, chi mi assicura che ho davvero fatto la scelta giusta? Chi è colui che conosce tutte le conseguenze convenienti (bene) e tutte quelle costose ( male) di una medesima azione sia per me stesso che per gli altri con cui sono in relazione come realtà di questa Natura?
E poi…. colui stesso che ha scritto: il giusto vive per la sua fedeltà, ha copiato di sana pianta questo pensiero da Abacuc, ma questa fedeltà tanto cara ai seguaci del Profeta, tanto cara ai fondamentalisti esseni di Qunram che ne fanno il loro motto, tanta cara a Paolo, il culturalmente ibrido; questa fedeltà -dico- identica nella parola simbolo non è la medesima delle varie scelte umane. Quindi Giusto è ognuno che resta fedele alla propria scelta. E se cambio scelta? Convertere Domine et eripe animam meam quoniam non est in morte qui memor sit tui. Anche chi lo invocava sapeva che il suo Yhwh poteva cambiare scelta. Per quale motivo quindi ci ha cacciati quando ha visto e detto che siamo come Lui: che potevamo cambiare scelta?
Siamo sicuri se segliamo, adesso che lo possiamo, di star fedeli a Lui (per il motivo della sopravvivenza), Lui non abbia ancora cambiato parere? Via da me… Oppure: venite cari, tutti quanti e non seccatemi più con le vostre meschine e volubili scelte. L’Amore tutto copre, tutto spera, tutto crede, tutto osa. SEMPER AUDERE.
Caro Luca Antonio, te lo accenno così alla rinfusa. C’è un passo nel vangelo di Luca di sicura provenienza essena (di Qunram?) che raccomanda di farsi amici con l’uso di mammona ( kremàton) per l’immancabile momento del bisogno.
Ma come? Proprio Jehoshua che dice che non si può servire a due Padroni. Non capisco.
Passo decisamente oscuro, disomogeneo, forse insieme di frasi pronunciate in momenti diversi, su cui comunque spicca, riassumendo – ed e’ la frase che tutti ricordano – ” Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona”.
Da leggere assieme alla parabola dell’amministratore disonesto, anche questa di difficile interpretazione oggi che non si conoscono piu’ molte usanze e credenze ebraiche dell’epoca, che tuttavia chiude con :
i figli del mondo (della materia, della sola terra, quelli che si prostrano aderendo ad essa, e , in conseguenza di cio’, adorano il “principe di questo mondo” ) sono piu’ scaltri dei figli della luce.
Tu Luca Antonio, mi fai lavorare un po’ troppo. Perciò accenno solo. Codici a parte, che riportano varianti esattamente opposte, tu ricorderai bene la parabola delle cinque, due ed una mina ed il servo inefficiente. Bene. È una chiara parabola economica in contesto politico di sudditanza ai Roma.
La mia umile interpretazione e’ che Dio ci chiede di scommettere, di rischiare, di non rimanere nelle nostre sicurezze.
La parabola dei pani e dei pesci conferma ed integra questa interpretazione.
Immagini la scena Rolando, 5000 uomini piu’ famiglie, senza cibo tranne alcuni, pochissimi, che hanno cinque pani e due pesci….avrebbero di che sfamarsi, di nascosto, ma condividono, come la vedova davanti al tesoro del tempio, tutto quello che hanno.
E’ qui che Dio interviene, quando si da’ tutto, senza calcoli. senza “crematistia” , e’ questo il senso della morte di fronte a Pietro, in atti, dei coniugi che si erano tenuti qualcosa per se’.
A chi mi dice ma perche’ non esistono piu’ i miracoli rispondo sempre: hai dato tutto ?.
Per mia esperienza Le posso dire che quelle volte che mi sono trovato, per vicende familiari, ad accettare di essere come il chicco di grano che muore per aiutare altri, li’ ho visto, esaurita ogni mia forza e intelligenza, la potenza e la misericordia di Dio.
….e grazie sempre…. di cuore….per la sua fatica !
.
Vedi caro Luca Antonio, io non ho certezze. Al massimo mi fido.
Avevo già intuito che lei è un uomo buono e con una grande fede. Andremmo sicuramente d’accordo scambiandoci serenamente pensieri senza irretirsi.
La morte di Anania e Saffira lei la vede come simbolo di un miracolo continuo. Per papa Francesco è, invece, il più grande scandalo. E chi può negare? Chi per di più può dire cos’è la morte? Solo sperimentandola. Ma non c’è ritorno che la possa raccontare. Platone scrive: chi può dire che la morte non sia la vita e la vita invece non sia la morte ? Jehoshua è risorto dai morti dopo essere disceso agli Inferi (due dogmi). Niente di nuovo sotto il sole: il nuovo Orfeo ora è Gesù, l’Unto. E se l’anima dell’uomo è “immortale” (dogma) come quella dei Theoi greci, cos’ha mai l’uomo da temere ed invidiare? Al massimo può aver solo Paura/Timore di trasformarsi in eterno in una fonte di energia! Allora però non avremo più bisogno del gas della Russia cristiana, nè di quello dell’America blasfema e vivremo felici proprio secondo la realtà simbolica di questo millisecondo.
Caro Luca Antonio, oggi 29 aprile tu pure sai che è la festa di Santa Caterina da Siena compatrona d’Italia.
Ecco di questa Santa mi è rimasta scolpta un’affermazione che lei stessa scrive nella sua opera Dialoghi della Divina Provvidenza: “Il nostro corpo è un sacco di merda”. Il termine volgare che già Dante aveva usato.
Il nostro fisico è praticamente costituito di forme di vita: i fagi (virus o batteriofagi) che infettano i batteri e di converso i batteri controbattere l’infezione da fagi.
E tutte queste forme di vita che con altro costituiscono questo sacco di… che è il nostro corpo, è esso stesso a sua volta costituito di 34 elementi atomici su 118 e di questi ben 28 sono presenti in una quantità inferiore all’1% del totale. E tra i 34 poi, 6 sono comuni ad ogni forma di vita sulla Terra: H N C O P S a seguire Ca K Na Cl Mg Fe e i rari F Si Zn Sr Rb Pb Mn Cu più i rarissimi Al Cd Sn Ba Hg Se I Mo Ni B Cr As Co V (alcuni sono micronutrienti detti anche sali minerali).
Mi chiedo: ma per quale aspetto Caterina con un termine mal inteso, ma ben noto anche a quei tempi, arriva a disprezzare il mistero del corpo umano, cioè la Natura stessa? Avresti tu, un tuo parere in merito, magari tenendo presente quanto anche scritto in Dt 23, 14 e poi 15-18?
Lo chiedo anche a IL MATTO dal cuore contemplativo se vedrà questo scritto che la nostra Grande Santa Italiana mi ha indirettamente causato.
Ammiro, sanamente geloso, LUCA ANTONIO, la tua grande fede assieme a quella di tutti gli altri che scrivono in questo bel sito senza magari offendere specialmente il sofferente papa Francesco. Provo sofferenza anch’io a leggere certi attacchi camuffati da preghiera per di più da parte di sedicenti preti.
Lo scienziato lituano Virginijus Siksnys definì la scoperta scientifica di un nuova sistema di difesa antivirale chiamato CRISPR, nel maggio del 2007, “storico quasi quanto il crollo dall’Unione Sovietica”.
A me dispiace molto che uomini vengano quasi costretti ad uccidere altri uomini, anche se a spingerli fossero degli ideali più che legittimi. Ho sempre maggior considerazione e venerazione per uomini di scienza che per uomini di Potere, anche se sono “Autorità volute da Dio”. Mi ha sempre colpito ciò che si canta nel Magnificat: “Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles” ed anche “Exurientes inplevit bonis et divites dimisit inanes”. Non è MAI accaduto nella Storia se non per sostituirli con peggiori. Cambiano gli uomini che detengono e difendono i valori di protagoriana memoria, ma questi valori sono sempre gli stessi a vantaggio di pochi, e cioè limitare con tutte le forze l’espressione del libero pensiero, che costituisce l’essenza nucleare della dignità di ogni singolo uomo (che nella stragrande maggioranza non vuole uccidersi con le guerre) per godere delle ricchezze che li rende sempre più potenti padroni. E la massa sempre più schiava, serva, ignorante, cui aggiungere un “sacro” (di qualsiasi genere) per fare un “massacro”. Speriamo che l’unione scientifica debelli i valori dolosi. Contrariamente, a nulla serve la coscienza umana. Anch’essa vanità delle vanità come recita il siracide.
ROLANDO significa … “fiume in piena”. 😊
Ma … da dove sgorga questo fiume?
E poi, non ho difficoltà ad ammettere che ti seguo con l’ombrello. Mi fai piovere sulla resta una pioggia di citazioni dotte che per un verso mi frastornano data la pochezza della mia cultura, e per l’altro mi affascinano poiché ne percepisco la consonanza di fondo col mio sentire.
Come per esempio quando dici di “una mente interculturale ed una convenienza a servizio del Potere di turno”.
O quando mi proponi: “impazziamo serenamente felici o ci lasciamo bindolare dal moktheròs (=impostore. Vangelo degli Ebrei secondo la testimonianza di Girolamo) di turno?
Ora, però, spiegami come fai a dire “O beata solitudo o sola beatitudo nella contemplazione!” e nel contempo abbandonarti al fiume in piena che scorre nella tua mente.
Se contemplare è, in un modo o nell’altro, dimorare nella fonte, come mai ti identifichi tanto con l’agire del fiume? E’ una domanda seria, che scaturisce dalla mia personale esperienza del Silentium, che è … la Fonte.
Banzai Rolando, Banzai Nicola, Banzai il Matto, e, ovviamente … Banzai Marco 🌸
Volevo dire Banzai Luca Antonio e non Nicola.
Però se c’è un Nicola che legge, Banzai pure a lui.
Un fiume in piena, travolge, porta via tutto e quando ha esaurito la sua potenza ristagna quieto e silenzioso. Guarda l’immensa pacifica estensione dell’oceano: è tale solo dopo che onde altissime, terribili, potenti si sono esaurite in un pauroso livello omogeneo senza confini. Guarda gli uomini dementi che con le bombe tutto distruggono e poi chiamano pace la distruzione: ubi desertum faciunt pacem appellant. A chi ti strappa il mantello cedigli anche la tunica. Attento a non calpestare un fiore: sei tu, qui quasi flos egreditur et conteritur et fugit velut umbra et numquam in eodem statu permanet et solum illi superest sepulcrum.
Silenzio. Contempla. Ed esaurirai l’eternità senza annoiarti.
Sono io che ho bisogno di un aiuto. E lo chiedo a chi può darmelo in primis a IL MATTO e LUCA ANTONIO.
Mi riferisco al versetto di Genesi 3, 20: ” E chiamò il adam nome di donna sua khawwàh, poiché ella fu madre di ogni vivente “.
Domanda. A parte i termini ‘ogni vivente’ che inglobano in sé tutte le forme di vita; restringendo al campo umano, visto che qui i personaggi sono un uomo e la donna, come può questa Khawwàh/Eva essere la madre di tutti i viventi senza il seme del suo uomo maschio? Cioè adam, il suo supposto maschio, non era già un vivente? O forse l’antico scrittore ci induce a ritenere allegoria per allegoria che intuitivamente volesse dire che prima della gallina venisse l’uovo, allegoria e simbolo (oggi) di cellula vivente?
Mi è sempre rimasta impressa una visita nel tempio di Luxor in Egitto, insieme con un amico ingegnere (purtroppo scomparso qualche anno fa. Ed ogni momento è buono anche per me, data la ragguardevole età!) che lavorò alla diga di Assuan. Ma ho bisogno del supporto di pareri.
Carissimo Rolando,
permettimi di risponderti alla romana: “ma che tte frega?” Ammesso e non concesso che alle tue domande venissero date risposte esatte (certamente non da me), “a te che tte cambia”?
La mattina ti alzi, ti guardi allo specchio per farti la barba o che so io e vedi … il tuo nemico. E’ con esso che devi (dobbiamo) fare i conti, ed il metodo non è certamente quello si spaccare il capello in quattro attraverso la speculazioni intellettuali a non finire.
E da qualche anno che ho cominciato a rendermi lucidamente conto di una cosa bizzarra: occorre leggere un milione di libri per accorgersi che non c’è nessun libro da leggere.
In soldoni: cosa c’era PRIMA delle cosiddette Sacre Scritture e dei Miti? Tutto ciò che è scritto è, nel migliore dei casi, il famoso dito che indica la Luna, cioè il Prima senza poi, e per quanto mi riguarda mi sono stufato di guardare “diti”, mi interessa … andare sulla Luna.
E per spiccare il volo occorre liberarsi dai lacci che la mente crea in continuazione: colti o ignoranti che siano, sono sempre lacci. E se penso alle montagne di libri cui le Sacre Scritture e i Miti hanno dato la stura per “spiegare” (che cosa? L’Inspiegabile?) mi viene il giramento di testa.
Mandrie di parole non avvicinano di una spanna alla Luna, anzi ne trattengono lontano. Pensieri e parole sono irriducibilmente i “diti” che indicano la Luna, sono la mandria nel cui galoppo si rimane impelagati e frastornati.
Tu penserai, giustamente, che io sono un matto molto più matto di quanto non appaia il Matto, ma da matto irrecuperabile posso testimoniare che lasciar cadere la zavorra dei pensieri e delle parole è l’unico mondo per involarsi verso la Luna.
Adesso smetto perché sennò continuo a … indicarti la Luna.
Più alto è lo stordimento della catasta dei libri più profonda è la mia quiete.
Il motto della Biblioteca Apostolica Vaticana:
NUNC ADEAMUS BIBLIOTHECAM NON ILLAM MULTIS INSTRUCTAM LIBRIS SED EXQUISITIS.
Ma preferisco il canto degli uccelli ed osservare le farfalle quando s’accoppiano in volo.
Il canto poi dei grilli talpa m’inebria come la danza dei Dervisci. Non so stare in equilibrio ma mi ci inclinanano energie contrastanti.
E chi, al mondo, puo’ rispondere a questo ?.
Rolando carissimo, grazie a Lei mi sono molto arricchito, per rendermi conto, ed e’ questa la parte piu’ importante, che in fondo si ricomincia sempre, ogni giorno, da capo , nella ricerca del Vero, del Giusto, del Bello ( che come il buon odore di un cucinato da’ l’attrattiva al tutto) .
Possiamo andare intellettualmente a fondo di ogni cosa, spaccando il capello in 24000 parti, ma poi, in fondo, non arriveremo mai a vedere, qui, in questa vita, la Verita’ tutta intera.
“Ora vediamo come in uno specchio , un giorno vedremo faccia a faccia” .
Come dice Lei, riferendosi al ricco Epulone, neanche un parente tornato dall’aldila’ puo’ convertire un solo cuore.
E’ questione piu’ sottile ma essenziale, e riguarda lo “sfondo” a cui ho fatto gia’ riferimento, quello sfondo che accoglie o respinge la vita che ci e’ toccata in sorte, quello sfondo che accoglie o respinge la vita che ci e’ toccata in sorte ( qui non riuscendo a fare le sottolineature o il grassettio ripeto la frase essenziale) .
Alla fine, e su questo ho riflettuto una vita, tutto si risolve quindi in una accettazione o in un rifiuto.
Agire bene, volere bene , amare tutti , perdonare tutti, questo e’ il modo per ringraziare Dio – anche per “…nostra morte corporale…” ! – …per crearsi quello sfondo da cui far emergere il senso della nostra vita…. e della nostra morte.
Grazie .
Nel capitolo 3 della Genesi si legge di una “apertura degli occhi” e di un “diventare come Dio (o dèi)” quale suggerimento allettante del serpente ai progenitori. In effetti, dopo la caduta “ si aprirono gli occhi di tutti e due”.
Quindi il serpente aveva ragione!
Diventare come Dio – non Dio, ma “come” Dio – o dèi comporta davvero la conoscenza del bene e del male, altrimenti che Dio o dèi sarebbero quelli che ignorano cosa siano il bene e il male?
Il serpente che non mente!
Un bell’argomentino, no?
E ELOHIM YHWH conferma quanto ha detto RAS/RESED ( il Dio serpente degli Accadi): ” Ora che siete diventati come uno di noi ELOHIM “, via di qui!
Caro IL MATTO, adesso anch’io faccio il MATTO con te.
“E disse YHWH ELOHIM ecco il adam è come uno di noi”.
Posso come padre fisico dire a mio figlio: ecco adesso che sei nato tu sei come me? O c’è qualcosa di sbagliato in tale affermazione? O ha bisogno di spiegazione? Certo il cervello del figlio pur avendo il sangue genitoriale processerà pensieri/immagini neurali soggettive della realtà così come il padre, ma non simili né identiche cioè non quelle del genitore; simile sarà il codice che utilizzerà per esprimerle perché questo lo sente, impara dal genitore e dall’ambiente.
Adesso veniamo al salmo 82 ( analogo al testo di una tavoletta sumerica molto più antica). Lì si dice chiaramente che: ” Gli ELOHIM stanti in assemblea di EL in mezzo a ELOHIM [EL] giudica” . Al verso 6 e 7 così sta scritto: “Io [EL] ho detto ELOHIM voi (siete) e figli di ELYON tutti voi. Eppure come uomo morirete e come uno dei principi cadrete”.
È chiaro: anche questi ELOHIM muoiono compreso l’EL YHWH. E la conferma dell’esattezza della traduzione, oltre la terminologia della LXX stessa, ce la dimostra un ritrovamento di Qunram, 1QpAb II-I sec. a.C.
Recita questo commentario di Abacuc 1,12: ” Non sei tu forse da tempo immisurabile (olam) YHWH il mio EL, il mio qodesh (= separato/santo)? Tu non morirai YHWH!”. 1QpAb (Moraldi p.558) il frammento porta una divergenza assoluta con Abacuc 12 del testo biblico masoretico vocalizzato.
Ecco la differenza che concilia perfettamente col salmo 82,6: “VOI ELOHIM MORIRETE COME UOMO”.
Che dici mio caro MATTO, impazziamo serenamente felici o ci lasciamo bindolare dal moktheròs (=impostore. Vangelo degli Ebrei secondo la testimonianza di Girolamo) di turno?
O beata solitudo o sola beatitudo nella contemplazione!
Ah, dimenticavo la chicca. Gesù cita esplicitamente questo salmo insegnando che anche noi siamo come questi ELOHIM !!!
Ehi! Luca Antonio e Rolando! Vi siete appropriati della scena! 😅
Ma vi seguo sempre con molto interesse!
Rolando, non hai esaudito il mio desiderio di conoscere il tuo pensiero circa la mia domanda del 22 aprile alle 8,50.
Un saluto a tutti e due.
Il MATTO il 24/4/2022 ore 12,35 mi chiede di dissertare su cervello, mente, intelletto coscienza.
LUCA ANTONIO il 24/4/2022 ore 10,50 mi pone pure altra problematica.
“Oh di che cuor con voi mi resterei, guardando io rispondea, oh di che cuore!”
Ma il mezzo e non solo il tempo e la fatica…
Spero mi comprendiate.
Quanto al MATTO circa il dissertare su quei termini, in qualche mio intervento ho già sfiorato l’argomento soprattutto per quel che riguarda i termini “mente” “anima” “spirito”, essendo soprattutto “mente” l’argomento delle conversazioni con lo scienziato Giorgio Vallortigara. Ma non solo. E per il momento qui mi sosto, lasciando all’occasione ventura la possibilità.
Quanto invece a LUCA ANTONIO, sto molto attento a non cascare nell’errore di coinvolgere Bibbia (per dire tutto quello che ci va dietro, davanti, sopra e sotto) con le argomentazioni scientifiche, come mi insegnava Padre George V. Coyne ex direttore della Specola Vaticana. La cara persona si è spenta appena due mesi fa in febbraio.
Diceva che la Bibbia è una raccolta di testi antichi di duemila e più anni fa e non ha niente da spartire, oggi, con le mete raggiunte dalla conoscenza scientifica.
Personalmente ho trovato patetica la cosiddetta riabilitazione di Galileo fatta dalla Chiesa Docente cattolica romana ed altamente ipocrita quella fatta dalla massima autorità religiosa della Chiesa anglicana, nella persona della regnante regina Elisabetta II, del grande scienziato Alan Touring, di cui APPLE ha assunto come simbolo la mela: quella mela di Biancaneve che servì alla grande mente per togliersi di mezzo dell’ipocrisia dei “santi”.
Una volta in un colloquio confidenziale con Giulio Giorello, poverino spentosi anche lui all’inizio della pandemia, ma era tormentato dai dolori reumatici, gli chiesi la motivazione del perché, come direttore, accolse nella collana scientifica della Raffaello Cortina, il lavoro di Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, n°162. Ovviamente non posso riferirlo qui. Ma son sicuro che se oggi chiedessi a Telmo Pievani la stessa cosa per il lavoro di Gianfranco Ravasi, Biografia di Gesù secondo i Vangeli, n°336,
2021, mi risponderebbe come Giulio.
Spero di essermi chiarito almeno un po’.
L’Entanglement ed il fattore temporale nella coscienza di Benjamin Libet non son argomenti da mescolarsi con la mia passione per la paleografia biblica ed in specie con la lettura letterale dei testi delle cosiddette rivelazioni o con le allegorie sacre filoniane.
Con molta simpatia. Bel sito. Grazie al suo Direttore.
E no ROLANDO !, abbiamo scopero una miniera d’oro in Lei !, non pensera’ mica che la molliamo !.
Capisco tuttavia che allargare troppo il discorso possa essere faticoso – anche se produttivo, spero, di sue riflessioni personali e approfondimenti – e quindi torno nel campo in cui Lei e’ Maestro e vorrei porLe una domanda : non trova che questa sua affermazione “Mi colpisce in Gn5, 6 ( piccolo refuso, in effetti 6,5 ) come YHWH veda che “OGNI FORMAZIONE [YETZER] DI PENSIERI” dell’uomo la quale è cattiva e lo ripete in 8,21: “IMMAGINAZIONE [YETZER] DI CUORE DI IL ADAM CATTIVA”. Ma come può questo YHWH (Kyrios) impedire all’uomo, al suo cervello, di pensare pensieri come immagine se proprio Lui è il plasmatore della materia cerebrale?.”
vada rivista sulla base del fatto che per l’uomo e’ proprio impossibile non pensare per immagini (anche i ciechi nati, abbiamo detto, le hanno) e che questo, come giustamente Lei osserva, sarebbe assurdo tanto quanto il rimproverare l’uomo di essere vivo visto che la sua vita e’ stata creata da Dio?.
Non sara’, chiedo,
1) che questo pensare e immaginare il male sia collegato con la “conoscenza del bene e del male” per cui e’ stato cacciato dal paradiso terrestre ?;
2) che questa “conoscenza”, allusiva nell’ ebraico “fare esperienza” del bene e del male e che questo “fare esperienza ” possa essere tradotta come giudicare cosa sia il bene e cosa sia il male da parte dell’ uomo stesso?.
Le chiedo questo perche’ sono sempre rimasto molto colpito dal versetto Gn 3,21 in cui Dio DOPO averli cacciati dice che adesso l’uomo conosce il bene e il male, ma quale bene hanno conosciuto ? …nessuno evidentemente se traduciamo il “conoscere” come atto puramente intellettivo e passivo, ma se traduciamo come un “conoscere” attivo, fattivo, di bene e di male, quindi con un giudizio umano di cosa sia il bene e di cosa sia il male, i conti, a me dilettante, tornano meglio … anche in virtu’ della considerazione che la cacciata non e’ stata una cacciata fisica – gli animali, non cacciati, sono rimasti con l’uomo – ma, verosimilmente, solo psichica.
Mi perdoni le eventuali castronerie dette ma mi appello a Lei per chiarirmi questo punto su cui mi sono sempre interrogato senza risposta.
Un veramente caro saluto e grazie.
Concordo. Credo tu ti riferisca al versetto 22 del capitolo 3 di Genesi, dove la LXX ci viene incontro nell’interpretazione di quei termini ebraici solitamente tradotti come bene e male. Infatti i traduttori alessandrini hanno: toy ghinoschein kalon kai poneron. L’allegoria favolisticamente se la cava alla spiccia con termini bene/male. Ma qui io ci vedo il principio antropico per eccellenza e cioè: di conoscere ciò che ti conviene e ciò che ti costa. Ogni uomo (e certamente ogni essere senziente) ha sempre agito in base a questo principio: il diretto vantaggio/bene e se per caso deve pagare un costo/male lo fa, per natura, unicamente solo per averne un vantaggio/bene. Non ci si scappa a questo principio ( Jessi Assman). Qui non c’è alcuna morale. La Natura ha solo proposizioni positive (Max Weber). Purtroppo la lettura allegorica tradisce radicalmente il senso materiale e letterale di questi preziosi testi antichi. Lo stesso greco conduce bene il senso: buono, vantaggioso, conveniente contro faticoso, pesante, svantaggiato.
Agostino dice: ubi amatur non fatigatur, si fatigatur, labor ipse amatur. Faccio un esempio estremo un uomo suicida non lo fa per procurarsi un male, un peso, uno svantaggio, ma per annullare tutto ciò come bene. Sicuramente non mi sono fatto capire bene. Ma prima di terminare sottolineo che gli Theoi greci avevano tutti i vizi degli umani, ma mai dettarono leggi morali agli uomini: li lasciarono liberi nella ricerca delle proprie. Ed il principio antropico è messo a dura prova da parte di ogni singolo umano nel rapporto sociale come supercooperatore nella THE TRAGEDY OF THE COMMONS. Ma questo è un altro tragico discorso.
Grazie Rolando, questo mi ha dato – veda sotto mia integrazione alla risposta di Enrico autonominato Matto – anche lo spunto per cercare risolvere l’apparente disomogeneita’ di significato tra santo e separato in qadosh.
Saluti.
Caro IL MATTO. Ricordo, quando da giovane studiavo all’università di Padova, di essermi imbattuto in una libreria in uno strano libricino che in seguito non sono stato più in grado di rintracciare. Ma ricordo bene cosa in esso mi aveva colpito. Era un testo-litania in cui ogni oggetto materiale della Natura che noi recepiamo con i sensi ed attraverso il ‘misterioso’ processo del “mentare” viene trasformato in un’immagine-pensiero che si incide nella materia neurale come su un DVD, veniva evocato per nome e chiamata santo. Esempio: santa rugiada, santo giglio, santo pus, santa (un termine volgare che usa anche il Padre Dante), ecc…, ecc…. per migliaia di volte. Santo e santa ad ogni cosa ammirata nella contemplazione della Natura Universale.
Quel ricordo non solo non mi ha mai abbandonato, ma in seguito mi ha perfino perseguitato quando venni a cimentarmi con la semantica del termine ebraico “qadosh” o “qodesh” che documenta Deuteronomio 23 dal versetto 14 al 18 compreso. E che ritroviamo nella preghiera del Padre Nostro in lingua aramaica che tante volte ho recitato con i cristiani di Mahaula in Syria: Abba sebasamain ihit qadash….
Cioè si potrebbe bene riscrivere quell’elenco litanico o continuarlo sostituendo l’aggettivo “santo” con “separato”.
Ma separato da che? Eppure anche quel EL YHWH vuole esserne separato e lo comanda all’uomo. Ma un conto è volere ed un conto è potere. Come la mettiamo, secondo te? Te lo chiede un altro “Matto”. Grazie.
Per quanto riguarda l’uomo, la santità come separazione può significare distacco dalle vicende terrene nonostante l’esservi coinvolto. Decisiva, almeno per me, la realizzazione di tale coinvolgimento/distacco, che ovviamente non si riduce ad una (impossibile) comprensione razionale bensì concerne l’insieme di mente-corpo, nonché il trascendimento dei dualismi bene/male e vita /morte.
.
Riguardo alla santità di tutte le cose, ritengo che ogni cosa che ci presenta Madre Natura sia un “contenitore” di Dio, senza del quale essa sparirebbe nel nulla. Dio non è il fiore, il sasso, il pesce, l’uccello, a nuvola e via dicendo ma ciascuno di tali elementi è, infine, un “rivestimento di Dio”. Quando il Buddhismo parla di “natura di Buddha” presente in ogni essere dice esattamente questo.
In fin dei conti Buddha è un altro nome di Dio e la “natura di Buddha” non è altro che la Natura divina che vivifica i mondi umano, animale, vegetale e minerale.
Per ora la mia saggezza o la mia follia si ferma qui.
Le cose sono sante perché, a differenza dell’uomo, sono puramente e soltanto se stesse e perciò in armonia con la Natura divina o “natura di Buddha”.
Per ora la mia follia si ferma qui.
Ad integrazione di quanto qui detto giustamente da Lei, caro Matto, mi
voglio raccordare con la conferma datami da Rolando in merito al mio
quesito di ieri riguardo la scoperta pretesa dell’uomo -da qui la sua
“cacciata”, o meglio la sua autoesclusione dalla comunione con Dio- di
essere lui il giudice di cosa sia bene e di cosa sia male, scrive infatti :
” Ma qui io ci vedo il principio antropico per eccellenza e cioè: di
conoscere ciò che ti conviene e ciò che ti costa.”
Gran cosa ! , grazie!, tutto a questo punto mi sembra chiara
l’interpretazione di qadosch che significa santo (sacro con cui condivide
la radice) anche separato.
Mi spiego, la tragedia della separazione dell’uomo dal mondo, dalla natura,
viene sancita filosoficamente con Cartesio che pone le basi per quel
riduzionismo che trasforma le cose del mondo da soggetti in oggetti
(gli animali sono macchine animate), ma questa tendenza e’ in atto dalla fondazione del mondo.
L’utilitarismo sorretto dalla tecnica – Caino e’ agricoltore, manipolatore dell’ambiente (forse per questo i suoi doni non sono graditi a Dio ?) e fondatore della prima citta’ – porta l’uomo a trattare il mondo come un oggetto e farsi arbitro di tutte le cose “…di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono (Protagora)”.
Quadosh come separato ricorda all’uomo la santita’ , la sacralita’ di tutte le cose, in quanto create da Dio, che vanno quindi trattate da soggetti e non da oggetti.
“O Luna , o dolce Luna, tu sai, certo , a qual suo dolce Amor ride la Primavera” scrive Leopardi descrivendo un mondo scomparso in cui il mondo era “vivo”.
Tutta la materia dell’universo , intesa come neutroni, protoni, elettroni ecc..e’ poca cosa in termine di volume, tutto il resto e’ vibrazione, vita. Il cantico delle creature insegna.
Vedere solo se stessi equivale accorgersi di essere nudi, e la “cacciata” e’ la perdita della comunanza con il creato, con Dio, l’inizio delle nostre miserie, fino ad arrivare, ci siamo, alla profezia di san Paolo nella 2da ai Tessalonicesi, l’uomo (io lo intendo come tutta l’umanita’ ) che siede al posto di Dio.
Veramente grazie a Rolando e al Matto, certe cose sono rare.
Guarda che è Dio che provoca la gelosia di Caino nei confronti di Abele preferendo le offerte agricole di costui alle offerte tecnologiche/urbanistiche di quello. Ed Isaia 45,7 conferma in pieno. Similmente Amos.
Grazie a lei.
I versi di Leopardi: pura Musica che fa innalzare l’Anima!
Tu, Luca Antonio , citi Protagora. Qui ti riporto le sue parole, sia quelle che hai citate, sia quelle che vengono immediatamente prima:
“πάντων χρημάτων μέτρον ἐστὶν ἅνϑρωπος, τῶν μὲν ὄντων ὡς ἔστιν, τῶν δὲ οὐκ ὄντων ὡς οὐκ ἔστιν”
“E soleva dire che l’anima non è nulla al di fuori dei sensi” (Diogene Laerzio IX, 51)
Έλεγέ τε μηδέν εἷναι ψυχὴν παρὰ τὰς αἱσθήσειϛ
Lasciamo a parte il parere di Diogene sull’anima. Si discute invece molto su quel secondo termine greco – kremàton – del detto di Protagora, che nella sua materialità ossia concretezza non significherebbe “valori” in senso allegorico, ma denari, ricchezze, oro. Percui il metro, cioè la misura con cui l’uomo valuta tutte le cose sia le concrete che le astratte, sarebbe l’ORO, il denaro, secondo il pensiero di Protagora. ( E di Mosè. Vedi l’ordine prima di lasciare l’Egitto e come finì l’oro del famoso vitello. Tanto per citare due casi!…)
Quando Pompeo nel 63 a.C. entrò nel tempio di YHWH a Gerusalemme non voleva affatto fare un atto gratuito di empietà verso la Divinità, ma entrare nelle camere del Tesoro, che erano dietro il Santo dei Santi e portare via tutto l’oro e gli oggetti preziosi ( assalto alle cassette di sicurezza delle prime banche) che erano ivi ammassati.
Prima però aveva vendemmiato la famosa vigna d’oro che ornava il portale del Tempio. Similmente farà Tito e prima di lui, furbescamente, gli stessi sacerdoti sadducei e patriarchi ricconi collaborazionisti per garantirsi un sicuro e benevolo espatrio in esilio e a Roma. Poi l’incendio. Le banche in Iran vennero assaltate da parte dei fondamentalisti dell’ISIS con particolare cautela solo per non deturpare la valuta monetaria cartacea o non dei dollari americani anche se portavano impressa l’effige del grande nemico americano.
Tradurre è spesso tradire. Immaginarsi l’allegoria supporto e tramite delle idee delle dottrine sia religiose che politiche reazionarie e non.
Mio caro tesoro MATTO, come condivido e ti sono nelle vicinanze. Ma ciò che esprimi mi pare ( ognuno ovviamente pensa/ragiona con le proprie immagini neurali di cervello/ sangue ) possa significarsi con PANENTEISMO ( non panteismo. Come pensa anche il caro Vito Mancuso secondo le sue stesse parole!). Io ti sono, si fa per dire, nelle vicinanze. Nelle vicinanze perché mi tormenta il pensiero/risposta della domanda del catechismo che mi hanno inculcato da piccolo: Dio ha corpo come noi? Risposta: No. Dio non ha corpo come noi perché è purissimo spirito. Spirito parola equivoca dalla simbologia di respirare (gola, naso che arde di YHWH) e di vento (pneuma greco. Pneumatici. Anemometro che misura la forza del vento, pardon, dell’anima. Iskyros, energia. Energia e massa interscambiabili. Principio vitale, un sistema chimico autosostenibile ed autoreplicante in grado di sottostare alle teorie evolutive di Charles Darwin ?
Pensa chetepensa…. Ed un grande scienziato mi ha detto: e chi ti dice che l’Universo non sia il corpo di Dio, o meglio proprio Dio Tutto? Ma. Dammi ancora un’idea….Vultum tuum Domine requiram. Un volto, un’immagine mi chiede di cercare il testo rivelato. Si anch’esso! No, no! Molto di più. SEMPER AUDERE. L’amore tutto osa: panta ipomenei, scriveva un folle con una mente interculturale ed una convenienza a servizio del Potere di turno.
Caro ROLANDO, visto che tanto siamo rimasti io e Lei rispondo qui in testa al blog per semplificare le cose.
Lei scrive “Qualcuno ha detto che la verità è una relazione” … giustissimo !, noi ci definiamo per confronto e troviamo la verità delle cose da questo confronto. C’è un fortunato libro di qualche anno fa di Damasio, neurologo, dall’intrigante titolo L’errore di Cartesio, qui l’autore , ispirato dalle teorie psicologiche di William James, cerca di capire cosa siano la mente e la coscienza e da dove abbiano origine, tuttavia la conclusione del lavoro è piena di forse, di ipotesi, con la constatazione di dover allargare il campo di indagine alle scienze sociali, e una sola certezza : l’IO è frutto del linguaggio, cioè di una relazione. E in tema di linguaggio gli studi di Noam Chomsky arrivano ad ipotizzare una “grammatica universale”, una struttura del linguaggio “esterna” all’individuo da cui il parlante attinge per comunicare e comprendere.
Questo per dire che, forse, l’entanglement quantistico che Lei relega, se ho ben capito, alle sole particelle subatomiche possa riguardare anche sistemi più complessi; le faccio un altro esempio, c’è un film/documentario di Emiliano Aiello “Il sogno di Omero”, studiato e girato sulla base degli studi scientifici dell’università di Lisbona e di Bologna, sui sogni dei nati ciechi, dove la conclusione è questa : i ciechi nati sognano, durante la fase Rem, per immagini. Da dove le prendono non avendone mai vista una?.
E’ possibile, e qui le chiedo, per allargare lo sguardo sul mistero della mente, che il nostro cervello sia l’hardware ma che il software sia invece, almeno in parte, all’esterno, secondo la teoria dei campi morfogenetici ?.
Sono ipotesi che confermano quanto da Lei asserito”…la nostra conoscenza è una conoscenza simbolica, per immagini” ma al tempo stesso, forse, aprono scenari interpretativi, alle parole da Lei citate del Genesi, diversi, e che anche quella divisione tra materia e spirito, che Lei risolve, se ho ben interpretato, con la intercambiabilità scientifica di energia e massa, sia più sfumata di quanto si pensi.
Un caro saluto.
ROLANDO
21 Aprile 2022 alle 23:00
Al MATTO
Mi stai dicendo in parole povere che senza cervello non ci può essere coscienza e che il cervello tramite i sensi è necessitato dalla Natura.
Nekessitas me urget , come dice Plauto nell’Autontimerumenos.
E’ detto anche che niente è nell’intelletto che prima non sia dei sensi.
Sei una persona colta: avrei piacere, e te ne ringrazio fin d’ora, se volessi dissertare un pochino sui termini:
cervello, mente, intelletto, coscienza.
Buona giornata.
Contemplare , dal lat. contemplare, der. di templum ‘spazio celeste delimitato.’
Era lo spazio di cielo circoscritto dall’aruspice da osservare per attendere il volo degli uccelli rivelatori della volonta’ di Dio.
La contemplazione non e’ quindi un’attivita’ ma uno spazio vuoto in cui attendere la manifestazione di Dio.
Uno degli elementi che fece giudicare attendibile Bernadette, la veggente di Lourdes, fu il vento forte che senti’ un istante prima dell’apparizione dell’ Immacolata., tale particolare ricordava “il vento gagliardo” sulla casa dove erano ospiti gli apostoli subito prima della discesa dello Spirito Santo.
Il vento, lo Spirito, Dio, per manifestarsi ha bisogno di incontrare un “vuoto”, un’anima svuotata di se’ , da qui il riferimento costante di Cristo agli umili, ai miti, ai bambini, come eredi del regno di Dio, da qui il Magnificat.
🙏
Guarda, Luca Antonio, che ci sono alcuni codici in cui il magnificat viene cantato da Elisabetta non da Maria. E la cosa risulterebbe anche contestualmente più logica.
“Se si vuole vivere la vita contemplativa, bisogna anzitutto rientrare in se stessi, nel più profondo dell’essere, e dedicarsi al ringraziamento, alla lode e all’eterna venerazione”.
Jan van Ruysbroeck
A mio modesto parere, è l’aspetto contemplativo della vita che è ormai venuto meno, sovrastato, anzi annientato dall’aspetto attivo che però, orfano della contemplazione, è divenuto una pura agitazione.
Troppa proiezione all’esterno di sé finisce per dissipare l’anima, che smarrisce una fondamentale consapevolezza, e cioè che tutti i disagi, le delusioni, i timori e e perfino gli scandali che la agitano non provengono dall’esterno, per quanto esso possa essere caotico e dissacrante, bensì da se stessa, che si fa coinvolgere per mancanza di contemplazione.
Chi contempla è ormeggiato ad una Roccia, e nessuna tempesta può rompere l’ormeggio.
Vivendo nel tempo e nello spazio con un corpo e le sue necessità, una cittadinanza e i suoi doveri, un’anima e i suoi pensieri, la contemplazione è anche un’opera, implicando quindi un dinamismo e la dovuta energia.
Vivere da uomini ci impedisce di contemplare da angeli, in quello stato di visione che riguarda queste altre creature. Secondo la mia povera esperienza la contemplazione non raggiunge la “visione beatifica”, come intuizione immediata dell’essenza di Dio.
Piuttosto mi sentirei di proporre l’immagine del faro che resiste alle onde del mare più agitato.
L’agitazione c’è tutta e anche il pericolo. Intorno.
Dentro invece c’è luce. Non mia. Anche per altri.
Vedere accanto occhi con quella luce è una grazia.
Trovo molto bella l’immagine dell’ormeggio alla Roccia perchè il faro sta proprio lì. Perciò regge alla tempesta.
L’atto del contemplare (resta un’azione) può avere una portata solo filosofica, della mente, ripiegata sulla creatura umana. Non ci sputo sopra: oggi purtroppo latita, non favorita né raccomandata, travolta da rumori e preoccupazioni schiacciate sul mondo e purtroppo sul nulla che vi cresce se manca vita interiore e spirituale.
Il contemplare tuttavia è proprio dell’uomo salvato, dell’uomo che riceve luce non sua, dell’uomo proteso verso il Creatore, verso lo status di vita che non muore che ci fa stare nella custodia celeste dell’angelo che ci è accanto, secondo la Pietà di Dio per noi.
Che cosa accomuna la contemplazione filosofica, rivolta alle cose creaturali e la visione dell’essenza divina?
La Verità, la sola che rende liberi! Ce l’ha rivelato Dio!
Verità come libertà e perciò anche felicità beata. Oltre gli inganni e oltre la certezza della morte che riguarda il corpo, ma che sappiamo non chiudere la visione dentro il buio di un sepolcro.
Ormeggiati a una Roccia. Il faro, tra onde altissime.
Che attività è?
Uno stare fermi. Un emergere. Una luce visibile di notte.
Chiaramente distinto dall’agire che chiede movimento.
A volte purtroppo frenesia in cui affogare ottenebrati.
Il dentro, profondo, sapiente, intimo, libero, trascendente, soprasostanziale.
La luce non è mia, ma è per me.
L’esterno, superficiale, apparente, imprigionato, immanente, mortale.
La bolletta è salata per le luminarie della ville lumière.
La grazia salva perchè l’uomo sale dallo psichico allo spirituale, la natura propria degli angeli. La Luce precede l’allaccio al contatore e si dona agli occhi aperti.
Purtroppo un po’ li chiudo, sono le schegge degli attriti, gli spruzzi del fango, gli abbagli del mondo… Ma contemplando imparo anche a proteggermi.
I Serafini coprirono San Francesco mentre riceveva le stigmate. I segni dei chiodi non interrompono nulla, anzi, da quei fori esce luce come dagli occhi del faro.
Ormeggiati alla Roccia!
🙏
Il problema – e mi riallaccio a quanto da te detto in altri commenti sull’agire – è che oggi si ragiona soltanto in termini di efficacia. Qualunque sia l’azione, non viene riposta sufficiente attenzione sul COME ma si guarda soltanto all’esito dell’agire, esito peraltro ipotetico. La stessa contemplazione potrebbe non sfuggire a questa ossessione dell’efficacia se ci chiedessimo: a cosa serve contemplare? È invece importante il PERCORSO, COME arriviamo agli effetti perseguiti, perché altrimenti non ci fermiamo più e volgiamo lo sguardo immediatamente ad altri concatenati effetti. Viceversa, se riponiamo nel COME (cioè a dire, nel METODO) il nostro primo scopo, la gratificazione arriva, e non c’è subito una voglia matta di ritornare all’azione, un dimenarsi che non avrà fine, una pace che non arriverà mai. Se ci fai caso, quando risolviamo un problema da soli, senza l’aiuto di altri, procedendo con calma e non saltando alcuna tappa, la soddisfazione è massima, e soprattutto hai un senso di compiutezza, di “fine della partita” che non hai se “imbrogli” il percorso.
May the God of wisdom, truth and light truly bless you this Easter season!
holylove.org message for April 20, 2022:
“Once again, I (Maureen) see a Great Flame that I have come to know as the Heart of God the Father. He says: “Children, prepare your hearts to receive My Triple Blessing* on Sunday, the Feast of Divine Mercy.** I am asking My Son*** to impart the Message to the people that day, but I will be present to give the Blessing. Search your hearts for any unforgiveness, grudges, anger or confusion. These are all tools of Satan, meant to weaken the effects of My Blessing upon you.”
“My Blessing is given to change the heart of the world and to reconcile the heart of man with his Creator. Only then will you have peace between all people and all nations. Do not allow worldly concerns to come between us. Trust in My Provision always. It is I Who call you here to celebrate Divine Mercy. Make it a celebration.”
Read Colossians 3:12-17+
Put on then, as God’s chosen ones, holy and beloved, compassion, kindness, lowliness, meekness, and patience, forbearing one another and, if one has a complaint against another, forgiving each other; as the Lord has forgiven you, so you also must forgive. And over all these put on love, which binds everything together in perfect harmony. And let the peace of Christ rule in your hearts, to which indeed you were called in the one body. And be thankful. Let the word of Christ dwell in you richly, as you teach and admonish one another in all wisdom, and as you sing psalms and hymns and spiritual songs with thankfulness in your hearts to God. And whatever you do, in word or deed, do everything in the name of the Lord Jesus, giving thanks to God the Father through him.
+ Scripture verses asked to be read by God the Father. (Please note: all Scripture given by Heaven refers to the Bible used by the visionary. Ignatius Press – Holy Bible – Revised Standard Version – Second Catholic Edition.)
* For information on the Triple Blessing (Blessing of Light, Patriarchal Blessing and Apocalyptic Blessing), please see: https://www.holylove.org/wp-content/uploads/2020/07/Triple_Blessing.pdf
** Sunday, April 24, 2022 – Feast of Divine Mercy during the 3pm Ecumenical Prayer Service at the apparition site of Maranatha Spring and Shrine at 37137 Butternut Ridge Road in North Ridgeville, Ohio. https://www.mapquest.com/us/oh/north-ridgeville/44039-8541/37137-butternut-ridge-rd-41.342596,-82.043320
*** Our Lord and Savior, Jesus Christ.
Signori che avete partecipato alla discussione,
confesso che mi è servita da apprendimento e che mi ha dato un grande sollievo perchè conferma che non tutti ancora sono schiavi del non-pensiero, della velocità, del superficiale narcisismo, della materialità. Un sentito ringraziamento.
Mi unisco al ringraziamento di Adriana.
ROLANDO , Lei chiede :
“Ma come può questo YHWH (Kyrios) impedire all’uomo, al suo cervello, di pensare pensieri come immagine se proprio Lui è il plasmatore della materia cerebrale?.”
Le risponde bene subito sotto Meserere Mei :
“Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum.”
Cosa Vi divide ?, un abisso che puo’ essere colmato solo aggiungendo due concetti, anzi uno solo : l’aggiungere alla parola IO, una D iniziale, come fa Maria.
L’altro concetto, assorbito da questo, e’ quello del “peccato originale”, l’ orgoglio, legittimo umanamente, nel suo caso, vista la sua indubbia intelligenza e cultura, ma mancante, come fa notare il matto di un ” argomento gigantesco: la contemplazione.”
Oltre a cio’, in tema al peccato originario, alla sua constatazione del fatto che Dio ci ha fatto con questo cervello e che non possiamo fare a meno di “pensare pensieri come immagini” e che quindi siamo “innocenti” dalla partenza della corsa alla fine, mi sento da rispondere con un pensiero, molto piu’ prosaico, spero mi perdoni, che comunque ha trovato spazio molte volte, ahime’ , nella mia vita : …si’ e’ vero…sono un lussurioso …incorreggibile….ma non sei forse Tu che mi hai fatto cosi’ ?.
La psicologia della Gestalt afferma che e’ lo sfondo che fa la figura.
Lo sfondo, qui, nelle cose prime e ultime, e’ dato dalla superbia o dalla umilta’ del cuore.
E l’uomo non e’ un assoluto.
Carissimo LUCA ANTONIO.. Condivido pienamente il tuo pensiero: “L’UOMO NON È UN ASSOLUTO”.
Infatti ho già scritto in questo sito che nella contemplazione della Natura e del firmamento mi sento un nulla insignificante ed affronto il pensiero della morte vicina sospirando e coltivando una serena coscienza della mia personale irrilevanza. Non so cosa tu intenda per ASSOLUTO, oltre i confini o nei confini della contemplazione, ma in esso mi abbandono, anzi in esso da sempre sono secondo una visione religiosa (= di legame), anche se ne seguisse annientamento di coscienza. Non ho scelta alcuna.
Non lo faccio per antropocentrismo ideale e personale, come è implicito nel cosiddetto “amor di Dio” e come ben ha spiegato Maister Eckart, il grande mistico. Il quale scrive che nessuno ama Dio in modo disinteressato, ma solo per acquisire immortale salvezza eterna. Infatti, dice, si dovrebbe amarlo e contemplarlo per Sé, per quel Mistero grande che È, per essere autentico Amore. Il resto è solo antropocentrica convenienza di sopravvivenza. Non so come non potrei essere d’accordo con l’altezza e la profondità di queste riflessioni, visto che il monoteismo esiste solo, nell’unicità esclusiva del singolare, per la ragione e fedi umane; e le rivelazioni altro non sono che monolatrie e fanno del Dio una questione geografica, di divisione e supporti di Poteri e Dominii diversi e contrastanti e spesso intransigenti nella loro violenza fattuale.
“Meister Eckhart dice di amarlo e contemplarlo per Sé, per quel Mistero grande che È, per essere autentico Amore. Il resto è solo antropocentrica convenienza di sopravvivenza”.
Perfettamente.
Filone di Alessandria nella sua opera “Quod Deus sit immutabilis, 62” scrive:
“Dio non è certo afferabile neppure dall’intelletto, se non per quanto riguarda il suo effettivo esistere. È la sua esistenza, infatti, che noi comprendiamo, ma, al di fuori dell’esistenza, nient’altro”.
Pertanto Dio è Tutto, compreso “parola”, ma questa non può essere intellettualmente quella compresa dall’uomo. Lo conferma esplicitamente il salmo 62, 12.
Inoltre, pure il comando: “Non ti farai immagine alcuna di me”, che altro non è che la dichiarazione del fallimento della ragione umana di qualsiasi conoscenza di Dio, non solo primitiva, ma anche intellettuale e dottrinale perché poggiano tutte su base analogica. I neuroni specchio, posto e reticolo del cervello non disegnano altro che ciò che è con loro in relazione.
E le rivelazioni altro non sono che storie della rivelazione: cioè prodotti del limite umano.
Il principio d’indeterminazione di Heisenberg – scrive Schrödinger- si applica ad una particella. Ma una particella non ha un’entità individuale, e anzi può darsi benissimo che sia impossibile concepire nessuna entità individuale che abbia tutti i requisiti che un modello adeguato deve possedere.
È impossibile pertanto che un Dio abbia proibito alla mente dell’uomo di farsi un’immagine di lui, visto che la mente – che lui stesso avrebbe creata – altro non è che un processo mappale di immagini della realtà in divenire.
Abbia poi aggiunto: non avrai altro Dio all’infuori di me. Senza idee come immagine, non possiamo sceglierne neanche uno. Anzi, in questo caso – credo – non si dia neppure scelta perché ogni cervello possiede le proprie uniche immagini ( del reale ) che non sono quelle di nessun altro cervello.
Bisogna star attenti all’impostura: tutti possono aver in comune (= con dio) un’immagine di Dio. Ma nessuna è identica: né tra esse, né col Dio.
Inoltre Filone nel suo “De opificio Mundi” (170-171) e nel “De Somniis” 1, 76, scrive che Dio rivolgendosi ai tre elementi, Cielo, Terra, Acqua, pronunciò queste parole:
“Nessuno di voi è in grado di produrre da solo questa creatura [cioè l’uomo]. Tutti voi dovete unirvi ed io mi aggreghero’ a voi. Insieme faremo l’uomo.”
“ἴδιον μέν δῂ θεοῦ τὸ ποιεἷν ὃ οὑ θεμις ἐπιγρἀψασθαι γενητῷ ἲδιον δέ γενητοῦ τό πάςχειν” Filone, Cher.77
È proprio di Dio agire [evolvere! evoluzione], una proprietà che non è lecito [né razionale] attribuire a creatura alcuna. Invece è proprio di una creatura subire un’azione [evolvere].
“Facere enim proprium est benignitatis Dei, fieri autem proprium est naturae” Ireneo, Adv. haer.4, 39,2.
μἀθειν ἒστιν πάθειν
Conoscere è soffrire
Inoltre è interessante sapere che Filone è l’inventore della simbologia dello Spirito Santo di Dio. Cioè della sua Persona.
“127. La sapienza divina cerca l’isolamento perché Dio di cui essa è possesso, è uno solo e ama la solitudine e perciò essa è simbolicamente detta tortora (τρυγών); l’altra invece è mite, mansueta e socievole, va girando per la città degli uomini ed è contenta di dimorare tra i mortali: perciò è rappresentata da una colomba (περιστερᾷ)”
(L’erede delle cose di divine, 127 e 234).
Il nostro intelletto è rappresentato dalla colomba (περιστερᾷ): infatti il Logos divino…)
Rolando, innanzitutto grazie per aver risposto, è sempre un piacere interloquire con Lei – conservo con cura il nostro “carteggio” del dicembre 2020 -; Lei ha ben compreso cosa intendo per assoluto, noi siamo vincolati da una fisiologia e da uno “sfondo” – su questo, a mò di esempio, si cerchi triangolo di Kanizsa -, dato dal nostro vissuto, che tuttavia, a sua volta, soggiace ad un vincolo “verticale” dato dalla ricerca di giustizia e di bene – ricerca di giustizia e di bene indubitabile visto che ognuno di noi la riconosce in se stesso… sempre… seppur attraverso i mille veli del nostro ego – che ci porta a dimenticare e in certi casi ad annullare noi stessi, la nostra coscienza, in barba a quell’istinto di sopravvivenza che dovrebbe, secondo i materialisti, determinare ogni cosa. Sin qui io e Lei siamo quindi in perfetta sintonia; dove invece il nostro sentire diverge è sul come raggiungere quella giustizia e quel bene che sentiamo rappresentare il nostro “telos”, e qui, preliminarmente, occorre fare una riflessione radicale basata sulla nostro non essere un assoluto; cercherò di farmi capire con un esempio : il mio obiettivo, il mio telos, domani è quello di uscire per una scampagnata con mia moglie ma siccome soggiaccio a dei vincoli esterni – le condizioni atmosferiche, l’auto che mi deve portare, la strada, la pigrizia di non alzarsi prima del solito, ecc..- non posso essere sicuro al 100% di riuscire a realizzare quanto auspicato.
Costitutivo quindi e nello stesso tempo “nemico” del telos è l’ostacolo, la fatica, la possibilità del fallimento nel suo esplicitarsi alla ricerca del fine per cui è stata costituita la nostra sostanza : quella di essere creature pensanti alla ricerca del giusto e del bene (su cosa si intenda con queste due parole è inconferente qui trattandosi comunque di una pulsione che noi sentiamo come indubitabilmente “nostra” ) -.
Lei crede che questo telos possa essere raggiunto con le sole forze umane, io no.
Il mio pensiero è che tra noi e l’obiettivo esistono degli ostacoli, il principale dei quali si chiama Superbia, un dia-ballo – che questi sia un agente o semplicemente una mancanza di bene in noi, poco importa -, che rischia di far fallire l’impresa impedendo al nostro essere di raggiungere il suo fine.
E questo lo si è fatto, preliminarmente svuotando la sostanza del suo infrangibile significato – nominalismo (Occam) , posso essere ingannato dai miei sensi (Cartesio) , dalla mia ragione che “crea” causa ed effetto (Hume) , la sostanza, il noumeno è inconoscibile (Kant) – , fino ad arrivare, oggi, ad un perpetuo divenire hegheliano di tesi antitetesi e sintesi in cui il bene e il male sono entrambi strumenti dello Spirito “che soffia e va dove vuole” , pensiero questo molto caro a tutti gli evoluzionisti spirituali, i quali spostano il giusto e il bene da un “ante” da cui siamo decaduti e a cui dobbiamo tornare – come insegna ogni cosmogonia religiosa -, ad un “post” beato a cui arriveremo comunque, indipendentemente dal nostro agire, dall’ aver anche scelto sempre il male, il nostro egoismo, senza che vi siano conseguenze di sorta, tanto Dio è misericordioso.
Quindi, in conclusione, Rolando, io intendo le rivelazioni come un aiuto pegagogico al raggiungimento del nostro telos – per quanto gli uomini , come dice giustamente Lei, le abbiano troppe volte interpretate e utilizzate per fini abbietti e pure con mezzi nefandi -.
Una qualche pedagogia è indispensabile altrimenti quei 300 millesimi di secondo che ci separano dal sentire al prendere coscienza la farebbero da padroni se non vi fosse una qualche pedagogia; come il soldato viene addestrato a riconoscere e a dominare quella paura che altrimenti, senza adeguata preparazione, condannerebbe lui e i suoi commilitoni a morte certa, così l’anima ha bisogno di una guida, si auspica al massimo amorevole, che la aiuti a raggiungere il proprio telos e realizzare così pienamente se stessa. Questo per me il senso delle rivelazioni.
Un caro saluto.
p.s: vedo altri interventi postati da Lei e dal Matto, li leggerò con gratitudine.
Caro Luca Antonio. Innanzitutto ricambio il saluto che, penso, anche implicitamente contradistingua tutti quelli che sempre in ricerca partecipano allo scambio di idee in questo sito.
Qualcuno ha detto che la verità è una relazione. E la relazione arricchisce contribuendo in positivo ad un sempre migliore adattamento nelle relazioni interpersonali. Anche quando non si è d’accordo. Perché, io penso, non si è mai in disaccordo radicalmente, se non altro per via della particolare manifestazione del pensiero attraverso le parole ed il linguaggio in genere. Purtroppo i nostri cervelli non sono computer. I computer relazionano in collegamento www tramite un codice comune su numerazione binaria (il linguaggio della natura. Similmente si formano le immagini come pensiero nel processo neurale del cervello?). Invece le immagini come pensiero di ciascun cervello sono soggettivamente uniche ed anche se le esprimiamo in suoni comuni e parole scritte secondo alfabeti comuni, non le traduciamo né le significhiamo mai fedelmente, con precisione. Noi infatti non abbiamo un codice comune che metta in collegamento www i nostri pensieri-immagine.
Detto ciò, e scusami, io non distinguo più tanto radicalmente tra spirito e materia, tra spiritualismo e materialismo. In campo scientifico parole come “spirito”, “anima” e per estensione anche “mente” (a meno che non si intenda un processo, un’azione, cioè “mentare”) non hanno valenza alcuna. La loro stessa semantica d’origine indica solo qualcosa di fisico: respiro, vento ( ed in ciò l’AT conferma materialmente, letture allegoriche a parte e molto molto più tarde). Tuttavia in campo scientifico energia e massa sono intercambiabili e questo “mistero” (non in senso dogmatico, dottrinale) è più che ragionevole, rispettabile e venerabile ed anche se basato su assiomi, può onorevolmente costituire la nuova via verso il Sublime.
Ho detto “nuova” ma in realtà questa via è anche quella realistica e di una lettura letterale dei libri sacri antichi compreso l’AT. Mi fermo.
Con più precisione: ” ‘misteriosa’ realtà interscambiabile di massa ed energia “.
Caro Luca Antonio,. E adesso veniamo al “Ecce ancilla Domini….” . La semplicità di questa fanciulla, che, certo, ingenua non è se risponde che non conosce (= eufemismo ben noto) uomo. Aveva o no nel suo cervello umano il pensiero come immagine per rispondere così?
Ma veniamo al buon Giuseppe e la cosa si fa ancor più loquente. Non ti sfuggirà certo la rappresentazione in un angolo a parte di Giuseppe nella bella icona della ghenesis.
Giuseppe pensa ed il suo pensiero è ben rivelato da evangeli apocrifi. Pensa:”E se qualcun uomo l’avesse ingannata facendosi accogliere al posto dell’angelo Gabriele?” Anche questo è un pensiero-immagine derivante dalla realtà sensoriale istintiva. Tuttavia il “miracolo” rimane. E ciò che è accaduto una volta può capitare ancora, scrive Cicerone. E Giuseppe Flavio scrive di Paolina.
Ma a Dio nulla è impossibile. Nulla però!
ROLANDO,
il cervello agisce a seguito degli input sensoriali di qualsiasi genere, senza dei quali non saprebbe che fare.
Perciò, prima del cervello vengono i sensi che gli forniscono l’occasione di reagire. Sono i sensi che forniscono alimento al cervello.
Non è detto, quindi, che la coscienza segua sempre e comunque l’agire del cervello: ciò può accadere per l’uomo comune (dal più colto al più ignorante) che, nel migliore dei casi vive in uno stato di dormiveglia di cui non affatto consapevole. In altri termini l’uomo comune non pensa il pensiero bensì è pensato dal pensiero.
La coscienza dell’uomo sveglio – dell’uomo contemplativo – è presente e perciò contemporanea all’input sensoriale e quindi non solo vede sorgere la vibrazione del cervello e quindi il prodursi del pensiero, ma è padrone della opportunità o meno dell’espressione verbale.
In ciò risiede la situazione ipnotica in cui versa l’umanità: la schiavitù nei confronti del cervello e del pensiero che induce ad ’aprire bocca e dare fiato.
Al MATTO
Mi stai dicendo in parole povere che senza cervello non ci può essere coscienza e che il cervello tramite i sensi è necessitato dalla Natura.
Nekessitas me urget , come dice Plauto nell’Autontimerumenos.
ADRIANA,
è proprio la concezione, ma dovrebbe dirsi la realtà del tempo circolare che permette di RI-ATTUALIZZARE il Mito attraverso il Rito.
Anche il tempo lineare è reale, ma proprio per questo è irreversibile: il nostro corpo realmente nasce, cresce, deperisce e muore.
Da Matto, direi che ad ogni istante di tempo lineare si accompagna l’istante del tempo circolare.
Senza il tempo circolare il “Fate questo in memoria di Me” sarebbe impossibile.
Che ne dici? 😊
Sarà così…però preferisco ( e ho sempre preferito anche quando da piccolissima non sapevo cosa fosse ) il tempo circolare ( o anche ovale o spiraliforme ). In sostanza quello accennato nell’Avvocato del Diavolo ( a sua volta ispirato a Milton ).
P.S. C’è un interessante libro:” I miti ebraici ” di Graves e Patai.
Aggiungo. Graves, autore dei ” Miti Greci “.
ADRIANA: “ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne predichi la tua filosofia” (Citando Shakespeare).
IL MATTO: “I simboli….attraggono nel Mito che è… l’ambiente naturale”
Mi viene in mente “L’universo in un guscio di noce” di Stephen Hawking “. Dio è il simbolo tappabuchi perfetto di ciò che il guscio di noce non riesce ancora a capire.
Simbolo, come simbolica la valuta sia cartacea sia minerale, come simbolico il Potere del cervello di turno che investiamo d’Autorità. Ma tutto ciò altro non è che ambiente naturale: la Realtà cioè la Natura, con le sue illusioni.
Inter fecem et urinam nascimur et cui contigit nasci instat et mori. Dum volvitur orbis stat crux.
Il simbolo dovrebbe unire ciò che altrimenti resta diviso; in particolare la terra al Cielo.
Infatti il dia-ballo diabolico è il divisore per eccellenza, nonché l’accusatore e il calunniatore.
La Santa Messa, specialmente prima che venisse brutalmente deforestata, era rigogliosa di simboli.
Ai matti tutto questo accarezza la sapienza.
Invece per i rigidi razionalisti di matrice luterana e per i destrutturatori patentati, bisognosi di produrre significati letterali dalla sola scriptura, un simbolo equivale solo a una non verità sostanziale.
Nel simbolo stanno insieme ciò che si vede e ciò che c’è da sapere. Saputo perchè rivelato da Dio, non da uomini. A San Tommaso è stato concesso di metterci le mani, ma non era strettamente necessario, soprattutto perchè il simbolo riguarda anche me, mentre la constatazione più o meno amichevole riguarda solo il fatto in sé.
La Resurrezione, che non è simbolica, è importante perchè nel sacramento (simbolo) la grazia diventa efficace per me, non solo per Gesù che è risorto. Quel Regno che unisce Cielo e terra mi è aperto, non resta il sapere che c’è, ma per me non cambia nulla.
Il corpo e il sangue di Cristo, con cui fare comunione, sono Cristo presente adesso, per me e non un vago significato pescato nella memoria e vissuto in compagnia di altri praticamente divisi da quella realtà e al massimo uniti dal significato che vogliono attribuirgli.
Il simbolo è vero perchè dice e compie ciò che tiene insieme. Il diavolo lo calunnia, lo accusa e divide, così che se i matti (secondo il mondo) ancora sanno nutrirsene e l’anima e il corpo, i benpensanti lo snobbano per dedicarsi a farne… sinodi e altri bla bla.
Gesù, che è vero Dio incarnato nella condizione umana, agisce tramite segni: ogni miracolo è simbolo. Il razionalista schifa il miracolo, vantando la propria fede aliena da queste “superstizioni”. Infatti quella fede così razionale è incapace di vivere il silenzio: non adora, non contempla. Parla. Ha bisogno di parole, fa del simbolo una “parola”, dicendola di Dio.
La psicologia dell’uomo psichico fin da San Paolo è stata compresa altro dalla spiritualità. La sapienza biblica attinge a ben altro dalle consolazioni psichiche e si fida di ben altro che dei bla bla razionalisti e illuministi. A proposito: non si confondano le intelligenze di Agostino o Tommaso d’Aquino con i teologi neomodernisti e le loro credenze evoluzionistiche, freudiane e sociologiche.
Nemmeno le preferenze liturgiche attuali, appiattite sul mondo, rispetto all’incensare e alle prostrazioni fisiche.
In ogni cultura i matti, tutt’altro che superstiziosi, si fidano molto di più di come il Cielo si fa toccare, che della mente che ti schiaccia a terra per dirti intelligente.
Una Natuzza Evolo, semianalfabeta, può parlare di medicina ad alto livello tramite l’angelo custode, proprio mentre dei vescovi plurilaureati raccomandano di dosarsi dopo aver abbandonato l’acqua santa per il gel.
Che meraviglia essere innamorati del Cielo!
Che meraviglia emozionarsi per un fiore donato col batticuore, invece di sentirti spiegare (per dire niente) le neuroscienze.
🙏
“La mente che ti schiaccia a terra per dirti intelligente”: un argomento gigantesco!
Il suo finale mi ha fatto ricordare Oscar Wilde:
“Meglio vale godersi una rosa che esaminarne la radice al microscopio”.
E qui si apre un latro argomento gigantesco: la contemplazione.
I mondo è ormai soltanto azione e per di più frenetica.
Bel commento. (Per gli “scienziati”, soprattutto per quelli che operano in ambito psicanalitico, il simbolo rappresenterebbe la Mancanza: quando l’uomo non arriva a conoscere pienamente qualcosa, ecco che ricorre al simbolo, come per compensazione. Per la scienza moderna il simbolo è sinonimo di ignoranza: si ricorre al pensiero magico quando incontriamo un limite e non abbiamo più la capacità o la volontà di proseguire con il percorso sano, razionale. Il simbolo sarebbe in ultima istanza un segno di debolezza e di non maturità dell’IO. Ovviamente io non concordo con la scienza ufficiale, e l’odio che la modernità riversa sul simbolo, fa capire quanto pericoloso esso possa essere per il messaggio principale che oggi viene propinato: non sia mai che il simbolo possa far risvegliare qualcosa che abbiamo dentro e che non sappiamo di avere).
Caro STEFANO RAIMONDO, ho riflettuto molto sul tuo intervento del 20/4/22 alle 16;15.
1) Simbolo. Farsi un’immagine, un simbolo di qualcosa, qualcuno.
2) Conoscere. Conoscere la realtà delle cose tutte così come stanno e cambiano millisecondo per millisecondo.
Mi è parso che la mente umana che più si sia avvicinata alle ragioni del Simbolo e del Conoscere e ne abbia, senza divagare, fatto capire la portata e – direi – l’opposizione (conflittuale nel processo mentale del conoscere) sia stato proprio uno scienziato, che io ritengo tra i massimi, se non il massimo. E cioè Richard P. FEYNMAN.
Feynman racconta un ricordo di quando suo padre, un ufficiale militare, tenendolo seduto sulle gambe e mostrandogli una foto di giornale di Pio XII che in pompa magna benediceva la folla di gente inginocchiata in piazza San Pietro, chiese a bruciapelo a suo figlio quale fosse in quel momento la differenza che passava tra il papa e il papà di Richard. Non seppe rispondere il bambino. Ma Richard Feynman non dimenticò mai la lezione.
Te lo dico io: “La fifferenza sta solo che qui il papa porta la divisa, mentre io no perché sono in riposo”.
Da scienziato Richard spiegherà nelle sue lezioni cosa significa conoscere.
No, mio caro! Nel simbolo non può stare insieme ciò che si vede e ciò che c’è da conoscere. Se così fosse il simbolo non sarebbe più simbolo. E te lo dimostra bene il tuo caro San Paolo, quando ad Atene, città chiamata dai Romani anche Sedes Sapientiae, vede un altare, senza simbolo di divinità con una scritta soltanto: AGNOSTO THEO. E Paolo glielo rivela nell’immagine di un uomo crocefisso e risuscitato il terzo giorno. Intendono così bene il pensiero come immagine e simbolo che ritengono Paolo ubriaco. Ed a ragion veduta, non perché non abbiano inteso il linguaggio simbolico che vuole essere foto di realtà, ma perché l’ignoto non è più tale una volta conosciuto. E la nostra conoscenza è una conoscenza simbolica, per immagini. Il pensiero come immagine prodotto dalla realtà naturale e vitale. Mi colpisce in Gn5, 6 come YHWH veda che “OGNI FORMAZIONE [YETZER] DI PENSIERI” dell’uomo la quale è cattiva e lo ripete in 8,21: “IMMAGINAZIONE [YETZER] DI CUORE DI IL ADAM CATTIVA”. Ma come può questo YHWH (Kyrios) impedire all’uomo, al suo cervello, di pensare pensieri come immagine se proprio Lui è il plasmatore della materia cerebrale? Non ha creato due cervelli in un unico corpo.
E poi che senso ha proibire? Qualcuno si appellerà al peccato dell’esercizio della libertà. Ma che libertà è quella di una coscienza d’azione che si ha 350-500 millisecondi dopo che il cervello ha iniziato già l’azione?
Ecce ancilla Domini: fiat mihi secundum verbum tuum.
Quanti milli secondi erano trascorsi tra l’azione e la coscienza d’azione? Stiamo parlando della pienezza di grazia, non della macchina decaduta del cervello umano malato e adatto al gran reset. La predisposizione purtroppo ce l’ho anch’io, ma grazie al battesimo e altri sacramenti resisto. Nel tuo libero cervello che adora idoli l’hai già installato l’upgrade? Per chi è schiavo non ha proprio alcun senso proibire qualcosa; sono doni solo per quelli che nella Verità si liberano dagli inganni.
Niente è impossibile a Dio. All’uomo invece non riesce nemmeno il gran reset che spaccia per progresso. Ma non riesco proprio a convincermi che c’è chi crede d’essere una scimmia evoluta. Il problema è Darwin?
Carissimo MISERERE MEI, io mi tengo la mia macchina decaduta perché è l’unica che ho e non penso che un’altra macchina decaduta la possa aggiustare. E la lezione me la danno proprio quelli che parlano di radicale rottura e decadenza di tale macchina col tragico fatto del Peccato originale.
Adesso però so già qual è il rimedio per la sua ristrutturazione senza indovinare il tuo pensiero.
Si canta nel Preconio pasquale: O felix culpa quae meruisti tantum Redenptorem! (Oh beato Peccato che hai meritato un così grande Redentore!). Bella la favola, ma è venuto un momento in cui non ci ho più posto fiducia, non perché la macchina potesse o meno necessitare di riparazione (mia scelta. Devo essere io a notarne il guasto e vederne la convenienza di una valida riparazione) , ma semplicemente perché nella favola parabolica stessa il personaggio che riparerebbe (il Redentore Gesù) insegna chiaramente che basta la favola perché la concreta resurrezione di uno dai morti NON serve allo scopo, non aggiusta niente. Non lo dico e penso io, con la mia macchina rotta, ma lo ha detto il Redentore stesso nella parabola, insegnando attraverso i personaggi di Lazzaro ed il Ricco (epulon) per bocca di Abramo, padre comune dei tre monoteismi, pardon, delle tre monolatrie.
Caro Rolando, c’è un peccato contro lo Spirito Santo che si chiama impugnazione della verità rivelata che consiste nel rifiuto caparbio di ciò che è chiaro per ostinarsi nelle proprie opinioni. Lei che è così colto sa benissimo che la risurrezione di cui si parla nella parabola sarebbe stata una rianimazione un ritorno in vita, come quello di Lazzaro. Solo Cristo è risorto per non morire più, mentre Lazzaro è morto di nuovo. Ed è la risurrezione di Cristo la novità radicale che ci apre alla vita eterna e alla risurrezione del nostro corpo. Lei queste cose le sa bene. Se non ci crede più è un fatto che riguarda lei e la sua coscienza, ma non si arrampichi sugli specchi per giustificare con il Vangelo le sue opinioni personali.
Caro don Ettore Barbieri, vedo adesso la sua risposta del 23. È una perfetta ritirata. Rispetto la sua Fede. Non parli di impugnamento di verità conosciuta che ha già in sé il proprio patire. Patendo, conoscere (Eschilo). Ed anche Gesù sarebbe venuto per patire e morire. Mi meraviglio invece io della sua scarsa conoscenza della terminologia greca e latina e delle risposte di Gesù, come riportate nei vangeli, per negare che quelle di Lazzaro, fratello di Marta e Maria, e del povero e del ricco della parabola di Luca, non vogliono essere e non sarebbero vere resurrezioni.
E dove sta allora la logica della risposta di Gesù, messa in bocca a questi tramite Abramo, che neanche un ritorno dall’aldilà, riconoscibile con la medesima realtà cui si allude chiedendone il ritorno per essere capibile razionalmente, serve a credere?
Ma lasciamo. Lei scrive: “Non si arrampichi sugli specchi per giustificare col vangelo le sue opinioni personali”. È per caso una minaccia da prete? Perché mi sembra valga più per lei che per me. Ed appunto perché in ciò posso legittimamente, senza superbia né rancore, cogliere anche una sfida, la sfido io (faccio per dire, perché ho bisogno solo di conoscere) a spiegarmi Mt 2, 23. Solo il versetto 23. Dove cioè sta scritto in tutto l’AT la profezia del termine “Nazareno”. E dove si nomina e documenta il termine “Nazareth” in tutta la letteratura almeno fino ai più antichi codici dopo Cristo che la riporterebbero. Attento perché non sei l’unico sfidato. So della tua grande Fede e ti fa onore, ma io ho anche una caparbia ragione prima di credere a quella che secondo Filone alessandrino, contemporaneo di Gesù, sarebbe una delle più grandi empietà: credere che Dio si faccia uomo. Grazie ci conto.
Dopo la tua risposta, ti espongo il mio pensiero circa Filone alessandrino, Paolo di Tarso ed il Giudaismo ebraico, se ne varrà la pena. Con affetto.
Purtroppo mi sono dimenticato un “due”. E cioè ” una delle due più grandi empietà”. Infatti l’altra è che un uomo si faccia Dio . E siamo sicuramente nel 38 della nostra era.
E poi, don Ettore, visto che il tuo scritto è una miniera, lascia che mi ricordi il terzo dei sei peccati contro lo Spirito Santo, imparato a memoria come scritto sul catechismo di S.Pio X: 3.impugnare la verità conosciuta. Non c’è scritto “verità rivelata”. E non è arrampicarsi sugli specchi, ma qualcosa di ancor più arduo. Dio che si rivela a me, in me, nel mio cervello si rivela secondo l’immagine del mio cervello. Altrettanto dicasi per te ed ogni umano. E poi “rivelato” non equivale a “conosciuto”. Pensa: della realtà delle cose tutte come stanno rileviamo solo l’apparenza (il pensiero come immagine) non il loro reale “mistero” ( non in senso dogmatico!). Immaginarsi quindi se possiamo dir di “conoscere” una realtà nel suo “mistero” (come sopra) anche se senza veli. Non bisogna equivocare tra Fede e Credo. L’Amore tutto crede (pisteyei) dice l’apostolo sommo. E l’altro apostolo Intimo dice che Dio è Amore. Pertanto scegliere l’Amore o scegliere un Dio o il Dio è la stessa cosa.
A don Ettore Barbieri. Mt 2,23. E fu silenzio.
“Nel simbolo non può stare insieme ciò che si vede e ciò che c’è da conoscere. Se così fosse il simbolo non sarebbe più simbolo”.
Forse non è proprio così. Il simbolo È la cosa simboleggiata. Se così non fosse il significato di “simbolo”: “mettere insieme, unire” risulterebbe … insignificante.
Il da conoscere si fa conoscere mediante il simbolo, e ciò esclude una netta separazione.
Quando contemplo il Sole, contemplo anche Dio, e ciò anche inconsapevolmente e anche se non credo in Dio: il Sole è simbolo di Dio e non soltanto uno dei miliardi di astri che fluttuano nell’universo. La potenza, lo splendore e il calore del Sole sono tali perché Dio è potente splendido e caldo. Dio è implicito nel Sole, altrimenti il Sole non esisterebbe né come astro né come simbolo.
Il sorgere del Sole è simbolo della Luce che sorge nell’Anima, cioè dell’Illuminazione: non può esservi né il primo senza la seconda né la seconda senza il primo. Macrocosmo e microcosmo sono non-due e perciò coincidono.
Caro MATTO, non voglio qui entrare sulla semantica del termine simbolo e sulla sua epistemologia. Anche le lettere alfabetiche sono simboli. Mi sosto davanti alla parola “sole” ed immagino quella specifica stella e penso a quel versetto del salmo che proclama:”Posuit Dominus [= YHWH] in sole sedem suam”. E mal gli portò a Galileo la citazione di questo versetto suggeritogli dal suo padre spirituale per utilizzarlo a sua difesa.
Infatti -pensava- se il Signore ha posto nel sole la sua dimora come lui stesso ha ispirato al salmista, sarà forse logico far accettare che sia la Terra a girargli attorno e non il contrario come venerazione e rispetto postulano oltre che scienza. Ma contro il Potere dei preti non c’è Dio che tenga! E non solo.
Disamina molto interessante… La simbologia fa parte dell’umanità, così come il ” sospetto ” che le pietre vivano secondo ritmi temporali ” preziosi” e che esercitino il loro influsso – buono o cattivo – sugli umani.
Ricordo a Milano/ Rinascente, una mostra di gioielli indiani di vare epoche. Un collier di pietre dure mi parve stranamente” terribile “. Poi lessi che le pietre erano state scelte nel corso di decenni per formarlo, che serviva esclusivamente ai sacerdoti maschi ( ignoro di quale religione ) durante alcune cerimonie e che guai a chi osasse impadronirsene…”non è vero ma ci credo” e, insomma”…ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne predichi la tua filosofia…”
🙏
Nel mondo caotico in cui ci ritroviamo si è smarrito (non perduto … speriamo) il senso del Simbolo, che, in via di principio è (dovrebbe essere) più immediato della parola.
Oggi si dice “simbolico” per dire “non concreto”, quasi una superstizione, mentre invece è esattamente il contrario.
I Simboli sono la vita dell’Anima. La attraggono nel Mito che è il suo “ambiente (sopra)naturale.
Una Vita mitologica … roba da Matti 😊
Reale… è quello cui accennavo parlando della vita ” lunga ” “eterna” ( ? ) delle pietre a differenza della corta vita umana. Un dato che le avvicinerebbe alla vera vita.
Il mito che si contrappone alla storia, vincendola, mi va bene, ma è evidente che non appartiene alla concezione della storia lineare, bensì a quella del tempo circolare …Però si fa spesso un uso distorto del termine mito: si veda ” Il mitico pueblo ” bergogliano.